simposio lettori copertina

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domenica 30 giugno 2019

RECENSIONE: MARILYNNE ROBINSON - LE CURE DOMESTICHE


Sinossi:
Ruth e Lucille non hanno mai visto Fingerbone, la cittadina del Midwest che ha dato i natali alla loro mamma Helen, né le acque fonde e cupe del lago intorno a cui sorge. Ma quel lago, che in passato è stato teatro di un tragico e spettacolare disastro ferroviario, divenendo luogo di eterno riposo per molti abitanti della zona, pretende un grande tributo dalle loro giovani vite. Lo esige il giorno in cui Helen decide di riconsegnare le bambine alle loro origini e, dopo aver affrontato il lungo viaggio da Seattle, le deposita sul portico della casa avita con un pacco di biscotti da sgranocchiare per ingannare l’attesa; quindi, senza una parola di commiato né una riga di spiegazioni, risale in macchina e va a gettarsi nel lago. La cura delle due orfane e dei loro cuori attoniti passa da quel momento nelle mani di parenti sconosciuti, mani ora tenere ed efficienti, ora timide e inette, fino alle lunghe mani ossute della sorella minore di Helen, Sylvie, mani nude e perennemente screpolate, mani che sanno carezzare ma non trattenere. Sylvie porta scarpette leggere in pieno inverno e una banconota da venti dollari spillata sotto il bavero del cappotto. Ama la luce e la natura, fa lunghe passeggiate senza orari, prepara pasti frugali e non particolarmente nutrienti. Dei cani ha la paura tipica dei vagabondi. Ruth e Lucille, cosí esperte di perdite e abbandoni, sanno di non poter fare affidamento sul suo restare: «Sylvie assomigliava a nostra madre, e inoltre si toglieva di rado il cappotto e ogni storia che raccontava aveva a che fare con un treno o con una stazione degli autobus». La stessa casa di famiglia, il nucleo originario cui Sylvie ha accettato di tornare per amore delle nipoti, con la sua gestione va rapidamente in rovina: una moltitudine di gatti e sporcizia, infiniti giornali e lattine vuote, un accumulo erroneamente scambiato per l’essenza di ogni cura domestica. Di fronte al modello aereo e sradicato della zia, le due sorelle, fino a quel momento una sola anima scagliata nel mondo, devono interrogarsi sul senso dell’appartenenza e del ritorno, venire a patti con la solitudine, e scegliere la loro idea – reale, metaforica e universale – di casa. Questi temi, dunque, variamente e luminosamente esplorati nella piú recente trilogia – GileadCasa e Lila – sono già al centro del romanzo che alla sua pubblicazione negli Stati Uniti, nel 1980, ha immediatamente consacrato Marilynne Robinson alla grande letteratura del mondo e, grazie alla sua sola dirompenza, ha saputo conservarle quella posizione per i quasi venticinque anni che l’hanno separato dalla successiva prova narrativa.

Commento:
Primo romanzo di Marilynne Robinson, pubblicato per la prima volta nel 1980, Le cure domestiche è un libro complesso, lento, in cui emerge dirompente il disagio. Vi è disagio, disorientamento, difficoltà di adattamento in Ruth e Lucille, due bambine alla soglia dell'adolescenza che d'improvviso si ritrovano sballottate dalla loro casa a Seattle nella vecchia casa della nonna. La loro madre, Helen, un bel giorno le ha lasciate lì senza spiegare niente a nessuno ed è andata a suicidarsi nel lago nei pressi di Fingerbone, la sua cittadina natia. Disagio è ciò che provano le ragazzine davanti alla miriade di sconosciuti che pretendono di prendersi cura di loro… disagio è ciò che provano davanti alla loro zia, Silvie, un'anima errante abituata ad essere sempre in viaggio con poco o nulla, a spostarsi sui treni e gli autobus, a conoscere gente che alle ragazze sembra balorda… eppure, nonostante la sua stramberia, è rimasta solo lei ad occuparsi di loro e lo fa anche, ma in modo strano, inconsueto, non convenzionale. Mentre Ruth, che ci racconta questa storia in prima persona, si abitua alla zia e riesce anche a cogliere somiglianze caratteriali con lei, non si può dire lo stesso della sorella minore, Lucille. Quando il modo strano che ha Silvie di prendersi cura delle ragazze viene notato in paese, la situazione precipita e appare chiaro che le cose, in qualche modo, dovranno cambiare.
Le cure domestiche è un libro singolare, enigmatico, che parla della desolazione, arretratezza culturale ed isolamento della provincia americana; in questa storia inoltre si trovano tutti gli argomenti che Marilynne Robinson affronterà nei suoi libri successivi: la famiglia e l'importanza di non infrangerla, la religione, l'abbandono, la perdita, la solitudine. Per quanto i temi siano – almeno sulla carta – interessanti, la storia risulta però piatta, quasi senza cambiamenti significativi se non nel finale. In termini di gusto personale, dirò che mi rendo conto che si tratta oggettivamente di un buon libro, ma che personalmente non è riuscito a coinvolgermi, a delineare i contorni della situazione, ed ecco spiegato il perché di una valutazione intermedia. Però lo consiglio, foss'anche solo per il fatto che Marilynne Robinson è un'autrice poco conosciuta e che, a detta di molti, ha scritto ottime cose tra cui questa… a me è piaciuto discretamente, chissà che a qualcun altro piaccia molto!

Opera recensita: "Le cure domestiche" di Marilynne Robinson
Editore: Einaudi, prima ed. originale 1980
Genere: narrativa americana
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 208
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7.


sabato 29 giugno 2019

RECENSIONE: S. S. VAN DINE - SIGNORI, IL GIOCO è FATTO/IL MISTERO DEL CASINò


Sinossi:
Una misteriosa lettera anonima sollecita Philo Vance a recarsi, in una determinata sera al Casinò, per assistere a un drammatico evento. E quando Vance arriva al Casinò, un uomo viene ucciso. È l'inizio della vicenda che vede Vance alle prese con uno spietato assassino, che sembra intenzionato a sopprimere, uno dopo l'altro, tutti i membri della famiglia Liewellyn. L'indagine, più estrosa e geniale che mai, metterà però alla fine allo scoperto il responsabile della catena di delitti...

