simposio lettori copertina

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mercoledì 25 gennaio 2017

RECENSIONE: CHIARA PARENTI - LA VOCE NASCOSTA DELLE PIETRE


Sinossi:

Luna era una bambina quando il nonno le ha insegnato che l'agata infonde coraggio, l'acquamarina dona gioia e la giada comunica pace e saggezza. Ma ora

che ha quasi trent'anni, lei non crede più che le pietre possano aiutare le persone. Non riesce più a sentire la loro voce. Sono solo sassolini colorati

che vende nel negozio di famiglia. Perché il suo cuore porta ancora i segni della delusione: molti anni prima si è fidata di Leonardo, che attraverso le

pietre le parlava di sentimenti, ma una notte lui l'ha abbandonata senza una spiegazione, senza una parola. E da allora il mondo di Luna è crollato. Fino

ad adesso. Fino al ritorno di Leonardo nella sua vita. È lì per darle tutte le risposte che non le ha mai dato. Risposte che Luna non vuole più ascoltare.

Ma suo nonno è accanto a lei per ricordarle come trovare conforto: le pietre conoscono la strada, basta avere il coraggio di seguirle.

«Correte, cadete, rialzatevi, e non abbiate paura di sporcarvi. I tesori più grandi sono ben nascosti, i diamanti affondano nel fango, ma non dovrete mai

smettere di cercare! Cercate, cercate e, se non trovate quello che davvero volete, continuate a cercare ancora. Non arrendetevi, non è solo uno il sentiero

che porta alla felicità. Voi seguite una strada che sia solo la vostra, seguite le pietre, loro vi indicheranno la via. E se vi perderete, vi riporteranno

a casa.»

 

 

Le pietre, come le piante, i fiori, i profumi e tutto ciò che proviene dalla natura, mi affascinano da sempre e sono convinta che, sebbene non abbiano poteri sovrannaturali, siano in grado di trasmetterci energia e di influenzare, in parte, la nostra vita. Ecco perché, quando ho letto la sinossi di questo libro, ero molto curiosa.

La storia ci viene raccontata in prima persona da Luna, una giovane donna che sognava di girare il mondo in cerca di gemme, proprio come il suo adorato nonno Pietro, il suo punto di riferimento, il suo maestro di vita. Questo sogno, però, è stato spezzato molti anni fa, insieme al cuore di Luna, da Leonardo, il suo migliore amico, il suo grande amore che con lei condivideva tutto, anche l’amore per le pietre e la capacità di sentire la loro voce. Una notte Leonardo sparisce in circostanze spiacevoli, sospette… il mondo di Luna vacilla pericolosamente, ma a sorreggerla, oltre alla madre, al nonno e a pochi amici, c’è Giulio nel quale la ragazza cerca sicurezza, protezione e calore. Ma un bel giorno Leonardo ricompare e con lui un mondo di sentimenti sommersi minaccia di riaffiorare con prepotenza. Da questo momento tutto accade velocemente: un matrimonio imminente, una malattia e la minaccia di una perdita, un passato ingombrante fatto di sogni e di cristalli… ci vuole la tenacia di nonno Pietro e delle sue gemme preziose per dare alla vita di Luna la svolta giusta.

Ora, non posso svelarvi di più, ma questa è per grandi linee la storia narrata in questo libro. La trama, a dire il vero, pecca di originalità: all’inizio fatica un po’ a decollare e tutto sembra già visto… Anche Pietro, con quest’aura da superuomo tutto saggezza e perfezione, sembra un po’ inverosimile… ma poi, su un aereo per una terra lontana e meravigliosa, la storia subisce una svolta, un’accellerazione, tutto assume i contorni giusti ed è un crescendo di emozioni. In definitiva, sì, un finale annunciato, ma ciò che conta è l’attesa, non la meta… no?

Bella, come mi aspettavo, l’idea delle pietre che conferiscono a tutta la storia un’energia ed un colore vivido ed intenso. I personaggi, poi, sono pochi, ben delineati e collegati fra loro, così da rendere la lettura scorrevole e piacevole.

Lo consiglio? Sì, per una lettura leggera, ma non priva di emozioni.

 

Opera recensita: “la voce nascosta delle pietre” di Chiara Parenti

Editore: Garzanti, 2017

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Italia-Tailandia

Pagine: 384

Prezzo: 16,90 €

Consigliato: sì.

 

domenica 22 gennaio 2017

RECENSIONE: IRENE NEMIROWSKY - SUITE FRANCESE


Sinossi:

Nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad Auschwitz, Irène Némirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande «sinfonia

in cinque movimenti» che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la Francia, sotto l’occupazione nazista: Tempesta in giugno

(che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi) e Dolce (il cui nucleo centrale è la passione, tanto più bruciante quanto

più soffocata, che lega una «sposa di guerra» a un ufficiale tedesco). La pubblicazione, a sessant’anni di distanza, di Suite francese, il volume che li

riunisce, è stata in Francia un vero evento letterario. Non è difficile capire perché: con Suite francese ci troviamo di fronte al grande «romanzo popolare»

nella sua accezione più nobile: un possente affresco, folto di personaggi memorabili, denso di storie avvincenti, dotato di un ritmo impeccabile, nel quale

vediamo intrecciarsi i destini di una moltitudine di individui travolti dalla Storia. Su tutti – il ricco banchiere e il giovane prete, la grande cocotte

e la contadina innamorata, lo scrittore vanesio e il ragazzo che vuole andare al fronte e scopre invece le gioie della carne fra le braccia generose di

una donna di facili costumi – Irène Némirovsky posa uno sguardo che è insieme lucidissimo e visionario, mostrandoci uno spettro variegato di possibilità

dell’uomo: il cinismo, la meschinità, la vigliaccheria, l’arroganza e la vanità, ma anche l’eroismo, l’amore e la pietà. «La cosa più importante, qui,

e la più interessante» scriveva la Némirovsky due giorni prima di essere arrestata «è che gli eventi storici, rivoluzionari, ecc. sono appena sfiorati,

mentre viene investigata la vita quotidiana, affettiva, e soprattutto la commedia che questa mette in scena».

 

Scritto fra il 1941 e il 1942 e pubblicato postumo, “suite francese” è un quadro a tinte decise e nette di quella che fu la situazione in Francia (e verosimilmente anche nelle altre zone occupate) durante la seconda guerra mondiale: l’occupazione tedesca in perenne avanzata e la fuga dei francesi verso sud, verso la zona libera, al di là della Loira. Il romanzo, stando ai piani dell’autrice, avrebbe dovuto comporsi di cinque parti, cinque “movimenti”, ma a noi ne sono arrivati solo due: “tempesta in giugno” che narra la fuga da Parigi di ricchi e poveri, banchieri e ballerine, scrittori e contadini; “Dolce” che racconta, invece, la convivenza tra francesi e tedeschi in un villaggio occupato, descrivendo con minuziosa precisione la quotidianità di tutti i suoi occupanti, siano essi nobili con la puzza sotto il naso, borghesi arroccati sulle loro posizioni d’odio e disprezzo per l’invasore, o giovani ufficiali tedeschi che, prima di essere soldati, erano uomini come gli altri.

