simposio lettori copertina

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martedì 31 dicembre 2019

RECENSIONE: EMILIO ORTIZ - ATTRAVERSO I MIEI PICCOLI OCCHI


Sinossi:
Cross è un golden retriever allegro e leale, addestrato per aiutare alcuni uomini a muoversi in quel mondo che da soli non possono vedere, per essere il loro sguardo. Dal momento in cui viene affidato a Mario, un ragazzo cieco, la vita di Cross cambia per sempre con un patto non scritto e irrevocabile: amerà il suo padrone per tutta la sua esistenza e sopra ogni cosa. Cross condivide ogni istante della vita di Mario, vive in simbiosi con le sue gioie e i suoi dolori, cresce insieme a lui. Questo libro è il racconto delle avventure quotidiane di una creatura eccezionale, coraggiosa e altruista come solo un cane può essere, filtrate attraverso i suoi piccoli e attentissimi occhi capaci di osservare la natura umana in maniera sempre ironica e meravigliata, diretta e irriverente. Una storia commovente di fedeltà, nella prospettiva di un cuore puro e innocente. Una testimonianza del fatto che la differenza tra umani e animali non sta nelle apparenze ma nel loro sguardo sulla vita.

Commento:
Attraverso i miei piccoli occhi è la storia, dolce e bellissima, tra un cane guida e il suo conduttore non vedente; è la storia di due esseri che, dal momento in cui si incontrano, vivono in simbiosi: già il rapporto tra un cane e il suo padrone è molto forte, ma quello tra un non vedente e i suoi occhi lo è molto, ma molto di più. Dov'è la particolarità di questo libro? Beh, è che la storia ci viene raccontata, in modo sicuramente fantasioso ma davvero dolcissimo, direttamente dal cane! È lui, Cross, il narratore protagonista ed è fantastico leggere le sue osservazioni su di noi umani, sui nostri pregi e difetti, sulla sua capacità di comprendere i nostri stati d'animo ed empatizzare con noi in modo così viscerale. È chiaro che il tutto è filtrato, plasmato, immaginato dall'autore, Emilio Ortiz, ma mi piace pensare che molte cose siano proprio come ci vengono raccontate da Cross, e d'altra parte i segnali dei cani non si possono ignorare! Altro punto a favore di questo libro è che è stato scritto da un cieco conduttore di cane guida, quindi non ha tutti quei piccoli nei dati da percezioni sbagliate che si possono facilmente trovare nei libri scritti da vedenti. Il tutto sembra così naturale che, nonostante qualche sdolcinatezza narrativa, è veramente piacevole e a tratti esilarante leggere questa storia. La consiglio? Certo, non si era capito?

Opera recensita: "Attraverso i miei piccoli occhi" di Emilio Ortiz
Editore: Salani, 2019
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Spagna
Pagine: 276
Prezzo: 14,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


lunedì 30 dicembre 2019

RECENSIONE: OSCAR WILDE - IL RITRATTO DI DORIAN GRAY


Sinossi:
Il pittore Basil Hallward ha ritratto il giovane Dorian Gray, di eccezionale fascino. Questi, ossessionato dall'idea di invecchiare e perdere la sua avvenenza ottiene, grazie a un sortilegio, che ogni segno che il passare del tempo e i vizi potrebbero lasciare sul suo viso compaiano solo sul ritratto. Avido di piaceri e sregolatezze, si abbandona agli eccessi e ai delitti più sfrenati senza che nulla del suo splendore vada perduto. Il volto del ritratto si trasforma così nell'atto di accusa più spietato per Dorian che, al colmo della disperazione, lo squarcia con una pugnalata. Ma è lui a cadere morto. Le fattezze del ritratto tornano quelle del giovane puro di un tempo, mentre a terra giace un vecchio ripugnante.

Commento:
Quando si dice "Il fascino del mistero"… Leggere Il ritratto di Dorian Gray è un'esperienza singolare e bellissima: i contrasti intrinseci nel romanzo sono, da soli, un valido motivo per leggerlo. In particolare, il fascino che avvince in queste pagine è nel modo in cui Wilde ha saputo fondere una pletora di personaggi disdicevoli – si salvano solo il pittore Basil Hallward e Sibil Vane – con uno stile elegante ed una forma eccelsa. Non si riesce ad indignarsi per il cinismo e l'egoismo di Lord Wotton perché si viene rapiti dal modo così naturale ed al contempo così artificioso di Wilde di porre domande, enunciare teorie su questioni esistenziali su cui tutti ci interroghiamo prima o poi nella vita… e poi lanciare dardi infuocati a destra e a manca con savoir faire da gentelman perfetto. L'antefatto è noto: il giovane e bellissimo Dorian viene ritratto dal pittore Hallward che lo adora e, nel vedere la propria bellezza è così colpito da sperare ad alta voce – spinto dagli elogi dell'infido Lord Henry Wotton – di non perdere mai la giovinezza. Egli dichiara che darebbe qualunque cosa perché fosse il ritratto a farsi carico degli anni e della vecchiaia… persino l'anima… e viene preso in parola. La sua anima, progressivamente sempre più nera, si mostra nel ritratto che diventa ripugnante mentre, col passare degli anni, il suo proprietario resta lindo, innocente e fresco esternamente tanto quant'è corroso e lercio dentro. Una storia accattivante, piena di simbolismi, quesiti espressi e non espressi su cui riflettere… probabilmente non sarei d'accordo con alcune idee di Wilde, specie con molte di quelle espresse così saccentemente da Henry Wotton, ma il romanzo è in sé una sfida ad ogni mente che ami essere stimolata. Se poi aggiungiamo che stilisticamente è un gioiello di maestria e tecnica espositiva… è una lettura imperdibile!

Opera recensita: "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde
Editore: vari, prima ed. 1890
Genere: letteratura inglese
Ambientazione: Inghilterra
Pagine: 312 (ed. Garzanti)
Prezzo: 9,90 € (ed. Garzanti)
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


domenica 29 dicembre 2019

RECENSIONE: E. L. JAMES - THE MISTER


Sinossi:
Londra, 2019. La vita è sempre stata facile per Maxim Trevelyan. Molto attraente, ricco, aristocratico, non ha mai dovuto lavorare e ha dormito da solo nel suo letto molto di rado. Ma un giorno, improvvisamente, tutto questo cambia quando una tragedia lo colpisce ed eredita il titolo nobiliare della sua famiglia: un’immensa ricchezza e tutta la responsabilità che ne deriva. E questo non è un ruolo per il quale Maxim è preparato e si deve sforzare per affrontarlo.
Ma la sfida più grande sarà resistere al desiderio per una giovane donna enigmatica, giunta inaspettatamente a Londra, che porta con sé solo il suo passato, difficile e pericoloso. Sfuggente, bella e con un grande talento musicale, Alessia rappresenta per Maxim un mistero seducente e il suo desiderio per lei aumenta diventando presto una passione che non si spegne, mai provata prima. Ma chi è Alessia Demachi? Può Maxim proteggerla da ciò che la minaccia? E lei come reagirà quando scoprirà che anche lui le sta nascondendo dei segreti?
Dal cuore di Londra, alla selvaggia Cornovaglia, fino alla cupa e temibile bellezza dei Balcani, The Mister è un viaggio emozionante in cui si alternano pericolo e desiderio, lasciando il lettore senza fiato fino all’ultimissima pagina.

