simposio lettori copertina

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martedì 28 febbraio 2017

RECENSIONE: FRANCIS SCOTT FITZGERALD - TENERA è LA NOTTE


Sinossi:

Dick Diver, un giovane psichiatra, ha sposato Nicole, che un incestuoso rapporto col padre ha reso schizofrenica. Dick lavora a un libro, vivendo delle
ricchezze di Nicole tra la Costa Azzurra e Parigi, con un piccolo gruppo di amici. Tra questi Abe North, un compositore alcolizzato e Tommy Barban, un
mercenario francese innamorato di Nicole. Al gruppo si unisce Rosemary, una bella attrice americana di cui Dick si innamora. L'unione con Nicole si sgretola
e la donna inizia una relazione con Tommy. Il finale conclude amaramente la vicenda.

Commento: 

Ci risiamo! Ho appena finito di leggere quello che tutti definiscono un “capolavoro” ed ecco che mi ritrovo a non essere d’accordo! Che fare? Lascio a voi l’ardua sentenza… per il momento vi dico che in “tenera è la notte” Fitzgerald racconta la storia di Dick e Nicole, lui uno psichiatra che scrive trattati scientifici ed ha il dono di affascinare la gente con i suoi modi gentili; lei ricchissima e mentalmente disturbata a causa di un trauma infantile. I due sono sposati e, all’apertura del romanzo, si trovano in Costa Azzurra, nella loro casa sempre affollata, circondati da altri americani dalle origini più disparate: alto borghesi, omosessuali, neri ed anche un’attrice, Rosemary, che per buona parte del libro sarà croce e delizia del nostro dottor Diver. La famiglia Diver e tutta la compagnia in generale trascorre le vacanze fra cene, giornate in spiaggia e chiacchere varie, fino al momento in cui, per una ragione poco chiara, si arriva ad un duello. A questo punto una serie di eventi concatenati porta Nicole Diver ad un collasso nervoso che rende necessario spiegare chi è e di cosa soffre. Così comincia un lungo flash back che ci riporta al 1917, in una clinica di Zurigo, in cui una bellissima, giovane ed ingenua Nicole incontra per caso il dottor Diver in partenza per la guerra. Da qui il racconto prosegue fino a ritornare nel presente (anni 20): l’autore ci mostra come Dick stia cambiando in peggio, come la sua maschera stia per cadere precipitosamente e come Nicole, invece di aiutarlo ne approfitta.

Questa, in sintesi, la storia narrata in questo romanzo, una storia che parla di follia, amore, dipendenza e devozione al denaro. Visti gli argomenti trattati, il libro aveva tutti i presupposti per piacermi, ma purtroppo proprio non riesco ad abituarmi alla scrittura di Fitzgerald: come mi era già capitato ne “il grande Gazby”, trovo che le trame siano interessanti, ma siano trattate con troppa lentezza e poca incisività, caratteristiche che rendono lo stile piatto e poco scorrevole. L’inizio del libro, poi, non invoglia alla lettura, le cose migliorano quando si parla del passato di Nicole, ma è dura arrivare alla fine. Il tema della follia, a mio modesto parere, è trattato in modo molto più incisivo e pregnante in altri romanzi. Buono, tuttavia, il quadro dipinto da Fitzgerald sul contesto sociale dei Diver e dei loro amici, morbosamente attaccati al denaro, snob ed elitari.

Non si può dire che questo libro sia brutto, anzi, tutt’altro! E’ interessante e mai banale, solo che personalmente, non mi ha entusiasmato, perciò lo consiglio con più di una perplessità!

 

Opera recensita: “tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald

Editore: Einaudi, 2005 (prima ed. originale 1934)

Genere: letteratura americana

Ambientazione: Francia-Svizzera

Pagine: 384

Prezzo: 12,50 €

Consigliato: sì/no.

 

sabato 25 febbraio 2017

RECENSIONE: PAUL AUSTER - LA MUSICA DEL CASO


Sinossi:

Un'eredità imprevista determina una svolta nella vita di Jim Nashe, il protagonista della "Musica del caso". Jim molla il lavoro, lascia sua figlia e,

alla guida di una fiammante Saab 900, vagabonda per un anno intero avanti e indietro attraverso l'America. Sempre casualmente incontra Jack Pozzi, un giovanissimo

giocatore d'azzardo, reduce da una rocambolesca avventura notturna. Con ciò che resta dell'eredità di Nashe i due decidono di portare avanti il progetto

di Pozzi: battere a poker Flower e Stone, due miliardari per caso (hanno vinto una grossa somma con un biglietto della lotteria). Ma le cose non vanno

nel modo sperato. Così quello che sembrava essere un classico romanzo on the road, con un eroe che attraversa l'America sconfinata, si trasforma in un

altro tipo di avventura: un romanzo sull'azzardo, e sul potere sconfinato del Caso.

 

Commento

 

Finora non conoscevo Paul Auster se non per la sua fama, ma dopo aver letto questo libro sono certa che approfondirò la sua conoscenza. “La musica del caso” è un libro sorprendente, una di quelle letture su cui non scommetteresti, ma che alla fine ti lasciano spiazzato.