Preziosi ed assolutamente illuminanti sono poi gli appunti contenuti nel diario della Nemirowsky e, fortunatamente, giunti fino a noi: grazie alle annotazioni intravediamo quale avrebbe potuto essere il prosieguo della storia, il pensiero dell’autrice ed abbiamo, ancora una volta, la prova della lucida freddezza con cui Irene Nemirowsky ragionava sugli eventi che descrive nel romanzo e che viveva in prima persona. Non bisogna dimenticare, infatti, che nonostante si fosse trasferita in Francia da molto tempo e non avesse mai manifestato simpatie per il popolo ebraico o per il bolscevismo, l’autrice era russa e di origine ebrea e per questo fu arrestata e deportata ad Aushwitz dove morì: proprio queste vicissitudini personali, infatti, le impedirono di terminare questa sua opera-capolavoro. Fra le pagine di questa suite possiamo notare la non comune capacità dell’autrice di descrivere con precise pennellate il quadro di vita quotidiana, familiare e sociale della Francia occupata. Sono pagine che fanno riflettere perché la Nemirowsky ci pone davanti a varie rappresentanze di umanità con tutti i loro pregi e difetti che, nostro malgrado, potremmo ritrovare senza sforzo anche ai giorni nostri: l’inadeguatezza, la falsità e l’arroganza di ricchi e borghesi nonché la loro carità cristiana fatta solo per mettersi in mostra e per tacitare la coscienza; la capacità dei contadini e dei poveri di cavarsela in ogni situazione perché da sempre hanno dovuto lottare per ottenere ciò che sarebbe spettato loro; la presenza di gente senza scrupoli, capace anche di imbrogliare e danneggiare il prossimo per il proprio tornaconto e, specularmente, le immancabili persone di cuore grazie alle quali tante vite si sono salvate.

Suite francese è un libro intensissimo che suscita ad ogni pagina un coacervo di riflessioni sulla società e sul comportamento umano; è, fondamentalmente, basato sulle contrapposizioni, come afferma la stessa autrice nei suoi appunti: la contrapposizione tra le classi sociali e il loro modo di agire; la contrapposizione tra ciò che sarebbe giusto perché conforme ad una presunta morale e ciò che invece è giusto perché dettato dai sentimenti; ciò che è ragionevole e ciò che non lo è… Suite francese è l’umanità che è costretta a guardarsi allo specchio attraverso le parole di una donna dalla mente visionaria e lucidissima, osservatrice e pittrice oculata del mondo che la circonda, donna coraggiosa che noi abbiamo perso troppo presto proprio a causa delle brutture che lei stessa cercava di raccontarci.

Non oso pensare a cosa sarebbe stato questo romanzo se Irene Nemirowsky avesse avuto il tempo di completarlo. Già così, con solo due parti su cinque, è una lettura imprescindibile per chiunque sia interessato non solo all’argomento “seconda guerra mondiale”, ma a tentare di capire l’animo umano attraverso una riflessione personale e profonda. Personalmente, non posso che consigliare questa lettura a tutti… leggerò altro di quest’autrice che mi ha molto sorpreso piacevolmente, questo è sicuro.

 
Opera recensita: “Suite francese” di Irene Nemirowsky

Editore: Adelphi, 2005

Genere: letteratura francese

Ambientazione: Francia, 1941

Pagine: 415

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 18 gennaio 2017

RECENSIONE: LARS KEPLER - LA TESTIMONE DEL FUOCO


Sinossi:

Flora ha visto tutto, ma nessuno le crede. La ragazza è morta, qualcuno l'ha uccisa. Aveva solo quattordici anni, si chiamava Miranda ed è stata ritrovata

nella sua camera a Birgittagarden, la casa di recupero per ragazze in difficoltà a Sundsvall, a nord di Stoccolma. Le pareti sono schizzate di sangue,

le lenzuola ne sono intrise. Nessuna delle altre ragazze sa che cosa sia successo, ma una di loro è fuggita nella notte. Flora non sa chi indagherà sull'omicidio,

non sa che l'ispettore Joona Linna sta per ispezionare la peggiore e più indecifrabile scena del crimine della sua carriera, non sa che solo Joona può

sperare di scovare qualche indizio. Flora sa soltanto di aver visto la ragazza. Sa di aver visto l'arma del crimine che nessuno riesce a trovare. Sa che

cosa è successo. Ma la polizia non le crede, per una semplice ragione. Al momento dell'omicidio, Flora era a centinaia di chilometri di distanza. Eppure

Flora è certa di aver ragione. Lei ha visto. Perché lei è una medium.

 

Una ragazza ed una donna sono state uccise in una casa d’accoglienza per ragazze difficili. Un’altra ragazza, Viki Bennet, è scappata nella foresta e sembra aver sequestrato un bambino di quattro anni. La polizia è in stallo, le indagini proseguono alla cieca, ma tutto sembra portare proprio a Viki. Joona Linna, l’enigmatico commissario finlandese in forza alla polizia criminale, non potrebbe indagare perché è in corso un’indagine disciplinare sul suo operato in un precedente caso. Eppure, testardo ed intuitivo come sempre, non riesce a tenersi lontano dal caso. Qualcosa non quadra, molte cose non tornano. E soprattutto dove sono Viki e Dante, il bambino che era sull’auto che la ragazza ha rubato per fuggire? Cosa nasconde, cosa significa la posizione del corpo della ragazza uccisa? Com’è possibile che le armi del delitto siano due? E poi cosa c’è di vero nelle testimonianze di Flora, la donna che continua a chiamare la polizia rivelando particolari sull’omicidio sconosciuti ai più? Una storia che verrebbe messa a tacere troppo presto se Joona fosse meno bravo e seguisse gli ordini che gli vengono impartiti, ma lui è così: fa ciò che si deve fare, agisce d’impulso, seguendo le sue intuizioni, anche se poi dovrà pagarne le conseguenze.

Un thriller al cardiopalma, dalla prima all’ultima pagina, come tutti quelli cui ci hanno abituato gli scrittori nascosti sotto lo pseudonimo di Lars Kepler. “La testimone del fuoco”, infatti, è il terzo romanzo della serie con protagonista il commissario Joona Linna, segue a “l’ipnotista” ed a “l’esecutore” dal quale prende le mosse catturando un’amo lasciato lì, non spiegato nel precedente libro, riguardante la storia personale di Joona. Qui, in “la testimone del fuoco”, il passato del commissario comincia a chiarirsi ai nostri occhi, anche se il finale, per quanto lo riguarda, resta aperto. Fin dal primo romanzo, infatti, siamo portati a chiederci perché Joona sia così restio a lasciarsi andare con Disa, la sua ragazza e l’interrogativo si fa ancora più grande nell’”esecutore”… qui, finalmente qualcosa ci viene chiarito, anche se gli avvenimenti sono ancora in divenire e di certo li ritroveremo nel prossimo romanzo.

Ma tornando al libro in sé, trovo che sia davvero ottimo: il ritmo è alto, la tensione è pressante, l’attenzione non cala mai, complice anche lo stile stringato di Kepler. Frasi veloci, descrizioni pertinenti ma mai invadenti, tutto funzionale al racconto. La serie con Joona Linna continua a non deludermi. Ovviamente vi consiglio questo libro, ma vi consiglierei anche di leggere i romanzi in ordine di uscita, proprio per seguire il filo narrativo riguardante la vita di Joona che si delinea pian piano, libro dopo libro. “La testimone del fuoco”, comunque, è un thriller in cui passato e presente si scontrano per chiudere un cerchio di morte cominciato con un gioco fra bambini e finito con le fiamme. Non vi dico altro: buona lettura.