Commento:
Ok, so che con questa recensione mi attirerò gli strali di tanti cultori del Libro e della buona letteratura… qualcuno si scandalizzerà, ma io non ho mai nascosto di aver amato molto la trilogia di 50 sfumature e i libri che sono seguiti. Non voglio parlarne qui semplicemente perché questa è la recensione di un altro libro della stessa autrice che non c'entra nulla con quella serie; tiro in ballo le sfumature per spiegare il pregiudizio che ho avuto verso questo libro e che mi ha portata a leggerlo dopo vari mesi dalla sua uscita (aprile 2019). Il mio pregiudizio non era, come molti potrebbero pensare, verso il tipo di scritto della James: temevo che fosse troppo simile alle 50 sfumature, temevo che avrei ritrovato lo stesso plot, ma inevitabilmente in tono minore. Pregiudizio che, purtroppo si è verificato: ci sono tante cose in questo libro che richiamano i precedenti, tante, anzi direi troppe, ma ovviamente, dato che si tratta di cose già lette e metabolizzate in un'altra storia della stessa autrice, qui finiscono per perdere di attrattiva, significato e strizzano l'occhio al prima. È una cosa, questa, che un po' mi ha disturbato per buona parte della lettura, tuttavia, come ho sempre sostenuto, per me la James a suo modo sa scrivere, (vi prego, voi che sostenete che i suoi libri andrebbero gettati nella spazzatura, non fatevi venire un mancamento, non ho detto che è alta letteratura) e sa emozionarmi. Così la storia, mio malgrado, mi ha catturata e alla fine l'ho anche trovata più che gradevole. C'è tanto sesso, innegabilmente, ma c'è anche amore, ci sono tante incongruenze e buchi narrativi, non neghiamo neanche questo, ma c'è anche il tentativo di far riflettere su problematiche serie… certo, un tentativo infiocchettato in un romanzo rosa, ma pur sempre un tentativo!
In definitiva, non è alta letteratura, è molto commerciale, la storia è – se possibile – anche più inverosimile di quella delle sfumature, ma la James mi ha emozionato ancora una volta… e io, da una lettura di questo tipo, non mi aspetto niente di più!


Opera recensita: "The Mister" di E.L. James
Editore: Mondadori, 2019
Genere: romanzo rosa
Ambientazione: Londra-Cornovaglia-Albania
Pagine: 516
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 8.


sabato 28 dicembre 2019

RECENSIONE: MARY MAPPES DODGE - PATTINI D'ARGENTO


Sinossi:
Nell'Olanda di metà Ottocento Hans e sua sorella Gretel sono pattinatori eccezionali: volano sulle piste ghiacciate, anche sotto la luce amica della luna, come se ai piedi avessero ali e non i pattini di legno che si sono costruiti da soli. Quello che appesantisce il loro cuore è la preoccupazione per la madre, che porta avanti la famiglia tra grandi difficoltà da quando suo marito, dieci anni prima, ha perso la memoria in un grave incidente su una diga. Ma la generosità, il coraggio e la tenacia possono ottenere quello che il denaro non può comprare, e i pattini d'argento saranno solo uno dei premi da contendere. Vittorie ben più grandi aspettano i piccoli fratelli Brinker, in gara con i loro pattini contro un destino solo apparentemente indomabile e stabilito. Età di lettura: da 10 anni.

Commento:
Pattini d'argento è, per me, una storia dell'infanzia, che ho riletto con piacere durante queste feste. La triste vicenda dei fratellini Brinker, la sfortuna contrapposta all'agiatezza degli altri coetanei non possono non commuovere. E ciò che mi sorprende, ora che ho l'età giusta per distinguere certi dettagli, è che sebbene sia dichiaratamente una storia per bambini, i personaggi non cadono mai nello stucchevole, inverosimile, smielato. C'è, questo sì, tanta dolcezza che fa svanire anche la ovvia presenza di tanti stereotipi. Pattini d'argento è una di quelle storie intramontabili che consiglio senza remore, ai bambini sì, ma anche agli adulti, perché noi che ci crediamo superiori a certe fiabe abbiamo in realtà molto da imparare o da ricordare. Una bellissima storia per ragazzi e con tanti ragazzi come protagonisti: una storia di generosità, buon cuore, gratitudine e onestà. Un libro che emoziona nella sua semplicità.

Opera recensita: "Pattini d'argento" di Mary Mappes Dodge
Editore: vari
Genere: letteratura per ragazzi
Ambientazione: Olanda, fine Ottocento
Pagine: 372
Prezzo: 11,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


RECENSIONE: ARISA - IL PARADISO NON è UN GRANCHè. STORIA DI UN MOTIVETTO ORECCHIABILE


Sinossi:
Questa è la storia di una ragazza che aveva un sogno, lo ha realizzato, però poi non è felice come credeva. Ma andiamo con ordine. Marisa viene dal Sud. Il Sud vero però, non quello di tarantelle e "deliziosi spaghetti ai ricci di mare" che si immaginano i milanesi. Il suo è un Sud di superstizioni, chiusure, ricatti morali e sensi di colpa coltivati con cura fin da bambini. E certi pesi, per quanto lontano tu possa volare, te li senti sempre appiccicati addosso. La passione per la musica porta Marisa a Roma, dove vive assieme al fidanzato Tano una vita che più che alla Bohème somiglia a un musicarello di Gianni Morandi. Come in un film poi arriva il successo, i soldi, i fan. Ma anche le incomprensioni, le delusioni, la solitudine. L'amara consapevolezza che non basta realizzare un sogno per essere felici. Per fortuna che Marisa ha una marcia in più, un modo tutto originale di guardare il mondo. Cantante e personaggio televisivo, con questo suo romanzo di esordio Arisa dimostra la freschezza e l'ironia che l'hanno resa celebre. La storia di Marisa, chiaramente fitta di spunti autobiografici, diventa così anche una parabola sulla difficoltà di trovare una propria strada, una propria dimensione, un posto, grande o piccolo, in cui essere finalmente felici.

