simposio lettori copertina

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martedì 30 aprile 2019

RECENSIONE: MASSIMO RECALCATI - L'ORA DI LEZIONE


Sinossi:
Periferia di Milano, anni Settanta. Gli anni del terrorismo e della droga, dei sogni di Oriente e di liberazione. Una mattina, nella classe di un Istituto Agrario, fa la sua apparizione Giulia, una giovane professoressa di lettere che parla di letteratura e di poesia con una passione sconosciuta. È quell’incontro a «salvare» Massimo Recalcati che, in questo libro dedicato alla pratica dell’insegnamento, riflette su cosa significa essere insegnanti in una società senza padri e senza maestri, svelandoci come un bravo insegnante sia colui che sa fare esistere nuovi mondi, che sa fare del sapere un oggetto del desiderio in grado di mettere in moto la vita e di allargarne l’orizzonte. È il piccolo miracolo che può avvenire nell’ora di lezione: l’oggetto del sapere si trasforma in un oggetto erotico, il libro in un corpo. Un elogio dell’insegnamento che non può accontentarsi di essere ridotto a trasmettere informazioni e competenze. Un elogio della stortura della vite che non deve essere raddrizzata ma coltivata con cura e riconquistata nella sua singolare bellezza.

Commento:
Avete letto la quarta di copertina qui sopra? Come me, l'avete trovata bellissima ed accattivante? Bene! Dimenticatevene! Se, come me, vi aspettavate un saggio sull'insegnamento e sulla scuola di oggi che fosse stimolante, con teorie accessibili a tutti ed affiancate alle esperienze di vita, beh, sappiate che di autobiografico ci saranno al massimo 30 pagine su 168 e che di accessibile questo saggio ha solo il prezzo. L'ora di lezione è un saggio psicologico, filosofico, comunque molto tecnico sull'insegnamento, la trasmissione del sapere, la trasformazione del libro in corpo; è scritto benissimo – ovviamente – ma con un registro linguistico alto, con continui riferimenti a filosofi, psicologi, sociologi che, se non studiati approfonditamente in precedenza, risultano difficili da seguire, inquadrare, assimilare. Una volta superata la sorpresa di trovarsi di fronte a qualcosa di totalmente diverso da ciò che ci si sarebbe aspettati, poi, i concetti sono anche interessanti e condivisibili, ma siamo già ben oltre la metà del libro e… bisogna arrivarci! Ora, probabilmente la colpa è mia, che non avendo mai letto nulla di Recalcati ho sottovalutato il fatto che si occupi di psicoanalisi e psicologia… mi aspettavo qualcosa di più accessibile, ma è anche vero che la sinossi ha contribuito non poco ad aumentare la mia confusione. In definitiva, si tratta di un buon libro, ma ve lo consiglio solo se davvero vi interessa l'argomento.


Opera recensita: "L'ora di lezione. Per un'erotica dell'insegnamento" di Massimo Recalcati
Editore: Einaudi, 2014
Genere: saggio
Ambientazione: Milano
Pagine: 168
Prezzo: 7,99 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 5,5.


lunedì 29 aprile 2019

RECENSIONE: JEAN-MARIE LE CLéZIO - DIEGO E FRIDA

Sinossi:
Quando nel 1929 la giovane pittrice messicana Frida Kahlo annuncia le sue nozze con Diego Rivera, nessuno accetta il matrimonio tra questa ragazza vivace ma di salute precaria e il genio dei muralisti messicani che ha il doppio dei suoi anni, il triplo del suo peso e una reputazione di orco e seduttore. Il loro passato travagliato, il loro incontro, la fede nella rivoluzione, il viaggio in America e il fascino inaspettato del capitalista Henry Ford, i rapporti con Breton e Trotskij sono raccontati in queste pagine, in cui lo stile del grande romanziere francese fa rivivere due icone del Novecento. Quella di Diego e Frida è una storia d'amore fuori dall'ordinario, attraversata da tradimenti e fughe, vivida e intensa come i colori della loro pittura.

Commento:
Come sto avendo modo di scoprire, su Frida Kahlo e Diego Rivera sono stati scritti libri di ogni genere, con tagli molto diversi. Questo libro, scritto dal premio Nobel francese Jean-Marie Le Clézio, è, a mio parere, molto utile – oltre che bello – perché riunisce la parte biografica a quella storica, senza peraltro tralasciare l'approfondimento artistico. Più di altri libri, infatti, questo saggio riassume la biografia di Diego e Frida, fornisce un'utile contestualizzazione storico-politica che in altri volumi è approssimativa, e si sofferma sul rapporto tra i due artisti descrivendone l'evoluzione con appassionata, ma asciutta organicità e sistematicità. Trovo, però, che non sia sufficiente, da solo, a descrivere le mille sfaccettature di queste due figure così complesse ed articolate: va, però, benissimo come lettura-corollario, come sintesi riepilogativa sull'argomento. Lo consiglio caldamente insieme, ad esempio, ad uno tra il romanzo di Alexandra Scheiman e la biografia di Hayden Herrera. Ad ogni modo, ottima lettura.

Opera recensita: "Diego e Frida. Un amore assoluto e impossibile sullo sfondo del Messico rivoluzionario" di Jean-Marie Le Clézio
Editore: Il Saggiatore, 2008
Genere: saggio
Ambientazione: Messico, Stati Uniti
Pagine: 187
Prezzo: 12,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

domenica 28 aprile 2019

RECENSIONE: HAYDEN HERRERA - FRIDA. UNA BIOGRAFIA DI FRIDA KAHLO


Sinossi:
Alla fine degli anni Novanta, New York è tappezzata di manifesti che raffigurano i quadri di Frida Kahlo. Un suo autoritratto viene venduto da Sotheby's per oltre un milione e mezzo di dollari. A Hollywood si girano film sulla sua vita e i giornali di tutto il mondo la chiamano "la grande Frida" o "la regina di New York". Come se non bastasse, anche il mondo del glamour ne va pazzo: vengono stampate magliette, cartoline, poster con la sua immagine, abiti e gioielli che ne ricalcano lo stile. Ma chi era veramente Frida Kahlo e perché si parla ancora così tanto di lei? Nata nel 1910 a Coyoacan, in Messico, Frida sembra un personaggio uscito dalla penna di Gabriel García Márquez: piccola, fiera, sopravvissuta alla poliomielite a sei anni e a un brutto incidente stradale a diciotto che la lascerà invalida, con tremendi dolori alla schiena che la perseguiteranno fino alla morte. Nella vita privata e nella produzione artistica, Frida è combattuta tra due anime: il candore, da un lato, e la ferocia, dall'altro; la poeticità della natura contro la morte del corpo. La vita di Frida è un viaggio che affonda nella pittura tradizionale dell'800, nei retablos messicani, in Bosch e Bruegel, ma che subisce prepotentemente il fascino degli uomini più potenti del suo secolo: come il muralista Diego Rivera (marito fedifrago che le rimarrà accanto fino alla fine) o Trockij (di cui diverrà l'amante) o Pablo Picasso...