 

Opera recensita: “la testimone del fuoco” di Lars Kepler

Editore: Longanesi, 2012

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 583

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 16 gennaio 2017

RECENSIONE: CHIARA GAMBERALE - LA ZONA CIECA


Sinossi:

La zona cieca è tutto quello che gli altri colgono di noi ma che a noi (inevitabilmente e maledettamente) sfugge. Lo sa bene Lidia Frezzani, che ogni giorno

nella sua trasmissione radiofonica "Sentimentalisti anonimi" riceve confidenze di persone totalmente confuse, e che s'innamora di Lorenzo, uno scrittore

quarantenne arrogante e fascinoso, totalmente annebbiato dal suo narcisismo. Comincia una storia d'amore dai ritmi serrati, fatta di bugie vere o supposte,

smascherate, di tradimenti e piaceri perversi: quello che prova Lidia nello schiantarsi contro l'imperturbabilità e l'apparente indifferenza di Lorenzo,

e quello di Lorenzo che sembra godere nel lasciarla fare. In un crescendo di tensione e pathos, di abbandoni e colpi di scena, all'improvviso a Lorenzo

arrivano le misteriose lettere di Brian, uno sciamano. Che ha un nome, un'anima e un passato, ma non ha un volto: ma si dimostrerà molto più reale di ogni

reale persona...

 

Lidia conduce un programma radiofonco dall’eloquente titolo “sentimentalisti anonimi”, nel quale racconta le storie e le problematiche dei suoi ascoltatori. E’ reduce da tre ricoveri in una clinica psichiatrica ed ha una bassa, bassissima stima di sé.

Lorenzo è uno scrittore famoso, ma è anche un anaffettivo cronico, uno con la mente ottenebrata dalle droghe che assume e dal male nero che lo sta corrodendo dall’interno.

Lidia e Lorenzo si incontrano, lei si innamora di lui, vivono nello stesso appartamento, si annientano eppure non si separano. Lidia cerca di aiutare Lorenzo a venir fuori dalle tenebre della sua mente, lo aiuta in ogni modo, lo giustifica, lo comprende… arriva ad inventarsi un Guru virtuale che, in un certo senso, riesce a smuovere Lorenzo ed a fargli intraprendere la strada della guarigione… ma poi tutto cambia, la corda si spezza e…

Avevo letto un altro romanzo di quest’autrice, “per dieci minuti” e ricordo che mi era rimasta un’impressione di incompiutezza. Impressione che, purtroppo, ritrovo anche in questo “la zona cieca”, o meglio, credo che a distanza di tempo non ricorderò granché di questo libro. L’ho letto in poche ore, non per uno sfrenato entusiasmo o per un coinvolgimento fuori dalle righe, ma perché in effetti è scritto bene, in modo scorrevole e mi interessava capire come si sarebbe evoluta la storia… ma alla fine della fiera cosa rimane? Un senso di grigio, di vuoto e di occasioni perse, due persone che si sono devastate a vicenda e che ora si allontanano. Il risvolto di copertina parla di una scommessa vinta e di grandi rivelazioni… io in questo libro ho trovato una storia di disamore in cui una donna annienta se stessa per amore di un uomo che non la apprezza e la umilia ad ogni occasione. Ho trovato poca originalità, salvo le conversazioni per radio, il diario e gli sms sul telefono di Lorenzo e poco altro… Bella l’idea della zona cieca, ma non c’è, a mio parere, nulla di innovativo, neppure il finale: non volevo per forza il lieto fine, ma mi sarebbe piaciuto almeno che tutto si concludesse bene, tanto perchè fosse valsa la pena di scontrarsi con tutto questo degrado. Lo consiglio? Mah… nì: sarei tentata di dire di no, ma magari qualcuno ci trova qualcosa in più rispetto a me, non si sa mai!

 

Opera recensita: “la zona cieca” di Chiara Gamberale

Editore: Bompiani, prima ed. 2008

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roma-San Liberato (Umbria)

Pagine: 254

Prezzo: 9,00 €

Consigliato: sì/no.

 

RECENSIONE: BRENDA NOVAK - ALASKA (EVELYN TALBOT VOL. 1)


Sinossi:

Stanno accadendo strane cose nel piccolo villaggio di Hilltop, remota località dell’Alaska dove l'inverno è così gelido da ottenebrare le coscienze. Da

quando, tre mesi prima, è stata aperta Hanover House, una clinica psichiatrica di massima sicurezza che ospita con finalità scientifiche i più feroci serial

killer d'America, nessuno dorme più sonni tranquilli e a nulla servono le rassicurazioni di Evelyn Talbot, la psichiatra trentenne e determinata che dirige

l'istituto insieme al collega Fitzpatrick.

Soprattutto quando nella neve avviene un macabro ritrovamento: i resti di una donna, orrendamente martoriata. Per il giovane sergente Amarok è la conferma

di ciò che ha sempre temuto: portare un branco di efferati assassini a pochi metri dalle loro case e dalle loro famiglie è stata una decisione estremamente

pericolosa. Ma la sua fermezza si scontra con il fascino fragile e misterioso di Evelyn, il cui passato nasconde il più nero e atroce degli incubi.

E mentre una violenta tormenta di neve si abbatte sul paese rendendo impossibili i collegamenti e le comunicazioni, la psichiatra ha più di un motivo per

pensare che quel primo omicidio sia un messaggio destinato proprio a lei e che l'ombra del passato la stia per raggiungere ancora una volta.

 

Quali sono gli ingredienti per confezionare un thriller veloce, non troppo impegnativo, ma comunque gradevole? Li troviamo tutti in questo libro di Brenda Novak, primo della serie con protagonista la dottoressa Evelyn Talbot: un villaggio ai confini del mondo dove nessuno vorrebbe andare perché troppo isolato, freddo, buio e sperduto in mezzo al nulla; una tormenta di neve che blocca in casa tutti (o quasi); una prigione di massima sicurezza in cui sono rinchiusi i criminali seriali più pazzi e pericolosi degli Stati Uniti; un paio di omicidi efferati al punto giusto per scatenare il sospetto ed il panico; una storia d’amore complicata tra una psichiatra e l’unico sergente incaricato delle indagini… direi che il thriller è pronto per essere servito… e, a dirla tutta, non è neanche così male!

Evelyn Talbot è una bella psichiatra trentaseienne tormentata dal suo passato: a sedici anni è quasi morta per mano del suo fidanzato psicopatico che è ancora latitante e sembra seguirla ovunque vada. Sembra averla seguita anche qui, a Hilltop, un paesino dell’Alaska perso nel bel mezzo del nulla, in cui Evelyn si è trasferita per costruire Hannover house, una prigione di massima sicurezza in cui i criminali più pericolosi del Paese vengono studiati da un team di psichiatri molto preparati e competenti. Proprio qui, in questo tranquillo paesino immerso dalla neve, vengono uccise due donne, entrambe dipendenti di Hannover House; i loro corpi vengono ritrovati solo in parte e tutto farebbe pensare che l’autore dei delitti sia proprio Jasper, l’antico persecutore di Evelyn che sembra tornato per distruggerla. Ad occuparsi delle indagini c’è il sergente Murphy, da tutti soprannominato Amarok, un ventinovenne del posto, molto coraggioso ed intelligente, ma inesperto riguardo agli omicidi. Tra lui e la psichiatra c’era stato un inizio di relazione, stroncata dalle paure di lei, ma l’attrazione è ancora forte, molto… troppo forte per poter essere domata. Mentre, a piccoli passi, Evelyn ed Amarok cercano di costruire il loro futuro, la prigione di Hannover House è scossa dall’interno: dubbi, insinuazioni, doppiogioco… chi sa cosa? E come distinguere la verità dall’invenzione?