Commento:
"… L'onesto dubbio, a volte sottostimato ma quantomai efficace, offre alla nostra mente la possibilità di esercitarsi in piena libertà". Ho voluto trascrivere questa frase tratta dall'ottavo volume della serie su Philo Vance, perché la ritengo emblematica. Essa descrive non solo il libro in questione, ma costituisce il fondamento del modo di ragionare e di risolvere i casi usato da Vance, nonché dell'intero filone del genere giallo deduttivo. Senza la mente sgombra da preconcetti, senza la dovuta predisposizione a considerare ogni elemento, a lasciarsi guidare da rigorose deduzioni logiche, Vance non riuscirebbe mai a venire a capo delle situazioni sempre più intricate e diabolicamente escogitate con cui viene in contatto. Non bastano i fatti, non basta collegare meccanicamente azioni e parole… bisogna andare più in là, pensare oltre. E davvero in questa storia S.S. Van Dine ci regala una prova impareggiabile di questi principi: era davvero difficile capire chi avesse architettato la serie di delitti che coinvolge la famiglia Liewellyn, tanto più che il veleno utilizzato è invisibile e irrintracciabile nel corpo… come uscirne? Beh, il finale di questo libro è davvero qualcosa di… esplosivo!
Un giallo che parte in sordina, che rispetto ad altri ha qualche elemento di differenza nel plot, ma che poi si rivela veramente magistrale e degno di considerazione. Consigliato, come tutte le indagini di questo esteta apparentemente svagato e saccente, ma che in realtà non smette di sorprendere.

Opera recensita: "Signori, il gioco è fatto" (Il mistero del Kasinò) di S. S. Van Dine
Editore: vari, prima ed. originale 1934
Genere: giallo classico
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 203 /ed. Barbera 2012)
Prezzo: 10,00
Consigliato: sì
Voto personale: 9.



RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - LA STRADA DELLE CROCI (KATHRYN DANCE 02)


Sinossi:
Kathryn Dance, l'agente del California Bureau of Investigation specializzata nella lettura del linguaggio corporeo, deve fermare un potenziale assassino che annuncia i suoi delitti piantando croci con la data del giorno seguente lungo una strada della penisola di Monterey. Ben presto i sospetti si appuntano sul giovane Travis Brigham, oggetto di attacchi feroci su un blog, The Chilton Report, dove è accusato di essere il responsabile di un incidente stradale in cui sono morte due sue amiche. E tutte le vittime sembra vengano scelte proprio a causa dei loro interventi sul blog. Ma Travis scompare, e Kathryn, insieme allo sceriffo Michael O'Neil e al consulente informatico John Boling, deve impegnarsi in una frenetica lotta contro il tempo per scoprire la verità.

Commento:
La seconda, appassionante indagine della serie che vede protagonista Kathryn Dance, la "lettrice del corpo", espressione efficace usata da uno dei coprotagonisti di questo libro. Stavolta l'esperta di cinesica dovrà confrontarsi con un mondo a lei totalmente sconosciuto, quello del web, della blogosfera e dei giochi di ruolo online. C'è un killer, infatti, che annuncia i propri omicidi lasciando una croce per strada, con incisa la data del giorno seguente o dello stesso giorno in cui si svolge la storia, un mazzo di rose rosse e vari elementi disseminati lì attorno. E' un assassino sfuggente, ma sempre presente, come un messaggio nell'etere, come uno dei tanti commentatori nascosti dietro un nickname che affollano i blog in rete, tuttologi, maestri nello spargere voci ed alimentare congetture e violenza.
E proprio attorno ad un blog ruota l'intera storia narrata in questo libro, The Chilton Report, il blog del noto giornalista denunciatore di misfatti James Chilton. E' là che si concentra la maggior parte dei commenti su Travis Brigam, il diciassettenne accusato dell'incidente in cui sono rimaste uccise due ragazze e ferita una terza. Su di lui si concentra l'odio della rete e tutto fa pensare che sia lui il "killer delle croci". Ma, come al solito con Deaver, niente e nessuno è mai davvero come sembra… questo caso riserverà molte sorprese per noi e per Kathryn Dance, impegnata a schivare attacchi dalle alte sfere, nonché molto provata sul piano personale. Il caso precedente, quello che aveva portato all'arresto del pericoloso Daniel Pell, ha lasciato strascichi tanto inattesi quanto dolorosi per lei e la sua famiglia. Non un buon momento per la nostra bravissima, ma umana e fallibile agente del CBI… fortuna che accanto ha una squadra di prim'ordine: Tj, All Stemple, Rey Carraneo, ma soprattutto la sua bella famiglia, lo sceriffo Michael O'Neil – schivo, enigmatico, ma sempre presente – e il consulente informatico John Boling, intervenuto per questo caso ma che presumibilmente ci terrà ancora piacevole compagnia.
Questo caso, oltre ad essere avvincente come thriller, è interessante anche per la sua attualità e i suoi risvolti sociali: attraverso l'analisi del web, del mondo dei blog e dei giochi di ruolo online, non è difficile trovare spunti di riflessione sull'odio e sulla disinformazione che dilaga in rete e sulle loro conseguenze per la vita di chi è bersagliato; inoltre Deaver ci fa sottilmente notare quanto profonde possono essere le ripercussioni per chi vive perso nel mondo "sintetico", quello delle realtà virtuali, lasciando che questo sconfini e prenda il posto del mondo reale… tutti temi interessanti ed attuali che ancora una volta rivelano l'attenzione di Deaver per le problematiche sociali e culturali che ci affliggono. Vicenda appassionante, dunque, forse più della prima del ciclo di Kathryn Dance.

Opera recensita: "La strada delle croci" di Jeffery Deaver
Editore: Bur, 2010
Genere: thriller, seriale
Ambientazione: California, Stati Uniti
Pagine: 498
Prezzo: 10,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


mercoledì 26 giugno 2019

RECENSIONE: LILIANA SEGRE & ENRICO MENTANA - LA MEMORIA RENDE LIBERI


Sinossi:
Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.” Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e a suo padre i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di un Paese appena uscito dalla guerra. Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d’eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera, il contrastato rapporto con l’identità ebraica, la depressione e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli. Un racconto emozionante su uno dei periodi più tragici del nostro secolo che invita a non chiudere gli occhi davanti agli orrori di ieri e di oggi, perché “la chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.