Commento:
Questo libro è, quasi certamente, l'opera più completta, obiettiva e dettagliata su Frida Kahlo. E' stato scritto nell'83 e da esso è stato tratto il famoso film Frida per la regia di Julie Taymor nel 2002. E' una biografia oggettiva e minuziosa che ripercorre la vita di Frida, ne analizza i dipinti e riporta pensieri e passi del suo diario nonché interviste e stralci di altri scritti su di lei, compresi quelli di Diego Rivera, suo marito. Si tratta, come ho scritto, di una biografia, non ha quindi nulla o quasi nulla di romanzato. Probabilmente è per questo che, pur apprezzandone il valore documentale e conoscitivo, io l'ho apprezzata meno di altri scritti più romanzati e magari fantasiosi: dal punto di vista conoscitivo non ha aggiunto molto a quanto avessi già letto prima, da quello emotivo mi ha lasciato ben poco. E' comunque un libro che consiglio a chi preferisca una lettura più realistica e sfrondata da tutto ciò che di fantastico il magnetismo e l'eclettismo di questa donna già suscita di per sé.

Opera recensita: "Frida. Una biografia di Frida Kahlo" di Hayden Herrera
Editore: Neri Pozza, prima ed. originale 1983, ed. italiana 2016
Genere: biografia illustrata
Ambientazione: Messico, Stati Uniti
Pagine: 415
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


mercoledì 24 aprile 2019

RECENSIONE: ALEXANDRA SCHEIMAN - IL DIARIO PERDUTO DI FRIDA KAHLO


Sinossi:
Un piccolo altare con mazzi di fiori gialli di tagete, pani zuccherati, fotografie piene di nostalgia, incensi dalle fragranze mistiche, candele e pietanze prelibate. Nell'esotica Casa Azul di calle de Londres, a Coyoacàn, tutto è pronto per ricevere il misterioso messaggero che, ogni anno il due di novembre, puntuale viene a far visita a Frida Kahlo. Ma la pittrice ha deciso: questa sarà l'ultima volta, l'ultimo incontro con colui che, in cambio di quelle elaborate pietanze, da troppo tempo rimanda l'appuntamento di Frida con la Morte. Perché l'artista prodigiosa, donna fragile e indomita, rivoluzionaria, amica e amante di personaggi straordinari come André Breton, Tina Modotti, Lev Trotsky, era destinata a morire a diciotto anni, nel drammatico incidente che invece, in virtù di un patto fin qui scrupolosamente onorato, la restituì alla vita e alla sua arte. Solo per inchiodarla - con la schiena a pezzi e le ossa rotte - al letto in cui trascorrerà anni interi a dipingere autoritratti e a osservare la propria immagine riflessa nello specchio sopra il baldacchino. Frida, la donna minuta, appassionata e sofferente che amava la vita e si augurava di uscirne "gioiosa e di non tornare mai più", rivive in questo romanzo colorato, sensuale e sorprendente come i suoi quadri.

Commento:
Una bellissima, intensa e coinvolgente biografia romanzata della vita di Frida Kahlo. Una donna minuta, un'esplosione di fascino e magnetismo, un'amante vorace e appassionata, innamorata di Diego Rivera, ma golosa di cibo e di vita. Tra superstizione, fatalismo, passione e arte, questo libro ci illustra una donna poliedrica, sensuale e prorompente che, nonostante le sofferenze, ha respinto la morte con tutta se stessa. Un bellissimo racconto di vita e di arte. Consigliato.

Opera recensita: "Il diario perduto di Frida Kahlo" di Alexandra Scheiman
Editore: Rizzoli, 2013
Genere: biografia, narrativa straniera
Ambientazione: Messico, Stati Uniti, Parigi
Pagine: 321
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.

domenica 21 aprile 2019

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - L'ADDESTRATORE


Sinossi:
Ryan Kessler, un poliziotto frustrato con un'eccessiva propensione all'alcol e il grilletto facile. Joanna, sua moglie, una donna anonima e fin troppo riservata. Maree, la sorella di quest'ultima, affascinante e instabile, irresistibilmente attratta da uomini e situazioni a rischio. Come nel più crudele dei reality, i tre si ritrovano rinchiusi in un luogo inaccessibile e segreto, mentre un cacciatore di informazioni professionista, l'efferato e implacabile Henry Loving, tenta con ogni mezzo di rintracciarli per estorcere loro i dati riservati richiesti da una misteriosa "Fonte". Ben presto, però, nella struttura sorvegliata che dovrebbe garantire la protezione dei tre innocenti - o presunti tali - si risvegliano vecchi rancori e verità inattese cominciano ad affiorare. Chi è davvero la Fonte? Un prete sospetto che usa i risparmi dei suoi sprovveduti fedeli per finanziare il terrorismo islamico? Un senatore repubblicano in corsa per le prossime presidenziali? O un pericoloso psicopatico già amante di Maree? E ancora, che cosa sa Amanda, la figlia diciassettenne del poliziotto Ryan? È possibile che sia lei il vero obiettivo di Loving? Corte, l'agente federale incaricato di gestire il programma di protezione, che con Loving ha in sospeso una partita personale, per Incastrarlo si affida alle sofisticate risorse tecnologiche di un'agenzia di sicurezza governativa. E parallelamente, da appassionato di giochi di logica e di intelligenza, studia con puntiglio le mosse del suo avversario.

Commento:
L'addestratore è uno dei thriller "singoli" di Jeffery Deaver, uno stand-alone, che non appartiene a nessuna delle sue saghe. Eppure, credo io, sul funzionario Corte si potrebbe tranquillamente reggere un'intera saga di thriller, tanto è particolare ed appassionante il suo lavoro e tanto è avvincente il suo modo di ragionare. Corte è un funzionario preciso e meticoloso con molte passioni (sport, orienteering, storia…) sulle quali domina quella per i giochi di logica e intelligenza che, peraltro, lo aiutano molto nel suo lavoro: per una mente matematica che ama barcamenarsi fra scacchi, morra cinese, Go e mille altri rompicapo, diventa una sfida all'ultima mossa individuare la tattica del killer – in questo caso il temibile cacciatore di informazioni Henry Loving – che minaccia la sorte dei "bersagli" affidati alla sua custodia. E' tutto un gioco di tempi, concentrazione e intelligenza, nonché di alleati validi, efficenti e veloci e Corte in questo caso è equipaggiato benissimo. Così, quando si ritrova a combattere l'avversario più duro ed ambito della sua carriera nel proteggere una famiglia che ha più segreti di quel che sembra, Corte ingaggia una lotta appassionante in cui niente deve essere trascurato e in cui ci si può fidare solo di se stessi.
Un altro thriller psicologico che è anche spy-story; un duello di inttelligenza e nervi saldi in cui, come al solito per Deaver, nulla è scontato e niente è mai come sembra. Unica pecca, se così vogliamo chiamarla, è l'eccessiva lentezza del romanzo che mi impedisce di considerare questo buon thriller un buonissimo thriller… ma d'altra parte è pur vero che in una lotta di intelligenza, come nel miglior gioco di ruolo, la lentezza e la concentrazione sono d'obbligo. Consigliatissimo, comunque.