Il protagonista di questa storia, per la verità, non proprio realistica, è Jim Nashe ed il coprotagonista è il giovane Jack Pozzi, detto Jackpot. Il primo è un ex pompiere di Boston che, dopo aver ricevuto una cospiqua eredità inaspettata, decide di lasciare tutto (lavoro, figlia, famiglia) e di viaggiare in lungo e in largo per l’America a bordo della sua Saab rossa. Dopo più di un anno di viaggio, proprio quando la sua avventura sembra volgere alla fine, casualmente Jim incontra Jack Pozzi, un giovane giocatore di Poker conciato per le feste dopo una nottata andata male. Il ragazzo racconta a Jim che ha in programma la partita della vita con due miliardari che di poker non sanno nulla, ma che non ha i soldi per giocare, così inspiegabilmente Nashe punta tutto su di lui. Da questo momento le vite dei due protagonisti si legheranno a maglie sempre più strette e la storia prenderà una piega assolutamente inaspettata: da classico romanzo on the road questo libro racconta una continua partita a poker con la vita ed in questo gioco, si sa, mai nulla va dato per scontato, soprattutto il finale.

Confesso che quando ho cominciato a leggere questo libro ero curiosa, ma non mi aspettavo nulla di più di un romanzo americano alla Kerouaq, pieno di viaggi in su e in giù per l’America con bagordi, donne, alcool e chi più ne ha più ne metta… beh, questi elementi ci sono anche qui, sebbene in minima parte, ma perdono totalmente di importanza se confrontati alla storia principale che coinvolge i due protagonisti. Non voglio svelare troppo, ma vi dico solo che l’incontro con Flower e Stone, i miliardari della sfida a poker, segnerà la fine del viaggio fisico di Jack e Jim, ma non di quello mentale ed emozionale che, anzi, sarà solo all’inizio.

“La musica del caso” è un libro veloce (forse troppo veloce, a dirittura precipitoso nel finale) che si fa leggere d’un fiato senza alcuna difficoltà. La prosa di Auster è estremamente lineare, chiara e priva di fronzoli o sotterfugi interpretativi, ma non per questo scarna di profili interessanti su cui soffermarsi. Leggendo ho avuto l’impressione che l’autore volesse facilitare il più possibile la lettura per indurre il lettore a seguire il flusso di pensieri generati dagli eventi e, se è così, ci è pienamente riuscito a parer mio. Perciò consiglio questo libro senza riserve perché è una lettura leggera, ma interessante e ricca di colpi di scena. Il finale, poi, sebbene un po’ frettoloso, è una vera “genialata”: lo definirei spiazzante ed ineluttabile! Beh, non mi resta che augurarvi buona lettura!

 

 

Opera recensita: “la musica del caso” di Paul Auster

Editore: Einaudi, Super ET, 2009 (prima ed. 1990)

Genere: mistery, narrativa americana

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 207

Prezzo: 11,00 €

Consigliato: sì.

 

domenica 19 febbraio 2017

RECENSIONE: STEFANO CAPRARO - UNA TRAGICA FATALITà


Sinossi:

In un piccolo paese sulla costa salentina un affiatato gruppetto di amici consuma l'estate tra una bevuta, una partita a biliardino e una scorribanda a

mare. Tra loro, Vincenzo è l'unico ad avere un serio legame sentimentale, ma la rigida tradizione alla quale la fidanzata Antonella tiene tanto, lo espone

a tentazioni. Non ultima quella per Valentina, ragazza dalla bellezza prorompente, molto "chiacchierata" ma oggetto di sogni inarrivabili per molti. È

il Caso - come sempre stupefacente artefice degli eventi - a far sì che il treno della vita di Valentina imbocchi sul suo percorso la deviazione sbagliata.

Tra i profumi ed i colori del Salento, una piccola storia di provincia si tinge di giallo.

 

Chi l’ha detto che i thriller devono essere ambientati per forza nei luoghi freddi, nelle grandi città o nelle lande isolate? Le storie che ispirano la narrativa gialla possono accadere anche in un ridente paesello dell’Adriatico, fra una birra e un giro sulla litoranea, con il mare a fare da pubblico non pagante, osservatore attento e muto.

E’ proprio questo che ci racconta Stefano Capraro, castrense D.O.C., nel suo primo libro “Una tragica fatalità” pubblicato in versione Ebook con Streetlib. E’ la storia di un gruppo di ragazzi che passano la loro estate fra un giro in macchina con la musica a palla e un pomeriggio al bar a bere o a giocare a biliardo. Proprio durante una di queste bevute, però, giunge come un fulmine a ciel sereno la notizia del ritrovamento del cadavere di una ragazza, morta inspiegabilmente in un luogo isolato. La ragazza in questione è molto conosciuta e chiacchierata in paese e la sua scomparsa getta un velo di preoccupazione anche tra i ragazzi, soprattutto perché uno di loro sembra averla conosciuta un po’ meglio degli altri ultimamente. Così, mentre i carabinieri indagano (indagano?) sulla possibile dinamica del caso, viene a galla una storia conturbante, fatta di incontri clandestini, fidanzate gelose, cugini equivoci…

Tutti personaggi, quelli tratteggiati in questo libro, che è possibile trovare in ogni paesino italiano: dalla ragazza facile, al gruppo di amici scanzonati, al personaggio eccentrico, alla nonna che spia da dietro le imposte… tutti esemplari di un’umanità variegata che, nel suo insieme, costituisce l’anima di una comunità.