Commento:
Ci sono vari modi di raccontare la stessa storia, a seconda delle parole usate, della formulazione delle frasi, essa risulta più o meno d'impatto in chi l'ascolta. E' soprattutto questo – fra i tanti – il pregio di questo libro: raccontare in modo se possibile ancora più toccante ed intenso una testimonianza forte e necessaria. Avevo letto, qualche mese fa, Fino a quando la mia stella brillerà, quindi conoscevo già la storia della Senatrice Liliana Segre, sia quella familiare che quella di prigioniera del lager. Sebbene avessi apprezzato quel libro, alla fine della lettura c'era qualcosa che mi aveva lasciata insoddisfatta e che mi ha spinta a leggere ancora di lei: ecco quindi La memoria rende liberi che ho apprezzato decisamente di più… la storia è la stessa ovviamente, ma le parole sono diverse, ho recepito meglio la sofferenza, l'incredulità, lo "stupore" per ciò che Liliana e gli altri deportati avevano vissuto. C'è, poi, qualcosa in più in questo libro: un maggiore approfondimento del "dopo", del ritorno, degli anni difficili in cui bisognava andare avanti mentre dentro si aveva solo voglia di spegnersi, di morire, nonostante tutto. E mi ha colpito una riflessione della Segre: si è chiesta, ad un certo punto della vita, se quella sofferenza, quella lotta per la sopravvivenza sia valsa a qualcosa. E', questo, il segno inequivocabile che intorno a lei c'era indifferenza, incomprensione, voglia di minimizzare, dimenticare. Probabilmente si tratta di sentimenti dettati dalla paura, dall'inconscio senso di inadeguatezza, di colpa di chi non c'era in quei lager e non avrebbe mai voluto esserci, ma di certo non era piacevole per chi quelle sofferenze le aveva vissute, doverle nascondere alla vista. Mancava, come dice la Segre, la volontà di ascoltare, di capire, di entrare in contatto con la barbarie, il dolore, la crudeltà. E fu solo dopo molti anni e molto amore che Liliana trovò la forza di testimoniare, di tirar fuori la sua storia, soprattutto a beneficio delle nuove generazioni.
In La memoria rende liberi Enrico Mentana si fa carico di un compito non facile, dal punto di vista umano e giornalistico: racconta una storia fortissima con il rischio alto di banalizzarla, di travisarne messaggi e senso… compito, a mio parere, svolto egregiamente. Libro che consiglio a tutti.

Opera recensita: "La memoria rende liberi" di Liliana Segre ed Enrico Mentana
Editore: Bur Rizzoli, 2015
Genere: autobiografia, testimonianza
Ambientazione: Italia-Germania-Polonia
Pagine: 240
Prezzo: 10,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


martedì 25 giugno 2019

RECENSIONE: ROSA VENTRELLA - LA MALALEGNA


Sinossi:
Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola.
Siamo all’inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d’Arneo, un’immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. “La tua bellezza è una condanna” le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza – e una condanna – che sono toccate in eredità ad Angelina.
Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio.
È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna, il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all’altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l’effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l’amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima.
Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.
Con una voce ruvida e di arcana bellezza, Rosa Ventrella scrive un magnifico romanzo corale, animato da comari, briganti e mammane, in cui protagonista è anche la terra: un lembo di Puglia aspro e profumato, coperto da rovi e fichi d’India, capace di dare tutto e tutto togliere.


Commento:
"Scuorno e malalegna", vergogna e maldicenza, maldicenza e vergogna… sono ovunque, si attaccano al corpo, seguono chi ne viene a contatto e ne infettano la stirpe e la casa senza rimedio. E' ciò che accade alla famiglia Sozzu, poveri contadini salentini, quando entrano in contatto con il barone Personé: quando la bellezza della madre – Caterina – incontra la lordura del ricco possidente abituato a pretendere fino all'ultimo afflato di vita dei contadini che lavorano la sua terra, non c'è modo di liberarsi dalla malasorte e le sventure si susseguono. Lo dice sempre alle sue figlie, la bella Caterina, che la sua bellezza è una condanna… e questa condanna lei l'ha trasmessa anche alla figlia minore, Angelina, che, al contrario della madre e della più schiva sorella Teresa, vuole prendere la vita a morsi, non accontentarsi dei "cafoni" del paese ed ambire ad un amore romantico e ad una vita agiata. Ma quando sei piccolo, sventurato, alla mercè dei più forti, inseguire i sogni è impensabile. Lo sa bene la gente del paese che infatti bisbiglia, fa congetture, parla alle spalle di quella ragazza intraprendente e bellissima – "la chiu bella fimmina de Copertinu" – che cammina leggera e impettita sulle chianche, nei vicoli, nella piazza, in mezzo ai campi… libera, incurante delle maldicenze e delle regole non scritte. Ma la realtà è diversa, più amara e crudele delle favole e molto spesso non c'è lietofine… e resta solo il ricordo, la nostalgia e il rimpianto di chi ci ha amato.
La malalegna è un romanzo potente, caldo e aspro come la terra in cui è ambientato; con parole che avvincono ed ammaliano, Rosa Ventrella crea un canto malinconico e antico che ha la forza dei lamenti e delle nenie lente cantate dalle donne nei campi.  Questo canto di fatica, rassegnazione e speranza narra la storia di una famiglia, di un paese, di una terra costretta a piegarsi, ma sempre viva e pulsante anche sotto la fatica, la fame della guerra, del lavoro, della rivolta.
La malalegna è un omaggio alla forza delle donne, una storia che cattura dalle prime pagine, con personaggi forti e memorabili – soprattutto quelli femminili – nei quali tante donne che hanno affrontato la guerra e il dopoguerra potranno ritrovarsi; e sarà facile anche per figlie e nipoti ritrovare fra queste pagine i racconti tramandati di madre in figlia, di un passato non lontano, di una saggezza popolare mescolata con miti e leggende che costituiscono parte della cultura del nostro Paese. Lettura assolutamente consigliata.

Opera recensita: "La malalegna" di Rosa Ventrella
Editore: Mondadori, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Salento, anni 40-50
Pagine: 276
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


giovedì 20 giugno 2019

RECENSIONE: PHILIP K. DICK - LA SVASTICA SUL SOLE


Sinossi:
Le forze dell'Asse hanno vinto la seconda guerra mondiale e l'America è divisa in due parti, l'una asservita al Reich, l'altra ai Giapponesi. Sul resto del mondo incombe una realtà da incubo: il credo della superiorità razziale ariana è dilagato a tal punto da togliere ogni volontà o possibilità di riscatto. L'Africa è ridotta a un deserto, vittima di una soluzione radicale di sterminio, mentre in Europa l'Italia ha preso le briciole e i Nazisti dalle loro rampe di lancio si preparano a inviare razzi su Marte e bombe atomiche sul Giappone. Sulla costa occidentale degli Stati Uniti i Giapponesi sono ossessionati dagli oggetti del folklore e della cultura americana, e tutto sembra ruotare intorno a due libri: il millenario I Ching, l'oracolo della saggezza cinese, e il bestseller del momento, vietato in tutti i Paesi del Reich, un testo secondo il quale l'Asse sarebbe stato in realtà sconfitto dagli Alleati. Introduzione di Carlo Pagetti. Postfazione di Luigi Bruti Liberati.