Opera recensita: "L'addestratore" di Jeffery Deaver
Editore: Rizzoli, 2011
Genere: thriller
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 607
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


venerdì 19 aprile 2019

RECENSIONE: VICTOR HUGO - NOTRE-DAME DE PARIS


Sinossi:
Quasimodo, il "gobbo di Notre-Dame", ed Esmeralda, la bellissima zingara di cui tutti si innamorano, sono i personaggi del romanzo che hanno maggiormente suggestionato generazioni di lettori. A queste due figure, e in particolare al "gobbo", si sono ispirati numerosi film di successo come anche il recente musical di Riccardo Cocciante. Ma nel popolarissimo romanzo di Victor Hugo cronaca fantastica dell'"autunno del Medioevo" - a dominare la narrazione appassionante, più che i singoli personaggi, è la folla brulicante di Parigi, sono i mendicanti della Corte dei Miracoli, i preti, gli scudieri del re e soprattutto la misteriosa, labirintica macchina della cattedrale.

Commento:
La mia personale definizione di capolavoro è quella di un'opera che, per costruzione narrativa, stile, vastità di contenuti, spunti di riflessione, capacità di superare il tempo e il luogo in cui è stata scritta, sia pregevole e meritevole di essere letta e conosciuta da tutti. In questo senso, Notre-Dame de Paris è un capolavoro. E' un romanzo scritto nell'Ottocento, ambientato nel Medioevo, letto ed apprezzato fino ai giorni nostri; a parte un paio di passi, è scorrevole – molto più di quanto pensassi – e la storia cattura ed appassiona il lettore d'ogni epoca ed estrazione sociale. Non arriva, sempre a mio parere, alla complessità narrativa dei Miserabili, ma poco ci manca. E' un romanzo popolare, in cui la vera protagonista è la società parigina dell'epoca, i borghesi, il clero, la nobiltà ma più di tutti il popolo e, in modo particolare, la sua componente più disgraziata e derelitta. Tutti, borghesi, nobili, chierici, malfattori, "egiziane", agiscono e vivono sotto l'occhio imponente e vivo della misteriosa Notre-Dame.
In questo romanzo Hugo ci fornisce un catalogo esaustivo delle miserie umane e degli effetti che hanno sull'uomo quando vi soccombe; ci mostra, Hugo, cosa può provocare il pregiudizio, l'ignoranza, la rabbia, il malcontento e cosa, invece, possono amore e devozione. La storia di Quasimodo, Claude Frollo, Esmeralda, Febus, Pierre Gringoire e tutti gli altri è monito ed esempio a noi che viviamo nell'oggi, perché le loro vicende sono adattabilissime a qualunque realtà, poiché sono l'espressione della varietà dei comportamenti umani che non cambiano nel tempo.
Un'opera da leggere, senza dubbio.

Opera recensita: "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo
Editore: vari, prima ed. 1831
Genere: romanzo storico, letteratura francese
Ambientazione: Parigi, 1482
Pagine: 416 (ed. Newton Compton, 2016)
Prezzo: 4,90 € (ed. Newton Compton 2016)
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


lunedì 15 aprile 2019

RECENSIONE: STEPHEN KING & RICHARD CHIZMAR - LA SCATOLA DEI BOTTONI DI GWENDY


Sinossi:
Che cosa accomuna una ragazza che non si arrende e un seducente uomo in nero? Una cosa preziosa: una scatola in mogano coperta da una serie di bottoni colorati. Ma che cosa ottenere premendoli dipende solo da lei. Gwendy Peterson ha dodici anni e vive a Castle Rock, una cittadina piccola e timorata di Dio. È cicciottella e per questo vittima del bullo della scuola, che è riuscito a farla prendere in giro da metà dei compagni. Per sfuggire alla persecuzione, Gwendy corre tutte le mattine sulla Scala del Suicidio (un promontorio sopraelevato che prende il nome da un tragico evento avvenuto anni prima), a costo di arrivare in cima senza fiato. Ha un piano per l'estate: correre tanto da diventare così magra che l'odioso stronzetto non le darà più fastidio. Un giorno, mentre boccheggia per riprendere il respiro, Gwendy è sorpresa da una presenza inaspettata: un singolare uomo in nero. Alto, gli occhi azzurri, un lungo pastrano che fa a pugni con la temperatura canicolare, l'uomo si presenta educatamente: è Mr. Farris, e la osserva da un pezzo. Come tutti i bambini, Gwendy si è sentita mille volte dire di non dare confidenza agli sconosciuti, ma questo sembra davvero speciale, dolce e convincente. E ha un regalo per lei, che è una ragazza tanto coscienziosa e responsabile. Una scatola, la sua scatola. Un bell'oggetto di mogano antico e solido, coperto da una serie di bottoni colorati. Che cosa ottenere premendoli dipende solo da Gwendy. Nel bene e nel male.

Commento:
Un incontro inatteso sconvolge la vita della dodicenne Gwendy Peterson: in un giorno d'estate, mentre sta correndo per perdere peso ed evitare gli sbeffeggiamenti dei coetanei, un uomo la ferma e le dona una scatola misteriosa e prodigiosa. Spetterà a lei usarla con giudizio e preservarla: la scatola può fare del bene, ma è anche molto pericolosa… e Gwendy avrà modo di sperimentare entrambi i lati della medaglia.
Un romanzo breve sull'adolescenza e sull'importanza delle scelte che hanno sempre delle conseguenze. Leggero e scorrevole, appassiona e fa riflettere. Consigliato.

Opera recensita: "La scatola dei bottoni di Gwendy" di Stephen King e Richard Chizmar
Editore: Sperling e Kupfer, 2018
Genere: romanzo breve
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 240
Prezzo: 17,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


RECENSIONE: LILIANA SEGRE, DANIELA PALUMBO-FINO A QUANDO LA MIA STELLA BRILLERà


Sinossi:
La sera in cui a Liliana viene detto che non potrà più andare a scuola, lei non sa nemmeno di essere ebrea. In poco tempo i giochi, le corse coi cavalli e i regali di suo papà diventano un ricordo e Liliana si ritrova prima emarginata, poi senza una casa, infine in fuga e arrestata. A tredici anni viene deportata ad Auschwitz. Parte il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano e sarà l'unica bambina di quel treno a tornare indietro. Ogni sera nel campo cercava in cielo la sua stella. Poi, ripeteva dentro di sé: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare. Questa è la sua storia, per la prima volta raccontata in un libro dedicato ai ragazzi. Introduzione di Ferruccio de Bortoli. Età di lettura: da 11 anni.

Commento:
Quando, nel 1938 in Italia vennero emanate le leggi razziali, Liliana era una gioiosa bambina di otto anni, senza più mamma, ma con un papà e dei nonni affettuosissimi. Quando lasciò la sua casa in corso Magenta a Milano per trasferirsi in provincia di Como, di anni ne aveva tredici; quando salì sul treno che l'avrebbe portata ad Auschwitz, quasi quattordici… e due dei suoi nonni non c'erano già più. Tutto ciò che accadde a lei, alla sua famiglia, a tante persone intorno a lei le sembrava solo una incomprensibile follia… eppure stava succedendo davvero, lo dimostrava il numero marchiato sulla pelle, lo dimostravano le due file allo smistamento, lo dimostrava il fatto che suo papà non era più accanto a lei. A sconvolgerla di più prima della deportazione era l'indifferenza nella quale il mondo cambiava; dopo la deportazione più nulla poteva sconvolgerla: era cieca e sorda al dolore, alle grida, alle morti, alle punizioni, alla malattia. Se avesse visto e sentito ciò che accadeva nel campo, il suo cuore non avrebbe retto. Ma quel male non si può dimenticare, torna a tradimento anche anni, decenni dopo che tutto è finito… quello è un male che non finisce, che ci si porta addosso, come il marchio che trasforma gli uomini in pezzi.
La storia della ragazzina curiosa e peperina che oggi è la senatrice Liliana Segre è, nella sua tragicità, molto simile a tante altre testimonianze di chi è sopravvissuto alla barbarie. Il garbo e la delicatezza con cui è raccontata la rendono, in qualche modo, comprensibile ed assimilabile da tutti: non a caso si tratta di un libro rivolto ai ragazzi, perché non dimentichino. Un libro prezioso, dunque, che va ad aggiungersi alle testimonianze di ciò che è stato, stavolta dal lato italiano della colpa, perché nessuno si senta tranquillo nell'innocenza. Consigliato.