“Una tragica fatalità” mi è piaciuto per vari motivi: innanzitutto perché è ambientato nel mio paese ed è bellissimo, mentre si legge, riconoscere i luoghi, ritrovare i suoni e gli odori, le abitudini di amici e conoscenti; poi perché la storia, nella sua semplicità, è accattivante e paradossale, è un po’ thriller e un po’ pettegolezzo di paese. E poi il tutto è impreziosito dallo stile ricco, abbondante di aggettivi ed avverbi, di descrizioni particolareggiate ed evocative e di pertinenti espressioni idiomatiche. E’ una lettura piacevole, non impegnativa, che strappa anche qualche sorriso, perciò sì, lo consiglio molto volentieri!

 

Opera recensita: “Una tragica fatalità” di Stefano Capraro

Editore: Streetlib, 2015

Genere: thriller

Ambientazione: Salento

Pagine: 102 (ebook-epub)

Prezzo: 0,99 €

Consigliato: sì.

 

sabato 18 febbraio 2017

RECENSIONE: ANNA GIURICKOVIC DATO - LA FIGLIA FEMMINA


Sinossi:

Ambientato tra Rabat e Roma, il libro racconta una perturbante storia familiare, in cui il rapporto tra Giorgio e sua figlia Maria nasconde un segreto

inconfessabile. A narrare tutto in prima persona è però la moglie e madre Silvia, innamorata di Giorgio e incapace di riconoscere la malattia di cui l’uomo

soffre. Mentre osserviamo Maria non prendere sonno la notte, rinunciare alla scuola e alle amicizie, rivoltarsi continuamente contro la madre, crescere

dentro un’atmosfera di dolore e sospetto, scopriamo man mano la sottile trama psicologica della vicenda e comprendiamo la colpevole incapacità degli adulti

di difendere le fragilità e le debolezze dei propri figli. Quando, dopo la morte misteriosa di Giorgio, madre e figlia si trasferiscono a Roma, Silvia

si innamora di un altro uomo, Antonio. Il pranzo organizzato dalla donna per far conoscere il nuovo compagno a sua figlia risveglierà antichi drammi. Maria

è davvero innocente, è veramente la vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutto il pomeriggio Antonio sotto gli occhi annichiliti

della madre? E la stessa Silvia era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia? La figlia femmina mette in discussione ogni nostra certezza:

le vittime sono al contempo carnefici, gli innocenti sono pure colpevoli. È un romanzo forte, che tiene il lettore incollato alla pagina, proprio in virtù

di quell’abilità psicologica che ci rivela un’autrice tanto giovane quanto perfettamente consapevole del suo talento letterario.

 

Esordio col botto per Anna Giurickovic Dato, che affronta un tema tanto scomodo quanto scabroso, qual è quello della pedofilia e dell’incesto. “La figlia femmina” è un libro che si legge in poche ore, ma che lascia profondamente turbati.

E’ il racconto di Silvia, giovane madre di Maria, una ragazzina di tredici anni con un carattere scontroso, schivo e molto umorale. Ed a Roma anche il tempo è instabile e sembra seguire gli umori di Maria la mattina in cui Silvia comincia a raccontare: è molto tesa perché ha invitato a pranzo Antonio, l’uomo di cui si è innamorata, il primo dopo l’ex marito Giorgio. Silvia vuole presentare Antonio a Maria ed ha paura del comportamento della figlia: si chiuderà in un mutismo o sbatterà la porta rovinando la giornata a tutti? Ma sorprendentemente Maria, oltre ad essere più bella del solito, è anche allegra ed affabile, scherza e ride con Antonio, mette tutti a loro agio, è padrona della conversazione… Silvia non l’ha mai vista così ed al principio è contenta di questa reazione entusiastica, ma ben presto l’aria si surriscalda e d’improvviso la piccola Maria non sembra più così indifesa.

Troppo annichilita per reagire alla piega presa dalla situazione, Silvia alterna le visioni del presente ed i ricordi del passato, in Marocco, a Rabat, quando c’era ancora suo marito Giorgio, l’amore della sua vita, il suo punto di riferimento, la perfezione assoluta. E tutto torna, tutto si colloca nella giusta dimensione… vittima e carnefice, turbata e disturbata, Maria si trasforma da angioletto delle fiabe a strega ammaliatrice sotto gli occhi impotenti di una madre troppo abituata a non voler vedere.

I temi di questo libro sono l’incomunicabilità, la fiducia negli altri che acceca e annebbia l’intelletto, la pedofilia e le conseguenze disastrose degli abusi sui minori, specie se avvenuti in ambito familiare.