Commento:
Bene, la quarta di copertina è già indicativa della situazione che Philip K. Dick ci prospetta in questo libro, situazione tutt'altro che inverosimile a pensarci bene, almeno in linea puramente teorica. La domanda di base è semplice: cosa sarebbe successo, ipoteticamente, se la Germania, l'Italia e il Giappone avessero vinto la Seconda guerra mondiale? Dick prende questa possibilità, la estremizza e crea un libro visionario, surreale, allucinato eppure plausibile. Il punto di osservazione della "nuova" realtà scelto dall'autore è una zona corrispondente all'incirca alla costa occidentale degli Stati Uniti, (che, per inciso, non coincidono con gli Stati Uniti del libro poiché anche l'assetto geopolitico è cambiato); qui vivono ed operano i personaggi chiave di questa storia, un rivenditore di manufatti artistici americani, un funzionario giapponese, un enigmatico industriale svedese, una donna singolare, un ebreo insoddisfatto che rischia di essere scoperto ed ucciso. Le interconnessioni, gli intrecci tra queste ed altre persone ci permettono di vivere un esito diverso di uno dei più tristi momenti della storia mondiale, diverso ma non per questo positivo, tanto più che in questa nuova realtà la gente sembra non riuscire a compiere delle scelte oculate senza affidarsi all'IChing, il libro della saggezza oracolare cinese… c'è però un altro libro, il libro della cavalletta, che racconta una realtà speculare, quella che noi conosciamo… anche questo best seller è importante e potrebbe cambiare le sorti dell'umanità… chissà.
La svastica sul sole è un libro particolarissimo, denso di significati e messaggi reconditi; è un libro che per essere compreso pienamente necessita di concentrazione, conoscenza della storia e del pensiero politico degli stati coinvolti nella Seconda guerra mondiale, ma necessita anche di immaginazione e capacità di andare oltre il conosciuto, di immaginare altre possibilità, altre prospettive, altri mondi. Trovo che sia un ottimo libro, anche se gli ho preferito "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?". Comunque, consigliatissimo.

Opera recensita: "La svastica sul sole" di Philip K. Dick
Editore: Fanucci, prima ed. 1962
Genere: fantascienza
Ambientazione: America
Pagine: 318 (ed. Fanucci 2017)
Prezzo: 9,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


sabato 15 giugno 2019

RECENSIONE: PINO CACUCCI - VIVA LA VIDA


Sinossi:
Si tratta di un monologo che mette in scena l'appassionata esistenza di Frida Kahlo "detta" dalla protagonista dal vertice estremo dei suoi giorni. Mentre corre verso la morte, Frida torna ai patimenti della sua reclusione forzata (ripetutamente ingessata e condannata all'immobilità), ai suoi lucidi deliri artistici di pittrice affamata di colore, alla sua relazione con Diego Rivera. In poche pagine c'è il Messico, c'è il risveglio dell'immaginazione, c'è la storia di una donna, c'è la rincorsa di una passione mai spenta per un uomo. La sintesi infuocata di un'esistenza.

Commento:
Breve ed intensissimo, questo è uno fra i più bei libri che abbia letto sulla vita di questa donna straordinaria. In un monologo-intervista immaginaria, Pino Cacucci riesce a sintetizzare la vita di Frida Kahlo, la sua relazione con Diego Rivera, l'incidente, il dolore, l'amore viscerale per la "vita assassina", il rapporto con la morte, quello con la malattia e la pittura. Riesce, al contempo, a trasmettere un ritratto vivo e pulsante di Frida, proprio come se fosse lei stessa a parlare di se stessa.
Viva la vida è un libro bellissimo che consiglierei a chi ha almeno una minima infarinatura su chi fosse Frida Kahlo e cosa sia stata la sua vita.

Opera recensita: "Viva la vida" di Pino Cacucci
Editore: Feltrinelli, 2010
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Messico
Pagine: 77
Prezzo: 7,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


venerdì 14 giugno 2019

RECENSIONE: S. S. VAN DINE - IL MISTERO DEL DRAGO


Sinossi:
Durante una delle estati più torride che mai siano capitate a New York, un misterioso caso sembra proiettare gli investigatori in un fosco e irreale regno di demoni e di superstizioni; un regno pieno di mostri e orribili vendette... Nella tenuta degli Stamm un uomo si immerge nello "Stagno del Drago" e scompare: è l'inizio di una sequela di tragici avvenimenti, e Philo Vance si trova alle prese con vecchie, terrificanti credenze.

Commento:
Confesso che prima di cominciare a leggere questo giallo ed anche al primo contatto con l'indagine, temevo che stavolta Van Dine mi avrebbe deluso. Leggendo la trama, infatti, avevo capito che, al contrario dei "soliti" casi estremamente ancorati alla realtà, stavolta avremmo avuto a che fare con draghi, mostri marini ed altre presenze poco terrene e temevo che questo cambio di prospettiva facesse risultare il tutto meno credibile. Ovviamente sbagliavo: certo, la superstizione, credenze e leggende c'entrano molto in questa storia, ma c'entra ancor di più la malvagità dell'uomo che, in questo caso, arriva ad essere quasi diabolica. E come sempre, Philo Vance con le sue deduzioni logiche non deludono: sarà anche snob (in questi ultimi casi decisamente meno), ma è formidabile nell'usare l'intelligenza e la cultura per vedere oltre l'apparenza. A dispetto dei miei timori, un altro fantastico giallo della serie di Philo Vance, con un finale imprevedibile che non mancherà di stupire.

Opera recensita: "Il mistero del drago" di S. S. Van Dine
Editore: Barbera, prima ed. originale 1934
Genere: giallo classico
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 252
Prezzo: 10,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 13 giugno 2019

RECENSIONE: MAURIZIO MAGGI - LA CODA DEL DIAVOLO


Sinossi:
È una rara notte di temporali, in Sardegna, quando arriva il mostro. La ragazza era riuscita a fuggire, ma lui, il suo rapitore e aguzzino, l'ha inseguita e l'ha uccisa, incurante del fatto che a pochi metri di distanza ci fosse una pattuglia della polizia. Per questo, subito arrestato, il mostro viene portato immediatamente in carcere. Lì, ad attenderlo, c'è un mondo chiuso fra mura spesse e sbarre di ferro alle finestre. Lì, soprattutto, c'è Sante. E l'arrivo di quell'assassino è forse l'occasione di redimersi che Sante attende da tutta la vita. Sante ha un segreto, una colpa da espiare, un passato da cui scappare. Eppure, Sante è in prigione per sua stessa volontà. Perché lui non è un carcerato, ma una guardia. La sua è una condanna autoinflitta. Ma quella notte tutto cambia. Può un peccato cancellarne un altro? Perché quel mostro è ricco e protetto. Ha agganci altolocati. Se la caverà, dice a Sante l'avvocato della madre della vittima. L'assassino ne uscirà, a meno che Sante non intervenga. E lo uccida. L'avvocato promette a Sante un alibi, una copertura, una via d'uscita e soprattutto tanti soldi. Uccidere è la cosa giusta? Si chiede Sante. Ma il giorno dopo, nulla di tutto ciò ha più importanza. Perché il mostro è stato ucciso e tutti i sospetti cadono proprio su di lui, su Sante. Che, da quel momento, non ha altra scelta che la fuga... E la ricerca della verità. Un conflitto morale che ci porta a chiederci: noi cosa faremmo? E una verità che emerge poco a poco in un quadro sempre più sconvolgente.