Opera recensita: "Fino a quando la mia stella brillerà" di Liliana Segre e Daniela Palumbo
Editore: Piemme, 2015
Genere: autobiografia
Ambientazione: Milano-Auschwitz
Pagine: 197
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


domenica 14 aprile 2019

RECENSIONE: SIMONA CASTIGLIONE - L'ETà DEL FERRO


Sinossi:
Di fronte a un aperitivo, nel cuore di Bari, Barbara e Lucrezia si ritrovano, assieme a un vecchio compagno di studi in sedia a rotelle, dopo oltre vent'anni: Barbara ora vive a Milano e conduce un'esistenza fatta di delusioni e solitudine, Lucrezia è sempre bellissima nonostante la malattia progressiva che la affligge l'abbia resa quasi cieca. È la ricorrenza della morte della loro più cara amica ad averle ricongiunte: Lucrezia, Barbara e Mariarosa, un trio inseparabile sin dalla scuola media. E assieme sono cresciute, facendosi largo tra i dolori e le ingiustizie di questo mondo a testa alta e con un amaro sorriso, hanno vissuto le prime scoperte e le prime trasgressioni, le delusioni e le violenze della dura età del ferro, l'adolescenza, vissuta tra famiglie assenti, padri violenti e austeri, personaggi subdoli e amori pericolosi. Sullo sfondo, si muove una Puglia viva e cupa di fine anni Ottanta, tra buona musica, campi di ulivi assolati, il morbo dell'eroina, la mafia, i tradimenti e la paura di un futuro incerto. Il desiderio di andare a fondo e di scoprire, attraverso il diario di Mariarosa, i veri motivi della sua morte porterà Barbara e Lucrezia a rivangare il passato e le condurrà alla riscoperta dei valori dell'amicizia. In un continuo alternarsi di piani temporali e rincorrersi di dettagli e ricordi, la scrittura cruda e potente di Simona Castiglione afferra il lettore per un braccio e lo costringe a guardare, a pensare, a vivere quanto narrato sulla pagina, restituendogli tutte le emozioni prepotenti e delicate di un periodo chiave della vita.

Commento:
L'età del ferro è un romanzo crudo, potente, che si impone al lettore e lo cattura suo malgrado; è, in sintesi, un romanzo che non è scritto per piacere, ma per colpire dritto e duro. Dritto e duro, proprio come la droga, la malavita, il sesso denaturato di ogni piacere, le botte, i rifiuti, i non detti, la competizione, le ingiustizie, i rapporti morbosi e i complessi di inferiorità hanno segnato le vite delle tre protagoniste e di tanti ragazzi nella Puglia degli anni Ottanta. C'è tutto questo e molto altro in queste pagine: ci sono i sogni spezzati, le amicizie andate a rotoli, gli amori mancati e una morte pesante e dolorosa che, a distanza di venticinque anni, ancora tormenta chi c'era e non ha potuto impedirla. E più di tutto ci sono le vite di tante persone forgiate nell'età più difficile, l'adolescenza, dalla durezza, dal degrado di un mondo che da loro pretende ma si cura poco o niente… a cominciare dalle famiglie. L'età del ferro è un libro scritto magnificamente, Simona Castiglione è stata bravissima a rendere con lucida chiarezza una realtà che non doveva essere ammorbidita, edulcorata. Ci ha raccontato, in queste pagine, una storia di fantasia che risulta, però, estremamente realistica nella sua angosciosa precisione; personaggi tratteggiati con perizia ed accuratezza in un caos voluto di storie e di intrecci. Dicevo che è un libro scritto magnificamente, però non posso affermare che sia un bel libro, anzi dirò di più: non mi è piaciuto e non lo rileggerei. Eppure lo consiglio, perché è una lettura da affrontare almeno una volta, perché la realtà è là e non si può ignorare, perché un libro non deve piacere per forza, ma deve trasmettere qualcosa e questo, credetemi, non avrebbe potuto né dovuto essere diverso da ciò che è.

Opera recensita: "L'età del ferro" di Simona Castiglione
Editore: Morellini, 2017
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: provincia di Bari-Milano, anni 80-giorni nostri
Pagine: 246
Prezzo: 14,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


sabato 13 aprile 2019

RECENSIONE: MARIA PIA ROMANO - LA CURA DELL'ATTESA


Sinossi:
«Non era nuda abbastanza se non scioglieva i capelli. Lui la obbligava a farlo, ogni volta». Davide è stato per Alba la rivelazione della pulsante voce della vita, la scoperta dell'amore che s'incide sulla pelle, per la prima volta. Nel trascorrere degli anni lei ha cercato di scacciare l'immagine inopportuna di un volto riemergente dal passato, è diventata una donna decisa e brillante: un ingegnere capace di spiegare ai suoi studenti il mondo dei motori disegnando alla lavagna curve perfette come il suo grembo, tenero portatore di nuova vita. Nell'attesa, Alba sfoglia le pagine della sua esistenza: l'infanzia chiusa nel cerchio perfetto della sua casa, gli anni a Ruvo di Puglia, poi il trasferimento nel Salento, la dedizione allo studio, le oscillazioni dell'animo. E lo sguardo innamorato di Filippo, il suo presente. Cos'è l'amore? Il calore della sicurezza che accarezza e non delude? Oppure la sottile incertezza che sa infiammarsi di passione, facendo invertire la rotta all'improvviso? Le grandi storie come questa possiedono la forza per navigare in un mare di parole.

Commento:
Un mare di sensazioni, suggestioni sensoriali, paesaggi scolpiti negli occhi, sensualità discreta e dirompente. Così Maria Pia Romano dipinge la storia di Alba, ingegnere, giovane docente di ingegneria, intollerante alla lentezza, amante dei libri, del mare e della poesia. Alba è sempre stata una diversa, una che non si uniforma al branco, solitaria, riservata, libera. Alba vive l'amore in modo travolgente, ma non riesce mai a concedersi completamente: c'è una vita segreta che è solo sua e che nessuno conosce davvero. Ci tiene, Alba, a questa parte di sé, anche a costo di dover rinunciare agli altri. E quando l'indecisione tra due parti del suo cuore la fa vacillare, un nuovo evento, inatteso e felice, arriverà a completarla, a ricongiungerla a se stessa, in un muto grazie per il dono della vita.
Maria Pia Romano, pur con una prosa ricca – quasi opulenta – di suggestioni, immagini, suoni, tratteggia con tocco lieve, ma diretto e profondo la storia di questa giovane donna nella quale non è difficile ritrovarsi, specie per chi, come me, ama il mare – nel nostro caso quello del Salento -, le parole, i sogni di carta che ognitanto si trasformano in sogni di vita. Un libro breve, un afflato di poesia nell'appiattimento dei sensi, uno spicchio di sole, irriverente e tenace, in una giornata uggiosa. Consigliato.

