simposio lettori copertina

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giovedì 30 aprile 2020

RECENSIONE: GIANPIERO BENEDETTO - NON TI SCORDAR DI ME


Sinossi:
Non ti scordar di me è una storia ambientata in terra lucana che, nel periodo del secondo conflitto mondiale, si presentava ancora selvaggia e inesplorata. Si narra di Giovanni, di un amore e di ricordi di guerra. Si narra di un uomo d’altri tempi, che ha saputo affrontare con purezza d’animo le asperità della vita con un atteggiamento che lo ha ripagato dei torti subiti. Un “Nonno d’Italia” da raccontare per salvaguardare la memoria.

Commento:
Quante volte, nelle calde sere d'estate, ci siamo goduti la brezza lasciandoci rapire da una di quelle vecchie storie raccontate dai nostri nonni? Racconti di gente semplice, di fatica e sacrificio, di terra che dà e terra che toglie, di guerre, rinunce, amori perduti e amori ritrovati. Magari ci siamo anche annoiati sul momento, abbiamo sbuffato per il tedio di doverli risentire ancora per la centesima volta… ma a chi non è capitato, una volta che chi ce li raccontava non c'era più, di voler tornare indietro e riascoltare ancora e ancora quegli aneddoti che a volte fanno sorridere, ma a volte straziano nel profondo? Bene, sono esattamente questi i pensieri, le nostalgie, le sensazioni che si provano leggendo questo libro. Non ti scordar di me è tante cose: è una vecchia canzone romantica con cui chi parte chiede a chi resta di serbare vivo il ricordo, affinché il sentimento non vada perduto e possa rifiorire al ritorno; è il nome di un fiore, un piccolo dono semplice, delicato e prezioso; è, però, anche un monito affinché quello che è stato, quello che alcuni hanno vissuto, non finisca nell'oblio. Prendiamo per esempio la storia di Giovanni Marchitelli che da Pisticci dovette partire in guerra, subire l'internamento in un campo in Germania, le privazioni, la paura di non tornare, lo strazio del cuore lontano dalla famiglia e dall'amata… come si può non ricordare questa storia che è unica eppure uguale a quella di tanti altri italiani che, dalla loro terra, dalla loro casa, partirono senza sapere che sarebbe stato di loro o dei loro cari? Ricordare è un dovere, per la memoria storica, culturale, familiare e affettiva che identifica chi siamo e che posto abbiamo nel mondo. Un racconto semplice, immediato, quello scritto da Gianpiero Benedetto. Un racconto carico di storia e umanità in cui ritrovare esperienze e vicende di un vivere e un sentire comuni, per riscoprirsi, una volta di più, appartenenti a una comunità-Paese fatta di sudore, sacrificio, coraggio e amore.


Opera recensita: "Non ti scordar di me" di Gianpiero Benedetto
Editore: Eretica, 2020
Genere: narrativa italiana, romanzo storico, autobiografico
Ambientazione: Basilicata (prevalentemente)
Pagine: 118
Prezzo: 13,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


mercoledì 29 aprile 2020

RECENSIONE: DIMA WANNOUS - QUELLI CHE HANNO PAURA


Sinossi:
Damasco. Suleyma e Nessim si incontrano nella sala d’aspetto dello psicologo Camille, e si innamorano. Quando nel 2011 le loro strade si dividono, Suleyma rimane a Damasco con la madre, in attesa di avere notizie del fratello, Fu’ad, fatto sparire dal regime. Nessim, medico e scrittore, emigra, insieme al padre paralizzato e demente, in Germania: madre e sorella sono morte sotto i bombardamenti di Homs. Separati dalla polvere della violenza e dal rumore del mondo, Suleyma e Nessim continuano a sentirsi, legati dal proverbiale filo di un telefono. Suleyma riceve le bozze del nuovo romanzo di Nessim e un dato è assolutamente trasparente: la sua protagonista le somiglia in maniera impressionante – ha trent’anni, è stata o forse è ancora paziente di Camille e, soprattutto, è dominata da una forma di paura strisciante, che la induce a trasferirsi a Beirut. Suleyma, che ha le chiavi dell’appartamento di Nessim, fa alcune sconcertanti scoperte. Prima trova il necrologio che il compagno aveva scritto per lei e altri suoi cari, anche se erano ancora tutti vivi; poi trova le fotografie di altre donne. Come può continuare ad amare Nessim? Non lo ha forse solo idealizzato? Suleyma va più in là e riesce a identificare, complice la segretaria di Camille, la possibile protagonista del manoscritto: si chiama Salma e vive a Beirut. Decide di andare a trovarla quasi fosse un incontro con se stessa: e infatti, all’appuntamento, ritrova in lei la sua stessa ansia, la sua stessa paura. A quel punto potrebbe fuggire, e invece decide di tornare a Damasco dalla madre. Si riconsegna, così, consapevolmente, alla paura che è anche la paura di tutta la sua generazione e, di fatto, le appartiene e la tiene viva.

Commento:
Questo libro affronta, fondamentalmente, due temi: la guerra e la paura e le rispettive incidenze nella vita delle persone, nei comportamenti, nelle relazioni umane; affronta, poi, il caso specifico in cui paura e guerra si intreccino, si incontrino, si compenetrino nell'animo della stessa persona. Inutile dire che il cockteil che ne viene fuori ha effetti devastanti. È il caso di due persone, un uomo e una donna, che si incontrano per caso nello studio di uno psicologo, si frequentano, cominciano una relazione duratura. Passo dopo passo, però, pezzo dopo pezzo, lei scopre alcune cose che non tornano su di lui, incongruenze, stranezze, sempre di più, sempre di più, finché giunge alla conclusione di amare un uomo che in realtà ha idealizzato, un uomo che non conosce, che forse non esiste. Il tutto è raccontato, in un mix confuso e inorganico, insieme a racconti d'infanzia, rapporti familiari, piccoli e grandi scossoni che hanno portato la protagonista nello stato psichico in cui è ora. Scrivo "in un mix confuso e inorganico" perché in realtà si capisce che il racconto vorrebbe seguire un piano parallelo, una narrazione a suo modo lineare e organizzata, ma purtroppo – a mio parere – non ci riesce. Il tutto, così finisce per confondersi e confondere. È proprio questa confusione continua e prolungata che non mi ha fatto apprezzare questo libro: ho letto svariati libri con argomento la paura o la psicosi e svariati altri a tema Guerra… pochi, però, mi avevano lasciata così spaesata e insoddisfatta. Purtroppo non mi sento di consigliare questo libro, non mi è piaciuto e non mi ha lasciato nulla… penso che, se l'idea di fondo avrebbe anche potuto essere apprezzabile, la realizzazione non lo è, almeno secondo me, e lo stile non regge la storia. Spiacente, ma per me è un no.

Opera recensita: "Quelli che hanno paura" di Dima Wannous
Editore: Baldini & Castoldi, 2018
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Siria-Libano
Pagine: 221
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: no
Voto personale: 5,5.


lunedì 27 aprile 2020

RECENSIONE: IGNAZIO SILONE - FONTAMARA


Sinossi:
Nei primi anni della dittatura fascista a Fontamara, "un antico e oscuro luogo di contadini poveri nella Marsica", i "cafoni" subiscono soprusi e ingiustizie così antichi da sembrare naturali come la neve e il vento. Berardo Viola, che porta una scintilla di ribellione, subirà le torture della milizia fascista e sarà ucciso, ma assurgerà a emblema di un nuovo, seppure ancora impreciso e velleitario, livello di dignità. Opera intessuta di una precisa verità storica, Fontamara fonde la ballata popolare, la parabola evangelica e la satira politica in una partitura corale che si fa violenta denuncia di ogni ingiustizia.

Commento:
Nella Marsica, poco distante dalla piana del Fucino, c'è un paesino di montanari e contadini, Fontamara, abitato da gente abituata a lavorare e soffrire, soffrire e lavorare. È qui che è ambientata questa storia, nei primi anni Venti, con gli echi della guerra ancora nelle orecchie e per in bocca solo il fiele di continue umiliazioni. Tasse, sfruttamento, ruberie, per gli abitanti di Fontamara sono all'ordine del giorno fino a quando, una sera di giugno, la luce elettrica viene tagliata. Quella stessa sera un uomo venuto dalla città si presenta con in mano fogli bianchi chiedendo ai fontamaresi di firmare non si sa bene cosa. La mattina dopo, andando nei campi, i contadini scorgono con incredulità e sgomento alcuni cantonieri intenti a deviare il corso del ruscello che irriga i campi di Fontamara e porta l'acqua in paese. Bene, è questa la classica goccia che fa traboccare il vaso: la misura è colma e il paesino non ci sta più a subire. A nulla valgono i tentativi di rabbonimento di esimi notabili del posto, man mano che le angherie si accumulano, sempre meno persone sono disposte a tacere. Quando poi i fascisti irrompono in paese beh, non c'è più ritorno.
Fontamara è un romanzo struggente e bellissimo che racconta un'Italia rurale, vera e tenace, fatta di dignità, lavoro e lotta, fatta di personaggi vili come il curato, opportunisti come Don Circostanza, scaltri e arraffoni come l'Impresario, di gente che si ribella e lotta dando il tutto per tutto, come Berardo Viola… ma anche di persone miti, umili, abituate ai bocconi amari della vita, come la famiglia che racconta questa storia. Un romanzo da leggere e metabolizzare pagina dopo pagina, una lettura importante che parla del nostro passato.

Opera recensita: "Fontamara" di Ignazio Silone
Editore: Mondadori, prima ed. originale 1933
Genere: letteratura italiana
Ambientazione: Abruzzo
Pagine: 166
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


domenica 26 aprile 2020

RECENSIONE: CAMILLA LACKBERG - IL BAMBINO SEGRETO


Sinossi:
L'estate sta per finire a Fjällbacka, la cittadina sulla costa occidentale della Svezia lentamente si svuota della folla di turisti, e per Erica è arrivato il momento di affrontare una scoperta inquietante: nella soffitta di casa, in un baule dove la madre Elsy conservava i suoi oggetti più cari, ha trovato alcuni diari e una medaglia dell'epoca nazista avvolta in una camicina da neonato macchiata di sangue. Pur spaventata dal rischio di rivelazioni che forse sarebbe meglio continuare a ignorare, decide finalmente di interpellare uno storico esperto della seconda guerra mondiale, da cui ottiene però solo risposte molto vaghe. Due giorni dopo, il vecchio professore viene assassinato. Mentre Patrik cerca maldestramente di conciliare il suo congedo di paternità con il desiderio di partecipare alle indagini, Erica s'immerge nelle pagine del diario di Elsy e nel drammatico passato di cui raccontano, cercando di capire chi è ancora disposto a tutto pur di mantenere il segreto su eventi tanto lontani.

Commento:
Qualcosa si muove in questa serie interessante, ma i cui libri finora sembravano uguali a se stessi. Finalmente c'è qualche apprezzabile novità: in primis la scena alla stazione di polizia non è monopolizzata dallo stacanovista Patrik, relegato ad un ruolo di secondo piano perché in congedo parentale; Erica si riappropria della scena familiare, lavorativa e rimette finalmente in moto le sue abilità da detective, tanto più che il caso di cui si occupa la polizia ha attinenza diretta con scoperte sconcertanti che va facendo sulla vita e sulla giovinezza di sua madre. Alla stazione, poi, conosciamo Paula, una intelligente poliziotta che introduce, oltre ad un elemento di novità che riequilibra i rapporti nel gruppo, occasioni per trattare argomenti importanti come l'omosessualità, la maternità di due donne e l'immigrazione. Grazie a lei – anche se indirettamente – anche l'immagine del commissario Melberg viene riabilitata. Grande importanza ha, in questo libro, il tema del nazismo, della seconda guerra mondiale, delle organizzazioni neonaziste in Svezia e del fatto che attecchiscono sui giovani in modo preoccupante. Un mix interessante, insomma, che fornisce più di un motivo per proseguire nella lettura della serie e dà nuova linfa a qualcosa che rischiava di attorcigliarsi su se stesso.

Opera recensita: "Il bambino segreto" di Camilla Lackberg
Editore: Marsilio, 2013
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Svezia
Pagine: 526
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


sabato 25 aprile 2020

RECENSIONE: MARIOLINA VENEZIA - MILLE ANNI CHE STO QUI


Sinossi:
Grottole, nei pressi di Matera: in un Sud poco esplorato, le vicende straordinarie e quotidiane dei Falcone, una famiglia cui il destino dona tutto e non risparmia niente, dalla guerra all’emigrazione, dalla ricchezza alla fame, passando per scandali pubblici e furori individuali. Dal capostipite don Francesco, con i suoi barili d’oro sepolti e non piú ritrovati, all’ultima discendente, Gioia, che piú di un secolo dopo raccoglie i ricordi di famiglia. Il ritratto di un mondo terrestre, duro e magnifico. Una costellazione di personaggi colti nei momenti salienti della loro esistenza. Il loro scendere o meno a patti con la vita. L’immaginazione usata per accettare la realtà. E poi la fine di un mondo. Padri e figli, ma soprattutto madri e figlie, aspettative e tradimenti. Amori, ideali politici, lotte, delusioni. La vitalità di un popolo e una voglia di vivere conquistata infine sfidando anche l’amore romantico e le sue trappole. Vincitore del Premio Campiello 2007, Mille anni che sto qui è stato tradotto in venti paesi.

Commento:
Mille anni che sto qui è tante cose: è una saga familiare perché racconta la vita, le vicende, l'evoluzione e il destino della famiglia Falcone dal 1861 al 1989; è un romanzo storico perché ripercorre l'intera storia europea dall'Unità d'Italia alla caduta del Muro di Berlino; è perfino un po' guida geografica del territorio lucano con i tantissimi dettagli sulla cucina, la flora, il paesaggio, il carattere degli abitanti e le loro abitudini, superstizioni, pensieri e strategie di sopravvivenza… è tutto questo, ma è su tutto una storia italiana. Gli stravolgimenti, le disgrazie, le gioie e i patimenti dei Falcone sono quelli di tante famiglie italiane in quei decenni, tra le privazioni, i figli partiti al fronte, i matrimoni che erano terni al lotto, l'arte imperitura di arrangiarsi e di sopravvivere a tutto. È una storia di uomini, ma soprattutto di donne industriose, generose, scaltre, piene di ardimento. È la storia di Concetta, Albina, Candida, Alba, Mara, Lucrezia, Clelia, Gioia e di tante altre. È la storia di una terra, la Basilicata, dura e bellissima come la tempra dei suoi abitanti. E probabilmente una storia come questa non sarebbe stata la stessa se a raccontarla non fosse stata una donna lucana con la forza narrativa di Mariolina Venezia, con il suo stile diretto, ruvido, a volte graffiante e a volte vibrante che ha modellato personaggi, luoghi, storie come materia viva per noi. Un romanzo che mi è piaciuto molto e che non posso non consigliare, una di quelle storie italiane preziose che ci permettono di conoscere il nostro Paese, le nostre radici e noi stessi, di sapere da dove veniamo, quali vite ci portiamo dentro e quale eredità lasciamo a chi seguirà.

Opera recensita: "Mille anni che sto qui" di Mariolina Venezia
Editore: Einaudi, 2007
Genere: narrativa italiana, romanzo storico, saga familiare
Ambientazione: Basilicata (prevalentemente)
Pagine: 264
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5
Colonna sonora sperimentata: Eugenio Bennato.


mercoledì 22 aprile 2020

RECENSIONE: TOSHIKAZU KAWAGUCHI - FINCHè IL CAFFè è CALDO


Sinossi:
In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutti scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo. Finché il caffè è caldo è diventato un caso editoriale in Giappone, dove ha venduto oltre un milione di copie. Poi ha conquistato tutto il mondo e le classifiche europee a pochi giorni dall’uscita. Un romanzo pieno di fascino e mistero sulle occasioni perdute e sull’importanza di quelle ancora da vivere.

Commento:
Quante volte ci siamo detti "Ah, se potessi tornare indietro…", "Come sarebbero andate le cose se quel giorno avessi detto… fatto… non detto… non fatto…", o anche "Quanto vorrei vedere nel futuro…!". Beh, c'è un posto, a Tokyo, in cui si può viaggiare nel tempo: è una caffetteria molto speciale, esiste da più di cent'anni, non è appariscente, è piccola e non esattamente accogliente… ma in questo posto si può viaggiare nel tempo. Tuttavia ci sono delle regole da rispettare, molte regole, volte proprio ad evitare che l'aspirante viaggiatore prenda la cosa a cuor leggero: viaggiare nel tempo è una cosa molto seria, lo si può fare una volta sola, in un senso solo, e qualunque cosa si faccia nel viaggio, il presente non cambierà. Ultimo, indispensabile accorgimento, bisognerà restare fuori dal presente solo finché il caffè è ancora caldo.
Un romanzo, questo, in bilico tra sogno e realtà, tra plausibile e irreale; una storia inverosimile che, nelle mani sapienti di un autore giapponese abituato per cultura a non fermarsi davanti all'irrazionale, diventa possibile, credibile persino. Un racconto dolceamaro che evidenzia quanto sia importante, a prescindere da come sia stato il nostro passato, puntare tutto sul presente, scegliere, vivere con oculatezza, al massimo delle proprie possibilità. Il passato non cambia, il presente forse sì e di sicuro può influenzare il futuro… quello sì, dipende da noi. Una lettura piacevole che ci porta in un mondo ovattato in cui tutto diventa un po' più possibile. Consigliato.

Opera recensita: "Finché il caffè è caldo" di Toshikazu Kawaguchi
Editore: Garzanti, 2020
Genere: narrativa giapponese
Ambientazione: Giappone
Pagine: 192
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8
Colonna sonora sperimentata: Lisa Hono.

lunedì 20 aprile 2020

RECENSIONE: VIRGINIA WOOLF - LA CROCIERA


Sinossi:
Opera che racchiude le grandi prove narrative a venire, La crociera è stata definita la «storia di un rito di passaggio», un romanzo di formazione al femminile in cui la protagonista s’inoltra in un viaggio – la crociera del titolo, appunto – che è al tempo stesso scoperta della propria identità di donna e d’artista e confronto con il mondo. Primo vero romanzo dell’autrice inglese, scritto e riscritto più volte e accompagnato, nella revisione finale, da un drammatico tentativo di suicidio, anticipa già molti dei motivi che si ritroveranno nella narrativa della maturità: il tema dell’artista e del suo rapporto col mondo, lo scarto tipicamente modernista tra il piano dell’esperienza esterna e quello dell’avventura interiore, l’ironia nei confronti delle convenzioni sociali. Sul piano formale, con La crociera ha inizio la ricerca intrapresa dalla Woolf per colmare il vuoto lasciato da convenzioni narrative ormai incapaci di esprimere una nuova visione del mondo, e vengono proposte nuove forme d’espressione più idonee a rappresentare la coscienza inquieta del soggetto moderno.

Commento:
Un'assortita, ma pure esigua, compagnia di personaggi si ritrova a bordo di una nave mercantile in viaggio da Londra al Sud America: si tratta dei coniugi Helen e Ridley Ambrose, di una cameriera, della giovane Rachel – figlia dell'armatore della nave -, dello stesso armatore e di un uomo saccente e scontroso chiamato William Pepper. Gli Ambrose e la famiglia dell'armatore si conoscono già, intercorrono tra loro rapporti di parentela ed amicizia, per questo non deve stupire il fatto che Helen Ambrose decida di prendere con sé la giovane e inesperta Rachel così da educarla e prepararla al mondo mentre il padre proseguirà il viaggio. Una serie di altri personaggi compariranno e, sia fugacemente, sia in modo stabile, si uniranno al viaggio e al soggiorno sull'isola di Santa Marina, in un'atmosfera mista tra giovialità, noia, intraprendenza, nuove conoscenze e nuovi sentimenti che sbocciano. Ma il torpore della vacanza nelle assolate terre d'America è destinato ad essere interrotto da un fulmine a ciel sereno, da un temporale estivo, freddo e violento che, dopo il suo passaggio, lascerà la terra uguale a se stessa eppure profondamente mutata.
La crociera è un'opera che per i suoi tre quarti risulta "normale", comune, ben scritta, piacevole, ma tutto sommato prevedibile; nell'ultimo quarto, invece, Virginia Woolf sorprende e getta una luce completamente diversa a quanto si è raccontato dando nuovo valore all'intero romanzo. Tanti i temi trattati, sebbene in modo fugace e nebuloso; uno, invece, il messaggio soverchiante e centralissimo della storia: che senso ha fare piani, progetti, brigare e arrampicarsi per acquisire una migliore posizione sociale, una vita migliore, se basta un niente per spazzare via tutto, inesorabilmente? Cos'è l'uomo di fronte al dolore e all'ineluttabilità della vita e della morte? Quanto mai potrà, egli, essere preparato ad affrontare il destino che gli viene incontro? Un libro da leggere, foss'anche solo per la struttura e la maestria con cui è condotta la storia.


Opera recensita: "La crociera" di Virginia Woolf
Editore: vari, prima ed. originale 1915
Genere: letteratura inglese
Ambientazione: Inghilterra, Sud America
Pagine: 374 (ed. Bur 1974)
Consigliato: sì
Voto personale: 8
Colonna sonora sperimentata: Chet Baker.

mercoledì 15 aprile 2020

RECENSIONE: ERICA MOU - NEL MARE C'è LA SETE


Sinossi:
Maria e Nicola sono una coppia rodata, lui pilota di aerei, cuoco e genero perfetto (per quanto esprima la sua ansia in dolori notturni che gli stringono il corpo), lei un po’ meno perfetta, una di quelle donne che in borsa non trovano mai nulla e che, soprattutto, molti anni prima ha ucciso Estate, sua sorella. La famiglia di origine si è strutturata intorno a questo lutto, il padre ha smesso di andare in ufficio, la madre si è sforzata di avere rapporti con lei, la figlia rimasta. Dopo aver passato anni a vivacchiare senza uno scopo, dopo il classico periodo a Londra, Maria ha messo su un eccentrico negozio: i clienti vanno da lei perché pensi e compri per loro regali importanti per persone che lo sono altrettanto. Il suo lavoro consiste nel confezionare l’amore e l’affetto con un bel fiocco, per chi non ha il tempo di farlo. La vita di Maria però, sempre in bilico, un giorno si incrina definitivamente: in ventiquattro ore, il tempo di quattro pasti, ha un negozio che non vuole, un compagno che non riesce a lasciare, e una scoperta che la porterà a riconsiderare tutto ciò che la circonda. In un romanzo che lega un tono leggero a una sconcertante franchezza, Erica Mou demolisce la retorica zuccherosa delle relazioni d’amore e racconta come dietro ogni coppia perfetta possa nascondersi un doppio fondo inaspettato.

Commento:
Per quanto si tergiversi, per quanto lo si ritardi, arriva sempre… arriva per tutti, il giorno prima della Decisione, di quella scelta che imprimerà una nuova, definitiva direzione alla nostra vita. È lo squarcio del velo di nebbia, è l'esplosione della bolla protettiva, di apparente impenetrabilità, dentro cui ci siamo trincerati per sopravvivere. È il giorno che precede, segna il passo e propizia la scossa tellurica che in superficie appare leggera, impercettibile, ma che dentro stravolge, sconvolge, fa sì che i fondali marini diventino montagne.
Maria, la giovane donna protagonista di queste pagine, ci conduce attraverso lo squarcio, ce ne mostra i detriti, si sofferma sulle cause originarie andando indietro, indietro, indietro, ma fissa anche lo sguardo su quelle cose che sono lì in bilico e che, alla prima avvisaglia di assestamento della terra, potrebbero infrangersi al suolo senza poi troppo fragore. Così, attraverso gli occhi disillusi e saturi di Maria guardiamo la cortesia artefatta e troppo perfetta del compagno Nicola, la superficie scivolosa delle conversazioni con sua madre Anna, il vuoto cosmico del padre, Giuseppe, che si è ritirato in se stesso, preda della sua trincea di dolore. Dolore il cui peso, il cui blocco di marmo, si è posato inesorabilmente sullo stomaco di una Maria piccola, una bimba di tanti anni fa, quando sua sorella Estate moriva. L'assassinio di questa bambina è uno spettro ingombrante, è una sacca d'aria compressa destinata ad espandersi, che ci accompagna per tutto lo scorrere delle pagine così come ha accompagnato l'intera vita di Maria, fino ad oggi, fino al momento in cui guarda il calendario del telefono e legge:"17:00: dottore", fino al momento in cui finalmente Maria dovrà fare i conti con questo dolore. Prima di andare a quell'appuntamento, Maria avrà il tempo di fare i conti con molte altre cose, l'amore, l'amicizia, gli affetti, il suo negozio di amore confezionato per pigri e insicuri, la stabilità, le aspettative degli altri… A noi non resta che nuotare accanto a Maria in ciò che resta di questa bolla liquida che attutisce i suoni, gli odori, i contatti , seguire le sue parole apparentemente lievi come onde che sembrano lambine la roccia e in realtà la corrodono passaggio dopo passaggio… non possiamo far altro che riflettere sulla sua, ma anche sulla nostra vita, modellata, levigata, corrosa giorno dopo giorno dai compromessi e dalle rinunce cui cediamo spazio per continuare, in qualche modo, a sopravvivere.

Opera recensita: "Nel mare c'è la sete" di Erica Mou
Editore: Fandango, 2020
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Bari
Pagine: 221
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8
Colonna sonora: Sibylle Baier.


lunedì 13 aprile 2020

RECENSIONE: STEPHEN KING - THE MIST-LA NEBBIA


Sinossi:
La piccola cittadina di Bridgton, Maine, viene improvvisamente avvolta da una fitta nebbia. Iniziano così ad accadere cose strane: creature bizzarre e pericolose si aggirano non viste per le strade, facendo scomparire alcuni degli abitanti. Il supermercato, che inizialmente appare come l'unico luogo di salvezza, si rivela una pericolosa prigione. Le persone che hanno cercato riparo lì, infatti, non sono minacciate soltanto dai mostri nascosti nella nebbia, ma anche dalla follia che il terrore claustrofobico fa nascere tra i rifugiati.
Un racconto tratto da Scheletri

Commento:
Ecco, la quarta di copertina dà già un'idea sommaria ma plausibile della vicenda: in questo racconto di Stephen King, tratto dalla raccolta Scheletri ma acquistabile anche autonomamente, una cittadina del Maine viene colpita da un violento temporale che, con più scariche, devasta mezze città, fa saltare i collegamenti elettrici e provoca, di fatto, non pochi disagi alla popolazione. Se non che quei disagi stanno per essere decuplicati, anzi, semmai qualcuno potrà analizzare gli effetti dell'arco di tre giorni in cui è ambientato il racconto, i disagi portati dal temporale faranno parte delle concause. Il problema reale sarà lo strato di nebbia, opaco e lattiginoso, che sopraggiunge dopo la tempesta: una nebbia strana, da cui spuntano esseri multiformi e non ben identificabili che sembrano catturare chi finisca impigliato nel vortice. David, suo figlio Billy e tante altre persone, trovano rifugio nel supermercato della città: David e Billy erano solo usciti un attimo a fare scorta di spesa, lasciando Steph, rispettivamente moglie e madre, nella casa sul lago. Avrebbero dovuto impiegare pochi minuti, ma non sarà così perché la nebbia raggiunge il supermercato e la situazione precipita. Nessuno può uscire, tutti o quasi hanno famiglia a casa… il pandemonio è assicurato e non mancano neppure gli esagitati! Una storia che, com'è solito di King, ci cala nella vita quotidiana dei protagonisti e ci costringe a guardare l'imprevedibile e ciò che ci fa paura direttamente negli occhi. Perché ci sono fatti ai quali, sebbene inspiegabili, si può cercare di dare una soluzione; non c'è, invece, soluzione alcuna contro l'ignoranza e la malevolenza della gente. Consigliato? Non uno dei migliori di King, ma sì, è un bel racconto.


Opera recensita: "The mist" di Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer, ed. originale 1985, ed. attuale 2018
Genere: racconto, fantascienza
Ambientazione: Maine, Stati Uniti
Pagine: 196
Prezzo: 10,00 €
Consigliato: sì
Voto 8
Colonna sonora sperimentata: Air.


domenica 12 aprile 2020

RECENSIONE: JEANINE CUMMINS - IL SALE DELLA TERRA


Sinossi:
Dici Acapulco e pensi a spiagge di sabbia finissima, mare cristallino e palme accarezzate dalla brezza. Ma oggi la perla del Pacifico è molto diversa dall'immagine da cartolina usata per attirare i turisti. Il narcotraffico si è insinuato in città e gli omicidi sono all'ordine del giorno. Ad Acapulco vive Lydia, che si divide tra il lavoro in libreria e la famiglia costruita con il marito Sebastián, giornalista, e il figlioletto Luca, otto anni e un'intelligenza fuori dal comune. Quello che Lydia non si aspetta è che la sua esistenza venga sconvolta da un giorno all'altro, quando un commando di uomini armati irrompe alla festa di compleanno della nipote e stermina tutti i suoi cari. Nascosti in bagno, solo Lydia e Luca si salvano dalla carneficina, e per loro inizia una fuga estenuante. Rimanere in Messico equivale a morte certa, ma per non farsi rintracciare dal boss che ha ordinato il massacro bisogna evitare le strade più battute e i normali mezzi di trasporto. Così, a madre e figlio non resta altro da fare che prendere la via dei migranti: le centinaia di famiglie che ogni giorno fuggono dai paesi dell'America centrale, devastati dalle bande criminali, e attraversano il Messico nella speranza di raggiungere il confine con gli Stati Uniti. Questo significa anche salire sulla Bestia, il treno merci su cui i migranti si arrampicano al volo rischiando di finire stritolati. Mentre tentano di saltare a bordo, Lydia e Luca incontrano due sorelle, Soledad e Rebeca, scappate dall'Honduras, e i quattro iniziano a viaggiare insieme. Affronteranno la difficile traversata del deserto, conosceranno altri migranti, disposti ad aiutarli o pronti ad approfittarsi di loro, e cercheranno di conservare la propria umanità in un'esperienza che di umano ha ben poco. Ma è davvero possibile raggiungere il confine? I sicari li troveranno? E cosa ha scatenato la furia del boss che li vuole morti?

Commento:
Ho letto molte storie aventi come tema l'immigrazione, qualcuna anche sul tema appassionante dei cartelli della droga in Messico, due tematiche che mi appassionano particolarmente. Perciò non so se sia per questo motivo che ho trovato bellissimo questo romanzo, o perché davvero è ben scritto, ben congegnato, emozionante, straziante. Sta di fatto che a me è piaciuto molto e non riuscivo a staccarmi dalle oltre quattrocento pagine densissime di avvenimenti, dettagli, emozioni, storie.
Tutto comincia ad Acapulco, il giorno della festa  del quindicesimo compleanno di Jennifer, la nipote di Lydia, la protagonista. Tutta la famiglia è riunita in giardino quando tre sicari irrompono sparando a tutto ciò che trovano e poi si fermano ad orinare e banchettare col pollo allo spiedo preparato per i commensali che tanto non lo mangeranno mai. Lydia e suo figlio di otto anni, Luca, al momento della sparatoria si trovavano in bagno ed è stato solo questo, insieme al loro sangue freddo, a salvarli. Risultato della sparatoria: sedici persone morte, una famiglia sterminata e una condanna a morte per chi è rimasto: non è possibile, per Lydia e Luca, restare in Messico. Devono fuggire, far perdere le tracce, cercare di raggiungere gli Stati Uniti. Facile a dirsi, ma per una donna di cultura, non ricca ma comunque benestante, e un bambino di otto anni non è facile trasformarsi in migranti ed intraprendere un viaggio rischiosissimo, al limite della follia. Ma facciamo un passo indietro: cos'ha generato questa sparatoria, questa vendetta, questa mattanza? Sebastiàn, il marito di Lydia, è – o meglio, era – un giornalista specializzato in narcotraffico, un profondo conoscitore delle dinamiche dei cartelli, e si era occupato spesso ed approfonditamente del nuovo cartello dominante ad Acapulco, quello dei Jardineros, capeggiati da Javier Crespo Fuentes, un narco diverso dagli altri, uno illuminato, un gentleman. Il problema è che anche Lydia lo conosceva, Javier, ma conosceva una faccia diversa dello stesso uomo. Sta di fatto che, gentleman o no, Sebastiàn è stato l'ennesimo giornalista ucciso in Messico per mano dei cartelli, e con lui l'intera famiglia… per mano di un caro amico proprio di Lydia. E allora bisogna fuggire, bisogna salvarsi ad ogni costo, non pensare più a nient'altro che a sopravvivere senza farsi trovare, senza potersi fidare di nessuno, scegliendo sempre per quale morte rischiare. Sì, perché i cartelli non sono certo l'unico pericolo di quel viaggio disperato che porterà Lydia, Luca e tanti come loro dal Messico e dagli altri Paesi dell'America centrale fino al confine degli Stati Uniti: c'è la Polizia, c'è la Migra, ci sono i sicari, gli altri migranti – perché essere insieme nella sventura non significa per forza essere buoni d'animo – e poi c'è la Bestia. Non si può arrivare in treno al Nord, il trasporto passeggeri non c'è e non si possono usare mezzi rintracciabili, quindi a molti migrantes non resta che rischiare il tutto per tutto sui treni merci, salendo mentre sono in corsa, rischiando di essere risucchiati sotto le ruote, di cadere giù, di essere rapiti, sequestrati……. Un orrore indicibile. E per chi supera tutto questo, c'è da affrontare il deserto nelle mani di un portatore… sarà onesto? Nelle mani di chi ci si sta affidando?
Il sale della terra racconta tutto questo e molto altro: racconta le storie di uomini e donne che quest'odissea l'hanno affrontata davvero. Lo fa con personaggi di fantasia, è vero, ma il tutto è estremamente realistico, dettagliato, al punto da sembrare davvero reale… sì, perché solo i personaggi sono inventati, il resto, credetemi, esiste davvero. Pensateci, mentre lo leggerete. Perché dovreste proprio farlo.


Opera recensita: "Il sale della terra" di Jeanine Cummins
Editore: Feltrinelli, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Messico
Pagine: 416
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5
Colonna sonora sperimentata: Manu Chao.


venerdì 10 aprile 2020

RECENSIONE: GOLIARDA SAPIENZA - IL FILO DI MEZZOGIORNO


Sinossi:
Torna in libreria, in una nuova edizione curata da Angelo Pellegrino, il secondo romanzo di Goliarda Sapienza, rivelatasi due anni prima con Lettera aperta.
Pubblicato per la prima volta nel 1969, Il filo di mezzogiorno precorre con straordinaria attitudine al futuro alcuni tratti dell’autofiction e del memoir, raccontando l’esperienza psicoanalitica vissuta dall’autrice dell’Arte della gioia dopo il periodo di depressione, sfociato in un tentativo di suicidio. Attraverso le parole che la protagonista rivolge al suo medico – con cui instaurerà un rapporto intimo e appassionato –, ricostruiamo tutto il suo percorso: la partenza da casa, le pensioni di terza categoria, i corsi d’arte drammatica, la persecuzione fascista, la “follia” della madre, la difficoltà nei rapporti con l’altro sesso, l’amore devastante per Citto (“non facemmo la sciocchezza di sposarci ma il giuramento di restare insieme fino a quando l’amore ci avrebbe tenuti uniti”). Emerge da queste pagine una consapevolezza che è al tempo stesso personale e universale, una riflessione acuta e sensibile sulla condizione femminile, priva di ogni pregiudizio morale: la scoperta delle fragilità e delle paure, dell’amore, della vita.

Commento:
Il filo di mezzogiorno è, a volerlo etichettare, un romanzo autobiografico: racconta, infatti, la vita dell'autrice non in forma canonica, non segue una linea cronologica precisa, ma in forma romanzata, basandosi sul lungo percorso di analisi a cui la stessa Goliarda Sapienza fu sottoposta. Ma Il filo di mezzogiorno è, decisamente, ben più di questo: è parte di un tutto, giacché è parte di una serie di scritti che andranno a costituire il lascito autobiografico dell'autrice; è un affresco insolito, originale e per certi versi rivoluzionario sulla condizione femminile nell'Italia (soprattutto meridionale) dagli anni Trenta alla fine dei Sessanta; è una sottile, ma tagliente critica alla "fredda e selvaggia analisi", ossia quel modo così retorico, supponente, inconsulto di psicanalizzare la gente che l'autrice descrive benissimo per conoscenza diretta; è uno j'accuse nei confronti di molte persone, incluso l'analista, la madre troppo rigida e distaccata, i perbenisti, quelli che "non sposarsi è un'eresia", quelli che giudicavano chi bisognasse amare e chi no…; è un tuffo nella Sicilia incontaminata e calda, dietro storie di famiglia, amicizia, tentativi di rivalsa; è, infine, il riassunto di un'autoanalisi complessa e ben più profonda di quella che l'autrice avrebbe potuto fare con qualunque professionista.
Il filo di mezzogiorno è tutto questo, sì, ma non si pensi che sia un libro facile, innanzitutto perché porta con sé un bagaglio di emozioni profondamente intime, spesso negative e frustranti, difficile da sopportare, specie se si sa poco della persona che si ha difronte; inoltre la scrittura stessa non facilita la lettura, giacché segue gli stati d'animo dell'autrice: più lei è turbata, più le pagine si fanno spasmodiche, più lei è positiva, più le parole sbocciano come fiori in primavera. È, questo libro, un'immersione complessa eppure non ancora completa nell'anima dell'autrice, della donna, della persona Goliarda: non completa perché, a parer mio, il fatto che a questo libro segua qualcosa e che da qualcosa sia preceduto, si sente, sebbene – a quanto leggo nella prefazione – tutte le parti dell'autobiografia di Goliarda Sapienza sono indipendenti e scritte in modo da poter essere lette autonomamente.
Finora mi pare di aver – giustamente - tessuto le lodi di quest'opera, eppure noterete certamente una valutazione media, non troppo alta: ciò è dato, appunto, dal fatto che le mie valutazioni non sono mai obiettive, ma strettamente personali. Pur essendo un ottimo libro, sebbene non di facile lettura, a me Il filo di mezzogiorno ha disturbato non poco, probabilmente perché io stessa non ero nello stato d'animo giusto per reggere la claustrofobia delle altrui emozioni negative. Il consiglio che posso dare, quindi, è di leggere questo libro, ma di farlo quando ci si sente forti, non fiaccati da pensieri personali negativi. Per il resto, buona lettura.


Opera recensita: "Il filo di mezzogiorno" di Goliarda Sapienza
Editore: La nave di Teseo, 2019 (prima ed. originale 1969)
Genere: autobiografico
Ambientazione: Roma-Sicilia
Pagine: 200
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


mercoledì 8 aprile 2020

RECENSIONE: JOHN STEINBECK - LA SANTA ROSSA


Sinossi:
Unico romanzo storico di Steinbeck, «La Santa Rossa» ha per protagonista Henry Morgan, garzone di una fattoria del Galles, che dopo aver ricevuto da un eremita profezie di successo, parte per le Indie Occidentali per realizzare il sogno di diventare un bucaniere e conquistare città e, forse, anche il cuore della bellissima donna chiamata "la Santa Rossa". Una storia di pirati, ricca di battaglie e tranelli per la supremazia sui mari, alla ricerca di ricchezze e donne irraggiungibili, che rientra nella grande tradizione letteraria dei romanzi d'avventura.

Commento:
è una giornata grigia quella in cui il vecchio garzone di casa Morgan ritorna dalle Indie con tante cose da raccontare. Ad ascoltarlo ci sono il vecchio Robert Morgan – il capofamiglia -, sua madre, sua moglie e il giovane Henry. Tutti accolgono le parole e i racconti dell'uomo in modo diverso, ma quello su cui hanno più presa è decisamente Henry: da tempo il giovane soffriva il fatto di non aver fatto, a quindici anni, ancora qualcosa di buono; in lui scalpitava quella smania di fare, di andare, di partire. Così, entro pochi giorni, il giovane lascia casa, famiglia, l'amore per una fanciulla e prende il largo all'avventura. Il mare lo affascina così tanto che prende una decisione: diventerà bucaniere, il migliore dei capitani e dei ladroni. Qualcosa, però, va storto… ma Henry saprà come mettere a frutto la disavventura che gli è capitata e diventerà, presto o tardi, il terrore dei mari, delle isole, delle città. Ma siamo sicuri che ne sarà soddisfatto? Si sarà così placata la sua smania?
Pirati, donne, oro popolano queste pagine, ma sotto l'apparenza di una pur ottima storia d'avventura, sotto la copertura di un buon romanzo storico, Steinbeck crea un personaggio che ci obbliga a riflettere sul peso che diamo ai nostri sogni, su quanto valgano per noi e in senso obiettivo e cosa saremmo disposti a fare per realizzarli. Riflettiamo, poi, su cosa implichi desiderare qualcosa o qualcuno, sulla mediocrità e sulla libertà, sulla relatività dei fini e dei punti di vista. Non è lo Steinbeck di Furore o della Valle dell'Eden, ma è comunque un ottimo Steinbeck, specie se consideriamo che è il suo primo romanzo: il pathos c'è, le descrizioni anche, il ritmo è un po' troppo altalenante, ma la storia appassiona e ripaga i brevi momenti di pausa. Davvero un bel romanzo storico e un'avventura coi fiocchi.

Opera recensita: "La santarossa" di John Steinbeck
Editore: Bompiani, prima ed. originale 1929
Genere: romanzo storico, romanzo d'avventura
Ambientazione: Galles, America, Inghilterra
Pagine: 272
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5
Colonna sonora sperimentata: Ennio Morricone.


martedì 7 aprile 2020

RECENSIONE: FABIA ROMANO - LA VERITà NEL SANGUE


Sinossi:
"In ginocchio davanti a quella che era la mia vita, mi ritrovo a chiedermi chi possa aver fatto tutto questo e perché. Cosa diavolo sta succedendo? Sono mesi che qualcuno mi sorveglia a distanza, ne sono certo, e ora questo scempio delle mie poche certezze. Qualcuno mi sta strappando le radici, una ad una, smantella diabolicamente i pochi riferimenti che sono riuscito a costruire con tanta fatica, terrorizza il mio presente con mezzi subdoli eppure per quanto mi sforzi non riesco ad immaginare alcuna valida motivazione per giustificare tutto questo accanimento, non visualizzo viso nemico alcuno". Cosa si nasconde in un passato perduto? Noel un antiquario quarantenne inaspettatamente deve fare i conti con le proprie origini. Si ritrova suo malgrado coinvolto in un thriller psicologico vorticoso, districandosi in un crescendo di situazioni scomode, tra misteri, cimeli antichi ed un labirintico maniero.

Commento:
Quando il suo socio Aldo gli propone l'acquisto di una proprietà soprannominata Villa fantasma, l'antiquario Noel Bonavita non fa esattamente i salti di gioia… gli sembra una delle consuete, azzardate stramberie dell'amico. Non sa ancora, però, che dal momento in cui riscatterà la villa all'asta, la sua vita cambierà di nuovo, un'altra volta, in modo inatteso e pericoloso: diverse cose accadranno a modificarla, a cominciare dalla presenza che sembra seguirlo, passando per un incendio e terminando con la conoscenza di due donne intriganti e misteriose. Cosa lega la villa ad un'importante azienda farmaceutica? Che ruolo ha in questa storia la dottoressa Infanti? E Iris? Ed Elga?
Entriamo in questa storia a piccoli passi, ci muoviamo a tentoni – proprio come deve fare Noel nella villa – in un mondo che impariamo ad esplorare e conoscere pezzo per pezzo. Quello che ne esce alla fine è un quadro di sotterfugi, intrighi, interessi nascosti e organizzazioni dalle più che dubbie finalità, che ruotano intorno a farmaci, scoperte chimiche e strani esperimenti segreti. Un linguaggio ricercato, uno stile enigmatico e un sacco di buio sono gli elementi aggiuntivi che rendono La verità nel sangue un'interessante scoperta che, come apprendiamo dalle note finali, potrebbe rivelarci ancora altre sorprese e nuovi incontri.

Opera recensita: "La verità nel sangue" di Fabia Romano
Editore: Youcanprint, 2019
Genere: thriller d'azione
Ambientazione: Torino
Pagine: 186
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


lunedì 6 aprile 2020

RECENSIONE: VALENTINA NUCCIO - TERRA D'OMBRA BRUCIATA


Sinossi:
Piera, una vita normale in una cittadina del Nord finché il marito, insegnante, ottiene il tanto desiderato trasferimento nella sua città natale, Taranto. Con il figlio Giacomo e il gatto Mou percorrono tutta l'Italia ma, quando si ritrova davanti alle ciminiere dell'ex Ilva, lei si sente smarrita e spaventata. Quando il figlio ha un piccolo incidente, si ritrova catapultata in una realtà spaventosa in cui tanti bambini sono pazienti 048: ammalati di cancro. Taranto però non è solo morte. È anche mare, cielo azzurro e bellezza storica, e piano piano Piera se ne innamora, decidendo di unirsi alla lotta quotidiana degli abitanti, tra tragedie e solidarietà. Piera cambia, si trasforma in una donna nuova, scoprendosi diversa da quella che pensava di essere. Prefazione di Erri De Luca.

Commento:
Il viaggio dal Nord fino a Taranto è lungo e, se non si sta raggiungendo la meta per le vacanze, potrebbe non essere proprio felice. Mentre guarda fuori dal finestrino immersa nei suoi pensieri, Piera è spaventata: il marito, Mario, le ha detto che al loro arrivo ritroverà il sole e il mare… ma lei, settentrionale amante della montagna, lo odia il mare… e il sole è troppo caldo. In realtà queste sono scuse: Piera ha paura perché sa che a Taranto c'è un camino che svetta alto e temibile, simbolo di quel mostro che con una mano sfama gli abitanti della città e con l'altra li ammazza. Piera ha paura per se stessa, per il marito, ma ancora di più ne ha per il figlioletto Giacomo. È proprio quando quest'ultimo ha un piccolo incidente giocando, che Piera recandosi in ospedale, entra per la prima volta in contatto con i bambini 048 e con le loro famiglie. Questa esperienza le cambierà la vita, la compassata e controllata Piera sentirà nascere dentro di sé uno sgomento misto a rabbia, a volontà, necessità di fare qualcosa, di sapere, di incontrare. Ed evidentemente questi sentimenti devono trasparire all'esterno, perché da quel momento sono gli altri ad offrirle storie, pezzi di vita, racconti strazianti di vite cambiate o finite per colpa della malattia. Le spiegano cosa sia uno 048, cosa siano i Wind Days, le raccontano di chi non ce l'ha fatta… ma anche di chi lotta, sopravvive, le raccontano degli esempi belli, delle mamme coraggio, della bellezza di una città che non si arrende, di una città di tutti, sani e malati, in cui tutti hanno il diritto di provare a vivere. E così, quando infine il mostro stenderà i suoi tentacoli fino alla sua famiglia, Piera sarà pronta a prendere le cose come verranno, facendo coraggio a se stessa ed alla sua famiglia. C'è tanto dolore in queste pagine, ma anche tanto coraggio, c'è l'energia della speranza e della necessità di andare avanti per forza, di trasformare la rabbia in energia e di riappropriarsi della propria vita, a prescindere da quanta ne resti, quale che sia il conto da pagare. Si può sorvolare su qualche opinabile scelta narrativa? Sì, se si guarda alle storie, al non detto e all'urlato, al messaggio di forza che queste pagine ci lasciano e ci lanciano… perché tutti hanno il diritto di continuare a vivere o almeno di provarci… anche noi.


Opera recensita: "Terra d'ombra bruciata" di Valentina Nuccio
Editore: Le mezzelane casa editrice, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Taranto
Pagine: 112
Prezzo: 13,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


domenica 5 aprile 2020

RECENSIONE: KRISTIN HANNAH - COME NEVE CHE CADE


Sinossi:
Meredith e Nina Whitson sono due sorelle molto diverse: una si dedica ai figli eal meleto di famiglia; l’altra è una fotoreporter giramondo. A unirle è l’amore per il padre; così, quando lui si ammala, entrambe si ritrovano al suo capezzale, sotto lo sguardo gelido della madre Anya. È proprio lei a condurle verso un antico segreto di famiglia, raccontando la storia di una ragazza vissuta nella Leningrado dilaniata dalla guerra, sepolta dalla neve, dove le donne erano disposte a tutto pur di salvare i propri figli e se stesse.

Commento:
Due donne, due sorelle così diverse tra loro per carattere, inclinazioni, atteggiamento nei confronti degli altri e della vita, sono accomunate dall'amore infinito che hanno per il loro padre. È sempre stato lui il centro della famiglia, il catalizzatore, il trait d'union. La madre, invece, non la conoscono. O meglio, è sempre stata lì con loro, ma le ha sempre tenute a distanza, sembrava non amarle, sembrava non gradire il loro amore. Quando il padre muore, Nina e Meredith si ritrovano a fare i conti con la madre, con le loro vite che stanno andando alla deriva e con due promesse che hanno fatto al padre in punto di morte… due promesse difficili da onorare. Dopo il primo scontro, però, qualcosa cede e i racconti, le favole, le storie cominciano a fluire… e con tenacia quelle due donne così vicine, ma così distanti anche da se stesse, cominceranno a ritrovarsi e a scoprire qualcosa in più su quella donna che, più o meno consapevolmente, ha condizionato le loro vite. Ciò che con fatica scopriranno rivelerà un dolore insondabile e una storia di una tristezza disarmante che le (e ci) riporterà direttamente in Russia, nel freddo inverno di Leningrado ai tempi della Seconda guerra mondiale, di Stalin e delle sue atrocità.
Un buon romanzo scritto in modo ricercato ed attento, ambientato tra l'America di oggi e la Russia di settant'anni fa. Un romanzo storico che consiglio, sebbene per la verità l'abbia trovato un po' troppo lento e mi abbia dato poche emozioni rispetto a quelle che mi sarei aspettata da una storia come questa.
In ogni caso, merita una lettura, se non altro per il risvolto storico e per le vicende che racconta.

Opera recensita: "Come neve che cade" di Kristin Hannah
Editore: Mondadori, 2020
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Stati Uniti, Alaska, Russia
Pagine: 379
Prezzo: 13,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8
Colonna sonora sperimentata: Madredeus


giovedì 2 aprile 2020

RECENSIONE: GABRIELLA GENISI - LA CIRCONFERENZA DELLE ARANCE (LOLITA LOBOSCO 01)


Sinossi:
UN COMMISSARIO DI POLIZIA COSÌ A BARI NON SE L'ERANO MAI NEMMENO IMMAGINATO:
LOLITA LOBOSCO, DETTA LOLÌ, 36 ANNI, OCCHI SEMPRE ACCESI, LUNGHI CAPELLI CORVINI E UNA QUINTA DI REGGISENO CHE NEGLI UOMINI EVOCA LA PIENEZZA DEI FRUTTI MEDITERRANEI
Se avesse paura delle maldicenze di colleghi e notabili, non avrebbe certo scelto di fare il poliziotto. E invece ha deciso di seguire con spavalderia la propria vocazione: combattere le prepotenze, riportare l'ordine nella vita degli altri, farsi rispettare dai maschi senza rinunciare a nessuna delle vanità del proprio sesso. Perché mai dovrebbe rinunciare alla cura della bellezza e della cucina, doti di una vera donna del sud? Ma in quella vigilia natalizia anche per lei le cose si fanno terribilmente complicate. E sì che tutto era cominciato alla grande: da anni non si ricordava un dicembre così caldo, se n'era andata in questura scoperchiando il tetto della sua Bianchina con un CD di Roberto Murolo a tutto volume. Al commissariato, però, l'attende una sorpresa. C'è un arrestato, le dicono, uno stimato professionista, con il golfino di cachemire e le mani tanto curate, accusato di violenza sessuale. Ordinaria amministrazione. Almeno finché Lolì non incrocia lo sguardo dell'incriminato. Quell'uomo lei lo conosce bene. E subito capisce che, oltre a far trionfare la giustizia, questa volta dovrà anche difendere se stessa.

Commento:
La circonferenza delle arance è il primo degli otto (per ora) romanzi con protagonista la commissaria barese Lolita Lobosco, trentasei anni, avvenente, cuoca sopraffina, amica leale ma intransigente, profondamente donna nel privato, ma quando indossa la divisa è una commissaria puntigliosa e non fa sconti. Schietta, diretta, profumata di arance e vaniglia, bella e verace come le vere donne del Sud, la commissaria Lolita Lobosco è irresistibile. Sin dalle prime battute, dalle prime pagine di questo primo libro che la vede da poco in servizio nella sua Bari, il suo caratterino appare subito chiaro: con Lolita non si scherza, amici sì, ma al momento giusto. Si fa come dice lei, sempre e comunque. Anche quand'è in difficoltà, Lolita non si piega, risolve a modo suo, anche a costo di fare qualche concessione al protocollo, di aggirare le regole se il fine è la giustizia. In questo somiglia molto ad un altro commissario amico suo, uno che ha conosciuto quand'era ispettrice in Sicilia, un certo Montalbano con cui – manco a dirlo - presenta varie gradevoli affinità.
In questo primo caso, alla sua scrivania compare tal Stefano Benedetto Morelli, avvenente dentista nonché ex ex ex fidanzato di Lolita dei tempi del liceo. Il tale è accusato di violenza sessuale dalla sua assistente alla poltrona, ma ascoltando le varie testimonianze, col cuore pesante per dover lasciare il suo ex amore in carcere a Natale, Lolita capisce che la situazione è ben più intricata e ben più marcia di quanto poteva apparire all'inizio. E dunque, toccherà a lei, tra una crostata e un flirt non voluto, venire a capo della vicenda. Intelligente, acuta, dinamica, appassionata, Lolita Lobosco – con tutto il contorno di amiche, famiglia, colleghi e chissà… - è davvero un personaggio inedito, irriverente e imperdibile. La circonferenza delle arance è un giallo non impegnativo, ma non banale, un'ottima lettura d'evasione per sorridere, riflettere e perché no, emozionarsi. La ritroverò presto, Lolita, di sicuro.

Opera recensita: La circonferenza delle arance di Gabriella Genisi
Editore: prima ed. Sonzogno 2010, poi Marsilio-Universale economica Feltrinelli, 2020
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Bari
Pagine: 218 (Ed. Sonzogno 2010), 190 (ed. economica 2020)
Prezzo: 15,00 € (Ed. Sonzogno 2010) 8,50 (Ed. economica 2020)
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.
Colonna sonora sperimentata: Vinicio Capossela.


RECENSIONE: ANITA PULVIRENTI - LA TRASPARENZA DEL CAMALEONTE


Sinossi:
Nasconderti tra la folla non può impedirti di scoprire chi sei. Carminia non riesce a guardare nessuno negli occhi. Vorrebbe che non le rivolgessero mai la parola, nemmeno per augurarle buongiorno. Il minimo ritardo la infastidisce, un quadro storto la infastidisce. Ha un menu fisso per ciascun giorno della settimana, un ordine preciso per vestirsi ogni mattina, un modo corretto con cui la carta igienica deve scorrere sul portarotolo, e diciotto copie del suo libro preferito in soggiorno, su uno scaffale. Rifugge qualsiasi rumore o semplice contatto umano. La verità è che le persone sono d’intralcio alla sua esistenza. Carminia ha la trasparenza del camaleonte, la stessa capacità di adattarsi alle situazioni in cui si trova e, in quelle, sparire. Eppure soffre per tutto ciò che non le riesce, la disturba, non le viene naturale: ha la sindrome di Asperger, ma ancora non lo sa. È solo quando finalmente le viene diagnosticata, e la madre sembra riemergere da un’infanzia ormai lontanissima, che il suo mondo di ordine e routine comincia a vacillare. Insieme a Rebecca, una bambina impertinente e linguacciuta, Carminia si troverà allora a dover fare i conti con se stessa, con il suo modo di abitare il mondo e con ciò che significa, alla fin fine, normalità.

Commento:
Carminia. Dietro questo bellissimo nome si nasconde un mondo, esattamente come dietro al nome di ciascuno di noi. Il mondo di Carminia è complicato, ma solo se lo si guarda dall'esterno, con gli occhi di chi non la conosce ed è abituato a guardare solo il proprio, di mondo. Certo, Carminia ha le sue manie, ha giorni e orari fissi per qualunque cosa, non sorride, non capisce le battute, non ama i convenevoli, spesso non riconosce la gente, non socializza, ama il silenzio, ama l'armonia… Per Carminia queste sono tutte cose normali, cose che costituiscono la sua vita, il suo ordine mentale, lei è così, è questa, tutto il pacchetto o niente. E Carminia non capisce perché le altre persone si comportino diversamente, non la capiscano, la considerino strana, pazza, asociale, stronza. Non capisce perché nella scelta tra pacchetto e niente, la maggior parte delle persone scelga la seconda opzione. Ci si è abituata, però: è come le ha detto la nonna, il mondo non la capisce, non è alla sua altezza, non è lei ad essere sbagliata, non è lei ad avere un problema. E invece sì, Carminia ce l'ha un problema e negarlo peggiora le cose: ha la sindrome di Asperger, tutte le sue particolarità rientrano nello spettro autistico. Però attenzione, ora non lasciamo volare la mente a quei casi di genialità supersonica di cui spesso leggiamo in riviste o blog: non stiamo parlando di questo. Qui parliamo di normalità, di come una persona con questa sindrome possa vivere la sua vita al meglio delle possibilità, restando in contatto, per quanto tollerabile, col mondo che la circonda senza isolarsi, senza chiudersi a riccio. Se la nonna, dopo l'abbandono della madre, l'avesse giustificata meno ed avesse voluto guardare in faccia la realtà, Carminia magari avrebbe potuto conoscere prima la sua diagnosi e cercare di migliorare i suoi rapporti col mondo. Guardare in faccia il problema a volte può essere la soluzione: se avesse saputo e potuto spiegare agli altri il perché delle sue anomalie, forse questi ultimi non l'avrebbero segnata a dito, non l'avrebbero considerata strana, pazza, stronza e, di conseguenza, lei stessa avrebbe sofferto meno.
Ecco, mentre scrivo queste parole sono costretta a bloccarmi perché realizzo di stare, almeno in teoria, scrivendo la recensione di un libro. Dovrei, quindi, parlare di stile, scrittura, personaggi… ma è così forte la storia di Carminia, questo personaggio inventato è così reale e presente da uscire dalle pagine, da materializzarsi alla scrivania vicino alla mia, da diventare persona viva, fisica, con tutte le sue sofferenze, dolori, incomprensioni che diventano intollerabili. Intollerabili perché intollerabile è il nostro modo di approcciarci agli altri, di guardarli sempre col filtro delle nostre convinzioni e convenzioni, senza porci mai il dubbio che possano non accettarle o, molto più banalmente, non riuscire a capirle. E ancora una volta mi ritrovo a chiedermi il senso di aggettivi come "strana, pazza, asociale, psicopatica, stronza" e, specularmente, del peggiore, del più infido, traditore e respingente di tutti: "normale"!.
Dalla scossa che mi hanno dato queste riflessioni – che spero di essere riuscita in qualche modo a trasmettervi – non è difficile capire che Anita Pulvirenti ha scritto un libro di un'attualità, realtà, forza dirompente e sorprendente. Fluido, verosimile, pertinente, La trasparenza del camaleonte rende perfettamente la vicinanza di queste problematiche a noi, al nostro vivere quotidiano. Carminia sembra proprio la signorina quarantenne che abbiamo incontrato alla cassa del supermercato, quella che ha preteso l'euro del 2009 perché quello del 2010 ce l'aveva già. Ci è sembrata pazza? Psicopatica? Beh, chiediamoci da dove viene questa sua fissazione, chiediamoci il perché di questa sua necessità. Lo stesso dicasi per la signora che strepita perché abbiamo chiamato l'ascensore prima di lei proprio nel momento in cui le serviva, per la collega che non vuole mai venire a prendere il caffè con noi… chiediamoci perché e cosa possiamo fare – o non fare – noi. Facciamolo sempre quando siamo in relazione con gli altri: non conosciamo le loro vite e ciò che potrebbe sembrare strano a noi, per loro potrebbe essere parte di una necessità. E poi, infine, chiediamoci quanto costi agli altri cambiare, modificarsi, soffocare se stessi per essere accettati da noi, per entrare nella nostra tanto amata normalità.

Opera recensita: "La trasparenza del camaleonte" di Anita Pulvirenti
Editore: Dea Planeta, 2020
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: non definita, ma presumibilmente Sud Italia, Sicilia
Pagine: 223
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9
Colonna sonora sperimentata: Bruce Springsteen.