Commento:
Il carcere è totalizzante, ti invade, il suo odore si fa spazio, riempie e sovrasta tutto il resto; non importa da quale parte stai, lui ti si attacca addosso e nessuna parte è quella giusta. Per Sante Moras il carcere è la vita reale, sia perché lì ci lavora, è un agente scelto della penitenziaria, sia perché lui il carcere se lo sente dentro… da diciassette anni. E' per questo che non gli pesa abitare da solo nella torre della ex colonia militare; è per questo che non si lamenta quando il direttore – che ce l'ha in antipatia – gli appioppa le consegne più ingrate e i turni più sfiancanti. Come quella notte, quella in cui il Mostro, quello che ha ucciso con un'ammazzabuoi una tredicenne che teneva segregata da mesi, arriva nel suo carcere, alla Nera, nel Sud della Sardegna. Qualcuno gli ha proposto di ucciderlo… sarebbe facile, un'iniezione, alibi, soldi, in più è uno scarto umano, un rifiuto della società… se Sante non lo uccide il Mostro la farà franca, conosce la gente giusta e si sa come va la giustizia……. E mentre ancora Sante sta pensando, l'uomo muore, proprio nel suo turno. E' ovvio, l'hanno incastrato. Che fare se non fuggire? Non sarebbe nemmeno la prima volta… e Sante corre per i boschi di una Sardegna bucolica e aspra, corre con il suo addestramento da ex militare, la sua bravura ad osservare, a capire, un talento raro quello del fuggiasco… ma Sante ha avuto una vita per imparare, specie a fuggire da se stesso. Però lui, Sante, non sa ancora che non è finita, che la vittima non era l'unica prigioniera, che il Mostro non era l'unico assassino… Ed eccolo di nuovo, il bivio, tra verità e vendetta, tra giustizia ed egoismo.
Un thriller ricco d'azione, in cui i buoni non sono mai del tutto buoni e i cattivi, beh, quelli non hanno limiti alla perversione… un po' come nella vita reale. Tra pedofilia, bullismo ed interessi economici, Maurizio Maggi ci conduce, in una corsa a perdifiato, in un'isola in cui la natura è protagonista indiscussa in tutti i suoi elementi. Ed anche quando la claustrofobia si trasforma in angoscia e l'incertezza muta in spaesamento, la tensione non cala mai. D'altronde chi è inseguito non può permettersi distrazioni. Libro consigliato a chi ama il dinamismo e la velocità e non disdegna un po' d'avventura.

Opera recensita: "La coda del diavolo" di Maurizio Maggi
Editore: Longanesi, 2018
Genere: thriller
Ambientazione: Sardegna
Pagine: 352
Prezzo: 18,60 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


mercoledì 12 giugno 2019

RECENSIONE: LEONARDO SCIASCIA - UNA STORIA SEMPLICE


Sinossi:
"Una storia semplice" è una storia complicatissima, un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga. Eppure mai - ed è un vero tour de force - l'autore si trova costretto a nominare sia l'una sia l'altra parola. Tutto comincia con una telefonata alla polizia, con un messaggio troncato, con un apparente suicidio. E subito, come se assistessimo alla crescita accelerata di un fiore, la storia si espande, si dilata, si aggroviglia, senza lasciarci neppure l'opportunità di riflettere. Davanti alla proliferazione dei fatti, non solo noi lettori ma anche l'unico personaggio che nel romanzo ricerca la verità, un brigadiere, siamo chiamati a far agire nel tempo minimo i nostri riflessi - un tempo che può ridursi, come in una memorabile scena del romanzo, a una frazione di secondo. È forse questo l'estremo azzardo concesso a chi vuole "ancora una volta scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia".

Commento:
C'è qualcosa, nella prosa degli autori siciliani – specialmente di gialli – che mi attrae in modo particolare; è qualcosa che riguarda lo stile, il modo tutto particolare di giocare, sottointendere, creare virtuosismi con le parole che mi strega e mi affascina immancabilmente. Ed anche questa volta, la mia prima con Sciascia, sono rimasta affascinata da questa maestria/malia.
Una storia semplice di Leonardo Sciascia è un libricino di sessantasei pagine che ritengo imprescindibile per chi ama il genere poliziesco, ma comunque imperdibile per chiunque. E', nella sua brevità, un libro sublime e geniale: l'autore riesce a parlare di tante cose senza mai nominarle; non solo mafia e droga come dice giustamente la sinossi, ma anche corruzione, collusione, delinquenza, ingiustizia, paradosso. La storia è semplice, sì, ma le implicazioni sono innumerevoli: un uomo, un diplomatico in pensione, telefona alla polizia alla vigilia di un giorno festivo per chiedere che qualcuno vada a casa sua perché ha da far vedere una cosa. Il brigadiere che risponde alla chiamata gli assicura che appena possibile qualcuno si recherà da lui. L'indomani lo zelante brigadiere si reca con due agenti a casa dell'uomo….. e lo trova morto. Nonostante le apparenze, il brigadiere capisce subito che non si tratta di suicidio, ma mai potrebbe sospettare le reali dinamiche della vicenda. Non sospetterà, infatti, fino al momento decisivo in cui la verità gli si rivelerà davanti con tutta la sua potenza e brutalità, costringendolo ad agire. Ed anche chi non voleva credergli, crederà.
Sublime, dicevo, questo libricino, soprattutto per lo stile superbo, per la virtù e l'arguzia dell'autore che trasforma quello che poteva essere un esercizio di bravura in qualcosa di impeccabile. Da leggere, assolutamente.

