simposio lettori copertina

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sabato 29 febbraio 2020

RECENSIONE: ERIN STEWART - IO SONO AVA


Sinossi:
Ava era mille cose. Era una ragazza che adorava cantare. Era una ragazza con tanti amici. Ora è solo la ragazza con le cicatrici. È passato un anno dall’incendio in cui ha perso i genitori. Un anno in cui Ava ha tagliato i ponti con il mondo perché le fa troppa paura. Ora è costretta a tornare a scuola. Una scuola nuova dove non conosce nessuno. Una scuola che – ne è sicura – sarà piena di ragazzi che non faranno altro che osservare il suo viso per poi allontanarsi spaventati. Chi vorrebbe mai fare amicizia con lei? Quali nuovi modi di prenderla in giro si inventeranno i suoi compagni? Non appena si avventura in quei corridoi i suoi incubi si avverano: non incrocia nessuno sguardo e, al suo passaggio, sente solo sussurri. Fino a quando i suoi occhi non incontrano quelli di Asad e Piper, gli unici ad avere il coraggio di andare oltre il suo aspetto. Di vedere la vera Ava dietro le cicatrici. Perché anche loro si sentono soli e incompresi. La loro amicizia la aiuterà a ricominciare. Le farà capire che nessuno è diverso, ma ognuno è unico così come è.
La storia di una ragazza che scopre la forza che ha dentro di sé. La storia di un’amicizia più forte di tutto. Il libro che dalla stampa e dai lettori è stato definito il nuovo Wonder.

Commento:
Ava la ragazza bruciata, Ava la ragazza con le cicatrici, Ava la vittima di un incendio che le ha portato via i genitori e la cugina, Ava l'unica sopravvissuta. Ava. Semplicemente Ava. Sedici anni sono, probabilmente, l'età peggiore per avere la faccia devastata e il corpo deturpato da una mappa di cicatrici, innesti, postumi di diciannove interventi chirurgici. Però Ava non ha scelto di scampare per miracolo ad un incendio a sedici anni, non l'avrebbe scelto mai, se avesse potuto. E anche Cora e Glen, i suoi zii, non hanno scelto di perdere, in quello stesso incendio, Sara, la loro unica figlia. Non hanno scelto di farsi carico di Ava, la loro nipote adolescente che ha bisogno di molte cure costose, attenzioni, pazienza, comprensione. Eppure, per colpa di un attimo, di un cortocircuito causato da uno stupido errore di un elettricista tanti anni prima, due famiglie sono distrutte, tre vite si sono spente nella notte e una quarta è decisamente tutta in salita. E allora cosa si può fare? Ci si può chiudere in casa, avvolta dalle cure della zia Cora, senza bisogno di vedere nessuno, senza bisogno che nessuno veda la faccia devastata o stringa una mano deforme, oppure si può uscire, affrontare il mondo, affrontare gli altri per affrontare l'oscurità che sta dentro di noi. Ava non vorrebbe, sa bene a cosa va in contro, ma torna a scuola: lo chiamano "reinserimento", ma dovrebbero chiamarlo battaglia all'ultimo sguardo, all'ultimo risolino, all'ultimo imbarazzo. A scuola, in mezzo a quei corridoi lunghissimi e insidiosi, Ava incontra Asad, il ragazzo dalla pelle scura e gli occhi nocciola, e Piper, la ragazza in sedia a rotelle con una guaina compressiva rosa shocking. Non sa cosa sia successo loro, non sa perché scelgano di rivolgerle la parola, di coinvolgerla, ma dovrà ringraziarli per sempre per non averle permesso di chiudersi nella confort zone del vittimismo. Ma Ava, in quella scuola, imparerà la lezione più importante di tutte, quella che non scorderà: quando soffriamo, quale che sia la nostra sofferenza, siamo portati a pensare di essere gli unici toccati dal dolore, che gli altri siano felici, che la loro vita vada avanti anche senza di noi, e non ci accorgiamo che anche loro hanno bisogno di noi, anche loro hanno bisogno di averci nella loro vita. Ognuno combatte le proprie battaglie ed ha bisogno di alleati. Sostenendosi a vicenda è più facile vincere.
Io sono Ava è un romanzo di formazione, un libro sull'amore per la vita, sull'attaccamento alla vita anche al di là della razionalità; è un libro sull'amicizia, sulle seconde possibilità, sul dolore e sulla forza d'animo. Non posso che accodarmi ai nomi – anche autorevoli – che l'hanno consigliato prima di me, ma voglio fare una rassicurazione a chi starà pensando che "è il solito libro strappalacrime": no, questo è un libro contro il pietismo e il falso buonismo, è ironico e doloroso, insieme, perché l'ironia - e l'autoironia soprattutto - è l'arma più potente contro il dolore.


Opera recensita: "Io sono Ava" di Erin Sterart
Editore: Garzanti, 2020
Genere: narrativa straniera, romanzo di formazione
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 336
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


venerdì 28 febbraio 2020

RECENSIONE: DAVID GROSSMAN - CON GLI OCCHI DEL NEMICO


Sinossi:
Cosa può fare uno scrittore per aiutare il proprio paese a ritrovare la pace? David Grossman ha una risposta, semplice e profonda come tutte le grandi verità: scrivere, raccontare, creare storie e personaggi in grado di far entrare i lettori nella pelle di un altro, farli pensare con la testa di un altro, far loro guardare la realtà con gli occhi di un altro. Anche se l'altro è un nemico. "Quando abbiamo conosciuto l'altro dall'interno, da quel momento non possiamo più essere completamente indifferenti a lui. Ci risulterà difficile rinnegarlo del tutto. Fare come se fosse una "non persona". Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più indulgenti con i suoi errori." I milioni di lettori di Grossman sanno che è possibile, per un personaggio inventato, diventare - come per miracolo - una persona vera, viva e intimamente familiare: un miracolo che solo la letteratura può compiere, e che incanta gli uomini da sempre. Ma che è anche un dono prezioso per chi vive in un paese in guerra, un dono capace di accendere una speranza e indicare una via di uscita dal tragico labirinto del conflitto tra israeliani e palestinesi. Scrivere diventa, allora, un mezzo per rendere il mondo meno estraneo e nemico, il dolore meno paralizzante e insopportabile, il linguaggio meno povero e fossilizzato dagli stereotipi dell'odio e della paura."