“La figlia femmina” è un libro che parla con forza dirompente di ricordi delicati, che racconta con lucida consapevolezza la nebbia dei ricordi e che mette a nudo le conseguenze e le implicazioni del troppo amore, da diversi punti di vista. Bellissimo, angosciante, conturbante… a fine lettura si resta sgomenti, tramortiti e senza più parole. Lo consiglio a tutti, perché a volte il dramma è dietro l’angolo quando la cattiveria si traveste da bontà.

 

Opera recensita: “la figlia femmina” di Anna Giurickovic Dato

Editore: Fazzi, 2017

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Rabat (Marocco)-Roma

Pagine: 192

Prezzo: 10,00 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 15 febbraio 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - IT


Sinossi:

In una ridente e sonnolenta cittadina americana, un gruppo di ragazzini, esplorando per gioco le fogne, risveglia da un sonno primordiale una creatura

informe e mostruosa: It. E quando, molti anni dopo, It ricompare a chiedere il suo tributo di sangue, gli stessi ragazzini, ormai adulti, abbandonano la

famiglia e il proprio lavoro per tornare a combatterlo. E l'incubo ricomincia. Un viaggio illuminante lungo l'oscuro corridoio che conduce dagli sconcertanti

misteri dell'infanzia a quelli della maturità.

 

 

E’ sempre difficile recensire un libro complesso ed articolato e lo è ancor di più quando gode della (meritatissima) fama di capolavoro. E’ così anche per “It”, quello che da molti è considerato il capolavoro di Stephen King.

E’ il 1985 e siamo a Derry, nel Maine. Un gruppo di persone, residenti in varie parti degli Stati Uniti, viene, suo malgrado, distolto dalla sua vita normale per tornare nella città natale, Derry per l’appunto, ad onorare un’antica promessa. Ci sono vite da salvare, c’è un nemico da sconfiggere, un nemico subdolo che si nasconde ed ama assumere le forme più diverse. Chi è? Cos’è? E’ lui, esso, la cosa… IT! Può essere sconfitto? Se sì, chi può farlo? E come? Tanti interrogativi che necessitano una risposta da cercare nel passato, fra i ricordi sopiti… ma bisogna agire alla svelta perché… It è tornato!

Lo so, non vi ho detto molto, ma ho cercato di spoilerare il meno possibile perché questo è un libro da scoprire pagina dopo pagina, è un libro che ti entra in testa e, una volta cominciato, non lo lasceresti più. E’ una storia che ha a che fare con le paure, con il buio che abbiamo dentro, con la forza della mente e con il potere dell’amicizia. Ma “It” non è solo questo: è anche l’emblema di una società gretta e fondata sull’apparenza, che non vuole vedere, che si gira dall’altra parte davanti a ciò che è strano ed incomprensibile, una società che preferisce sonnecchiare invece di affrontare i suoi problemi, che preferisce non parlare di ciò di cui ha paura. E così la paura cresce, si annida negli anfratti più bui, avvolge tutto come una coltre di nuvole. Nell’indifferenza generale, però, qualcuno vede, osserva, pensa, si oppone alla paura. E chi può farlo se non un gruppo di bambini?

King ci ha abituati a descrizioni minuziose, a lunghi flash-back nel passato, a frasi ad effetto buttate lì in un ambiente apparentemente calmo. Il suo stile di scrittura, a ben guardare, rispecchia quello che raccontano i suoi libri: una cittadina come tante in cui succede qualcosa di straordinario, un gruppo di persone normali (nessun super eroe o mostro d’intelligenza) che affronta l’anormale. Questo è ciò che accade, elevato alla massima potenza, anche in questo libro: King non ha paura delle pagine, ne scrive quasi 1300 per regalarci un gioiello dell’architettura narrativa, con personaggi caratterizzati nei minimi dettagli, con più storie nella storia strutturate con maestria, abilità, tecnica sopraffina. Ecco perché ritengo che la fama di “capolavoro” sia ampiamente meritata. E’ un’opera monumentale che non si può non conoscere. Lo consiglio? Beh, King in questo libro ci parla delle paure e ci insegna come sconfiggerle. E se lui non ha avuto paura di scrivere 1300 pagine, perché noi dovremmo aver paura di leggerle? Fidatevi, vale la pena!

Solo un’ultima raccomandazione: se non avete mai letto nulla di King, forse non è il caso di cominciare da questo libro… necessita di una conoscenza dello stile dell’autore e di una maturità di lettura che consenta di cogliere gli innumerevoli indizi disseminati in ogni pagina… perciò magari prima leggete altro, poi però tornate: It vi aspetta!

 

Opera recensita: “It” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, prima ed. 1986

Genere: horror, fantasy, noir,

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 1248

Prezzo: 12,90 €

Consigliato: sì.