Opera recensita: "Una storia semplice" di Leonardo Sciascia
Editore: Adelphi, 1989
Genere: giallo, romanzo breve
Ambientazione: Sicilia
Pagine: 66
Prezzo: 9,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


lunedì 10 giugno 2019

RECENSIONE: CARMEN KORN - E' TEMPO DI RICOMINCIARE


Sinossi:
È il 1949. La guerra è finita. I nazisti sono stati sconfitti. Come molte altre città, Amburgo è ridotta a un cumulo di macerie e in parecchi si ritrovano senza un tetto sulla testa. Fra questi, Henny, che ha finalmente accettato di sposare Theo e continua a cercare la cara Käthe, che risulta ancora dispersa nonostante l’amica sia sicura di avere incrociato il suo sguardo, la sera di San Silvestro, su quel tram… Nel frattempo, mentre Lina e la sua compagna Louise aprono una libreria in città, Ida si sente delusa dal modesto ménage coniugale con il cinese Tian, pur avendo mandato all’aria il suo precedente matrimonio per stare con lui, e ricorda con nostalgia la sua giovinezza di rampolla di una famiglia altolocata. Sono in molti ad aver perso qualcuno di caro, e sono in molti ad attendere il ritorno di qualcuno, giorno dopo giorno, alla finestra. Ma per i sopravvissuti tornare a casa non è facile, si ha paura di cosa si potrebbe trovare, o non trovare più.
Gli anni passano, i figli delle protagoniste crescono e anche loro hanno delle storie da raccontare. Sullo sfondo, la ripresa dell’economia tedesca e le rivoluzioni sociali che hanno scandito gli anni Cinquanta e Sessanta: lo sbarco sulla Luna, la costruzione del Muro di Berlino, il riarmo e la paura del nucleare, l’arrivo della pillola anticoncezionale, l’irruzione della televisione nella vita quotidiana delle famiglie, l’inizio dei movimenti studenteschi e la musica dei Beatles.
Dopo Figlie di una nuova era, il secondo, attesissimo capitolo di questa fortunata e appassionante trilogia che racconta la vita di quattro amiche nella Germania del Novecento.

Commento:
Beh, aspettavo con trepidazione il secondo capitolo della trilogia al femminile di Carmen Korn, il primo, Figlie di una nuova era, mi era piaciuto molto. Non posso dire lo stesso, purtroppo, per questo secondo volume che racconta la vita e la storia della Germania e dell'Europa dal 1949 al 1969 attraverso le vicende di quattro amiche, quattro donne così diverse tra loro, e delle loro famiglie. Ritroviamo la bella Amburgo che a fatica si rialza dalle macerie; ritroviamo Enny, Kathe, Ida, Lina, Louise, Else, ma anche i loro figli, compagni, mariti, amici e conosciamo anche molti personaggi nuovi con storie, sogni, angustie. Il problema è che i personaggi, forse, sono ora anche troppi e nella smania di raccontarne le storie in contemporanea, l'autrice non fa altro che correre – a tratti forsennatamente – da uno all'altro senza posa. Il risultato, purtroppo, è un libro complessivamente bello, ma che troppo spesso si rifugia nei dettagli perdendo di vista il filo della storia, un libro zeppo di cose, persone, storie che finiscono per affastellarsi e fanno perdere alla storia il pathos e l'empatia che avevano invece contraddistinto il primo libro. E' ancora interessante sapere come si evolve la complicata storia tra Claus e Alex, la carriera di Ruth e quella di Florentine… però tutto questo rincorrersi non può diventare una telenovela infinita e sfiancante. La sensazione che l'autrice abbia voluto un po' strafare cresce con l'andare delle pagine e mi porta a non consigliare questo libro in modo entusiastico come invece feci per il precedente. Tuttavia, sia chiaro, neppure lo sconsiglierei apriori… è pur sempre una lettura discreta e l'evoluzione delle vicende è apprezzabile.

Opera recensita: "E' tempo di ricominciare" di Carmen Korn
Editore: Fazzi, 2019
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Germania, 1949-1969
Pagine: 564
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 6,5.


martedì 4 giugno 2019

RECENSIONE: PIERA CARLOMAGNO - UNA FAVOLOSA ESTATE DI MORTE


Sinossi:
Accadono fatti terribili nella terra di mezzo tra Matera e Potenza, frontiera selvaggia che si ripiega su se stessa come le ripide gole che la solcano. E così una notte di giugno, nei calanchi vicino Pisticci, un uomo e una donna vengono assassinati brutalmente. Lui è Sante Bruno, architetto con entrature che contano. Lei, Floriana Montemurro, una ragazza bellissima, figlia di un potente notabile. Il duplice omicidio scuote la monotonia di una provincia in cui il pettegolezzo vola di bocca in bocca e le lingue sono affilate come rasoi. Indagare sul caso tocca a Loris Ferrara, magistrato in crisi che vuol rifarsi una vita, e all'anatomopatologa Viola Guarino. Abilissima nel leggere la scena del crimine, convinta sostenitrice dei metodi scientifici d'indagine, la Guarino ha un sesto senso prodigioso. "Strega" la chiamavano da bambina. "Strega" pensano oggi di lei i suoi concittadini. E del resto, è la nipote di Menghina, celebre lamentatrice funebre della Lucania, una che ha trasformato la morte in professione e di stranezze se ne intende. Turbata dai sentimenti che prova per l'ombroso Ferrara, Viola si getta a capofitto nell'inchiesta. Mentre incombono i preparativi per Matera 2019 Capitale della Cultura e il futuro si porta appresso milionarie speculazioni sugli antichi Sassi, dovrà confrontarsi con i misteri di un Sud in cui tutto sta cambiando anche se nulla cambia mai davvero. Piera Carlomagno svela, con eleganza e discrezione, il male profondo di una terra insieme ai tormenti e alle malinconie delle donne che la abitano.