Commento:
Completamente diverso da come me l'immaginavo, questo breve saggio – o raccolta di saggi e discorsi – è interessante perché offre un'analisi lucida della situazione in Medio Oriente, ma soprattutto della società di oggi e di come questa si pone di fronte alle guerre, ai soprusi, all'altro. Ritorna spesso questo concetto di "altro", quell'altro così diverso da noi, quello che in un attimo diventa il nostro nuovo nemico, del quale, però, conosciamo solo una porzione di mondo. E allora come rapportarsi agli altri senza estremizzarne i rapporti? Cercando di pensare, guardare, sentire come l'altro, dal suo punto di vista così diverso dal nostro. E uno scrittore cosa può fare in questi termini? Può scrivere storie, storie che permettano di immedesimarsi nell'altro, che ne raccontino vita e difficoltà, storie scritte o narrate che qualcuno leggerà, ascolterà e ripeterà così da allargare la conoscenza.
Belle, profonde e molto condivisibili queste considerazioni, peccato che occupino una minima parte – quella iniziale – del volume che si addentra poi, in modo forse troppo specifico e circostanziato per chi ne possiede una conoscenza sommaria, nel mondo di Israele, nel tema della guerra, di quella guerra che da decenni soggioga quei territori. Una bella raccolta di contributi che, però, necessita di essere meditata e metabolizzata, va riletta anche alla luce dei problemi quotidiani della società moderna. Consiglio questo libro solo a chi abbia dimestichezza con il conflitto israelo-palestinese, giacché non è sempre semplice da comprendere. Molto affascinante, invece, il primo dei quattro saggi analizzati.


Opera recensita: "Con gli occhi del nemico" di David Grossman
Editore: Mondadori, 2007
Genere: saggio
Pagine: 115
Prezzo: 9,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.

RECENSIONE: ELIZABETH GASKELL - MARY BARTON


Sinossi:
A Manchester, negli anni dell'Inghilterra vittoriana, vivono due famiglie proletarie: i Barton e i Wilson. Mary Barton, orfana da poco della madre, lavora come sarta, abita col padre John, fervido sostenitore dei movimenti sindacali, ed è corteggiata sia dall'onesto e affettuoso Jem Wilson che dal ricco e insidioso Henry Carson. La volontà di emanciparsi economicamente, una punta di vanità e la paura di diventare una delle tante "donne perdute" del tempo portano Mary a non accettare l'affetto sincero di Jem per assicurarsi un matrimonio più solido con Henry. Una scelta che le costerà cara...

Commento:
Avevo già avuto modo di conoscere Elizabeth Gaskell per aver letto, non troppo tempo fa, Nord e Sud, quindi sapevo bene a cosa sarei andata in contro aprendo un altro suo libro. Mary Barton è un romanzo che non va oltre le mie aspettative ed anzi, se possibile, le delude appena un po'. L'ambientazione è pressocché la stessa di Nord e Sud, una cittadina industriale inglese nella prima metà dell'Ottocento (in questo caso siamo a Manchester); di conseguenza anche le tematiche sono quelle care alla Gaskell, ossia la lotta di classe, la ribellione degli operai ai soprusi ed al disinteresse dei padroni, il rapporto tra genitori e figli, c'è una protagonista femminile giovane e tenace, c'è persino l'immancabile storia d'amore e c'è un senso di ingiustizia di fondo che anima tutta la storia. Rispetto al romanzo prima citato, però, ho trovato Mary Barton estremamente lento, sebbene interessante, ed ho faticato a portare avanti la lettura nonostante apprezzi molto la prosa e le tematiche trattate da Elizabeth Gaskell. In definitiva, il romanzo mi è piaciuto, anche molto, ma se dovessi scegliere, preferisco Nord e Sud.


Opera recensita: "Mary Barton" di Elizabeth Gaskell
Editore: Elliot, prima ed. originale 1848
Genere: letteratura inglese
Ambientazione: Inghilterra, 1830-1840
Pagine: 378
Prezzo: 19,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


lunedì 24 febbraio 2020

RECENSIONE: FRANCESCO PLASTINA - L'ANIMA DI CARTA


Sinossi:
Il 1913 fu l'anno che cambiò per sempre il destino della piccola comunità armena della città di Van. Una famiglia pronta a sacrificare tutto pur di restare unita, un ufficiale ottomano senza scrupoli e un giovane turco trovatosi soldato controvoglia, sono i protagonisti marginali di uno dei più grandi crimini del XX secolo: il genocidio armeno.

Commento:
In ogni guerra, si sa, quale che sia il punto di vista, ci sono buoni e cattivi, occupanti e occupati, invasi ed invasori. Ma si può davvero dire che all'interno di un popolo ci siano solo buoni o solo cattivi? Questo bel romanzo storico ci dimostra che la risposta è no.
Tutti conosciamo, anche per sommi capi, la tristissima vicenda del genocidio armeno ad opera dei turchi ottomani perpetratosi nel 1915, il primo genocidio riconosciuto dalla comunità internazionale. Sappiamo poco, però, di come si arrivò a quella strage, degli anni che la precedettero e la introdussero. L'anima di carta è ambientato proprio in quegli anni, più precisamente nel 1913, a Van, una pacifica e suggestiva cittadina al confine orientale dell'Impero ottomano. Per ragioni che il romanzo cerca di sondare, il triunvirato al potere inventò una minaccia armena e millantò la necessità di difendere i confini, invadendo così di fatto città che non erano assolutamente insorte. Da un giorno all'altro, quindi, cittadine ospitali ed amene si ritrovarono militarizzate e chi, cercò di salvaguardare la propria città mantenendo rapporti accettabili coi turchi venne accusato di collaborazionismo e tradimento. In un clima di diffidenza e pressione, a Van arriva anche il giovane figlio di uno dei triunviri insieme al suo saggio precettore. I due sono animati da ottime intenzioni, tanto più che il giovane ama l'arte e non avrebbe mai voluto intraprendere la carriera militare, si trova qui però a dover fare buon viso e cattivo gioco pur di smorzare l'atteggiamento dominante e violento dei soldati e preservare la città da una violenza che gli sembra assurda e immotivata. Ben presto, quanto più strette si fanno le relazioni tra alcuni armeni e i due ottomani "buoni", tanto più forti si fanno le rimostranze da entrambe le fazioni, finché la situazione precipita drammaticamente. Non solo romanzo storico, L'anima di carta racconta il dramma interiore di chi si ritrova a vestire abiti non suoi, di chi pur non volendo, è costretto ad andare contro se stesso. La guerra, le privazioni, la violenza si contrappongono al coraggio, all'altruismo, alla vittoria dei valori sacri come l'amicizia. Un romanzo ben scritto, curato nella ricerca storica, piacevole da leggere e che trasmette messaggi positivi di rinascita, coraggio, resistenza del bene all'odio. Un'ottima lettura che non posso che consigliare.