Un thriller ben scritto, molto scorrevole anche se all’inizio si fa un po’ fatica ad ingranare… forse avrei trattato meglio la storia tra Amarok ed Evelyn che sembra procedere a scossoni, un po’ abbozzata e discontinua. Ma mi è piaciuta la struttura generale del libro e la storia che, sebbene usi un’ambientazione non proprio originale, riesce a renderla peculiare a suo modo. Il ritmo, controllato in modo costante per buona parte del libro, subisce un’impennata (necessaria a parer mio) nel finale che lo eleva dalla piatta banalità.

Non è un thriller impegnativo, ma è una buona lettura per un weekend invernale, magari mentre fuori piove o, a dirittura, nevica!

 

Opera recensita: “Alaska (Evelyn Talbot vol. 1)” di Brenda Novak

Editore: Giunti, 2016

Genere: thriller

Ambientazione: Alaska

Pagine: 468

Prezzo: 14,90 €

Consigliato: sì.

 

domenica 15 gennaio 2017

RECENSIONE: LUISA BARTOLUCCI - GUIDE A QUATTRO ZAMPE


Sinossi:

"Guide a quattro zampe" è un libro diverso, che ciascuno di noi dovrebbe leggere e rileggere, per motivi differenti a seconda di ciò che la vita ci ha

riservato. È un libro che è adatto a ogni tipo di pubblico, di ogni età, estrazione sociale, formazione. È un volume con cui si vuole svelare ai cosiddetti

normodotati quanto sia meraviglioso, ma anche talvolta problematico girare, in piena autonomia, con i cani guida, questi eccezionali quadrupedi che ci

aiutano a conquistare ogni giorno un frammento in più di libertà. In "Guide a quattro zampe" Luisa Bartolucci c’è tutta, con la sua ormai comprovata professionalità,

inventiva, con quella inesorabile lama della curiosità, con le sue unghie affilate nascoste in soffici ed eleganti guanti di velluto. Ed ecco la serie

delle interviste: un vortice vivace ed avvincente di introspezioni, domande, sottintesi e considerazioni sagge, che inducono l'interlocutore ad aprirsi,

ad affidarsi e a confessarsi, a donarsi completamente e senza riserve.

 

Indovinello: qual è quel mammifero con quattro occhi, due mani e sei piedi? Un non vedente accompagnato da un cane guida! Quest’indovinello, con cui Elisa, una delle protagoniste di questo volume, comincia il suo racconto, sintetizza perfettamente il rapporto che si crea tra il non vedente e la sua guida a quattro zampe: un rapporto di simbiosi reciproca e perfetta.

E’ questo l’argomento del volume di cui vi parlo oggi: un argomento interessante non solo per chi non vede, ma soprattutto per chi, invece, ci vede benissimo. Questo libro, infatti, è rivolto a tutti, dai bambini agli anziani, dai vedenti ai non vedenti, dai tassisti alle forze dell’ordine, dai semplici cittadini ai proprietari di locali pubblici, perché a tutti può capitare di incontrare un cane guida ed è importante saperne di più.

“Guide a quattro zampe” è stato scritto da Luisa Bartolucci, dirigente nazionale dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti,, che ha curato personalmente le interviste e che definisce il libro un “social book”, nato dal contributo volontario di tanti non vedenti conduttori di cani guida. I contributi si sostanziano in trentuno interviste e due scritti provenienti da persone non vedenti di tutte le età, con alle spalle esperienze di vita, di socializzazione ed autonomia completamente diverse. Tra gli intervistati ci sono, inoltre,  numerosi non vedenti stranieri, provenienti da Germania, Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, grazie ai quali è possibile capire meglio come vanno le cose nel resto del mondo. Le testimonianze, poi, sono diverse fra loro: abbiamo persone che hanno avuto a che fare con più cani guida, ognuno con le sue peculiarità, poi c’è gente che con il cane va a lavorare, in vacanza, in pizzeria, in ospedale, ovunque! Le domande, simili ma adattate alla situazione dell’intervistato, permettono di conoscere da ciascuno l’approccio con il primo cane guida, il periodo di adattamento, le differenze con gli eventuali cani successivi, ma anche gli aneddoti divertenti e quelli spiacevoli, le battute simpatiche, strampalate o irritanti sentite in giro dai conduttori. Poi si affronta il problema della conoscenza e dell’accettazione del cane guida sui mezzi di trasporto e nei locali pubblici ed anche qui le esperienze sono le più diverse. Ciò che, tendenzialmente, accomuna la gran parte degli intervistati è il senso di indipendenza e di libertà che tutti provano con il cane guida che diventa l’ombra del suo conduttore: il cane è un amico su cui si può sempre contare, in grado di dare sicurezza, affidabilità ed affetto. Ma prima di prendere un cane guida è importante anche sapere che dal cane non si deve solo ricevere: bisogna anche dare! Il cane non è un robot né un dispensatore di consolazione per quando siamo giù di morale. E’ un essere vivente con le sue esigenze ed i suoi bisogni: perché lavori bene è necessario che stia bene!

Sul piano dell’accettazione, in generale qualcosa si muove, ma ancora tanto deve essere fatto per far conoscere ai più questa stupenda realtà. La maggior parte degli intervistati consiglia, ad esempio, delle campagne di informazione nelle scuole elementari e medie: i bambini, per natura più ricettivi degli adulti, sono molto più pronti ad accettare l’idea del cane guida, fanno domande, sono curiosi… e poi si sa che i bambini sono il futuro! Quanto ai consigli su come comportarsi in presenza di un cane guida, tutti i conduttori sono concordi su due cose: cari vedenti, non chiamate né accarezzate il cane quando indossa la guida. Sta lavorando e non va distratto per nessun motivo. L’altro consiglio? Non dategli da mangiare nulla senza il consenso del conduttore: potrebbe far male al cane che deve seguire una dieta specifica.

Veniamo alle considerazioni personali. Questo libro è stato non solo molto interessante ed utile, ma anche estremamente piacevole da leggere! E’ sorprendente venire a conoscenza delle potenzialità di queste guide fantastiche, dell’empatia che si crea coi conduttori, della loro capacità di prendere l’iniziativa quando serve e di difendere il loro padrone nonostante non siano addestrati per la difesa. E quanto ho riso davanti ai furti di cibo, alla furbizia ed alla golosità dei labrador! E che dispiacere leggere di Alba e del suo conduttore che le sta vicino nel momento dell’addio! Tante voci, tante testimonianze per un fiume di emozioni. E’ un libro che consiglio a tutti perchè oltre a far conoscere i cani guida, farebbe innamorare degli animali anche il lettore più disinteressato. E poi non c’è una storia da seguire, il libro può essere letto d’un fiato o preso “a piccole dosi”, un’intervista ogni tanto… Se poi consideriamo che i proventi ricavati dalla vendita vanno alla scuola triveneta cani guida di Selvazzano (Padova)… che dire di più? Lettura assolutamente consigliata!