Commento:
Giugno 2018. Durante l'allestimento di uno spettacolo, la regista Lara Venosa sta osservando il paesaggio dell'entroterra tra Matera e Potenza, vicino a Pisticci… posando casualmente lo sguardo su un inghiottitoio – una gola tra i calanchi – nota due corpi aggrovigliati. Sono i corpi di Floriana Montemurro e e Sante Bruno, gli amanti di Tinchi, e quello è il loro ultimo abbraccio, ultimo tentativo di fuggire alla barbara crudeltà del loro assassino. Ma capire chi li ha uccisi è più difficile del previsto. Il rigido ed attraente sostituto procuratore Loris Ferrara viene da fuori, da Napoli, e non la conosce questa terra; non aveva previsto che in questa città tutti parlassero tra loro, ma nessuno con la polizia; non aveva previsto che non ci fossero strepiti, urla, che tutto venisse accettato quasi con rassegnazione… non la conosce lui la rassegnazione con cui i lucani da tempo immemore accettano i soprusi, le prevaricazioni, le offese fatte a loro ed alla loro terra bellissima e martoriata. Per aiutarlo a risolvere un caso che si complica sempre più e che minaccia di travolgerlo, ci vorrà la tenacia, l'intraprendenza e l'amore per la sua terra che solo una nativa del luogo, intelligente, fiera e un po' strega può avere. E' questo e molto altro, Viola Guarino, la consulente della procura che lo affiancherà – anzi lo guiderà – nelle indagini, uscendo dai binari del suo lavoro prettamente scientifico e parlando con la gente, coi suoi conterranei, osservandone comportamenti e tacite manifestazioni di forza o debolezza. E' una donna del Sud, Viola, come lo è Floriana, la giovane vittima con cui la dottoressa si sente da subito legata. Sarà empatizzando, quasi comunicando con lei, morta per non essersi piegata alla mentalità del posto, che Viola scoverà chi ha ucciso lei e il suo amante. Tra gli interessi suscitati dal riconoscimento di Capitale europea 2019 e l'atavico immobilismo tutto meridionale di chi si crogiola nelle sue bellezze e non accetta il cambiamento, la giornalista Piera Carlomagno ci regala un noir potente, strettamente radicato nella terra che descrive e connesso all'anima dei personaggi delineati, specialmente quelli femminili. Un ottimo libro, in fondo meno cruento di quanto potrebbe suggerire il titolo; una bella lettura, ottima per i caldi pomeriggi d'estate, che ci permette di conoscere meglio una terra meravigliosa e schiva, in bilico – un po' come tutto il nostro amato Sud - tra superstizione e materialismo. Davvero consigliato.

Opera recensita: "Una favolosa estate di morte" di Piera Carlomagno
Editore: Rizzoli, 2019
Genere: noir
Ambientazione: Matera, Basilicata
Pagine: 300
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


lunedì 3 giugno 2019

RECENSIONE: ARTHUR SCHNITZLER - DOPPIO SOGNO


Sinossi:
Un ballo in maschera, due misteriose figure in domino rosso, uno straniero insolente, qualche parola incomprensibile e allusiva: queste apparizioni gettano, una sera, «un’ombra di avventura, di libertà e di pericolo» nella vita di un medico e di sua moglie, giovani, belli e chiusi in un’ovattata felicità domestica. Da quel momento essi entrano, senza saperlo, in un intreccio speculare di peripezie notturne tanto inverosimili da sembrare oniriche e di sogni tanto invadenti da sembrare fatti reali: e, per tutti e due, i desideri segreti occuperanno la scena, per una notte, con una violenza e una fascinazione tali che li trascineranno inermi con sé, tra la voluttà e l’angoscia. Come in un film di von Stroheim, dalla Vienna borghese e tranquilla emergono inquietanti personaggi, le maschere dilagano, si aprono porte segrete, si svelano esseri equivoci, incombono giudici oscuri e feroci. Alla fine, un fascio di fredda luce clinica illuminerà il corpo bianco ed esanime di una sconosciuta, e in essa il protagonista riconoscerà «il cadavere pallido della notte passata, destinato irrevocabilmente alla decomposizione». Non senza, però, aver anche irrevocabilmente mutato la vita del giovane medico e della sua compagna.
Insieme al Ritorno di Casanova e alla Signorina Else, il Doppio sogno (1926), racconto chiaroveggente e immerso in un incanto surreale, è una delle riuscite supreme di Schnitzler, ormai sempre più spesso riconosciuto, in questi ultimi anni, come uno dei grandi narratori psicologici della letteratura moderna, per il sorprendente spessore e la temibile lucidità delle sue storie, che sembrano aver dato fin dall’inizio per sottintese le scoperte della psicoanalisi. 

Commento:
Allucinato, surreale, inquietante, questo racconto di Arthur Schnitzler unisce le atmosfere gotiche di matrice sette-ottocentesca a quelle oniriche di un moderno romanzo orientale. Realtà e sogno sono gli elementi chiave di questa storia, sempre in equilibrio precario, sempre sul punto di toccarsi e compenetrarsi come due corpi uniti nel desiderio. C'è, in queste pagine, una carica erotica fortissima perché insoddisfatta, un desiderio elettrico che, in alcuni punti del racconto, si trasforma nel brivido di un pericolo tangibile ed imminente. Ci sono, in questo romanzo breve ma intensissimo, tutti gli elementi su cui eminenti studiosi della mente si sono soffermati per decenni: il sogno, il suo rapporto con la realtà, la sua influenza della vita reale. Il dottor Fridolin e sua moglie Albertine, la sera successiva ad un ballo in maschera, ripercorrono dapprima inconsapevolmente e via via in modo sempre più allusivo e subdolo, le rispettive fantasie erotiche del passato. Nella coppia si insinua una diffidenza nuova, un qualcosa di inespresso, una tacita vendetta, un senso di ingiustizia e desiderio di rivalsa che i coniugi, fisicamente divisi per cause di forza maggiore, sviluppano e vivono in modi diversi ma ugualmente totalizzanti e sconvolgenti. Nell'arco di una giornata il loro rapporto di coppia sarà scosso da un trasporto psicologico anomalo che rischia, loro malgrado, di travolgerli e farli soccombere. Sarà la resistenza del sentimento reciproco di fiducia e tenerezza, a determinare il loro destino. Una lettura consigliata, da cui nel 99 è stato tratto il film Eyes wide shut per la regia di Stanley Kubrick.

Opera recensita: "Doppio sogno" di Arthur Schnitzler
Editore: Adelphi, prima ed. originale 1926
Genere: romanzo breve
Ambientazione: Vienna, fine Ottocento
Pagine: 131
Prezzo: 9,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


RECENSIONE: ERIC-EMMANUEL SCHMITT - OSCAR E LA DAMA IN ROSA


Sinossi:
La storia del piccolo Oscar, ammalato di leucemia, che riesce ad affrontare il dolore della malattia e l'idea della morte. Una fiaba tenera e coraggiosa sull'amore, l'amicizia e la speranza.