Opera recensita: "L'anima di carta" di Francesco Plastina
Editore: Independently publisched, 2019
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Turchia-Armenia, 1913
Pagine: 238
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


domenica 23 febbraio 2020

RECENSIONE: ADOLFO BIOY CASARES - DORMIRE AL SOLE


Sinossi:
Lucho Bordenave è un orologiaio di quartiere. Conduce una vita tranquilla che viene di colpo sconvolta quando Diana, la moglie – bellissima e tirannica – inizia a comportarsi in modo strano: la sera esce e torna sempre tardi, mentre si fa più brusca e schiva durante il giorno. Seguendo i consigli di un misterioso conoscente, l’uomo permette il ricovero della moglie in una Clinica per malattie mentali. Da quel momento, la sua esistenza viene intossicata, non solo dall’assenza della donna amata: Lucho subisce infatti la prepotente intrusione della cognata, e i tortuosi ragionamenti del direttore della clinica non fanno che scoraggiarlo. Eppure, quando i medici la dimettono, Diana non sembra più lei. L’arrivo di un cane che porta il nome della moglie trascina Bordenave in un inquietante traffico di anime e corpi, di cui rischierà di essere insieme spettatore e vittima. Che lo si legga come una brillante parabola politica in chiave satirica, o come una riflessione sull’amore e l’identità personale, Dormire al sole è uno dei libri fondamentali della letteratura argentina, che unisce un’atmosfera fantastica e a tratti allucinatoria a uno scaltro umorismo.

Commento:
La quarta di copertina riassume perfettamente la trama – semplice eppure complicata – di questo libro, il preferito di Adolfo Bioy Casares. Romanzo e fantascienza, realismo magico ed elementi devianti verso l'horror si mischiano in queste pagine trovando, tuttavia, la loro perfetta collocazione e dimensione. La storia – scritta sottoforma di lunga lettera – di Lucho Bordenave, della sua debolezza e dell'amore totalizzante per la moglie Diana è perfettamente tratteggiata in questo romanzo di Bioy Casares, uniti a temi come la malattia psichica, l'accettazione di sé e degli altri nella loro piena totalità, ma anche la scienza e la psichiatria con annessi limiti sono gli argomenti affrontati in Dormire al sole in un modo tutto particolare e tutto latino di condurre la narrazione. In definitiva direi che questo romanzo – che include in sé svariate interpretazioni possibili – non mi è dispiaciuto: non è propriamente il mio modo preferito di trattare certi argomenti delicati, ma comunque consiglio il libro perché offre spunti interessanti… certo, non è un libro da leggere in gioventù, è troppo pieno di sottintesi e necessita di una certa immaginazione.


Opera recensita: "Dormire al sole" di Adolfo Bioy Casares
Editore: Sur, prima ed. originale 1972, ed. italiana 2018
Genere: narrativa Sud americana
Ambientazione: Buenos Aires, Argentina
Pagine: 254
Prezzo: 16,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7.


venerdì 21 febbraio 2020

RECENSIONE: SILVIA BOTTANI - IL GIORNO MANGIA LA NOTTE


Sinossi:
Sullo sfondo di una Milano buia e perturbante, le vite di Naima, ragazza marocchina con la passione per la kick boxe che lavora come insegnante di sostegno in una scuola elementare, Giorgio, ex pubblicitario dipendente dall'alcol e separato dalla moglie, e suo figlio Stefano, giovane avvocato rampante e militante neofascista, si intrecciano per caso, dopo un incidente, portando a galla una dura realtà segnata da contraddizioni e mescolanze.

Commento:
Quanto può essere difficile mantenere intatta l'idea che abbiamo di noi quando la vita, gli incontri, il destino, le scelte, le persone ci dimostrano che è falsa? Quant'è difficile mantenere saldo ciò in cui pensavamo di credere quando i sentimenti invadono il cuore e ci portano in direzione "ostinata e contraria"? Cosa si fa quando le differenze, fino a un attimo fa così nette ed eclatanti, di colpo si annullano ed assumono contorni sempre più sfuocati e insensati? Quant'è difficile ammettere con se stessi di essersi sbagliati? Giorgio, Stefano, Naima sperimenteranno sulla loro pelle (letteralmente) la potenza di questi interrogativi dopo che un evento drammatico eppure comune ha stabilito un punto di incontro: è sera e Fadila, la madre di Naima, ha appena lasciato un'amica e sta tornando a casa a piedi, da sola, come fa sempre. Proprio quella sera, però, qualcosa cambia nel breve tragitto che la donna compie di solito in perfetta sicurezza: Giorgio, incastrato e stritolato nel suo circolo vizioso fatto di gioco, alcool e debiti, punta la sua borsetta. Probabilmente non ha mai rubato prima, viene da una famiglia benestante, ma proprio quella sera scatta qualcosa nella sua testa. Fadila cade a terra, durante l'aggressione viene trascinata in strada ed investita da un'auto che sopraggiunge. Naima, sua figlia, sconvolta dall'accaduto, nei giorni successivi interviene di fronte ad un torto che un ragazzo ganese subisce in palestra ed affronta Stefano, figlio di Giorgio. È questo il punto di contatto, una situazione imprevista, fortuita eppure plausibile, destinata a sconvolgere certezze e far convergere destini fino ad allora troppo lontani. Perché sono proprio gli incontri casuali a cambiarci la vita e no, non c'è niente di retorico in questo.
Il giorno mangia la notte è un esordio letterario bellissimo, un romanzo che, dalle prime pagine, ci costringe a calarci in un ambiente opprimente, angoscioso, sin troppo realistico tanto da essere tangibilmente reale, ci porta a fare i conti con un'ineluttabilità soverchiante, ma soprattutto con le nostre paure, i punti deboli, le fragilità, le domande a cui non vogliamo o non sappiamo dare risposta… perché la risposta è nascosta dentro di noi, in un punto troppo buio e segreto per andarla a cercare. Silvia Bottani ci spinge, sempre, in ogni pagina, a fare i conti con quel buio, a far sì che si apra qualcosa dentro di noi, quel qualcosa che consente alla luce di entrare ed illuminare i cantucci più neri, al giorno di mangiare la notte. Dire che lo consiglio… è eufemistico.