 

Opera recensita: “guide a quattro zampe” di Luisa Bartolucci

Editore: Ilmiolibro, 2015

Genere: testimonianze e biografie

Ambientazione: Italia-Europa-Stati Uniti

Pagine: 288

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: assolutamente sì.

 

 

giovedì 12 gennaio 2017

RECENSIONE: MARGUERITE YOURCENAR - MEMORIE DI ADRIANO


Sinossi:

Giudicando la propria vita di uomo e l'opera politica, Adriano non ignora che Roma finirà un giorno per tramontare; e tuttavia il suo senso dell'umano,

eredità che gli proviene dai Greci, lo sprona a pensare e servire sino alla fine. "Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo" afferma, personaggio

che porta su di sé i problemi degli uomini di ogni tempo, alla ricerca di un accordo tra la felicità e il metodo, fra l'intelligenza e la volontà. I "Taccuini

di appunti" dell'autrice (annotazioni di studio, lampi di autobiografia, ricordi, vicissitudini della scrittura) perfezionano la conoscenza di un'opera

che fu pensata, composta, smarrita, corretta per quasi un trentennio.

 

Roma, II secolo D.C. L’anziano e malato imperatore Adriano scrive una lunga lettera indirizzata al giovane Marco Aurelio, suo amico e successivamente nipote adottivo. Nell’epistola sono contenute le sue memorie: Adriano racconta la sua vita, i suoi anni felici da studente in Grecia, la morte di Traiano e la sua salita al potere, le guerre, la malattia. Ma questo documento, in realtà, contiene molto di più: qui dentro c’è il pensiero di un uomo, le sue idee, i suoi interrogativi, ciò che di volta in volta ha condizionato le sue azioni e le sue scelte! Non c’è qui una semplice, asettica ricostruzione storica del periodo in cui Adriano era imperatore, c’è invece il ritratto di un uomo saggio, oculato, a volte umile e a volte egoista, amante della cultura, dei libri, attento alle esigenze degli altri, responsabile della bellezza del mondo.

E’ questa l’immagine che Marguerite Yourcenar ci consegna, dopo trent’anni di ricerche, perfezionamenti, rimaneggiamenti: una fictio letteraria perfettamente riuscita che ci fa scordare di essere di fronte ad un’opera moderna e ci fa credere di avere davanti le sudate carte scritte dall’imperatore in persona. E sono tanti i temi su cui la Yourcenar, per bocca di Adriano, riflette e noi con loro: il piacere, la morte, l’amore, la guerra… questo libro è più di un romanzo, più di una biografia, è un pozzo da cui attingere per fermarsi a riflettere su idee tanto antiche ma sempre profondamente attuali.

Ho letto commenti entusiastici su “memorie di Adriano”… io userò molta cautela: è un bel libro, ma non è per niente facile da leggere. Credo che meriti di essere letto da tutti, ma per essere veramente compreso necessita di una o più riletture. Sono tanti i contenuti da assimilare, le digressioni su cui soffermarsi, le idee anche abbastanza forti su cui rimuginare… è un libro da leggere e rileggere a piccole dosi per apprezzarne a pieno la maestosità.

Al di là della difficoltà, comunque, è davvero il caso di leggerlo!

 

Opera recensita: “memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar

Editore: Einaudi, prima ed. 1951

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Impero Romano

Pagine: 350

Prezzo: 12,50 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 11 gennaio 2017

RECENSIONE: VALENTINA D'URBANO - NON ASPETTARE LA NOTTE


Sinossi:

Giugno 1994. Roma sta per affrontare un'altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di

suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent'anni Angelica è segnata

dalla vita non soltanto nell'animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l'incidente d'auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima,

è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso,

un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla. Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia

degenerativa agli occhi e sono sempre più i giorni neri dei momenti di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche

le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto, Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso

se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la

notte, la notte li travolge…

 

Valentina D’Urbano è, sin dal suo primo romanzo, una certezza: mi piace il suo stile, mi piacciono i temi che tratta e come li tratta. Ho cominciato a leggere questo libro ieri mattina presto, in preda all’insonnia e l’ho terminato stanotte: non ho potuto staccarmene per tutto il giorno, c’era una forza magnetica che mi teneva incollata a questa storia. Mentre leggevo, le sensazioni erano le più diverse: dapprima interesse per la vicenda di Angelica, che porta sul corpo i segni indelebili di un “incidente” d’auto avvenuto anni prima e nel quale sua madre è rimasta uccisa; poi stupore per la somiglianza tra me e Tommaso (eh sì, mi sarei aspettata di ritrovarmi nella protagonista femminile e invece no!); poi rabbia per l’evoluzione della storia, poi speranza ed infine trepidazione perché volevo assolutamente sapere come andava a finire tra questi due dannatissimi ragazzi!

Angelica e Tommaso hanno vent’anni e sono molto diversi: lei è ricca, è la proprietaria di una bellissima villa sulle colline toscane, non ha amici, è scostante con tutti e può sembrare snob, ma in realtà è solo molto, molto  spaventata. E’ spaventata dal giudizio degli altri, ha paura di soffrire ancora: il suo corpo e il suo bel viso sono sfigurati da quel tragico incidente che ha cambiato la sua vita per sempre. Lui, Tommaso, è bello e sveglio, è ben voluto da tutti in paese, ma si porta dietro il fardello di una malattia rara che gli ruba il tempo e la luce: sta per diventare completamente cieco, passa giorni buoni in cui riesce a distinguere i contorni delle cose e giorni cattivi in cui anche le azioni più comuni diventano difficili. Proprio in questi giorni Tommaso usa la sua Polaroid con cui ferma le immagini che gli sembrano interessanti per rivederle con calma, nei giorni buoni. E mentre scatta foto alla villa dei Gottardo, la famiglia più ricca del paese, Tommaso incontra Angelica. Da piccoli si conoscevano, giocavano insieme, ma ora nessuno dei due si ricorda dell’altro: fra quei tempi felici ed il presente è passata una vita e tante cose sono cambiate. Eppure Tommaso è folgorato da questa ragazza sfigurata che nelle sue istantanee appare bellissima, senza cicatrici e non può fare a meno di cercarla, di starle accanto. Ben presto, nonostante le remore di Angelica, la vitalità di Tommaso ha la meglio: i due si innamorano, diventano inseparabili, le loro anime scheggiate si trovano e formano qualcosa di bellissimo. Ma quando tutto sembra andar bene qualcosa si rompe… la fiducia tradita, un chiarimento che non arriva… tutto sembra compromettersi. Angelica sposa un altro, la malattia di Tommaso peggiora rapidamente, troppo rapidamente… è ancora lecito sperare?