Commento:
In genere, pur essendo cattolica credente e praticante,  non amo i romanzi in cui la religione e la fede occupano un ruolo preponderante… però per ogni regola ci sono delle eccezioni: Oscar e la dama in rosa è una di queste. Con la sua solita leggiadria, Eric-Emmanuel Schmitt riesce a rendere accettabile anche ciò che non lo è… perché non è accettabile che Oscar, uno sveglio ragazzino di dieci anni stia per morire di leucemia. Non è accettabile che sia confinato in ospedale, senza poter avere il conforto dei propri genitori se non una volta a settimana, e con l'unica compagnia di altri bambini ammalati, infermiere e medici in evidente imbarazzo e dame in rosa. E' proprio una di queste donne che, con i loro camici rosa, portano conforto agli ammalati, a riuscire a spezzare la corazza di silenzio ed impenetrabilità che Oscar ha eretto per difendersi. E' la donna che Oscar chiama Nonna Rose a convincerlo a scrivere a Dio, a rivelare a lui le paure e i pensieri inespressi. «Confidagli i tuoi pensieri. I pensieri che non dici sono pensieri che pesano, che si incrostano, che ti opprimono, che ti immobilizzano, che prendono il posto delle idee nuove e che ti infettano. Diventerai una discarica di vecchi pensieri che puzzano, se non parli». Questo Nonna Rose dice ad un demoralizzato Oscar che ormai ha capito che morirà presto e pensa di non piacere più a nessuno, perché tutti in ospedale lo trattano diversamente. Ed Oscar scrive, confessa tutto a Dio e fa un gioco con lui e con la dama: ogni giorno che gli resta sarà come vivere dieci anni. Ad Oscar la morte fa paura non perché è ignota, ma perché gli farà perdere tutto ciò che conosce… e forse è così anche per tutti noi.
In un libricino di 100 pagine circa è condensato il più grande interrogativo, il più grande spettro della vita umana: la morte; Eric-Emmanuel Schmitt ci offre un'ancora per viverla nel modo migliore possibile, per accettarla come parte stessa della vita. Dio è molto presente in questo libro, ma c'è anche tanta ironia, leggerezza, fantasia… è una fiaba coraggiosa, questa, e come tutte le fiabe serve a rischiarare il buio, il nero delle nostre paure più recondite. E' impossibile non commuoversi davanti alle domande di Oscar, al suo spaesamento di fronte alle reazioni degli adulti; non si può non sorridere leggendo dei suoi "approcci" con le ragazze del reparto… E' un libro che consiglio a tutti perché parla di cose che riguardano tutti, ma occorre tener conto che parla comunque della malattia di un bambino… perciò leggetelo quando sarete nello stato d'animo giusto.

Opera recensita: "Oscar e la dama in rosa" di Eric-Emmanuel Schmitt
Editore: Vari, prima ed. originale 2002
Genere: narrativa francese
Ambientazione: non definita
Pagine: 120 (ed. E/O 2015)
Prezzo: 9,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


domenica 2 giugno 2019

RECENSIONE: CRISTINA CASSAR SCALIA - LA LOGICA DELLA LAMPARA (VANINA GUARRASI 02)


Sinossi:
La pesca con la lampara ha una sua logica precisa. Si accende la luce, non si fa rumore, si sta fermi il piú possibile e nel frattempo si armano le reti. Prima o poi anche i pesci meglio nascosti vengono a galla. A quel punto non possono scapparti piú. Vanina pensò che era l'immagine perfetta per descrivere quel caso.
Sono le quattro e trenta del mattino. Dalla loro barca il dottor Manfredi Monterreale e Sante Tammaro, giornalista di un quotidiano online, intravedono sulla costa un uomo che trascina a fatica una grossa valigia e la getta fra gli scogli. Poche ore dopo il vicequestore Vanina Guarrasi riceve una chiamata anonima: una voce femminile riferisce di aver assistito all'uccisione di una ragazza avvenuta quella notte in un villino sul mare. Due fatti che si scoprono legati e dànno il via a un'indagine assai piú delicata del previsto. La scontrosa Vanina, la cui vita privata si complica di giorno in giorno, dovrà muoversi con cautela fra personaggi potenti del capoluogo etneo. Ma anche grazie all'aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè, con il quale fa ormai «coppia fissa», sbroglierà un intrigo che, fino all'ultimo, riserva delle sorprese.

Commento:
Il secondo libro di una serie è un po' un banco di prova, sia per l'autore – che da questo capirà quanto successo e quanta aspettativa ha creato il primo – sia per il lettore – che da esso capirà se la serie gli piace e se è il caso di continuarla. Dal mio punto di vista di lettrice, questo era uno dei motivi per cui aspettavo con curiosità e trepidazione l'uscita del secondo libro della serie di gialli con protagonista Vanina Guarrasi. Gli altri motivi sono più egoistici: mi piace l'ambientazione siciliana, mi piacciono Vanina, la sua squadra, il suo modo di condurre le indagini basato su intuizioni più che sul seguire un metodo alla lettera; e poi mi piace il cibo… e qui ce n'è tanto e di quello buono, parola di una che – come Vanina – non saprebbe cucinarsi nemmeno un uovo al tegamino però la buona tavola la onora con piacere.
Gusti e commenti personali a parte, La logica della lampara è un bel giallo italiano, decisamente ben scritto e congegnato: l'indagine in cui si ritrova Vanina è di quelle complicate e da arrovellarsi il cervello per giorni e, nel caso del vicequestore Guarrasi, pure per notti. Una ragazza è scomparsa, tutto fa pensare che sia morta, ma il corpo non si trova. E sembra proprio che questo non sia l'unico crimine – o presunto crimine – su cui bisognerà indagare: come i pesci attirati dalla lampara, come il vaso scoperchiato di Pandora, qui i crimini e le disavventure arrivano a frotte e, sempre nel caso di Vanina, non solo relativamente all'indagine. C'è un punto interrogativo grande quanto la sua mansarda a Santo Stefano che la attende a Palermo. L'incrocio tra passato che torna e futuro che arriva è sempre più vicino e Vanina, un occhio alla foto incorniciata di suo padre sorridente e l'altro al messaggio di Paolo Malfitano che lampeggia sullo schermo dell'iPhone, dovrà scegliere… con tutte le conseguenze che una scelta tanto difficile comporta. La consolazione – oltre a cioccolato, dolci e vecchi film – è che, sia al lavoro che fuori, Vanina non è sola. Ha una squadra di prim'ordine ed amici presenti e comprensivi in grado di sopportare anche i suoi silenzi e malumori.
E dunque, oltre a consigliarvi sia questo che il primo libro di Cristina Cassar Scalia con protagonista questa donna così forte ed arguta, io cosa posso dire? Aspettative ampiamente superate! Attendo il terzo con altrettanta trepidazione!


Opera recensita: "La logica della lampara" di Cristina Cassar Scalia
Editore: Einaudi, 2019
Genere: giallo
Ambientazione: Sicilia
Pagine: 384
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.