Opera recensita: "Il giorno mangia la notte" di Silvia Bottani
Editore: Sem, 2020
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Milano
Pagine: 277
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


mercoledì 19 febbraio 2020

RECENSIONE: CAMILLA LACKBERG - LO SCALPELLINO


Sinossi:
Al largo di Fjällbacka, nella nassa di un pescatore a caccia di aragoste rimane impigliato il corpo senza vita di una bambina. Nei suoi polmoni ci sono tracce d'acqua dolce e sapone: qualcuno l'ha annegata in una vasca da bagno prima di gettarla in mare. Mentre Erica, mamma da poche settimane, è completamente assorbita da una neonata che tutto le offre fuorché le "gioie deliranti della maternità" che si aspettava, Patrik guida le indagini. Ma chi può aver voluto la morte della piccola Sara? Il paese è alla ricerca di un capro espiatorio, la gente bisbiglia, i conflitti nutriti negli anni si fanno più aspri: dentro le case dalle facciate perfette affiorano drammi famigliari che il tempo non ha saputo placare. Al terzo romanzo della sua serie pubblicata in trentadue paesi, Camilla Làckberg, con occhio attento agli esseri umani e alla loro psicologia, intreccia le colpe del passato agli effetti devastanti sul presente, tracciando il ritratto lacerante di una psiche femminile sfrenata, affascinante, e mostruosa.

Commento:
Davanti ad un obiettivo le persone si comportano sostanzialmente in due modi: ci sono quelle che si accontentano di guardarlo da lontano sognando il miraggio e compiangendosi per non poterlo raggiungere finendo per restare ferme, arenate al punto di partenza, bloccate dal loro stesso vittimismo; poi ci sono quelle che fanno letteralmente di tutto per ottenere ciò che vogliono e tendono a diventare sempre più ambiziose ed insaziabili. È questo il fulcro da cui guardare a Lo scalpellino, il terzo romanzo di Camilla Lackberg per la serie con protagonisti Erica e Patrik: c'è chi si accontenta e subisce, poi c'è chi non si accontenta ed agisce. Posso aggiungere poco altro sulla trama rispetto a quanto già contenuto nel risvolto di copertina, però posso dirvi che continuo a trovare disturbante l'eccessiva lentezza dei romanzi della Lackberg: non l'avevo notato particolarmente nel primo, La principessa di ghiaccio, mentre ne Il predicatore già avevo sottolineato questa caratteristica. Di base non ho problemi con i gialli, per natura più lenti dei thriller, a patto però che i tempi dilatati siano riempiti con qualcosa di innovativo o comunque davvero interessante… troppo spesso qui questo non succede: pagine e pagine in cui l'autrice si dilunga in descrizioni che francamente avrei ridotto. Un'altra pecca di questo romanzo, almeno in una fase iniziale, sono stati i troppi personaggi introdotti in uno spazio (di pagine) breve e frammentato. Per un po' mi sono ritrovata spaesata e mi è risultato non facile seguire la narrazione.
Tuttavia la trama è interessante, come anche le dinamiche familiari e i salti temporali dagli anni Venti agli anni Cinquanta che a piccoli passi aiutano a chiarire la dinamica della storia. Il colpevole è facilmente intuibile, tuttavia i ragionamenti e la conduzione dell'indagine in generale merita di essere seguita. Consigliato, anche se non il migliore letto finora.

Opera recensita: "Lo scalpellino" di Camilla Lackberg
Editore: Marsilio, 2011
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Fjallbacka, Svezia
Pagine: 572
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


domenica 16 febbraio 2020

RECENSIONE: CHIMAMANDA NGOZI ADICHIE - IL PERICOLO DI UN'UNICA STORIA


Sinossi:
«Quando rifiutiamo l’unica storia, quando ci rendiamo conto che non c’è mai un’unica storia per nessun luogo, riconquistiamo una sorta di paradiso». Cosí si esprime Chimamanda Ngozi Adichie in questo mirabile testo, che riprende la sua prima celebre conferenza TED del 2009. È un libro di estrema universalità e attualità. Riguarda il rischio che corriamo ogni volta che semplifichiamo, vedendo la realtà attraverso un unico punto di vista. Adichie racconta cosí come ha trovato la sua autentica voce culturale. È particolarmente interessante il sovrapporsi di due piani diversi: quello della poetica dello scrittore (la voce che lo scrittore deve trovare); e quello civile e politico: il pericolo di un’unica storia è il pericolo dell’appiattimento culturale, di una visione identitaria che cancella culture e punti di vista alternativi. «Molte storie sono importanti. Le storie sono state usate per espropriare e per diffamare. Ma le storie si possono usare anche per dare forza e umanizzare. Le storie possono spezzare la dignità di un popolo. Ma le storie possono anche riparare quella dignità spezzata».

Commento:
Un libricino brevissimo, ma folgorante perché concentra in pochissime pagine concetti molto veri. Chimamanda Ngozi Adichie ci invita, con scrittura delicata ma sicura e incisiva, a rifuggire dalle "uniche storie", a non raccontare mai solo una storia parziale su un popolo, un luogo, una persona, un avvenimento. Le uniche storie creano stereotipi che, oltre ad essere spesso falsi, sono incompleti, parziali. Le uniche storie ci fanno conoscere solo una parte della realtà, ci danno un'idea parziale e spesso falsata dell'argomento che trattano. L'autrice fa esempi molto concreti e calzanti che fanno capire molto meglio delle mie tante parole cosa si rischia affidandosi solo ad un unico racconto: ciascun luogo, persona, popolo, evento è fatto di tante storie, tutte diverse.
Ma lascio spazio al libro, qualora decidiate di leggerlo, anche perché, davvero, si legge in meno di un'ora.

Opera recensita: "Il pericolo di un'unica storia" di Chimamanda Ngozi Adichie
Editore: Einaudi, prima ed. originale 2009, prima ed. italiana 2020
Pagine: 48
Prezzo: 7:00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


RECENSIONE: LISA TADDEO - TRE DONNE


Sinossi:
Il desiderio ci emoziona e ci tormenta. Controlla i nostri pensieri ed è tutto ciò per cui viviamo. È una forza primordiale, bruciante, che sconvolge la banalità delle nostre vite quotidiane e ne cambia il corso, ma è rimasto fino a ora in larga misura un continente inesplorato. Nel corso degli ultimi otto anni, la scrittrice Lisa Taddeo ha attraversato da un capo all’altro gli Stati Uniti ben sei volte proprio per ascoltare a fondo le storie di donne comuni e del loro desiderio. Il frutto di questa appassionata ricerca, Tre donne, non è solo un indimenticabile ritratto del desiderio, ma si è imposto come uno dei libri più importanti dell’anno, capace di dar voce ai bisogni insoddisfatti, ai pensieri inespressi, alle delusioni, alle speranze e alle ossessioni inesorabili.
Lina è casalinga, madre di due figli: il suo matrimonio, dopo un decennio, ha perso la passione. Per cui si trova a trascorrere le sue giornate cucinando e facendo pulizie per un uomo che si rifiuta di baciarla sulla bocca. Affamata di affetto, Lina è quotidianamente in balia di attacchi di panico. Finché un giorno non riallaccia una relazione con un suo ex attraverso i social media.
Maggie è una studentessa di diciassette anni che affida le sue confidenze a un affascinante insegnante di inglese sposato. A quanto racconta Maggie, i loro messaggi notturni e le telefonate si trasformano in una relazione clandestina finché lui non la lascia all’improvviso. Qualche tempo dopo, Maggie viene a sapere che è stato nominato Insegnante dell’Anno e decide di rendere pubblico l’accaduto, finendo in tal modo per scontrarsi con la diffidenza degli ex compagni di scuola e della giuria del tribunale che esamina il suo caso.
Infine, incontriamo Sloane, bella e raffinata proprietaria di un ristorante di successo, felicemente sposata con un uomo a cui piace vederla fare sesso con altri. Per anni, si è chiesta dove finisce il desiderio di suo marito e inizia il suo. Finché un giorno si vede costretta a confrontarsi con le dinamiche che alimentano la loro vita di coppia.
Basato su anni di paziente raccolta di testimonianze e raccontato con sorprendente immediatezza, Tre donne è un ritratto rivoluzionario del desiderio oggi, che mette in luce la fragilità, la complessità e la disuguaglianza del desiderio femminile con una profondità e una forza senza precedenti. Queste pagine liriche e potenti, facendoci conoscere a fondo tre protagoniste indimenticabili, finiscono per illuminare il mistero essenziale ed elementare di cosa significhi essere donne nel mondo oggi.

Commento:
Come nascono i tabù, i pregiudizi, le paure? Dalla non conoscenza, dalla paura di conoscere, dalla vergogna di parlare. È così che si è radicato, per esempio, il tabù del desiderio femminile: c'è, ma non bisogna parlarne; colei che ne fa mostra, che vi cede, che non si uniforma ai canoni della ragazzina pura, dell'educanda innocente tutta sorrisi acqua e sapone, della donna morigerata, repressa e regina del focolare, va ostracizzata, condannata, disprezzata, isolata perché immorale, infetta, virulenta. E non importano le motivazioni, la fragilità, il vissuto, le sofferenze che conducono una donna a certe scelte: conta solo che non disturbi il comune senso del buongusto, del socialmente tollerato, che non intacchi gli altri con la peste che si porta addosso. E nessuno che pensi, per un attimo, che è tutto normale, naturale, fisiologico. Nessuno che pensi, per esempio, al perché dei continui attacchi di panico di Lina, che pur di portare a termine una giornata di incombenze domestiche si imbottisce di pillole contro il dolore e si tormenta la faccia; nessuno che pensi che le abitudini sessuali di Sloane sono dettate dalle voglie eccentriche di suo marito e che, pur di stare con lui, lei si tura il naso ed acconsente a cose che altrimenti non farebbe, e diventa un'altra donna, si adatta alla perfezione che le viene richiesta da sempre; nessuno che pensi mai che Maggie, la giovane Maggie, era davvero innamorata del suo professore di inglese e non ha cercato di sedurlo: nessuno che la ascolti davvero, tutti lì a pensare che è impossibile che un uomo così abbia irretito una ragazzina bruttina e problematica come Maggie…
Siamo, sempre, tutti troppo presi dai nostri parametri di giudizio per fermarci ad ascoltare le storie altrui, tutti pronti a condannare senza appello e nessuno che si sforzi di pensare come pensano loro, le accusate, le donne. Lisa Taddeo, in quest'opera che non è un romanzo bensì un reportage romanzato ma reale, racconta tre storie vere, le storie di tre delle tante donne che ha incontrato. Per farlo è stata con loro per molto tempo, le ha frequentate, ascoltate, ha parlato con conoscenti, amici, parenti, ha scartabellato nei documenti, negli atti giudiziari… Non pretende di raccontare verità, ma solo il punto di vista delle donne, quello che altri non hanno voluto ascoltare. Sostenere che il desiderio femminile esista, condizioni le scelte, contribuisca al pari di altre variabili a cambiare il percorso di vita di una donna non è un'eresia: è così, è fisiologico, fa parte dell'essere donna, di più, dell'essere persona. Parlarne in un libro, sebbene in modo romanzato, è un modo per far sì che ci si liberi dai preconcetti e si cambi modo di guardare certe scelte.
La giornalista Lisa Taddeo scrive Tre donne in modo accorato, intenso, a tratti molto molto esplicito, ma efficace. È un libro che consiglio agli uomini, anche ai puritani… ma lo consiglio soprattutto alle donne – che spesso sono le più acerrime nemiche delle altre donne, le giurate più severe - perché si sveglino, perché si liberino da retaggi retrogradi: la parità, tanto cercata, passa anche da questo, dal parlare di certi argomenti, dallo sfatare certi tabù, dal guardare ai bisogni ed alle scelte altrui con mente aperta e senza preconcetti.

Opera recensita: "Tre donne" di Lisa Taddeo
Editore: Mondadori, 2020
Genere: reportage
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 360
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

giovedì 13 febbraio 2020

RECENSIONE: PINAR SELEK - LE FORMICHE FESTANTI


Sinossi:
Sui documenti Azucena è Suzanne. Il nome che ha scelto di portare è quello che le ha dato la nonna spagnola, esule in Francia dopo la guerra civile. Azucena indossa un paio di scarpe rosse e con quelle percorre le strade di Nizza, si ferma nelle piazze ad ascoltare Gouel che suona Leonard Cohen, parla con Manu allo stand di frutta delle Paranoiche, ragiona di poesia con il Principe dei rifiuti Alex. E intanto, formica tra le formiche, resistente in un mondo dedito al profitto e minacciato dalla criminalità, scava gallerie nascoste per quando il momento di ribellarsi sarà definitivamente arrivato e bisognerà uscire allo scoperto. Ognuno dei personaggi che incontra nella Costa Azzurra patinata degli yacht e dei cani di razza ha una storia di esilio, amore, resistenza, soprusi e amicizia. Ognuno di loro lotta per creare una realtà alternativa, solidale, onirica e più equa: c'è chi sa parlare con i cani e li aiuta a vivere senza guinzagli, chi organizza i braccianti agricoli migranti sfruttati dalle grandi aziende, chi trapianta gli alberi intrappolati dal cemento e chi cerca di riconciliarsi con il proprio passato. Con Le formiche festanti Pinar Selek ci regala il manifesto di un altro mondo possibile, un mondo reale come le ingiustizie e come la forza di liberazione che ha dentro di sé chiunque decida di opporsi. Un libro per i sognatori del nuovo millennio.

Commento:
Quante volte abbiamo detto, o sentito dire, che una persona è "strana"… Cosa vuol dire, poi, strano? Strano nei confronti di chi? Strano rispetto a cosa? Rispetto, sempre, ai nostri parametri di giudizio, rispetto al nostro modo di vivere e di pensare.
Beh, In questo libro ne incontrerete tante, di persone strane secondo il sentire comune, ma per quanto inconsueta sia la loro vita, sono persone che credono in qualcosa e lottano per ciò in cui credono. E i benefici delle loro lotte servono anche a noi. Sono le Paranoiche (o paranoici), coloro che, con esistenze ammaccate, segnate, sfuggite a un destino già scritto, percorrono instancabili le strade e le piazze portando cultura, portando messaggi, salvando noi attraverso se stessi. C'è chi crea una cooperativa di prodotti biologici con una fattoria e uno stend di vendita per difendere i piccoli produttori dal ricatto di mafia e grande distribuzione; c'è chi salva i cani che non stanno bene coi loro padroni e li affida a famiglie che li amino davvero; c'è chi cerca, a modo suo, di fuggire da un passato di ipocrisia ed entra a far parte di questa rete, di tante reti, muovendosi per non restare imbrigliata a sua volta in una rete che la intrappoli. È il caso di Azucena, al secolo Susanne, la protagonista di questo romanzo: cinquant'anni, un passato da banchiera, un ricovero in un ospedale psichiatrico l'hanno portata qui, a liberarsi da ogni vincolo, a crearne di nuovi, tutti suoi. Azucena ha il magnetismo, la spregiudicatezza, la fragilità e la forza di un giglio: è tutto questo suo essere diversa, fragile e forte, amante ed amata, che la rende bella. Lei, insieme agli altri membri di questo gruppo bislacco e bellissimo, sono le formiche festanti, che non stanno mai ferme, cercano sempre nuove vie, nuovi contatti per fare rete, per trionfare nelle loro lotte pacifiche… per tutti, per noi. E proprio come questo manipolo di bellissimi spiantati, esiliati, senza patria, senza casa, anche Pinar Selek, l'autrice di questo libro, ha fatto di una proibizione una risorsa: esiliata dal governo turco, condannata ed assolta, perseguitata, straniera nel suo Paese, viaggia, vive, comunica, condivide, lotta nel mondo perché tutti abbiamo una seconda possibilità, perché a tutti sia concesso di esprimersi, di essere ciò che vogliono, di avere una casa, un posto a cui tornare, senza ricatti, senza rinnegarsi.
È per questo messaggio di forza e di coraggio che non posso non consigliare questo libro, perché tutti troviamo il coraggio di essere formiche festanti, entusiasti ed instancabili nella nostra vita, malgrado le difficoltà. E non preoccupatevi se leggendolo, all'inizio vi sembrerà incomprensibile: è normale, è bello così. Lasciate perdere la razionalità e lasciatevi portare da Pinar e da Azucena sul treno blu di questa fiaba, nella notte di questo bel sogno… che poi, qualche volta, i sogni si avverano.

Opera recensita: "Le formiche festanti" di Pinar Selek
Editore: Fandango, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Francia
Pagine: 216
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

mercoledì 12 febbraio 2020

RECENSIONE: ANDREA DONAERA - IO SONO LA BESTIA


Sinossi:
“Caldo di scirocco, tutto umido, i vestiti, la pelle, i mobili. Fine settembre, fa caldo come ad agosto, la casa piena di gente, in quella sala sono in
troppi. Mimì tocca la bara, ci trascina sopra un dito, il dito si bagna, tutto umido, pure la bara umida, la bara. Mimì la vorrebbe aprire, la bara, vedere
quel corpo che la riempie. Lui ne ha diritto, lui è suo padre, il padre del corpo che riempie la bara”
Mimì è folle di dolore: il figlio Michele, quindici anni, si è tolto la vita. Si dice che sia colpa di Nicole, la compagna di scuola, che ha rifiutato
ridendo il suo regalo, un quaderno di poesie. Mimì non è un padre come gli altri. È un boss della Sacra, e per quel gesto vuole vendetta: così prende Nicole
e la rinchiude in una casa sperduta nella campagna salentina. Il guardiano della casa, Veli, rivede in Nicole la ragazza che ama: Arianna, la figlia maggiore
di Mimì. Anche Arianna ama Veli. O forse lo amava, prima che la morte del fratello bruciasse tutto e tutti come un incendio. Tra Veli e Nicole fiorisce
un legame fatto di racconti e silenzi, ma anche di sfida e ferocia. In una narrazione a più voci, animata da una lingua che impasta prosa, poesia e musica,
Io sono la bestia racconta storie d’amore anomale, brutali, interrotte. Ma Andrea Donaera racconta soprattutto un destino di violenza scolpito nella pietra
del linguaggio, che esplode travolgendo l’innocenza di personaggi e luoghi.
Questo libro è per chi vorrebbe entrare in un libro, così da fermarsi in quelle pagine di mondo, per chi adora fare colazione con giornali, caffè e pasticciotti,
per chi ha fatto di una scopa una chitarra cantando Come as you are dei Nirvana, e per chi ricorda la prima volta che ha provato paura per qualcun altro,
la scossa profondissima che gli ha tolto le parole e squarciato il cuore.
Andrea Donaera è nato nel 1989 a Maglie ed è cresciuto a Gallipoli. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta Una Madonna che mai appare all’interno del XIV Quaderno
italiano di poesia contemporanea edito da Marcos y Marcos. Io sono la bestia è il suo primo romanzo.

Commento:
Quante volte abbiamo sentito parlare di organizzazioni mafiose, che si chiamino Cosa nostra, Camorra, Ndrangheta o Scu, ed abbiamo pensato che si potrebbero sconfiggere se solo lo si volesse davvero? Quante volte ne abbiamo parlato noi stessi credendo di conoscerle e sentendole, in realtà, lontane, avulse, straniere al nostro vivere quotidiano? Tante, troppe. Che siano troppe, che abbiamo solo parlato a vanvera, senza sapere davvero ciò che dicevamo, lo capiamo leggendo Io sono la bestia di Andrea Donaera: il perché eccovelo servito, perché Donaera ci mostra il lato umano – e per questo più barbaro, pericoloso ed ineluttabile – della Scu, quello inespiantabile, impossibile da sradicare, perché parte fisica degli individui che vi hanno a che fare, perché incastonato nella loro mente, scolpito nel loro DNA. Non sono solo parole, queste: provate, voi, a leggere la scena di apertura di questo libro, quella della veglia alla bara di Michele, il figlio di Mimì, e poi ditemi se non verrebbe anche a voi la voglia di sapere come sono andate le cose e, se non ci fossero le convenzioni sociali, anche a fare male a chi ne ha causato la morte. Ditemelo voi, in tutta coscienza, se voi in quella scena non vedete solo la rabbia e il dolore di un uomo, di un padre. La differenza, in questo caso, sta nel fatto che Mimì ce li ha i mezzi e gli uomini per fare del male, di più, lui il male sa come farlo, lo fa per lavoro da quand'era bambino, non esita a superare il limite del pensiero: lui comanda e agisce, perché lui a Gallipoli è il capo della Sacra Corona Unita. E così una ragazzina, Nicole, che non sapeva nemmeno che cosa fosse la Sacra, è costretta a fuggire da casa sua per evitare che la trovino e la uccidono. Perché? Solo perché, nella superficialità dell'adolescenza, ha rifiutato il regalo con dichiarazione di un coetaneo ridendogli in faccia. Il guaio era che quel coetaneo era Michele, il figlio quindicenne di Mimì, che quello stesso pomeriggio si è buttato giù dal balcone di casa, al settimo piano. Loro, però, la trovano Nicole… loro ti trovano sempre. E la ragazzina irriverente e sfrontata finisce rinchiusa con un carceriere d'eccezione, un'altra vittima, uno che ha fatto l'errore più grande di tutti… è Veli, un'anima gentile travestita a forza da bestia. Ma non è lui, qui, la bestia… e avremo modo di capirlo leggendo il libro. Cosa può provocare un dolore immenso in un soggetto già provato, con forti turbe psichiche e con il potere di decidere in un momento della vita o della morte altrui? Può provocare la follia.
Io sono la bestia è un libro crudo, duro, ma intriso di forza e di cuore. È una discesa all'inferno necessaria come necessario è, talvolta, il dolore. È scritto con un linguaggio peculiare perché intriso dell'anima di una terra e di una comunità, con tutti gli spigoli e le asprezze, ma anche l'amore e la musicalità che la contraddistinguono. Un libro da leggere, che consiglio senza riserve, da salentina innamorata della sua terra e di tutte le sue contraddizioni, ma anche da lettrice appassionata di storie forti, che lascino il segno.


Opera recensita: "Io sono la bestia" di Andrea Donaera
Editore: NN editore, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Gallipoli, Salento
Pagine: 240
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.


giovedì 6 febbraio 2020

RECENSIONE: NICOLA LECCA - IL TRENO DI CRISTALLO


Sinossi:
A Broadstairs, incantevole villaggio della costa inglese, Aaron lavora come apprendista nella storica gelateria Morelli e vive in simbiosi con Anja: una madre depressa e protettiva che gli tiene nascosta l’identità del padre e nulla racconta di Zagabria, la città dalla quale sono fuggiti quando lui era piccolo. Fortuna che Gennarino, il suo migliore amico, è un vulcano di allegria e colora di ottimismo il grigiore trasmesso dalla malinconia di Anja. Dal canto suo, Aaron ha imparato a essere felice con poco. Gli bastano il sapore del gelato al mandarino, le passeggiate solitarie lungo le scogliere a strapiombo sul mare e le conversazioni con Crystal, la ragazza che ama. Si sono conosciuti online e la loro relazione va avanti da più di un anno: ma è soltanto virtuale. Ogni volta che lui cerca di organizzare un incontro, lei trova mille scuse per rimandare. Eppure Aaron preferisce la sua presenza incompleta al dolore della solitudine.
Finché un evento inatteso sconvolge tutto. Dalla Croazia arriva la lettera di un notaio che annuncia ad Aaron la morte di quel padre che gli è sempre stato tenuto nascosto, e lo invita a raggiungere Zagabria per l’apertura del testamento. In treno, grazie a un biglietto di Interrail.
Sprovveduto e impreparato alla vita, Aaron affronterà con coraggio la sua piccola Odissea alla ricerca della verità. Dall’Inghilterra a Zagabria passando per Amburgo, Praga, Lubiana, Bratislava e Szentgotthárd si incontrerà finalmente col mondo: che lo metterà alla prova, fra rischi e tentazioni, offrendo in cambio incontri inattesi e immensa bellezza.
Con la sua scrittura cesellata e limpidissima, Nicola Lecca crea un’appassionante fiaba contemporanea. L’ingenuità del suo protagonista, ricco soltanto dei suoi desideri, dà vita a pagine scintillanti che ci offrono la disarmante purezza di uno sguardo nudo: capace di illuminare la complessità del mondo, evidenziando i paradossi delle relazioni online e le ipocrisie delle tante trappole tese per trarre profitto dalle nostre solitudini.

Commento:
Aaron è un diciottenne sensibile e insicuro, un ragazzo che vorrebbe di più dalla propria vita, ma ancora non sa come ottenerlo. Vive in un paesino della costa inglese, Broadstairs, lo stesso in cui è nato Dickens; lavora come gelataio nella storica gelateria Morelli, è amico di Gennarino, che lavora con lui ed è molto più pragmatico e dinamico di lui; ha una madre – Anja – che si è chiusa in se stessa e si mantiene in vita grazie agli psicofarmaci. È nei momenti trascorsi con l'amico, in gelateria, e davanti al computer a parlare con Crystal che Aaron può prendere respiro dall'ambiente opprimente della sua casa. E proprio Crystal, conosciuta online su un sito di incontri, è diventata importante per Aaron: pensa di essersene innamorato, vorrebbe incontrarla, ma lei tergiversa, le va bene parlarsi in video, ma non farsi vedere… Aaron è sull'orlo di una crisi quando riceve una lettera inattesa: viene dalla Croazia, la patria dei suoi genitori dove lui non è mai stato; la manda un notaio che gli comunica che suo padre è morto e che lui è atteso per l'apertura del testamento. Il padre gli ha anche lasciato un biglietto di Interrail per raggiungere Zagabria viaggiando per l'Europa… tutto ok, tutto bello, se non fosse che il padre di Aaron è morto d'infarto prima che lui potesse conoscerlo… o almeno questo è ciò che gli ha sempre detto sua madre. Aaron, su consiglio di Gennarino, capisce di non doverla informare del suo viaggio, perciò sfrutta le ferie dalla gelateria – che dovrebbe trascorrere con gli amici – e parte per quest'avventura. Ciò che scoprirà gli cambierà la vita, lo farà crescere in fretta e lo porterà a conoscere di più se stesso e il mondo. Da una città all'altra, disavventura contro avventura, bellezza contro sudiciume, entusiasmo contro delusione, in quell'Interrail Aaron imparerà a pensare con la sua testa, a decidere da solo per la sua vita… e soprattutto capirà che mai nulla può essere solo bello o brutto, positivo o negativo, che ad ogni vittoria corrisponde sempre una piccola o grande rinuncia. Una storia di formazione, scritta in modo chiaro, delicato e scorrevole, che consiglio sia agli adolescenti che agli adulti, perché c'è tanto da imparare per entrambe le fasce d'età.

Opera recensita: "Il treno di cristallo" di Nicola Lecca
Editore: Mondadori, 2020
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Europa
Pagine: 252
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


lunedì 3 febbraio 2020

RECENSIONE: VALéRIE PERRIN - CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI


Sinossi:
Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale.
Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime che parevano nere si rivelano luminose.

Commento:
Parlare di questo romanzo senza svelare troppo del contenuto non è per niente facile, perché Cambiare l'acqua ai fiori è un romanzo che si rivela pagina dopo pagina, strato dopo strato, come una persona sensibile che costruisce intorno a sé diverse corazze, diverse barriere che impediscano ai superficiali o ai malintenzionati di ferirla. Così è, in un certo senso, anche Violette, la protagonista di questa storia, una donna di rara forza, sensibilità, altruismo, una che non aveva niente e questo niente è stata in grado di dividerlo in mille pezzettini e di donarlo agli altri. Quando ha cercato un po' di vita, un po' di libertà, le sono state date solo spine; quando avrebbe potuto vivere serena, un dolore indicibile le ha strappato la speranza; quando l'uomo che ha sposato l'ha abbandonata definitivamente, anche fisicamente nonostante le fosse già lontano mentalmente da anni, ha potuto finalmente costruirsi il suo equilibrio, il suo mondo. Una vita attraversata dal dolore, la sua, ma improntata agli altri. Violette, la guardiana di cimiteri ex guardiana di passaggi a livello, è una donna umile, profondamente rispettosa, con un'attitudine naturale a prendersi cura, a dare la vita, a coltivarla e farla germogliare. Ha una forza di volontà e un attaccamento alla vita che le hanno impedito di non cedere allo sconforto e di risalire sempre, ma ha il difetto di credere poco a se stessa… perciò ci vuole qualcuno che le ricordi di vivere un po', davvero. Vi ho incuriosito almeno un po'? Lo spero, perché non posso dirvi molto altro… se non che Cambiare l'acqua ai fiori è un romanzo bellissimo che in effetti un po' mi ha ricordato L'eleganza del riccio (che ho amato a suo tempo), per la delicatezza e la positività che può nascere dal dolore.
Una sola cosa, ancora, posso fare: consigliarvi questa lettura, mi verrebbe di pregarvi di leggerlo così, sulla fiducia… merita, merita davvero.

Opera recensita: "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valérie Perrin
Editore: E/O, 2019
Genere: narrativa francese
Ambientazione: Francia
Pagine: 480
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.