Commento:
Beh… non c'è molto da dire su questo libro… è una lettura scorrevole, di intrattenimento, di evasione. Non aggiunge né toglie niente a ciò che sapevamo su Arisa, sulla precarietà del mondo d'oggi, specie per i giovani e specie per il mondo dello spettacolo; non aggiunge molto neanche su quello che sappiamo del Sud noi meridionali, per la verità. Ci sono, è innegabile, molte cose vere in queste pagine, ma in sostanza non è questo il libro che vi farà conoscere meglio il Sud, i giovani che emigrano per fare fortuna e qualche volta ci riescono, la birra tedesca o le colazioni internazionali. Però, a suo modo, in modo leggero come alcune sue canzoni, Arisa ci fa riflettere sulla società di oggi, sulla vita che tanti di noi conducono e su quella che immaginano di condurre, salvo poi voler tornare indietro se, per caso o per fortuna, riescono a raggiungerla. Lettura d'evasione, ripeto, per passare poche ore senza fatica, ma portandosi comunque dietro qualcosa a cui pensare.

Opera recensita: "Il paradiso non è un granché. Storia di un motivetto orecchiabile" di Arisa
Editore: Mondadori, 2012
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: San Giovanni al Monte-Roma-Milano-Berlino
Pagine: 171
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7.


venerdì 27 dicembre 2019

RECENSIONE: MARKUS ZUSAK - IL PONTE D'ARGILLA


Sinossi:
Dopo 12 anni di silenzio, il 9 ottobre 2018, in contemporanea mondiale, torna Markus Zusak, l'autore di Storia di una ladra di libri, con il suo nuovo, attesissimo romanzo, Il ponte d'argilla.
Sono seduto, e penso, e batto. Batto sui tasti. Scrivere non è mai facile, ma diventa più semplice se hai qualcosa da dire. Lasciare che vi parli di nostro fratello. Il quarto dei ragazzi di Dunbar, Clay. Perché quello che sto per raccontarvi accadde a lui. E, tramite Clay, cambiammo anche noi. Tutti.
C'erano stati anche un nonno con la passione per i miti greci, una nonna e la sua macchina da scrivere, un pianoforte consegnato nel posto sbagliato, una ragazza con le lentiggini che amava le corse dei cavalli, e un padre che, dopo la morte della moglie, aveva abbandonato i suoi cinque figli: Matthew, Rory, Henry, Clay e Tommy. I fratelli Dunbar. Costretti a vivere soli, e a definire da soli le regole della propria esistenza. E quando il padre tornerà sarà Clay l'unico dei fratelli che accetterà di aiutarlo e costruire con lui un ponte, concreto e metaforico nello stesso tempo: lo farà per la sua famiglia, per il loro passato, per il loro futuro, per espiare le colpe, per affrontare il dolore. Lo farà perché lui è l'unico che conosce tutta la storia, e per questo è obbligato a sperare. Ma fino a che punto Clay potrà portare avanti la più difficile di tutte le sue corse? Quanti degli ostacoli che la vita gli ha posto davanti riuscirà a superare? Quanta sofferenza può sopportare un ragazzo? Dodici anni dopo Storia di una ladra di libri, Markus Zusak torna con un romanzo di lancinante bellezza, che non ha paura di commuovere e che lo conferma come uno dei più importanti autori della scena letteraria mondiale: la storia di Clay, dei suoi fratelli e della sua famiglia è di quelle destinate a incidere a lungo nell'immaginario collettivo, per la densità di vita e sentimenti, per il racconto travolgente, per la voce acuta, calda e suggestiva.

Commento:
Ve lo ricordate Storia di una ladra di libri, il bellissimo romanzo con protagonista una bambina nella Germania nazista? Ecco, il suo autore, Markus Zusak, non ha scritto solo quel libro, ma anche altri romanzi destinati ad un pubblico di ragazzi. Il ponte d'argilla, invece, pur parlando sempre di ragazzi, è destinato indubbiamente ad un pubblico adulto. E non potrebbe che essere così, vista l'importanza e la profondità dei temi affrontati. Di cosa si parla qui? Di amore, di morte, di emigrazione, malattia, sogni, ragazzi, abbandono… ma sopra ogni cosa, qui si parla di famiglia. Di famiglie che sopravvivono a tutto, anche alla morte, di legami fraterni indistruttibili, di ponti costruiti da un ragazzo e da suo padre, "l'assassino"; di corse a perdifiato, scommesse, placcaggi e notti su un materasso all'aria aperta, sotto le stelle, a scambiarsi il cuore.
Il ponte d'argilla, il ponte di Clay, è un libro particolare… se dovessi dire l'aggettivo che ho avuto in mente leggendo, direi che è un libro maschio, ruvido a tratti, ma crepuscolare, profondo, nostalgico in altri punti; è un romanzo che parla di affetto come sanno fare gli uomini, i giovani uomini che hanno dovuto crescere in fretta, con quella timidezza, quel riservo che dà a tutto un tocco di poesia. La storia ci viene raccontata da Matthew, il figlio più responsabile, che a distanza di anni batte tutto sulla "Vecchia MDS" perché niente vada dimenticato. È la storia di una famiglia, di un giovane uomo, Michael Dunbar, che dapprima si innamora di una ragazza del suo paese, poi quando lei si allontana, trova il coraggio di riemergere dalle sue ferite e di conoscere una giovane donna, Penelope, arrivata in Australia da poco, dalla Polonia, e di formare con lei una famiglia. È la storia, questa, di quella famiglia numerosa e felice e di come la morte sia entrata nella loro casa e vi abbia soggiornato a lungo. È la storia, questa, di un ragazzo, Clay, quello che sorrideva sempre, delle sue corse, del suo amore, di un ponte costruito con l'argilla. È un libro, questo, che ricorda vagamente – per stile e descrizioni – i romanzi americani della prima metà del Novecento, sebbene sia ambientato in Australia. È un libro da leggere? Forse, non tutti, probabilmente, lo apprezzeranno. Io, insomma, direi che è un libro discreto, non brilla né sfigura… quindi tutto sommato ve lo consiglio.

Opera recensita: "Il ponte d'argilla" di Markus Zusak
Editore: Frassinelli, 2018
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Australia
Pagine: 504
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


giovedì 26 dicembre 2019

RECENSIONE: GEORGES SIMENON - LETTERA AL MIO GIUDICE


Sinossi:
«Vorrei tanto che un uomo, un uomo solo mi capisse. E desidererei che quell’uomo fosse lei». Così si rivolge il narratore, all’inizio di questo romanzo, al suo giudice – e insieme a ogni lettore. La storia che segue è una storia di amore e di morte, carica d’intensità, esaltazione e angoscia. È la storia di un uomo che si sente trascinato a uccidere una donna perché la ama troppo. Lo sfondo: stazioni gocciolanti di pioggia, bar, piccoli alberghi della provincia. Agente provocatore: il caso, che fa apparire una ragazza minuta, pallida, arrampicata su alti tacchi, nella vita di un medico, uomo «senza ombra», la cui esistenza, così normale, si avvicina sempre più al confine con l’inesistenza. E quella donna è l’ombra stessa, qualcosa di oscuro e lancinante al di là di ogni ragione, che conduce tranquillamente alla morte. Queste le ultime parole della confessione: «Siamo arrivati fin dove abbiamo potuto. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo. Abbiamo voluto l’amore nella sua totalità. Addio, signor giudice».

Commento:
Ho letto Lettera al mio giudice nell'arco di un pomeriggio, ma sono certa che qualcosa di queste pagine mi resterà in mente per sempre: è un libro sconvolgente per lucidità, stile, fluidità, eleganza. Simenon ha saputo dar voce ad un uomo, un medico di provincia, un innamorato, un frustrato, un assassino con una perizia da maestro. La lucidità con cui il dottor Charles Alavoine scrive al suo giudice dal carcere in cui è chiuso dopo la condanna per omicidio è folgorante: egli non gli scrive per discolparsi, no, tanto più che si era già dichiarato colpevole a suo tempo. Egli non scrive per scusarsi, invocare una pena più leggera… tutt'altro: di una sola cosa egli non è soddisfatto, un solo verdetto egli non accetta, quello di essere considerato in uno stato psichico di ridotta lucidità. Non vuole che si pensi che abbia agito in preda ad un raptus, non vuole che si creda che quando ha ucciso Martine, l'unica donna che abbia mai veramente amato, egli fosse in preda alla follia, che non comprendesse ciò che faceva… non vuole che si dica che era pazzo. No, egli vuole che il giudice capisca, che colui in cui ha visto un barlume di interesse durante l'istruttoria, che colui che davvero ha cercato di comprendere le sue ragioni, che colui con cui ha pensato di essere in un certo qual modo in sintonia, che lui comprendesse cosa l'aveva portato ad un amore così grande. Vuole, Charles, che il giudice capisca che lui sì, ha agito con glaciale, assoluta premeditazione e che sì, c'era una ragione più che valida per uccidere… l'amore. Per amore di Martine lui doveva ucciderla. E fidatevi, se prese così, senza contesto, queste parole vi sembrano folli, assurde, senza logica, a fine lettura non potrete non trovarvi d'accordo con lui. Quest'uomo non chiede pietà, ma la suscita; non chiede assoluzione, ma, ascoltate le sue parole,  chi non gliela darebbe? Ho trovato questa lettera di un'angoscia, sincerità, lucida follia, prostrazione come di rado ne ho viste o lette altrove. Mi ha commosso. Mi sento, perciò, oltre a consigliare la lettura di questo libro, di definirlo senza remore un capolavoro.

Opera recensita: "Lettera al mio giudice" di Georges Simenon
Editore: Adelphi, prima ed. originale 1946
Genere: letteratura francese
Ambientazione: Francia
Pagine: 206
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


RECENSIONE: CLARA USòN - LA FIGLIA


Sinossi:
Una famiglia unita e felice, un padre affettuoso che ha cresciuto con amore la sua bambina, la sua prediletta, una  ragazza seria e di talento con un futuro brillante davanti a sé. Ignara che quell’uomo, il padre adorato, è considerato il «Boia dei Balcani». Epico, emozionante, di intollerabile verità, tra i maggiori romanzi spagnoli del 2012.
Ana è una ragazza estroversa, allegra, brillante. È la migliore alunna del corso di medicina a Belgrado, è amata dagli amici, è l’orgoglio di suo padre, il generale Ratko Mladić, che lei ricambia con una devozione assoluta. Un viaggio a Mosca è l’occasione per passare alcuni giorni in giro per una grande città con il solo pensiero di divertirsi. Invece al ritorno Ana è cambiata. È triste e taciturna. Una notte afferra una pistola, quella a cui il padre tiene di più, e prende una decisione definitiva. Ha solo ventitré anni.
Cosa è successo a Mosca, tra corteggiamenti e feste, in compagnia degli amici più cari? Nelle allusioni e nelle accuse dirette Ana ha intravisto nel padre una figura spaventosa. Quello che per lei è un eroe e un genitore premuroso, per tutti gli altri è un criminale responsabile dei maggiori eccidi del dopoguerra: l’assedio di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia, il massacro di Srebrenica. Crimini che lo porteranno a essere accusato di genocidio, in un processo che dopo una lunga latitanza ha avuto inizio nel maggio 2012.
Pochi casi come quello di Ana rivelano in tutta la sua oscura profondità una condizione, la perdita dell’innocenza, al tempo stesso individuale e collettiva. E Clara Usón, in un romanzo potentissimo che la consacra come una delle grandi autrici europee, si immerge in una vicenda di forza shakespeariana mantenendo un perfetto equilibrio tra i dati storici e la creatività letteraria, per scrutare nella follia del male, dell’amore, e orientarsi nel labirinto di un’infinità di voci e congetture raccolte in tre anni di ricerche. Memore della lezione di Javier Cercas, La figlia è un originalissimo ibrido di romanzo e documento con un’ampia galleria di personaggi storici come Slobodan Milošević e Radovan Karadžić, in cui la scrittrice riesce a combinare linguaggi narrativi diversi e a coniugare l’indagine rigorosa e l’arte della narrazione, la tradizione dell’epopea e la storia recente, per riflettere sul nazionalismo estremo, sulla manipolazione politica, sul mistero della malvagità umana. 

Commento:
La figlia, romanzo-documento storico di Clara Usòn, racconta una delle guerre più assurde, insensate, incomprensibili della storia europea da un punto di vista inedito: quello dei "vincitori", quello di coloro che quella guerra, almeno in parte, l'hanno istigata, voluta, pianificata, i governanti e capi militari serbi. Il punto di vista descritto dalla Usòn è di prim'ordine: una dei protagonisti è nientemeno che Ana, la giovane e promettente figlia di Ratko Mladik, il "boia dei Balcani", il terribile generale carnefice considerato uno dei peggiori criminali di guerra. Ma parliamo di Ana. Il libro si apre con un gruppo di studenti belgradesi in viaggio a Mosca, tra noiose visite ai musei, frivolezze, sbronze e scaramucce. I ragazzi sono tutti diversi – come in ogni gruppo di studenti universitari uniti dalle circostanze e dalla prossimità – e, come nella migliore tradizione balcanica, tutti di provenienze e origini famigliari diverse (chi ha la madre croata e il padre serbo, chi è bosniaco, chi ha origini turche, chi è serbo fino al midollo) e tutto va bene finché – come nella realtà geopolitica di quegli anni – non si tocca l'argomento "guerra". I ragazzi sono, al netto delle differenze caratteriali, tutti simili finché non si tira fuori l'inevitabile tema delle origini, della situazione politica, della guerra, di chi ha ragione e chi ha torto. La cosa puntualmente accade anche in quel viaggio a Mosca, in un McDonald's, ed è questa l'occasione per noi di conoscere meglio una dei ragazzi, Ana: ancora non sappiamo chi è, ma già la scopriamo fervente, orgogliosamente serba e profondamente legata al padre che letteralmente venera, del quale si fida ciecamente, pendendo dalle sue labbra, osservando la vita con il filtro dei suoi occhi. La seguiamo in camera d'albergo mentre rimugina sull'offesa subita da chi la pensa diversamente da lei, sulla sua fallita relazione con un uomo sposato e su quella neppure cominciata con un ragazzetto poi morto in guerra. Costanti, queste, che impareremo ad "accettare" nel nostro viaggio con Ana. Ciò che, man mano che proseguiremo, sarà sempre più difficile da accettare – soprattutto quando avremo scoperto chi è, in realtà, il padre mite, saggio e festosamente patriota di Ana – sarà la mansueta accettazione, da parte della ragazza che stupida non è, della versione dei fatti prospettatale dal genitore, la sua difficoltà nel guardare la situazione con ggli occhi degli altri. Sarebbero tutte cose scusabili, accettabili in fin dei conti, se non fosse che Ana neanche ci prova a documentarsi, neanche si pone il dubbio che forse le cose non stanno come le fanno credere, anzi considera un'offesa personale il fatto che altri la pensino come lei, vive come un oltraggio il fatto che giornalisti esteri e suoi stessi compatrioti ordiscano macchinazioni per deformare la realtà, non contempla neppure la possibilità che a sbagliarsi sia lei o meglio suo padre. Poi, però, le cose cambiano: Ana, dopo quel viaggio, non sarà più la stessa.
Parallelamente alla vicenda di Ana, scorre nel romanzo un'interessante galleria di eroi, principi, politici serbi, presidenti: tutti hanno contribuito, direttamente o indirettamente a questa guerra e tutti vengono posti in fila al posto che loro compete da Danilo, un ragazzo che racchiude in sé tutte le anime di un balcanico: è un po' serbo un po' bosniaco, ebreo, è uno straniero, uno che non prende posizione, uno che sta dalla parte della verità. È Danilo a condurci, con lo sguardo disincantato di chi riesce ad astrarsi e guardare la follia dal di fuori pur dovendoci sguazzare dentro, attraverso il massacro delle bombe, dell'artiglieria, nell'ammassarsi dei cadaveri, nel crescendo della follia di Mladik, dell'indifferenza dell'Occidente… è sempre lui a raccontarci del suo incontro con quell'Ana che una volta era sua amica e che corteggiava, è sempre lui a raccontarci dei loro rispettivi padri, è sempre lui a gettare un po' di luce di verità in un marasma di incomprensioni, piani, mistificazioni. Danilo è in realtà un personaggio immaginario, tracciato da Clara Usòn per guidarci come la voce della ragione guida chi voglia ascoltarla; Ana Mladik invece no, lei è esistita davvero ed è stata la notizia della sua morte, reperita per caso, a condurre Clara Usòn a cercare notizie, risposte, documenti il cui lavoro di rielaborazione ha portato a questo libro. La figlia non è un libro facile, né per contenuti né per stile: la parte iniziale, infatti, scoraggia il lettore che si aspetta una narrazione impegnata, epica; proseguendo, però, tutto si delinea, l'epicità attesa arriva, la comprensione si fa strada e la lettura diventa – sebbene straziante – comunque più agevole. In definitiva, consiglio a chi decida di intraprendere questa lettura, di non scoraggiarsi dopo i primi capitoli: sebbene all'inizio tutto vi sembri assurdo, fidatevi che le parole sapranno trovare la strada. Il libro va letto perché è utile, soprattutto a chi come me di questa guerra ha vissuto echi e vaghi riflessi perché troppo piccolo all'epoca dei fatti per comprendere ciò che accadeva a un tiro di schioppo da noi. Utile, dicevo, per conoscere questa guerra, le sue origini, e per focalizzarne meglio alcuni tra gli artefici. Insomma, lettura consigliata.

Opera recensita: "La figlia" di Clara Usòn
Editore: Sellerio, 2013
Genere: narrativa europea
Ambientazione: ex-Jugoslavia, 1992-1995
Pagine: 496
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale:7.


domenica 22 dicembre 2019

LIBRI DA LEGGERE IN INVERNO (EDIZIONE 2019)

Ve l'ho detto a settembre, quando si tratta di scegliere le letture, sono solita lasciarmi influenzare - tra le altre cose - anche dalla stagione in cui siamo.
Se a questo uniamo la mia propensione per le liste, ecco che la "classifica" dei libri divisi per stagione è bella e fatta. Oggi tocca all'inverno: eccovi alcuni libri che, secondo me, si adattano perfettamente al clima invernale. Ovviamente, di tutti troverete la recensione qui sul blog, vi basterà usare la funzione Cerca.
E voi? Quali libri consigliereste per una lettura da piumone/plaid con immancabile tazza di thè bollente?

1.    Tiziano Terzani – la fine è il mio inizio, 480 pagine, voto 9;
2.    Lars Kepler – la serie di Joona Linna, voto 9 (in media);
3.    Primo Levi – Se questo è un uomo, 209 pagine, voto 10;
4.    Elie Wiesel – la notte, 112 pagine, voto 8,5;
5.    Fedor Dostoewskij – I fratelli Karamazov, 1112 pagine, voto 8,5;
6.    Sofi Oksanen – la purga, 393 pagine, voto 7;
7.    S. S. Van Dine – le indagini di Philo Vance, voto 8,5;
8.    Philip K. Dick – la svastica sul sole, 318 pagine, voto 7,5;
9.    Ilaria Tuti – la serie di Teresa Battaglia, voto 9;
10. Charlotte Bronte: Jane Eyre (606) voto 9
11. Hanya Yanagihara: una vita come tante (1104) voto 9,5
12. Sandor Marai: la donna giusta (444) voto 8
13. Samuel Richardson: Pamela (672) voto 8,5
14. Wilkie Collins: senza nome (733) voto 9,5
15. C. Fruttero e F. Lucentini: la donna della domenica (510) voto 8
16. John Steinbeck: l'inverno del nostro scontento (200) voto 7,5
17. John Steinbeck: la luna è tramontata (159) voto 10
18. Marguerite Yourcenar: memorie di Adriano (350) voto 9;
19. Ruta Sepetys: avevano spento anche la luna (298) voto 8,5
20. Brenda Novak: Alaska-Evelyn Talbot vol 1 (468), voto 8
21. Irene Nemirowsky: suite francese (415), voto 8,5
22. Michael Bulgakov: il maestro e Margherita (390), voto 9,5
23. David Ebershoff: the Danish girl (368) voto 9,5
24. Selma Lagerlof: la saga di Gosta Berling (542),
25. Umberto Eco: il nome della rosa (618) voto 10
26. Stephen King: Shining (588) voto 9
27. Jojo Moyes: io prima di te, 395 pagine,  voto 9,5;
28. Kaled Hosseini: e l’eco rispose, 480 pagine, voto 7,5;
29. Arthur Golden: memorie di una geisha: voto 9;
30. Ferzan Ozpetek: rosso Istanbul, 351 pagine,  voto 8,5;
31. Milan Kundera: l’insostenibile leggerezza dell’essere: 318 pagine, voto 8;
32. Simona Ahrnstedt: ritratto di donna in cremisi: 433 pagine, voto 9;
33. Daniel Glattauer – le ho mai raccontato del vento del nord?, 192 pagine, voto 8;
34. Jeffery Deaver – serie di Lincoln Rhyme, voto 8,5 (in media);
35. Stephen Zweig – Estasi di libertà, 465 pagine, voto 8,5;
36. Christine Leunens – Il cielo in gabbia, 408 pagine, voto 7,5;
37. Lara Prescott – Non siamo mai stati qui, 448 pagine, voto 9.
Questa lista si aggiornerà l'anno prossimo con nuovi titoli.
Saluti e... buone letture!

RECENSIONE: FERZAN OZPETEK - ROSSO ISTANBUL


Sinossi:
TUTTO COMINCIA UNA SERA, QUANDO UN REGISTA TURCO CHE VIVE A ROMA DECIDE DI PRENDERE UN AEREO PER ISTANBUL, DOV'È NATO E CRESCIUTO. L'IMPROVVISO RITORNO A CASA ACCENDE A UNO A UNO I RICORDI: DELLA MADRE, DONNA BELLISSIMA E MALINCONICA; DEL PADRE, MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO E ALTRETTANTO MISTERIOSAMENTE RICOMPARSO DIECI ANNI DOPO; DELLA NONNA, RAFFINATA "PRINCIPESSA OTTOMANA"; DELLE "ZIE", AMICHE DELLA MADRE, ASSETATE DI VITA E DI PASSIONI; DELLA FEDELE DOMESTICA DIAMANTE. DEL PRIMO AQUILONE, DEL PRIMO FILM, DEI PRIMI BACI RUBATI. DEL PROFUMO DI TIGLI E DELLE ESTATI LANGUIDE, CHE NON FINISCONO MAI, SUL MAR DI MARMARA. E, OVVIAMENTE, DEL PRIMO AMORE, PROIBITO, STRUGGENTE E PERDUTO. MA ISTANBUL SA COGLIERE ANCORA UNA VOLTA IL PROTAGONISTA DI SORPRESA. E LO TRATTIENE, ANCHE SE LUI VORREBBE RIPARTIRE. PERCHÉ SE IL PASSATO, TALVOLTA, RITORNA, IL PRESENTE HA SPESSO IL DONO DI AFFERRARCI: BASTA UN INCONTRO, UNA TELEFONATA, UN GRAFFITO SU UN MURO. I PASSI DEL REGISTA SI INCROCIANO CON QUELLI DI UNA DONNA. SONO PARTITI INSIEME DA ROMA, SULLO STESSO AEREO, SEDUTI VICINI. NON SI CONOSCONO. NON ANCORA. LEI È IN VIAGGIO DI LAVORO E DI PIACERE, IN COMPAGNIA DEL MARITO E DI UNA COPPIA DI GIOVANI COLLEGHI. MA A ISTANBUL ACCADRÀ QUALCOSA CHE CAMBIERÀ PER SEMPRE LA SUA VITA. TRA CAFFÈ E HAMAM, AMORI IRRISOLTI E TRADIMENTI SVELATI, NOSTALGIA E VOLUTTÀ, I DESTINI DEL REGISTA E DELLA DONNA INESORABILMENTE SI SFIORANO E, ALLA FINE, CONVERGONO. QUESTO LIBRO È UNA DICHIARAZIONE D'AMORE A UNA CITTÀ, ISTANBUL.

Commento:
Era da tanto che volevo leggerlo e l'ho fatto in un pomeriggio. Libro breve, ma intenso, appena 110 pagine di ricordi, vita passata, presente e futura, pagine di vite che si incontrano, si sfiorano come la brezza calda del Mediterraneo, vite che oscillano, come su un traghetto che solca quel mare, tra la vita e la morte, tra la memoria, il rimpianto per ciò che non è stato e l'incertezza per quello che sarà. Inutile dire che mi è piaciuto molto, nonostante la trama possa essere un po' banale, ho amato il modo di raccontare i sentimenti dei protagonisti, toccati dall'autore con mano delicata ma pregnante... è un libro che, nonostante la sua brevità resta impresso, penso che in futuro andrò a riaprirlo per ripescare alcuni passi, alcune frasi che mi hanno colpito... Mentre si legge questo libro sembra, oserei dire, di sfogliare un album di fotografie, quelle in bianco e nero e quelle di un rosso vivido, il rosso del sangue della protesta, ma anche il rosso dell'amore, della rivoluzione, della ribellione ad una vita già scritta, già tracciata.

Opera recensita: "Rosso Istanbul" di Ferzan Ozpetek
Editore: Mondadori, 2014
Genere: autobiografico
Ambientazione: Roma-Turchia
Pagine: 351 pagine
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


RECENSIONE: KHALED HOSSEINI - E L'ECO RISPOSE


Sinossi:
Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari. Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare. Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c'è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all'isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l'una per l'altra. Seguendo i suoi personaggi e le ramificazioni delle loro vite e delle loro scelte, la storia si snoda in un quadro sempre più ampio e carico di emozioni da cui il lettore resta totalmente catturato. Un grande romanzo che si inserisce perfettamente nel solco già tracciato dai suoi romanzi precedenti, Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli.

Commento:
Visti i precedenti due capolavori, questo terzo libro di Hosseini mi è sembrato meno bello. Intendiamoci, stiamo parlando comunque di alti livelli narrativi e le qualità di Hosseini come scrittore sono indiscutibili; tuttavia questo libro mi è sembrato troppo frammentato, nel tempo, ma soprattutto nello spazio. Hosseini dimostra una notevole padronanza dei luoghi che descrive e riesce a calare i personaggi al loro interno in modo perfetto. Ma nel complesso il romanzo può sembrare un po scoordinato, troppo ramificato rispetto alla storia principale. Resta indubbiamente un buon libro, da leggere d'inverno, davanti a una buona tazza di tè bollente!

Opera recensita: "E l'eco rispose" di Khaled Hosseini
Editore: Piemme, 2014
Genere: narrativa straniera
Pagine: 480
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7,5

venerdì 20 dicembre 2019

RECENSIONE: GUIDO SARACENI - FUOCO è TUTTO CIò CHE SIAMO


Sinossi:
Davide Manfredi frequenta l'ultimo anno di un Liceo Scientifico romano, suona la chitarra elettrica, ama il cinema e la letteratura. A differenza della totalità dei suoi coetanei, ha scelto di non avere alcun profilo sui social network. Qualche volta la sua età gli sta stretta e lo rende insofferente nei confronti di un mondo che lo offende e lo irrita «come lana sulla pelle». Per fortuna può contare sugli amici, con cui, tra una situazione esplosiva e una partita di calcetto, prova a sopravvivere alla propria adolescenza. Soprattutto, può contare sul sorriso di Alice - la sua fidanzata - che lenisce ogni dolore, restituendogli, oltre ogni amarezza, una invincibile voglia di vivere. «Fare il professore di liceo è un gesto di puro autolesionismo», amava ripetere suo padre, ma Giulio Lisi non gli ha dato retta; così, ha trascorso metà della sua vita a insegnare, con passione e impegno. Molto attivo sui social, dove ormai sono in parecchi a seguirlo, il prof conserva verso i suoi studenti lo stesso «pudico stupore» che cerca di trasmettere loro nei confronti della vita. Oltre a fare lezione, gestisce un servizio di counseling dedicato agli studenti problematici: tre giorni a settimana riceve i ragazzi che, per svariate ragioni, hanno bisogno del suo serio, professionale e consapevole ascolto. Davide e Giulio sono volti di un dittico: insieme compongono un'immagine realistica e attuale della scuola di oggi. Le loro strade si incroceranno un lunedì di gennaio. Quel giorno, ciascuno avrà qualcosa di importante da insegnare all'altro.

Commento:
Seguo da tempo il professor Guido Saraceni e mi capita spesso, scorrendo la home di Facebook, di fermarmi a leggere i suoi interventi su politica, cronaca, diritto, quotidianità: li trovo spesso condivisibili, ma spesso non vuol dire sempre… Sono, perciò, arrivata a questo libro spinta dalla curiosità.
Cosa posso dire a fine lettura? … … … Sarò critica: non vi dirò se è bello o brutto, non vi dirò se mi è piaciuto oppure no… la verità? Non ho capito se questo libro è una genialata – scritto bene, profondo, alla portata di tutti (comunque tutte cose vere a prescindere dal mio giudizio) – o è un bel mappazzone alla Moccia/Volo (s'è capito che non mi piacciono?), con qualche concetto interessante sommerso tra gli stereotipi. Possibile essere così incerti su un libro? Sì, certo che sì. Perché la storia di Davide – adolescente sensibile, anticonformista, un po' introverso – e di Giulio – professore quarantenne, counselor didattico, social addicted – entrambi abbastanza incasinati e perciò normali, è una bella storia e tutto sommato realistica, però… l'idea, sebbene non originale, non è malvagia, ma la realizzazione è quantomeno dubbia. I punti che mi lasciano perplessa sono diversi: intanto basta con questa moda degli adolescenti troppo adulti e degli adulti in fase prepuberale… ok, gli adulti non sono tutti seri e bacchettoni e qualche volta sanno capire i giovani, i giovani a loro volta non sono tutti deficenti con un cellulare al posto della propuberanza del naso… però non bisogna nemmeno esagerare! Poi, altro punto dubbio: la moltitudine di temi trattati: è chiaro che i due temi portanti sono l'adolescenza e la scuola. I punti di vista su cui si sviluppa il romanzo sono, infatti, quello di un ragazzo al quinto anno di liceo – con tutti i problemi legati all'adolescenza sua e degli amici e con la percezione che la scuola non lo consideri veramente – e quello di un docente di filosofia al liceo, oberato dalla burocrazia e dalle scaramucce tra colleghi e stanco di non potersi dedicare pienamente al suo lavoro, ai suoi ragazzi. Ci sono, però, nel libro, una molteplicità di altri temi collaterali e non meno importanti che Saraceni ha trattato con consapevolezza, ma forse con troppa fretta: i social, i disturbi alimentari, l'utilità della filosofia, la malattia, i problemi dei genitori, la legalizzazione delle droghe, i cellulari (cito a memoria)… è come se l'autore avesse voluto parlare di troppe cose tutte insieme finendo per comprimerle in uno spazio in fin dei conti ristretto. Altro aspetto da considerare: la scrittura. Saraceni, lo sapevo già, ha un ottimo stile, dinamico, scorre, non annoia, ha una prosa alla portata di tutti, e questo può essere un bene o un male… in questo caso io non saprei dirlo, proprio in funzione delle cose che ho scritto più in alto.
In definitiva… non posso dire che questo libro non mi sia piaciuto, perché è stata una lettura gradevole, scorrevole, mi ha fornito degli spunti di riflessione… però per tutto il tempo della lettura mi sono ritrovata a chiedermi:"Ma cosa sto leggendo?". Non essendo riuscita a darmi una risposta chiara, vi dico… se vi va, provate a leggerlo e fatevi un'idea vostra!


Opera recensita: "Fuoco è tutto ciò che siamo" di Guido Saraceni
Editore: Sperling & Kupfer, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Roma
Pagine: 288
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7.



mercoledì 18 dicembre 2019

RECENSIONE: FEDERICA ANGELI - A MANO DISARMATA


Sinossi:
Due spari nella notte, le finestre che si aprono e subito dopo un grido: «Tutti dentro, lo spettacolo è finito!» Siamo a Ostia, nel 2013, e tra gli abitanti di quei palazzi c’è anche Federica Angeli, cronista di nera per le pagine romane di «la Repubblica», che in quella periferia è nata e cresciuta. Da tempo si occupa dei clan locali e ha subìto gravi minacce. Sa quindi come è fatta la paura, ma crede che l’altra faccia della paura sia il coraggio. Se i vicini rientrano obbedienti al comando del boss, lei decide di denunciare ciò che ha visto. Dal giorno dopo la sua vita è stravolta: per la sua incolumità le è assegnata una scorta, eppure nessuna intimidazione fa vacillare la sua fede in un noi con cui condividere la lotta per la legalità. La storia giudiziaria di cui è protagonista fino alle più recenti sentenze ci parla di una possibile seppur faticosa vittoria, confermando che tutti insieme possiamo alzare la testa e cambiare in meglio. Federica Angeli ha ottenuto questa vittoria con l’unica arma che possiede, la penna, e in queste pagine ci racconta le tappe di una vera e propria sfida alla malavita, nel solco di un giornalismo nobile, illuminato di etica civile, che non compiace mai null’altro che la verità, con una coerenza a tratti severa. In un susseguirsi di colpi di scena, viviamo con lei le sue paure, a tratti la disperazione e i momenti di solitudine. La sua testimonianza puntuale, incalzante, senza respiro non dimentica mai la sua dimensione di donna, di madre e di moglie contesa alla serenità famigliare. Una serenità che, ispirata dalla Vita è bella di Benigni, Federica Angeli riesce magicamente a preservare, coinvolgendo i figli in un gioco alla guerra.

Commento:
Ho letteralmente divorato questo libro in un pomeriggio. In 384 pagine densissime di contenuti, lotta, vita, Federica Angeli condensa anni di impegno civile e sociale nella lotta alla mafia capitolina… sì, perché contrariamente a quanto volevano credere in molti, a Roma la mafia c'è, esiste, si sviluppa come ovunque, nel silenzio, all'ombra di uno Stato la cui assenza è troppo pesante, di una politica che distoglie lo sguardo e preferisce che ai bisogni dei cittadini pensino i mafiosi.
Erano anni che, da cronista che vive sul territorio, Federica Angeli si occupava dei clan lidensi, ma quando, quel giorno di maggio del 2013, va coi suoi cameramen ad intervistare il gestore di un locale, ritrovandosi davanti uno dei Boss del clan Spada, non immagina ancora in che inferno sta andando a cacciarsi. Non lo sa, ma lo intuisce quando, in quella prima conversazione, il Boss dimostra di conoscere lei e i suoi affetti più cari molto da vicino. Poteva desistere lì, Federica, invece no, lei si incaponisce, torna sul luogo, porta a termine l'inchiesta… e non sa che ancora questo non è niente. Perciò quando, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2013, dal balcone di casa sua assiste alla sparatoria avvenuta dall'altro lato della strada, lei che quei volti li conosce tutti perché ci vive in quella città, non ha dubbi, va a denunciare l'accaduto. E' solo una delle tante denunce che farà negli anni, ma è forse quella che più di tutte le cambierà la vita: dal mattino dopo, Federica è sotto scorta, su di lei si scatena un'ondata di minacce, fango, demolizione professionale e mediatica non indifferente: è entrata nel mirino dei clan e non ne uscirà facilmente. Ha inizio così un tempo infinito di limitazioni, privazione della propria libertà, indipendenza, gestione della quotidianità; di tensioni familiari, di coppia, con i figli. Ma Federica, nonostante il peso crescente, non tentenna, non molla, non ha mai dubbi: lo fa per i suoi figli, perché domani non debbano più vivere con l'ombra incombente della mafia nella loro strada, sotto casa, nel bar o nel ristorante dove vanno a mangiare. Lo fa per tutti noi, Federica, ma lo fa soprattutto affinché siamo noi a prendere in mano il coraggio, ad attivarci, a difendere il nostro territorio dalla corruzione, delinquenza, dai soprusi, dall'ingiustizia. E' una giornalista, Federica, ma è prima di tutto una cittadina normale, una donna, moglie, madre, figlia… come lo siamo tutti.
Leggere A mano disarmata è stato non solo interessante dal punto di vista culturale, ma soprattutto è stato per me un costringermi a chiedermi "cosa sto facendo io? Cosa posso fare? Perché mi rassegno e non mi ribello più davanti ai soprusi, alle ingiustizie?" Non saranno la mafia, ma vale comunque, sempre, la pena di non cedere, di non voltarsi dall'altra parte, di non abbassare la testa e piegare la schiena. Perciò grazie a Federica Angeli e alle persone come lei, perché con il loro impegno ci ricordano che tutti possiamo… dobbiamo fare qualcosa, per noi stessi, per chi amiamo, per la nostra società.

Opera recensita: "A mano disarmata" di Federica Angeli
Editore: Baldini & Castoldi, 2018
Genere: autobiografia, narrativa italiana, testimonianza
Ambientazione: Ostia, Roma, 2013-2018
Pagine: 384
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


RECENSIONE: DENNIS LEHANE - L'ISOLA DELLA PAURA


Sinossi:
A chi arriva dal mare l'isola non fa una bella impressione. Una macchia scura in mezzo alla foschia, alberi macilenti e radi a interromperne il grigiore. Ma è difficile aspettarsi di meglio da un luogo come quello. Anche perché l'agente federale Teddy Daniels sa che lo attende un incarico delicato: una paziente dell'Ashecliffe Hospital, istituto per la detenzione e la cura dei criminali psicopatici, è scomparsa e le sue preoccupanti condizioni psichiche ne rendono più che urgente il ritrovamento.
Ma su quell'isola, che un uragano travolge impedendo qualunque collegamento con la terra ferma, niente è davvero ciò che sembra: cosa succede veramente in quell'ospedale? E che cosa sta cercando Teddy Daniels? Una detenuta inspiegabilmente scomparsa, oppure le prove che all'Ashecliffe Hospital si fanno esperimenti sugli esseri umani? Forse, invece, è qualcosa di torbido che lo tocca più nel profondo, e che riguarda i fantasmi che da tempo lo tormentano, da quando l'adorata moglie è morta tragicamente in un incendio doloso. E quanto più Teddy si avvicina alla verità, tanto più la morsa si stringe intorno a lui. Fino al magistrale colpo di scena, che lascerà il lettore con il fiato sospeso anche dopo aver divorato l'ultima pagina.

Commento:
Teddy e Chuck sbarcano a Shutter Island per dare manforte nel ritrovamento di Rachel Solando, una paziente scomparsa dall'Hashecliffe Hospital in circostanze anomale. Teddy e Chuck sono agenti federali e l'ospedale è, in realtà, un istituto psichiatrico dal quale è decisamente difficile fuggire… eppure la donna, con forti disturbi psichici, sembra esserci riuscita. Mentre continuano le ricerche, però, Teddy rivela di aver – diciamo così – sperato ardentemente che gli affidassero quel caso per avere occasione di recarsi in quell'ospedale: c'è un paziente, lì, che Teddy ha validi motivi per voler incontrare. Ma troppe stranezze, casualità, circostanze sospette si susseguono in questa storia dall'epilogo tutt'altro che scontato. Se dapprima il libro appare monotono, quasi piatto, verso la metà arriva la svolta e la narrazione ha un'impennata che getta le cose in una prospettiva completamente diversa da quella cui si è indotti a pensare all'inizio. L'ultima pagina, poi, proprio quando ci sembrava di aver capito tutto, ci ridà in pasto ai dubbi… e nulla, davvero nulla, potrà essere dato per scontato.
Un thriller psicologico di prim'ordine, al quale non darò, tuttavia, una votazione altissima: ci sono state, infatti, alcune cose – specie nello stile e nella prosa – che mi hanno lasciato perplessa. Comunque, come non consigliarlo? E come non consigliare, soprattutto, il film che ne è stato tratto? Questo è uno dei pochi casi in cui forse ho preferito il film, Shutter Island appunto.

Opera recensita: "L'isola della paura" di Dennis Lehane
Editore: Piemme, prima ed. 2003
Genere: thriller psicologico
Ambientazione: un'isola nell'oceano atlantico, al largo della costa orientale degli Stati Uniti
Pagine: 348
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.