 

sabato 11 febbraio 2017

RECENSIONE: ALEXANDR PUSKIN - EVGENIJ ONEGIN


Sinossi (Ed. Marsilio):

Uno spreco, una storia d'amore mancata, l'impossibile accordo tra educazioni sentimentali ispirate a modelli letterari diversi, la vita stritolata nelle

divergenze fra civiltà e natura. L'incontro di Evgenij e Tatiana nella campagna russa, la lettera d'amore della signorina di provincia al giovane dandy,

il duello con cui questo uccide l'amico, i suoi viaggi e infine l'arrivo a Pietroburgo per riconoscere Tatiana nelle vesti di altera principessa legislatrice

di salotti e innamorarsene perdutamente: Puskin racconta questa tragica storia con grande levità di toni.

 

Il protagonista di questa storia è Evgenij Onegin (da alcuni editori italianizzato in Eugenio), un giovane bon vivant di città abituato a passare da una festa ad un ballo, da una donna ad un’altra con molta leggerezza. Richiamato nella campagna russa da una missiva che gli ingiunge di assistere uno zio morente, al suo arrivo Onegin trova una pace insperata e la possibilità di oziare allontanandosi, almeno temporaneamente, dai lussi della città. Qui conosce Lenski, un giovane poeta bello ed ardimentoso con il quale stringe amicizia, e Tatiana, una giovane ombrosa e schiva che si innamora di lui.

Troppo affezionato alla propria libertà, il nostro eroe la rifiuta, ma a distanza di tempo questa scelta si rivelerà un fatale errore.

La storia ci viene raccontata da un narratore esterno, un amico di Onegin, probabilmente l’autore stesso. Costui interviene talvolta per spiegare le sensazioni provate dai personaggi, ciò che celano nel loro animo e spesso ha la funzione di chiarire al lettore i punti più oscuri. Il romanzo è scritto in versi divisi in stanze ed il linguaggio (consideriamo che l’Onegin è stato scritto nell’Ottocento) è parimenti poetico e a volte pomposo. Tuttavia l’opera si legge piacevolmente e senza intoppi, ma altresì senza particolari picchi di interesse.

Personalmente ho trovato questo romanzo, il primo che leggo di Puskin, piacevole ma non particolarmente emozionante: non è nonostante fossi curiosa di conoscere l’evoluzione della storia, il libro non è riuscito a coinvolgermi fino in fondo. Ad ogni modo riconosco che si tratta di un’ottima lettura, perciò la consiglio. Ultima considerazione: nei romanzi d’amore di solito mi piacciono i finali alla “e vissero felici e contenti”, ma in questo caso sono contenta che sia andata diversamente! Onegin come personaggio non mi piace e l’ho trovato borioso ed arrogante, perciò… ben gli sta!

 

Opera recensita: “Evgenij Onegin” di Alexandr Puskin

Editore: Marsilio, Feltrinelli, Einaudi, Bur, Sansoni

Genere: romanzo in versi

Ambientazione: Russia, 1800

Consigliato: sì.

 

sabato 4 febbraio 2017

RECENSIONE: MICHAIL BULGAKOV - IL MAESTRO E MARGHERITA


Sinossi:

"Un miracolo che ognuno deve salutare con commozione". Così Eugenio Montale accoglieva nel 1967 il romanzo postumo che consacrava di colpo Bulgakov, fino

ad allora sconosciuto, tra i grandi scrittori russi del Novecento, e forniva un quadro indimenticabile della Russia di Stalin. Nella Mosca degli anni '30

arriva Satana in persona e sotto le spoglie di un esperto di magia nera, accende una girandola di eventi tragicomici.

 

Commento:

Beh, che dire? Un vero e proprio capolavoro della letteratura! Geniale, dissacrante, visionario ed attualissimo. Mi sono innamorata di questo libro!

Il titolo è “il maestro e Margherita”, perciò ci si aspetterebbe che l’opera narrasse solo la storia di questi due personaggi… niente di più sbagliato! Il vero protagonista di questa storia è lui, il Messere, il principe del male, Woland… alias? Satana! Tutto comincia durante il plenilunio di primavera, quando, nel pomeriggio, agli stagni Patriarsie, avviene un incontro alquanto singolare tra il poeta Ivan Besdomni, il direttore dell’associazione letteraria Massolit, Berliotz e uno strano viaggiatore che dice di essere un professore, un consulente di magia nera… Questo incontro attiva una serie di eventi a catena che coinvolgono le più alte personalità del teatro moscovita, ma anche letterati, impiegati e gente comune. Dall’arrivo di questo strano consulente e del suo variopinto seguito, la città di Mosca precipita nella follia e nel delirio. Ben presto il lettore comprenderà che il misterioso straniero altri non è che il diavolo in persona, venuto in città per osservare i comportamenti dei moscoviti che si rivelano estremamente manipolabili, influenzabili e sensibili al denaro, alla corruzione, all’egocentrismo ed all’accidia. Woland ed i suoi (un gatto dalle sembianze molto umane, uno spilungone col vestito a quadretti e dei finti occhiali a molla, un ometto fulvo e dalla voce nasale, una cameriera nuda) troveranno terreno fertile per le loro magagne nella città dove regnano la corruzione e la perdizione. Fra i tanti personaggi colpiti dall’influenza del maligno troviamo poi il maestro (uno scrittore ostracizzato per un romanzo sui fatt Ponzio Pilato e la crocifissione di Jeshua) e la sua bella amante, Margherita… la loro sorte è esemplare per capire lo stato di follia in cui versa la città di Mosca nel periodo stalinista.