Non mi risulta facile parlarvi di questo romanzo… c’è molto di me in queste considerazioni, forse perché sono emotivamente coinvolta: Tommaso, il coprotagonista di questa storia, è affetto da una grave e rara forma di retinopatia degenerativa che lo porta progressivamente verso la cecità. Io, invece, sono non vedente dalla nascita quindi, in qualche modo, posso capirlo. Non nego che in alcuni tratti, soprattutto verso la fine quando la malattia peggiora, mi sono anche un po’ risentita con lui perché non reagiva, si era chiuso in se stesso, si era lasciato andare. Avrei voluto dirgli:”Ehi, testone! Alzati, vestiti, esci di casa, parla con le persone, si vive bene ugualmente, è solo diverso… ok, a volte è più difficile, ma basta imparare!”. Poi ho capito… io la mia condizione l’ho accettata perché la conosco e ci convivo da sempre. Tommaso no! La sua situazione non è definitiva e poi lui prima vedeva! Lui i suoi familiari li ha visti, non li ha solo immaginati! E lo stesso dicasi per il suo paese, gli amici, Angelica! Assimilato questo concetto, ho cominciato a tifare apertamente per lui. Perché vi racconto questo? Magari ora non vi interessa, ma è un concetto fondamentale per capire il romanzo e per non confondere il pietismo con la realtà: Valentina D’Urbano, com’è suo solito, è stata bravissima nell’affrontare questo tema difficile perché quella che in apparenza potrebbe sembrare commiserazione è, invece, profonda comprensione della difficoltà di questo ragazzo. La stessa comprensione che, specularmente, ha dimostrato per Angelica e per il suo corpo segnato. Quest’autrice ha dimostrato, sin da “il rumore dei tuoi passi”, un’abilità particolare nel raccontare le vite degli altri, specialmente quelle vite ammaccate, che arrancano come il Ciao di Tommaso; sa scostare quel velo di apparenza per indagare a fondo nell’animo umano e lo fa sempre a viso aperto, prendendo i problemi di petto. Lo dimostra il suo stile particolarissimo, diretto, senza fronzoli, infarcito (quando serve) di espressioni colloquiali che esprimono perfettamente la quotidianità descritta. Ancora una volta, quindi, complimenti a quest’autrice. Un unico, piccolo, appunto: vista la puntualità della narrazione avrei voluto qualche pagina in più per il finale, bello ma forse un po’ sbrigativo… ma probabilmente è solo la mia ingordigia di lettrice.

Una lettura, comunque, che vi consiglio con particolare calore!

 

Opera recensita: “non aspettare la notte” di Valentina D’Urbano

Editore: Longanesi, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roma-Borgo Gallico (Toscana)

Pagine: 377

Prezzo: 16,90 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 9 gennaio 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - STAGIONI DIVERSE


Sinossi:

Un quartetto di racconti in bilico tra l'orrore e l'avventura, l'incubo e la fantasia. Il riscatto di un uomo condannato ingiustamente per omicidio. Il

morboso rapporto tra un adolescente e un ex nazista. Quattro ragazzini alla ricerca del cadavere di un coetaneo. Una donna che partorisce in circostanze

surreali. Quattro storie da brivido, agghiaccianti e paradossali, che hanno per protagonisti mostri moderni.

 

Comincio col dire che non sono molto d’accordo con la quarta di copertina: le storie raccolte in questo libro non hanno affatto a che fare con mostri, né antichi né moderni. Al contrario, raccontano vite di persone comuni, loro malgrado intrappolate nella società in cui vivono. Solo l’ultima storia, “il metodo di respirazione" può essere definita macabra o, se preferite, horror. Detto questo, analizziamo il libro: è composto da quattro racconti, uno per ogni stagione: in primavera incontriamo Andy Dufresne e il penitenziario di Shaushank, ed abbiamo a che fare con una storia di amicizia, ingiustizie e genialità.

In estate, invece, conosciamo un ex nazista rifugiatosi in America sotto falsa identità e un ragazzo americano con un particolare interesse per la barbarie commessa a danno dei prigionieri dei campi di concentramento. Questa, invece, è una storia di follia allucinante: il caro Todd, intelligentissimo e orgoglio dei genitori, non smetterà di stupirci neanche per un attimo.

Sul finire dell’estate e con l’arrivo dell’autunno, invece, incontriamo Gordon, Chris, Vern e Teddy, quattro ragazzi che faranno una gita molto particolare, alla ricerca di un loro coetaneo morto sui binari e non ancora ritrovato. La storia di Gordon e dei suoi amici, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, è trattata con estrema oculatezza e delicatezza: i loro problemi familiari sono quelli di tante famiglie delle periferie moderne.

In inverno, invece, conosceremo la tenace ed orgogliosa Miss Stansfield, che affronta la sua condizione di donna nubile ed incinta negli anni 30 con sorprendente dignità ed arguzia.

Sono fondalmente questi i racconti contenuti in questa raccolta, racconti dai quali sono stati ricavati film stupendi (si pensi a “le ali della libertà” ispirato alla prima storia); racconti in grado di emozionare ed inquietare, ma comunque sempre di far riflettere, in perfetto stile di King.

Di solito non leggo le raccolte di racconti: mi piacciono le storie che iniziano e finiscono. In questo caso, però, dopo aver visto il film “le ali della libertà” mi era rimasta la curiosità di leggere ciò che lo aveva ispirato. Così, appena ne ho avuto l’occasione, ho cominciato a leggere “stagioni diverse” e, lo confesso, avevo pensato di fermarmi al primo – secondo racconto. Ma poi le storie erano così geniali ed appassionanti che non ce l’ho fatta a smettere! Se dovessi dare un voto, non darei il massimo solo perché l’ultima storia mi è piaciuta meno delle altre, ma stiamo comunque parlando di King!

Una lettura, quindi,  che vi consiglio assolutamente: bellissimi i primi tre racconti!

 

Opera recensita: “stagioni diverse” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, prima ed. 1982-prima ed. italiana 1987

Genere: raccolta di racconti

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 588

Prezzo: 11,90 €

Consigliato: sì.

Consigli correlati: il film “le ali della libertà” tratto dal primo racconto.

 

venerdì 6 gennaio 2017

RECENSIONE: KYOICHI KATAYAMA - GRIDARE AMORE DAL CENTRO DEL MONDO


Sinossi:

Sakutaro sta andando in Australia, ma la sua non è una gita qualunque: porta con sé le ceneri di Aki, morta a soli diciassette anni di leucemia. L'Australia

è la terra che Aki ha sempre sognato ed è là che lui disperderà le sue ceneri. Comincia così il racconto di Sakutaro, che rievoca il loro primo incontro,

gli appuntamenti dopo la scuola, il lento e dolce avvicinamento tra i due ragazzi. E infine la malattia, il ricovero, la disperata fuga dall'ospedale...

Da questo romanzo, grande successo in Giappone, Taiwan e Corea, sono stati tratti un film, una serie televisiva e dei manga.

 

Un libro delicato, eppure molto intenso questo di Kyoichi Katayama. E’ la storia di due ragazzi, Sakutaro ed Aki, costretti ad affrontare un dolore più grande di loro: la malattia e la morte.

L’io narrante è proprio il diciassettenne Sakutaro che rievoca per noi i tutti i ricordi legati ad Aki, la ragazza che ha amato tanto e che amerà per sempre, nonostante la leucemia abbia stroncato la sua giovane vita. Sakutaro ed Aki si conoscono da quando avevano dodici anni: hanno frequentato la scuola insieme, la compagnia era la stessa, sono diventati molto amici e, col passare degli anni, si sono innamorati. Quello di Aki e Sakutaro è l’amore puro e fortissimo tra due adolescenti che credono di conoscersi, ma finiscono per scoprirsi attraverso l’altro; è quel sentimento indissolubile che farebbe compiere follie per compiacere l’altra metà della nostra anima. Ma ad unire queste due anime non è solo l’amore: l’ombra scura della malattia che colpisce Aki rafforza il loro legame al punto che dopo la sua morte Sakutaro, non riuscirà neppure a disfarsi delle ceneri della ragazza perché lei è lì, con lui, dovunque c’è lui.

Quella contenuta in questo libro è una storia forte e drammatica, raccontata con sorprendente lucidità e pacatezza da un ragazzo di diciassette anni che, a differenza di molti suoi coetanei, si trova ad affrontare la morte a cuore aperto ed a dover convivere con la perdita della persona amata. Tanti e profondi sono gli interrogativi che Sakutaro si pone nelle lunghe conversazioni con il saggio nonno, davanti ad un bicchiere di Bordeaux; tanto è il coraggio che dovrà trovare dentro di sé per lasciar andare la sua Aki e continuare a vivere.

Leggendo questo libro mi è venuto in mente “colpa delle stelle” di John Green, altro libro che affronta il tema dell’amore adolescenziale e della malattia. Impossibile non fare paragoni: beh… personalmente trovo che, sebbene anche “colpa delle stelle” sia un buon libro, questo di Katayama sia più bello perché ha un approccio meno forte, ma ugualmente intenso. Lettura consigliata, sebbene sia tutt’altro che allegra.

 

Opera recensita: “Gridare amore dal centro del mondo” di Kyoichi Katayama

Editore: Salani, prima ed. 2006

Genere: narrativa internazionale

Ambientazione: Giappone-Australia

Pagine: 183

Prezzo: 10,00 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 5 gennaio 2017

RECENSIONE: MOHAMED SALMAWY - COLAZIONE AL CAIRO


Sinossi:

Doha è una donna altolocata, una stilista riconosciuta che si muove tra feste esclusive ai piani alti dei grattacieli, lontana dai recenti avvenimenti

politici che scuotono il Cairo. Un giorno, però, bloccata nel traffico di piazza Tahrir, rischia di perdere l'aereo che deve portarla in Italia dove per

la prima volta ha l'occasione di presentare la sua collezione di moda al jet-set internazionale. Con l'aiuto del marito, influente membro del partito al

governo, riesce ad arrivare in tempo in aeroporto e a partire. In aereo incontra il prof. Al-Ziny, esponente del partito progressista e avversario politico

del consorte che, nonostante le iniziali ritrosie di Doha, si dimostra abile e affascinante conversatore. Arrivati a Roma si separano ma, complice il destino,

si ritrovano in un ristorante di Trastevere e dopo cena, accompagnandola in albergo, Al-Ziny le regala una rosa. Doha ha abbassato ormai tutte le difese

e si abbandona al fascino dell'uomo. Comincia allora a nutrire dei dubbi sul proprio lavoro, sulle proprie convinzioni politiche e sul proprio matrimonio.

Intanto in Egitto la situazione politica si fa sempre più difficile tanto che al loro ritorno Al-Ziny viene arrestato. E Doha prende una decisione che

cambia la sua vita mentre cambiano i destini del suo paese. Sull'incalzare dei movimenti della primavera araba, un romanzo sulla forza della passione che

travolge e sgretola anche le convinzioni più profonde. Titolo originale: ''Agnihatu-l-faràsha'' (2011).

 

“Colazione al Cairo” è un romanzo breve e delicato, la cui lettura somiglia al battito d’ali di una farfalla. L’autore, Mohamed Salmawy, racconta due storie tra loro molto diverse che si intrecciano nel finale, la storia della bella Doha e del giovane Ayman, entrambi impegnati, anche se in modo diverso, a trovare se stessi.

Siamo in Egitto, un Paese sull’orlo della rivolta, in cui regna l’insoddisfazione ed il malcontento per l’azione del Partito al governo e per le condizioni in cui vive la gente comune. Per le strade del Cairo piene di manifestanti si aggirano anche i due protagonisti di questo libro, entrambi troppo presi dalle loro vite per interessarsi ai problemi del Paese. Doha è la bella moglie di un esponente del partito al governo, è una stilista di moda, bella, ma insoddisfatta da una vita che non ha scelto e nella quale è ingabbiata. Ayman, invece, è un giovane studente ingannato dal padre che gli ha sempre fatto credere che la madre fosse morta. Ayman scopre che la donna, invece, è ancora viva e decide di ritrovarla, anche a costo di andare contro tutto e tutti. Mentre lui viaggia verso Tanta alla ricerca della madre, Doha vola verso l’Italia per presentare la sua collezione di abiti ispirati alle farfalle. Il posto accanto al suo, in aereo, è occupato da un uomo strano e carismatico, il professor Al-Zini, che Doha non conosce, ma che presto le diverrà indispensabile. Proprio grazie ad una conversazione in aereo, infatti, Doha avrà modo di riflettere su se stessa, su chi è e cosa vuole. Sarà questo il punto di partenza verso la sua rinascita, la sua trasformazione da corpo racchiuso in un bozzolo a farfalla dai colori sgargianti in grado di spiegare le ali verso la libertà e, finalmente, verso l’amore.

Questo è un romanzo di riscatto, di rinascita, di ricerca delle proprie origini personali, familiari e storiche. Doha e Ayman sono, loro malgrado, i simboli di un Paese che non è più disposto a sottostare alle scelte altrui, un Egitto, quello della Primavera Araba, che lotta contro la tirannia ed il mal governo e vuole liberarsi dall’oppressione. E’ una lettura che consiglio per i temi trattati, anche se mi resta qualche perplessità. Trovo che, per tornare alla simbologia della farfalla, questo romanzo sia ancora in bozzolo e che non sia sbocciato: vista la forza dei temi affrontati mi sarei aspettata maggiore intensità, sia nell’amore tra Doha e il professore, sia nella descrizione delle rivolte studentesche e popolari. Forse, più che i concetti in sé, a frenare il romanzo è proprio lo stile di scrittura di Salmawy: leggendo queste pagine pensavo che le avesse scritte un giovane esordiente, ma guardando la biografia dell’autore ho scoperto che non è affatto così! Il libro è scritto con una prosa fin troppo chiara, didascalica, quasi edulcorata… mi aspettavo uno stile trascinante, invece sembra che Salmawy abbia paura di sbilanciarsi!

 Comunque… a parte quest’aspetto, il libro è buono e ve lo consiglio: è una lettura breve ed interessante, magari come spunto per approfondire leggendo altro.

 

Opera recensita: “Colazione al Cairo” di Mohamed Salmawy

Editore: Giunti, 2012

Genere: narrativa internazionale

Ambientazione: Egitto – Italia

Pagine: 224

Prezzo: 9,90 €

Consigliato: sì.

 

martedì 3 gennaio 2017

RECENSIONE: GILLIAN FLYNN - L'AMORE BUGIARDO


Sinossi:

Amy e Nick si incontrano a una festa in una gelida sera di gennaio. Uno scambio di sguardi ed è subito amore. Lui la conquista con il sorriso sornione,

l'accento ondulato del Missouri, il fisico statuario. Lei è la ragazza perfetta, bella, spigliata, battuta pronta, il tipo che non si preoccupa se bevi

una birra di troppo con gli amici. Sono felici, innamorati, pieni di futuro. Qualche anno dopo però tutto è cambiato. Da Brooklyn a North Carthage, Missouri.

Da giovani professionisti in carriera a coppia alla deriva. Amy e Nick hanno perso il lavoro e sono stati costretti a reinventarsi: lui proprietario del

bar di quartiere accanto alla sorella Margo, lei casalinga in una città di provincia anonima e sperduta. Fino a che, la mattina del loro quinto anniversario,

Amy scompare. È in quel momento, con le tracce di sangue e i segni di colluttazione a sfregiare la simmetria del salotto, che la vera storia del matrimonio

di Amy e Nick ha inizio. Che fine ha fatto Amy? Quale segreto nasconde il diario che teneva con tanta cura? Chi è davvero Nick Dunne? Un marito devoto

schiacciato dall'angoscia, o un cinico mentitore e violento, forse addirittura un assassino? Raccontato dalle voci alternate di Nick e Amy, "L'amore bugiardo"

è una incursione nel lato oscuro del matrimonio. Un thriller costruito su una serie di rovesciamenti e colpi di scena che costringerà il lettore a chiedersi

se davvero sia possibile conoscere la persona che gli dorme accanto.

 

Finalmente è arrivato il momento di scrivere la recensione di questo libro. Perché sono così contenta di scriverla? Perché significa che l’ho finito! Alleluja! Questo libro, con tutte le sue 462 pagine, conferma la mia convinzione che meno un libro ci piace più tempo impieghiamo a leggerlo. Ma veniamo al dunque: si tratta della complicata storia tra Nick ed Amy, marito e moglie da cinque anni, due egoisti cronici che si incontrano, credono di aver trovato l’altra metà della mela, ma quando l’illusione scompare si ritrovano sposati e devono fare i conti con i reciproci difetti.

Un bel giorno di luglio, esattamente il giorno del quinto anniversario, la bella Amy, la “Mitica Amy”, scompare lasciandosi dietro una serie di indizi che convergono inevitabilmente su Nick. Ma Amy non è morta (sarebbe troppo facile) e non è stato Nick a rapirla… com’è andata veramente? Beh… tanto vale che vi dia qualche indizio: abbiamo a che fare con una sociopatica psicolabile, tanto geniale quanto odiosa, una miss perfettina, viziata e bacchettona, abituata ad ottenere tutto ciò che vuole e, quando tutto non va come dice lei, a vendicarsi in modo sproporzionato e folle. Vi ho detto abbastanza.

Nel caso non l’abbiate capito, questo libro, comunque, non mi è piaciuto per niente. Proprio non è riuscito a convincermi né a prendermi, non ho provato alcuna solidarietà per Nick, alcuna ammirazione per il genio di Amy… niente, solo avversione. L’ho trovato banale nella prima parte e allucinato nella seconda e terza… per non parlare del finale piatto e privo di alcuna suspense. Una delusione completa, dunque, perciò non lo consiglio. Mi dispiace, ma il 2017 comincia con un libro no!

 

Opera recensita: “L’amore bugiardo” di Gillian Flynn

Editore: Rizzoli, 2013

Genere: thriller

Ambientazione: Missouri, Stati Uniti

Pagine: 462

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: no.

 

domenica 1 gennaio 2017

MOLTO PERSONALE: IL MIO RAPPORTO CON LA LETTURA. STORIA DI UNA BAMBINA CHE DIVENTò LETTRICE!

Cari amici del simposio… cari amici in generale, il primo giorno di un nuovo anno volge al termine e già dall’anno vecchio mi arrovellavo il cervello su come cominciare il 2017 su questo blog. Metteteci anche il fatto che il libro che ho in lettura non mi entusiasma e che non volevo aprire l’anno con un “libro no”, e poi mi piace stupire…! Su una pagina amica ho trovato questa domanda:”Ci sono stati dei periodi in cui vi siete allontanati dalla lettura? E perché?”. Così ho cominciato a pensare al fatto che ora non riuscirei a non leggere neppure per un giorno, ma non è sempre stato così… E quindi eccomi qua a raccontarvi com’è nato questo rapporto d’amore tra me e sua maestà la lettura. Occhio perché è una storia travagliata, fatta di tempi difficili e forse di un po’ di pigrizia… mah… non saprei, lo stabilirete voi. Io intanto ve ne parlo.

Tanti anni fa, circa venti, la piccola e giudiziosa Rossella frequentava le elementari ed aveva bravissimi insegnanti molto attenti ad instillare nei bambini la passione per le belle storie e l’amore per la lettura. In classe si leggevano “Pinocchio” di Collodi e “il mago di Oz” e si ascoltavano le fiabe musicali di “Pierino e il lupo”, ma l’incoraggiamento era sempre lo stesso: “leggete, scambiatevi i libri, fate girare le letture”!

Così Rossella, non vedente dalla nascita, passava ore lietissime con la madre o con la nonna ad ascoltare rapita le storie del “battello a vapore” o “Il libro della giungla” o “le mille e una notte”. Crescendo, però, la protagonista di questa storia ha cominciato a dedicare sempre più tempo allo studio e le ore destinate alla lettura, che peraltro dovevano coincidere con le ore libere di altre persone, diminuirono sensibilmente. Interi pomeriggi dedicati ai libri furono presto sostituiti da letture occasionali, sporadiche, magari tra un esame universitario e l’altro. Il piacere per la lettura, però, non accennava a diminuire e, più rare si facevano le occasioni di provarlo, più forte cresceva in Rossella la voglia di leggere e la nostalgia per le belle storie, i mondi paralleli, le emozioni suscitate dai libri.

Certo, i più informati si chiederanno perché non leggesse in braille, metodo che ha sempre usato per studiare sin dall’infanzia, oppure perché non leggesse gli audiolibri. Beh, in entrambi i casi avrebbe potuto avere i libri solo in prestito e lei quest’idea di non possedere un libro, di non poterlo riaprire o riascoltare in qualunque momento, non l’ha mai sopportata! Un bel giorno del 2014, per puro caso, Rossella scopre che il Centro nazionale del libro parlato consente ai suoi utenti di scaricare i libri direttamente dal suo sito internet e di conservarli. Direte voi:”poteva muoversi prima, il servizio esiste da tempo!”. Sì, avete ragione, ma non c’era mai stata l’occasione di saperlo e poi lei era presa da altro, l’università, la laurea ecc. ecc. ecc. Beh, sta di fatto che con questa genialata il problema dei prestiti è superato! Oltretutto le registrazioni sono molto buone, ci sono lettori bravissimi e molti, molti libri.

Rossella non sta più nella pelle ed esplode in lei la voglia di recuperare il tempo perduto, di leggere quanti più libri possibile. Diventa avida, insaziabile, esigente e nel 2015 arriva a leggere 103 libri dei generi più vari. Il buon proposito per il 2016 è superare questo primo record e, tenace come sempre, la nostra protagonista lo raggiunge leggendo ben 144 libri al 31 dicembre 2016. Nel frattempo ha creato un blog in cui condividere la sua passione e recensire i suoi libri e l’ha chiamato “il simposio dei lettori”; scrive su mille forum, gruppi, pagine dedicate ai libri, scambia le sue opinioni, condivide le sue letture, consiglia libri e ama ricevere consigli letterari da chiunque. La lettura l’ha portata a rafforzare alcune amicizie ed a stringerne di nuove, la conduce in mondi paralleli, la immerge nelle vite degli altri, la fa indignare e sorridere, emozionare e rabbrividire, ma non la allontana mai dalla realtà… anzi!

Ecco… la mia storia è questa… spero vi sia piaciuta, a me sì e ancor di più mi piacciono i libri che leggo, ora anche con la sintesi dell’iPhone, non solo in audiolibro, perché la mia fame di pagine è insaziabile. Il mio augurio per il nuovo anno è di leggere quanto più potete perché i libri ci avvicinano agli altri, ma soprattutto a noi stessi. Leggete, leggete, leggete!