Opera recensita: "La cura dell'attesa" di Maria Pia Romano
Editore: Lupo editore, 2013
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Puglia
Pagine: 160
Prezzo: 8,99 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


venerdì 12 aprile 2019

RECENSIONE: FLAVIO FIRMO - IL VELO DI AISHA


Sinossi:
«Al-Baghdadi vuole lanciare un’onda di attentati a livello globale. Hanno centinaia di cellule dormienti e integrate, possono colpire in ogni momento e in ogni luogo. Però non sono stupidi. Sanno che si scatenerebbe la nostra reazione e del loro sedicente Stato non rimarrebbe altro che deserto. Il Presidente preferisce rimanere su posizioni neutrali, ma una parte del consiglio inizia a premere. Io stesso sarei dell’idea di radere al suolo quei bastardi e toglierci il pensiero una volta per tutte. Eppure sappiamo che non è così facile, ne faremmo dei martiri globali.».
«L’Isis ha richiesto un incontro segreto. Vogliono una trattativa privata, un accordo di pace sotterraneo. Loro non ci attaccano sul nostro territorio e noi peroriamo la causa del loro stato presso le Nazioni Unite. Niente di strano, non ho accesso agli atti storici della CIA, ma ho l’impressione che non sia la prima volta che vengono stipulati questi accordi.»

Commento:
Elena è una giovane donna molto bella, ma soprattutto molto intelligente: è la migliore analista di uno dei più grossi sistemi di spionaggio del mondo; tutto per lei si concentra nelle informazioni che ricava dai minimi dettagli e che le servono a conoscere chi ha difronte e prevedere le sue azioni. Gli Stati Uniti e il mondo hanno bisogno della sua intelligenza e competenza nel difficile e rischioso incontro richiesto dallo Stato Islamico: un errore, uno sguardo storto, una parola fuoriposto e le sorti del mondo vengono compromesse per sempre. Elena è brava, tutto sembra andare per il meglio, ma all'ultimo momento qualcosa di indipendente da lei va storto… l'unica strada percorribile è collaborare. Così arabi e americani, Elena e Rajavi, Sommers e Tarik devono mettere in campo astuzia, intelligenza, conoscenza, tradizione, fede contro quello che diventa il nemico comune.
Una storia ricca di suspense, azione e adrenalina, ma anche di spunti di riflessione sulla cultura islamica e sul suo rapporto con l'occidente: nulla è scontato, non c'è niente di bianco o nero, ci sono punti comuni e approcci possibili… basta solo volerli cercare. Un ottimo romanzo scritto con la maturità che deriva dalla conoscenza: si avverte, tra queste pagine, lo studio, l'approfondimento, la volontà di capire prima e di spiegare poi. Lo consiglio a chi vuole avvicinarsi ad un tema tanto controverso senza tralasciare il brivido dell'avventura. Davvero un ottimo libro.

Opera recensita: "Il velo di Aisha" di Flavio Firmo
Editore: Youcanprint, 2017
Genere: azione/avventura, thriller, spy story
Ambientazione: New York-Sarajevo-Milano
Pagine: 246
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


RECENSIONE: HARUKI MURAKAMI - LA RAGAZZA DELLO SPUTNIK


Sinossi:
La storia ce la racconta un giovane senza nome, prima studente, poi maestro elementare. È innamorato di una sua coetanea, Sumire, una una ragazza con il mito di Kerouac e della generazione beat. Sumire però non lo ricambia: lo accetta come amico e confidente, ma niente sesso. Lei è invece innamorata di un'altra donna: Myu, una bellissima imprenditrice quarantenne di origine coreana. Solo che anche Myu, pur attratta da Sumire, non vuole concretizzare in amore il loro sentimento. Non vuole o non può: c'è qualcosa di misterioso nel suo passato che le impedisce di amare, che la separa dal mondo. E così i destini dei tre protagonisti si inseguono senza mai congiungersi, vagano nello spazio e nel tempo come un satellite alla deriva.

Commento:
Sumire, Myu e il narratore amico di Sumire. Tutto ruota intorno alle vite e ai sentimenti di questi tre personaggi: amore, desiderio, mistero e sogno si intrecciano in modo inestricabile e profondissimo in questo meraviglioso romanzo di Murakami. La ventiduenne Sumire, schietta, un po' sventata e amante della scrittura, incontra per caso l'affascinante ed enigmatica Myu, una donna sposata che, pur non volendo, attira gli altri con il suo magnetismo innato. Tra le due si instaura da subito un legame speciale che per Sumire è senza dubbio amore totalizzante, mentre per Myu è qualcosa di diverso, ugualmente forte, ma più sfuggente e complesso. A raccontarci questa storia e le sue inattese evoluzioni è l'unico amico di Sumire, irrimediabilmente innamorato di lei, che ad un certo punto sarà costretto ad entrare nella spirale magnetica di Myu e, contestualmente, si affaccerà alla porta di un mondo parallelo, inafferrabile e misterioso. Come in tutti i romanzi orientali, anche questo è ammantato da un'aura di ineluttabilità e misticismo che affascina ed ammalia; tutto, com'è consuetudine per gli autori giapponesi, è accettato con naturalezza e vissuto con la strutturata consapevolezza che tutto può accadere, che questo non è l'unico mondo possibile, che si possa andare in luoghi non fisici dai quali forse, qualche volta, si può anche tornare, ma che c'è anche la possibilità di essere perduti per sempre, come lo Sputnik.
La ragazza dello Sputnik è un romanzo bellissimo, speciale, con alcuni brani di pura poesia. Credo sia il meglio che ho letto finora di Murakami: racchiude in sé una maturità, una sobrietà, una sensualità – oserei dire – che consente al lettore di avvicinarsi fiducioso al suo mondo e di accettarne compromessi e condizioni, anche quando sono lontane dalla sua cultura. Lo consiglio caldamente.


Opera recensita: "La ragazza dello Sputnik" di Haruki Murakami
Editore: Einaudi, prima ed. 1999
Genere: narrativa giapponese
Ambientazione: Giappone-isola greca
Pagine: 216
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 11 aprile 2019

RECENSIONE: GIULIO PERRONE - L'AMORE FINCHé RESTA


Sinossi:
Quartiere Parioli. Tommaso è in mezzo alla strada, una valigia fatta alla bell’e meglio, l’immancabile abbonamento per la Roma in tasca e nient’altro. Ha quarant’anni e non avrebbe mai pensato di trovarsi improvvisamente senza moglie, casa e lavoro. La vita che Tommaso ha attentamente costruito negli anni, in equilibrio su un lavoro poco impegnativo e poco redditizio (psicoterapeuta per un ristretto numero di scombinati pazienti) e sulla rendita elargita dai facoltosi suoceri, crolla nei pochi minuti in cui sua moglie Lucrezia liquida il loro matrimonio come un completo fallimento. Adesso si ritrova solo, schiacciato da quello che ha fatto, ma soprattutto da quello che non ha fatto. Costretto a tornare ad abitare a casa della madre, in un quartiere popolare, inseguito dai creditori, Tommaso prova a reinventarsi in un saliscendi di equivoci, opportunità mancate e idee geniali non coltivate fino all’ultima, incredibile idea… 
Un romanzo agrodolce e ironico che racconta chi scopriamo di essere quando non c’è più nessuno che riflette la maschera che abbiamo indossato per compiacere gli altri.