La trama principale, con il susseguirsi degli eventi tragicomici causati da Woland e dai suoi, è intervallata da stralci del romanzo del maestro, ambientati a Gerusalemme ai tempi di Pilato e di Jeshua Hanozri, utili a far comprendere quanto poco sia cambiata la natura dell’uomo nonostante siano passati millenni. Ed anche noi, lettori moderni, non fatichiamo a giungere alla stessa considerazione leggendo questo libro così visionario ed attuale: non è difficile, infatti, cogliere le analogie con i comportamenti in uso anche nella quotidianità della nostra società. Lo stile di Bulgakov, poi, è davvero pregevole: non una parola in più, né una in meno; tutto è funzionale alla narrazione puntuale, precisa ed evocativa. Proprio Bulgakov, in un passo di questo libro, si definisce “narratore veridico, ma estraneo”: proprio così, veridico, estraneo, ma molto, molto acuto ed intelligente!

Inutile aggiungere che mi è piaciuto moltissimo e che lo consiglio vivamente a tutti… un’imperdibile fiaba realista che ci fornisce un ritratto impietoso e veritiero della società del primo Novecento, ma anche della nostra!

 

Opera recensita: “Il maestro e Margherita” di Michail Bulgakov

Editore: Einaudi, prima ed. italiana 1967

Genere: letteratura russa

Ambientazione: Russia degli anni Trenta

Pagine: 390

Prezzo: 11,00 €

Consigliato: assolutamente sì.

 

venerdì 3 febbraio 2017

RECENSIONE: LUCIA ANNIBALI - IO CI SONO, LA MIA STORIA DI "NON AMORE"


Sinossi:

16 aprile 2013, una sera qualunque. Lucia, una giovane avvocatessa di Pesaro, torna a casa dopo essere stata in piscina. Ad attenderla, dentro il suo appartamento,

trova un uomo incappuccialo che le tira in faccia dell'acido sfigurandola. Le ustioni, devastanti, corrodono anche il dorso della sua mano destra. Quella

stessa notte viene arrestato come mandante dell'aggressione Luca Varani, avvocato, che con Lucia aveva avuto una tormentata relazione troncata da lei nell'agosto

del 2012 e che, secondo la magistratura, aveva assoldato per l'agguato due sicari albanesi, pure loro poi arrestati. Come avviene in molti, troppi episodi

di violenza contro le donne, anche in questo caso è stato l'abbandono a innescare la miccia del risentimento. Lo schema è purtroppo "classico": il possesso

scambiato per amore, la rabbia che diventa ferocia, fino all'essenza della crudeltà: l'acido in faccia. In questo libro Lucia Annibali ripercorre la sua

storia con quell'uomo, dal corteggiamento al processo ("Il tempo con lui è stato una bestia che digrignava i denti e io mi lasciavo sbranare"); passa in

rassegna i momenti dell'emozione e quelli della sofferenza; racconta l'acido che scioglieva il suo viso ("Un minuto dopo la belva era ammaestrata") e poi

i mesi bui e dolorosissimi, segnati anche dal rischio di rimanere cieca. Per la sua tenacia, la sua determinazione e il coraggio di mostrarsi, oggi Lucia

è diventata un'icona, punto di riferimento per tutte le altre donne...

 

16 aprile 2013. Uno sconosciuto tende un agguato alla giovane avvocatessa Lucia Annibali e le getta dell’acido sul viso e sulla mano destra. 29 marzo 2014. In nome del popolo italiano, l’avvocato Luca Varani viene condannato a vent’anni di reclusione (la massima pena possibile) e quattordici anni vengono comminati ai suoi due complici albanesi per i fatti del 16 aprile. E cosa c’è nel mezzo? Nel mezzo c’è una vita intera.

Lucia ha 35 anni, è una giovane avvocatessa di Urbino; è bella, dinamica, ha tanti amici e da qualche anno ha una storia tormentata con Luca, un collega, l’avvocato della porta accanto. Da qualche tempo, però, Lucia non ama più Luca, ne ha paura: l’uomo la segue, si apposta sotto casa sua, lei se lo ritrova nei locali… e poi varie stranezze succedono a Lucia: un cellulare che scompare e che viene ritrovato vicino alla sua macchina, un impianto del gas improvvisamente difettoso che rischia di far saltare in aria lei e tutto il condominio, e poi incontri sempre più strani, sempre più al limite… Fino a quella fatidica sera, la sera dell’agguato. Da quel 16 aprile nulla è più stato lo stesso per Lucia, lei non è più la stessa: ha dovuto subire numerosi interventi che le hanno dato un nuovo viso, ha dovuto convincere a forza i suoi occhi ad obbedirle poiché minacciavano di lasciarla completamente cieca; ha dovuto reinventare il suo look, le sue giornate, il suo modo di porsi con gli altri; ha dovuto imparare a conoscere il suo nuovo corpo, la nova Lucia appena nata, ma molto più forte della precedente. Tutto questo per un risvolto nefasto della sua storia d’amore, anzi di “non amore”: Luca, il suo ragazzo, nonostante la coprisse di bugie e tradimenti, non riusciva ad accettare che Lucia lo rifiutasse, che si ribellasse, che dicesse “basta, vattene, non posso più stare con te”. E così gliel’ha fatta pagare, l’ha sfregiata con l’acido, anzi ha pagato due sconosciuti per portare a termine il suo piano. Ma gli è andata male perché lei è ancora qui, più forte ed agguerrita di prima e soprattutto non è sola.

Questo è un libro che lascia il segno, ironia della sorte, proprio come le cicatrici sul viso di Lucia: è una storia impossibile da ignorare, che inevitabilmente tocca nel profondo ognuno di noi. Scritto in modo schietto, diretto, sincero, questo libro è il diario dell’anno trascorso da Lucia Annibali tra interventi chirurgici, sessioni in ospedale, dolore, disperazione, piccole gioie, l’emozione di essere capita e supportata e di conoscere nuovi amici. E poi le indagini, i ricordi, i segnali non colti, il processo, i giorni bui e quelli di sole, gli incontri, gli eventi pubblici, le interviste, le onorificenze… Il racconto di un anno intensissimo che ci investe come un fiume in piena di sensazioni forti. Pagina dopo pagina non si può non affezionarsi ai protagonistii di questa storia che conosciamo insieme a Lucia; e non si può, poi, non ammirare lei, questa donna coraggiosa, lucida, tenace, intelligente, ma soprattutto umana. Perché qui non abbiamo un’eroina, una wonder woman: siamo di fronte ad una donna che è passata dall’amore alla paura, dalla disperazione al coraggio, che ha attraversato momenti terribili, che poteva rassegnarsi, ma non l’ha fatto e perciò ha vinto. Ed è questo che la rende grande, il suo essere e restare sempre Lucia, sempre se stessa, il suo non chiedere compassione, ma giustizia. Il messaggio più grande che Lucia vuole dare a tutte le ragazze e le donne quotidianamente vittime di violenza è solo uno: l’amore non tollera alcuna violenza, l’amore pretende rispetto. Sono queste le parole forti che ci arrivano da una donna che questo insegnamento lo ha sperimentato sulla sua pelle e che è riuscita a tornare alla vita.

Una lettura, questa, che consiglio vivamente a tutti. Un libro da leggere assolutamente, tra l’altro scritto benissimo, con lucidità ed al contempo con pathos. Si legge in un soffio, ma resterà dentro a lungo.

 

Opera recensita: “io ci sono-la mia storia di non amore” di Lucia Annibali

Editore: BUR, 2014

Genere: testimonianze e biografie

Ambientazione: Pesaro-Urbino-Parma

Pagine: 270

Prezzo: 10,00 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 2 febbraio 2017

RECENSIONE: GIORGIA WURTH - L'ACCAREZZATRICE


Sinossi:

Gioia è una ragazza come tante, trent'anni e molti progetti nel cuore: ancora non sa che la vita le riserva una missione straordinaria, e che il suo destino

è racchiuso nel suo stesso nome. Gioia ha appena perso il lavoro da infermiera in ospedale, il fidanzato l'ha lasciata, è preoccupata per suo padre malato.

I giorni passano, l'ansia cresce, nulla si muove: non c'è lavoro, gli orizzonti sembrano chiusi. Finché una mattina Gioia risponde a un annuncio nel quale

si richiede "un'infermiera con spiccata sensibilità" a Bellinzona. È così che conosce Rosaria, una donna malata di sclerosi multipla, che cerca per il

suo amatissimo marito, anch'egli gravemente invalido, un'assistente sessuale... Comincia per Gioia - dopo l'iniziale turbamento - la scoperta di un mondo,

quello dei disabili, dei loro bisogni, dell'apartheid in cui spesso la società li confina. La scoperta di un universo vibrante di speranza e di coraggio.

Molte persone portatrici di handicap sono private della possibilità di sperimentare il piacere fisico o semplicemente un contatto corporeo diverso da quello

medicalizzato. Sono private dell'esperienza dell'empatia e dell'emozione di una carezza, con esiti psicologici spesso devastanti. In Svizzera e in diversi

Paesi del Nord Europa la figura degli "assistenti sessuali" - dotati di una formazione medica e psicologica - è prevista dalla legge. Non in Italia, dove

un moralismo diffuso finisce per lasciare sulle spalle delle famiglie la gestione di queste esperienze...

 

Il libro di cui vi parlo oggi è… come definirlo…? Sui generis? Coraggioso? Particolare? Sì, “l’accarezzatrice” di Giorgia Wurth è tutte queste cose insieme. Lo è perché tratta un argomento scomodo, spinoso e per qualcuno imbarazzante: il sesso, ma non il sesso come atto fine a se stesso: tratta della sessualità delle persone disabili ed in particolare della figura dell’assistente sessuale. Ma conosciamo meglio i protagonisti di questa storia.