Commento:
Capire l'amore si può, si può sempre cercare di prevenire le delusioni o le trappole nei rapporti a due… basta dotarsi di una serie di regole ferree da non trasgredire mai, per nessun motivo… almeno in teoria!
Prendiamo, ad esempio, la storia di Tommaso, psicoterapeuta egoista e scafato (pensa lui): quarant'anni, un matrimonio nato più per calcolo che per amore, undici anni passati a cercare di non perdere i benefici derivanti dalla famiglia della moglie e a tradirla giocando all'equilibrista tra lei e le amanti più o meno occasionali con cui cerca di non impegnarsi. Un bel giorno, come un fulmine a ciel sereno, la decisione della moglie di porre fine al matrimonio-pantomima lo coglie alla sprovvista: sa di essere stato sprovveduto, ma in un primo momento accoglie come una liberazione il fatto che lei l'abbia sostituito e che tutto sia finito; gli dispiace solo per il figlio Piero, con cui condivide solo la passione per la Roma… lui no, non vuole perderlo. Ben presto Tommaso e le sue regole si ritrovano intrappolati in una realtà che non avevano preso in considerazione: dai Parioli alla borgata dell'adolescenza è un attimo, così il nostro psicoterapeuta si ritrova in men che non si dica a vivere in casa della madre, rimediare un lavoro di fortuna, aver bisogno di soldi che non sa proprio come trovare. Ci sarebbe l'amico Lorenzo… e ci sarebbero Mario e Vanessa, due pazienti ostinati con un'idea che lo riguarda… e poi c'è Lia che è arrivata inaspettata e sembra voler sovvertire tutte le sue regole. E allora che fare? Per citare Battisti, Tommaso lo scoprirà solo vivendo, ma vivendo davvero la sua vita, seguendo davvero le sue idee, non un mucchio di stereotipi ansiogeni.
"L'amore finché resta" è un buon libro, scritto in modo scorrevole e schietto, che ci mostra come si possa ripartire dopo una falsa partenza (che nel caso di Tommaso sembra più una debagle) e che nei rapporti umani – tutti diversi e unici - non serve trincerarsi dietro inutili stereotipi, ma vivere come viene, in modo vero, spontaneo, perché se qualcuno conta veramente sarà il coraggio dei sentimenti a guidarci. Lettura agevole che fa riflettere… consigliata.


Opera recensita: "L'amore finché resta" di Giulio Perrone
Editore: HarperCollins, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Roma
Pagine: 280
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


mercoledì 10 aprile 2019

RECENSIONE: STEPHEN E OWEN KING - SLEEPING BEAUTIES


Sinossi:
Dooling è una piccola città fortunata del West Virginia, con una splendida vista sui monti Appalachi e lavoro per tutti. È a Dooling, infatti, che qualche anno fa è stato costruito un carcere all’avanguardia destinato solo alle donne, che siano prostitute o spacciatrici, ladre o assassine, o ancora tutte queste cose insieme. Ed è una di loro, in una notte agitata, ad annunciare l’arrivo della Regina Nera. Per il dottor Norcross, lo psichiatra della prigione, è routine, un sedativo dovrebbe sistemare tutto. Per sua moglie Lila, lo sceriffo di Dooling, poteva essere un presagio. Perché poche ore dopo, da una collina lì vicina, arriva una chiamata al 911, ed è una ragazza sconvolta a urlare nel telefono che una donna mai vista ha ammazzato i suoi due amici, con una forza sovrumana. Il suo nome è Evie Black. Intorno a lei svolazzano strane falene marroni e sembra venire da un altro mondo. Lo stesso, forse, dove le donne a poco a poco finiscono, addormentate da un’inquietante malattia del sonno che le sottrae agli uomini. Un sonno dal quale è meglio non svegliarle. Anonymous Content (casa di produzione di True Detective e Mr. Robot in TV e di Revenant e Spotlight al cinema) si è assicurata i diritti di Sleeping Beauties, per farne una serie con la collaborazione di Stephen e Owen King.

Commento:
E' difficile descrivere questo romanzo, spacciato per "favola nera", "ritorno in grande stile", "romanzo epico" eccetera, eccetera. E' difficile descriverlo perché, a fine lettura, le emozioni – nessuna delle quali positiva – sono tante: c'è la delusione per un libro che non sarebbe completamente da buttare, ma che avrebbe potuto essere molto, ma molto migliore; c'è la disillusione e anche un filo di sdegno per la lampante operazione di marketing che vede Stephen King associare il suo nome a quello del figlio Owen che non conoscevo prima di oggi, ma che evidentemente ha bisogno di pubblicità; c'è, però, soprattutto una potentissima, svilente noia. Ok, non tutte le ciambelle riescono col buco, anche se ti chiami Stephen King, però se una storia risulta appena accettabile dal punto di vista stilistico e per il resto è banale, prevedibile e noiosa, su 652 pagine queste sensazioni si spalmano meglio, si avvertono di più, la lunghezza fa da cassa di risonanza. Così un buco nell'acqua travestito da caso editoriale – che se fosse stato più breve si sarebbe potuto considerare un passabile incidente di percorso - diventa un libro da non consigliare assolutamente, né ai neofiti del Re, né ai suoi affezionati come la sottoscritta. Troppi personaggi, una lentezza esasperante, una trama sfruttata male e resa troppo poco inverosimile e priva di mordente, troppe troppe pagine… allungare il brodo a volte non serve, anzi è controproducente. Sarebbe potuto essere un buon libro, avrebbe potuto fornire molti spunti sul femminismo e sull'eterna diatriba uomo/donna, ma il tutto è affogato in una storia davvero mal gestita. Mi dispiace molto, ma stavolta King (Stephen) ha toppato… e non mi è venuta voglia di leggere il figlio.

Opera recensita: "Sleeping beauties" di Stephen e Owen King
Editore: Sperling & Kupfer, 2017
Genere: horror, fantascienza
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 652
Prezzo: 21,90 €
Consigliato: no.
Voto personale: 5.


sabato 6 aprile 2019

RECENSIONE: ELIF SHAFAK - LA CASA DEI QUATTRO VENTI


Sinossi:
Dicono che i gemelli siano inseparabili, due corpi per un'anima sola. Pembe e Jamila sono nate a tre minuti di distanza, nel piccolo villaggio curdo della Casa dei quattro venti. Jamila ha occhi verdi come l'edera, sogna di girare il mondo come i marinai e di svegliarsi ogni giorno in un porto diverso. Pembe è seria, posata, la sua risata è il rumore di due bicchieri che si toccano e le sue mani conoscono i segreti della vita e della morte. Da grande sarà una levatrice: quasi sacra, vivrà sospesa tra il mondo invisibile e quello visibile come la trama sottile di una ragnatela. E se Pembe resterà fino all'ultimo legata al villaggio e alla sua gente, Jamila andrà a Istanbul e poi a Londra, conoscerà l'amore e il tradimento, farà tre figli e troppi sbagli e alla fine tornerà nel luogo da cui era partita. Perché i destini di Pembe e Jamila si chiamano e si intrecciano fino a confondersi in quel disegno fragile e intricato che è la vita. Dopo "La bastarda di Istanbul", Elif Shafak ritorna con un nuovo romanzo ricco di magia e di sentimenti, d storie e di personaggi in bilico fra tradizione e modernità, tra la paura e una fortissima voglia di libertà.

Commento:
A parte l'evidente scambio di nomi nella quarta di copertina che, trattandosi di due gemelle, ha un che di ironico, Pembe e Jamila sono molto diverse. Fisicamente è quasi impossibile distinguerle, ma i loro caratteri sono agli antipodi; le loro vite, i loro destini, però, sono intrecciati a doppio filo, legati nella vita e tragicamente anche nella morte. Proprio la vita e la morte sono presenze costanti in questa storia fatta di storie, in questo groviglio di esistenze tutte fatalmente concatenate, con colpe, sorti, peccati che si ereditano e tacitamente si ripropongono dai genitori ai figli. Sullo sfondo di un'Inghilterra scossa da profondi cambiamenti, si manifesta qui con tutta la sua forza una cultura ancestrale, fatta di tradizioni e onore e regole tanto rigide quanto assurde – almeno ai nostri occhi – che ingabbiano la donna dietro un velo di abnegazione difficile da sopportare per chiunque. E ancora una volta tutto si concentra sul potere della scelta, sul discernimento tra bene e male, giustizia e umanità, colpa e perdono, vita e morte. Sono questi i mille interrogativi che, come chicchi di rosario sgranati nel silenzio, scandiscono inesorabili questo racconto sospeso tra modernità e mistero, tra Inghilterra e Turchia, tra Occidente ed Oriente. Elif Shafak ha saputo costruire una vicenda intricata e controversa di cui consiglio la lettura, sebbene all'inizio abbia faticato non poco ad entrare nella storia, forse per via dello stile frammentato e della pluralità di personaggi, punti di vista, tempi e luoghi. Anche qui, com'era accaduto per La bastarda di Istanbul, dopo un disorientamento iniziale ho preso il filo del racconto e ne ho apprezzato la complessità di sfaccettature e significati reconditi. Bello e ben pensato, perciò consigliato.

Opera recensita: "La casa dei quattro venti" di Elif Shafak
Editore: Bur, 2013
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Turchia-Inghilterra, anni 60/70-anni 90
Pagine: 445
Prezzo: 10,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


giovedì 4 aprile 2019

RECENSIONE: UMBERTO PIERSANTI - ANIME PERSE


Sinossi:
Enrico ha tagliato la gola a un pescatore per un commento fuori luogo; Mario ha sparato al vicino perché gli rubava la terra. Claudia doveva porre fine alle sofferenze di Lucia; Luisa aveva tutte le ragioni per brindare con la madre, alla morte del padre. Un tempo si chiamavano manicomi criminali, ora sono centri di recupero: ci arrivano persone che non hanno ucciso per interesse o per calcolo, ma in preda alla follia. Da dove vengono, cos'è scattato nella loro testa, e cosa pensano ora, come vivono, al riparo dal mondo? Con delicatezza e immaginazione poetica, senza facili morali e senza mai giudicare, Umberto Piersanti ha condensato in queste pagine le loro storie.

Commento:
Dove si annida la follia? Da dove vengono quei gesti, quelle azioni, quei comportamenti che senza colpoferire giudicheremmo "orribili", "abietti", "innaturali"? Beh, vengono da vari posti, tutti lontani e poco esplorati… vengono dagli abusi continui e dolorosi, vengono dalle offese, dal disagio, dall'impotenza, dai desideri repressi, dalla voglia di giustizia, una giustizia che non si trova nelle aule dei tribunali, ma che è atavica e implacabile perché viene da dentro. E' da questo "dentro" così oscuro e intricato che nascono il dolore, la ribellione, la rabbia; è da lì che sgorgano quegli istinti che noi normali, noi superiori giudichiamo e condanniamo inesorabili. Ma che cos'è, poi, la normalità? Non sarà forse la scusa che accampa chi non ha il coraggio di assecondarli quegli istinti? Noi, così pronti a storcere il naso, a bacchettare, a riempirci la bocca con "non si fa", "è malato", "curatelo", "è matto", "stia lontano da me", "è pericoloso", siamo così sicuri che con questa realtà non entreremo mai in contatto? Sono queste alcune delle domande che vengono naturali alla fine di questa lettura. E dopo aver letto queste storie, vere per quanto rese meno crude dalla delicatezza poetica e dall'immaginazione dell'autore, sarà decisamente più difficile ergersi a giudici della perdizione altrui. Si può rendere, in qualche modo, accettabile, plausibile, suggestiva, persino bella la miseria umana? Sì, si può, è possibile: basta estraniarsi da sé, liberarsi da tutti i preconcetti, i valori che crediamo cardini della nostra vita, e mettersi in ascolto. Basta ascoltare le parole, captare i pensieri, allineare la mente, osservare con gli occhi di coloro che hanno ucciso, ferito, sgozzato. E allora sì che si percepirà la vita, anche quand'è spezzata, stracciata, scorticata, sarà ancora vita. Ed ecco che si comprenderà la voglia di evasione, di libertà, d'amore, di casa… ed ecco che, dopo le sbarre, l'umiliazione, l'offesa, quel luogo accogliente da cui si vede il cielo e il mare lontano lontano, quella casa con l'orto e i cavoli e l'insalata e le rose e le siepi di bosso e ligustro, non sarà più un ospedale, ma un approdo di pace e tranquillità. Un libro non semplice, ma necessario, perché il pregiudizio si sconfigge solo se si affronta… e solo attraverso il contatto col dolore altrui si può restare, sempre e comunque, persone.

Opera recensita: "Anime perse" di Umberto Piersanti
Editore: Marcos y Marcos, 2018
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: Alto Montefeltro, Marche, Italia
Pagine: 188
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


mercoledì 3 aprile 2019

RECENSIONE: BLAINE HARDEN - FUGA DAL CAMPO 14


Sinossi:
Shin Dong-hyuk è l'unico uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo, dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America. Questa è la sua storia.

Commento:
Un libro ben scritto, ma soprattutto utile: è questa l'opinione che mi sono fatta alla fine di questa lettura. Quella raccontata è una storia unica e straordinaria: è la storia di Shin, nato e cresciuto e poi miracolosamente fuggito dal blindatissimo campo 14, un campo di lavoro per prigionieri accusati di crimini politici. Negli anni 50 un uomo fugge in Corea del Sud, per questo motivo il fratello viene catturato e rinchiuso in un campo di lavoro; anni dopo gli viene assegnata una donna che diventa sua moglie e da quest'unione nasce Shin, un ragazzo senza futuro, cultura, emozioni. Per 23 anni Shin conosce solo il campo, le sue regole, impara a sopravvivere spiando, mentendo, rubando. Poi conosce un uomo, un prigioniero nuovo che prima di approdare al campo ha girato il mondo. Dai suoi racconti, specialmente da quelli che parlano di cibo, Shin intravede una possibilità, un'idea incerta ma percettibile di futuro, così i due progettano la fuga. Il resto è il racconto di un viaggio rischioso, lungo, fatto di fortuna e di stenti, di false partenze, di abbandoni immotivati, di relazioni instabili… eppure Shin ce l'ha fatta, è vivo, è uscito dalla prigione che per più di vent'anni ha chiamato casa ed ora vuole raccontarlo al mondo.
Prima ancora che la storia di Shin, a catturarmi è stato lo stile di Blaine Harden: il giornalista americano racconta questa storia raccontando i fatti, ricostruendo dinamiche e pensieri; egli racconta una storia straziante eppure rimane sobrio. Racconta con chirurgica lucidità senza mai perdere la sua umanità, senza mai risultare freddo, distaccato. E' stata questa pacatezza a catturarmi ed a spingermi a proseguire nella lettura. Questo libro fa il paio con un'altra storia che vi consiglio, "La ragazza dai sette nomi" di Yeonseo Lee: entrambi, in modo diverso, raccontano la questione nord-coreana, una realtà terribile, una dittatura dei tempi moderni della quale si parla sempre troppo poco.

Opera recensita: "Fuga dal campo 14" di Blaine Harden
Editore: Codice, 2012
Genere: biografia
Ambientazione: Corea del Nord-Cina-Corea del Sud-Stati Uniti
Pagine: 290
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


martedì 2 aprile 2019

RECENSIONE: FRANCESCA PALUMBO - LA TUA PELLE CHE NON C'è


Sinossi:
Daniel è un adolescente, vive a Londra e non ha mai conosciuto suo padre. Dopo la morte della madre, è stato affidato a uno zio, assolutamente incapace di fargli da genitore.
Vittima di episodi di bullismo, il ragazzo cade nella trappola di un uomo che lo trascina in un mondo torbido e pericoloso, una dimensione di vuoto totale, carnalità e vizio. Solo nel blu della piscina dove ogni mattina all’alba va a nuotare, Daniel riesce a evadere da quella realtà: lì, sott’acqua, con la musica nelle orecchie, i mostri non ci sono più e si può rinascere, puliti e trasparenti.
La voglia di sfogare il proprio disagio e di reagire, per Daniel passa anche dalla rete, dove affida i suoi pensieri a un blog e dove un giorno – inviando una richiesta di amicizia su facebook – riesce a mettersi in contatto con Fran, una vecchia amica di sua madre che oggi vive a New York e fa la discografica. Davanti a uno schermo e a una tastiera, Daniel e Fran si scambiano ricordi e confessioni e, nel raccontarsi, gli anni, i chilometri, le assenze si azzerano, mentre ognuno dei due è lì per restituire qualcosa, per colmare un tassello che manca nella vita dell’altro.
Un romanzo pieno di musica (quella degli Afterhours), che fa da colonna sonora a un’amicizia capace di superare distanze geografiche e generazionali.

Commento:
Mentre leggevo, dopo un anno di fervida attesa, questo libro, mi sono spesso ritrovata a pensare: "Cosa scriverò alla fine? Come racconterò la storia, le sensazioni che ho provato, il legame profondo che fra queste pagine ritrovo con la mia vita, con la mia esperienza personale, con la musica, con Francesca, con gli Afterhours? Come imprimerò tutto questo sulla carta?". Ci sto ancora pensando, un po' più commossa di qualche ora fa, e intanto scrivo… mi affido alle parole, proprio come fanno Daniel e Fran… loro sapranno trovare la strada.
La storia la leggerete dalla quarta di copertina, è l'incontro catartico e curativo tra Fran - una donna over 50 che, partita da Bari negli anni 80, è approdata a Londra dove ha trovato un'amica speciale ed ha creduto di trovare casa nella musica e che invece ora vive vedova a New York, occupandosi sempre di musica – e Daniel, un adolescente londinese rimasto orfano, solo e perduto. Due anime in cerca di equilibrio, di affetto, di condivisione che, annullando il tempo e lo spazio, si incontrano grazie ad un social network. Cosa li unisce? Cosa accomuna due vite e due mondi così distanti? Le storie comuni, il ricordo di una donna che per entrambi è stata importante, e soprattutto la musica. La musica che  da sempre è stata faro nella vita di Fran, le sarà utile quando, grazie ad una richiesta d'amicizia su facebook, raccoglierà la muta richiesta d'aiuto di quel ragazzo senza più punti di riferimento, di quel ragazzo che non conosce ma che la riporta di colpo ai suoi vent'anni e a quell'amica con cui ha condiviso tutto, di quel ragazzo che sta precipitando in un abisso di perdizione dal quale, pur volendolo con tutto se stesso, non riesce ad uscire. Saranno le cose che Fran gli racconta su sua madre e sulla loro amicizia a restituire a Daniel un po' di quella donna che ha perduto; saranno i testi degli Afterhours, che lei gli invia, saranno quelle parole come squarci nel buio a guidare Daniel fuori dal fango che lo stava stritolando. E Fran? Anche a lei quest'incontro fa bene: è un ciclo che si chiude, è una sorella che le viene restituita attraverso il figlio, è un figlio non suo che può essere aiutato, che può essere salvato… è la vita che dà e che toglie, che addolora e sorprende… è vita che scorre, è balsamo, cura e sollievo. I temi affrontati in questo libro sono tantissimi, la malattia, la morte, l'abuso nelle sue tante forme, tutte distruttive… e latecnologia che non è sempre il male assoluto, ma che se usata bene può essere fonte di incontro, di conoscenza, di arricchimento. E sopra a tutto questo c'è la potenza delle parole, quelle dei testi, prima quelli scritti da Fran e poi quelli di Manuel Agnelli; quelle profonde, dolorose, rabbiose con cui Daniel nel suo blog descrive lo schifo in cui è caduto; quelle che Fran scrive a Daniel per raccontare, lenire, confortare… quelle parole che Francesca Palumbo plasma e modella abilmente e che nelle sue mani sono ingredienti per creare bellezza. La conosco personalmente da anni, Francesca. I pochi momenti che abbiamo trascorso insieme fisicamente mi sono sembrati sempre troppo brevi, è una di quelle persone con cui parleresti di tutto all'infinito, con cui nasce un'empatia a pelle, un'energia condivisa che non vorresti spezzare mai. Proprio grazie a quel social network che nel suo libro fa da ponte fra due mondi, la seguo assiduamente e leggo con ammirato stupore i suoi pensieri: adoro il suo modo di scrivere, di pensare, di essere, perciò vi lascio immaginare la gioia quando ho scoperto che avrebbe scritto un libro che parlava di musica e, di più, in cui c'erano gli Afterhours che adoro. Cosa poteva venirne fuori se non una perla? Bene, se è vero che esistono i libri del cuore, La tua pelle che non c'è è uno dei miei. Si è capito che ve lo consiglio?

Opera recensita: "La tua pelle che non c'è" di Francesca Palumbo
Editore: Besa, 2018
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Londra-Stati Uniti, anni 80-giorni nostri
Pagine: 184
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.