Gioia ha 33 anni, ha perso il lavoro di infermiera che le dava soddisfazione; il fidanzato di una vita, l’uomo con cui avrebbe voluto formare una famiglia, l’ha lasciata perché a suo dire erano “diventati come fratello e sorella” (immaginate l’umiliazione per questa ragazza); come se non bastasse il padre di Gioia, il suo unico punto di riferimento, è in ospedale. Gioia è allo sbando, non fa la spesa, dorme male e spesso sul divano, gli attacchi di panico si susseguono senza darle tregua… una mattina, mentre beve un cappuccino e mangia un cornetto, vede un annuncio sbiadito in cui si cerca un’infermiera professionale per… (macchia indecifrabile) disponibile da subito. Quando si presenta nella bella casa di Rosaria e Salvatore a Bellinzona, in Svizzera, oltre alla torta di ricotta e mandorle ad accoglierla c’è una sorpresa: Rosaria, affetta da sclerosi multipla, cerca un’infermiera per Salvatore, il marito anche lui disabile e di cui è profondamente innamorata. E voi direte:”beh, dove sta la sorpresa?”. Salvatore, in realtà, ha bisogno di un’assistente sessuale, cioè di una persona che lo aiuti a soddisfare i suoi bisogni fisici primari per migliorare la qualità della sua vita. Gioia, che non sapeva assolutamente nulla dell’esistenza di questa figura professionale, fugge spaventata e scandalizzata dalla presunta oscenità della proposta di lavoro. Una sera, però, mentre è in clinica per far visita a suo padre, vive un’esperienza che cambia totalmente la sua percezione del “problema” sessualità. Da qui comincerà il viaggio di Gioia alla scoperta di una nuova professione, di un nuovo modo di fare l’infermiera, che consente ad altri di vivere meglio e a se stessi di conoscersi di più. Gioia conosce Cristina, un’altra bravissima assistente sessuale che la introduce a quella che diventerà per Gioia la professione della vita, un modo di fare del bene a cui non potrà più rinunciare.

Il libro parte subito a bruciapelo, con l’incontro tra Gioia e i suoi due potenziali clienti, Rosaria e Salvatore. Senza troppi giri di parole, l’autrice affronta il problema di petto e ci catapulta in un mondo di cui spesso non si parla, per vari motivi: paura, vergogna, non conoscenza, pudore… Giorgia Wurth, invece, affronta il tema della sessualità per persone disabili in modo diretto e forte, assolutamente senza peli sulla lingua: non si fa problemi, infatti, nell’enumerare le motivazioni per cui in Italia la figura dell’assistente sessuale non è legalizzata e non è accettata. Senza mezzi termini, l’autrice smaschera le debolezze, le ritrosie, i pregiudizi di tante persone che, per i motivi più vari, paragonano l’assistente sessuale ad una prostituta, ad una donna immorale, ad una peccatrice. In realtà non è affatto così: per fare questo lavoro è necessaria una preparazione medica ed una formazione psicologica adeguata, oltre ad un’innata sensibilità e propensione all’aiuto degli altri. Si tratta di persone che lavorano per soddisfare un bisogno fisico fondamentale di coloro che, a causa della loro condizione fisica, non sono in grado di vivere il rapporto con il proprio corpo e la propria sessualità in autonomia. Saremmo portati a pensare che si tratta di un falso problema, che forse non ci sarebbe bisogno di una persona che si occupi di quest’esigenza specifica… in realtà, come ci dimostra l’autrice in alcune storie contenute nel libro, vivere la propria sessualità in modo soddisfacente è fondamentale per raggiungere un equilibrio ed una stabilità emotiva, psichica e relazionale che permetta di vivere una vita normale, in armonia con se stessi e con gli altri. E questo vale per tutti, anche per i disabili.

Venendo ora alle considerazioni personali, vi dirò che il libro si legge molto agevolmente, è scritto molto bene, con uno stile diretto e chiaro, esplicito dove è necessario, con molte frasi d’impatto. Mi è piaciuto? Sì, anche se mi ha lasciato alcune perplessità: alcune cose mi sembrano un po’ forzate e poco realistiche, avrei evitato alcune frasi e paragoni… ma nel complesso direi che la storia è buona. Inoltre bisogna dare atto e merito a Giorgia Wurth di aver affrontato un tema ostico, scomodo e di averlo fatto con coraggio, senza risparmiarsi, dimostrando una mentalità aperta e senza pregiudizi, disposta anche a mettersi in gioco ed a sopportare qualche sopracciglio inarcato o qualche occhiata storta. Ad ogni modo lo consiglio… a chi è disposto a non nascondersi dietro alla maschera della morale ed a riflettere senza pregiudizi o riserve.

 

Opera recensita: “l’accarezzatrice” di Giorgia Wurth

Editore: Mondadori, 2014

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Italia-Svizzera

Pagine: 250

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì.