simposio lettori copertina

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domenica 31 maggio 2020

RECENSIONE: HELEN ZAHAVI - SPORCO WEEKEND


Sinossi:
Chi è Bella, la protagonista dell'esplosivo romanzo di Helen Zahavi? Una donna molto giovane ma già molto provata; una creatura trascurabile perché si è trascurata, accettando passivamente il ruolo che la vita – gli uomini – le hanno di volta in volta imposto. Ma un giorno, mentre se ne sta nel suo umido, misero seminterrato di Brighton a rimuginare sulle minacce sessuali che uno sconosciuto le rivolge al telefono, ecco che in lei nasce improvviso il desiderio di rivalsa. Da questo momento Bella si trasforma da vittima passiva delle voglie maschili in soggetto attivo di una inflessibile giustizia femminile. Siamo alle soglie di un weekend sorprendente, quello che si prepara per gli incauti uomini che si sono trovati sul cammino di Bella, e non hanno potuto fare a meno di apprezzarne le grazie. Un weekend sorprendente e terribile.

Commento:
"Questa è la storia di Bella, che una mattina si svegliò e si rese conto di non poterne più." È questo il folgorante incipit di Sporco weekend, romanzo noir scritto dall'anglopolacca Helen Zahavi e pubblicato per la prima volta nel 1992. La protagonista, Bella, è una giovane donna che, fino al giorno in cui capì di non poterne più, era sempre stata disponibile, servizievole, accomodante, paurosa. Gli uomini potevano chiederle, dirle, farle ciò che volevano senza che lei riuscisse a ribellarsi, sommersa com'era dalla paura. Come quello che abitava di fronte al suo seminterrato, che la spiava, osservava la sua figura muoversi dietro le sottili tendine tirate, la chiamava per telefono sussurrandole sconcezze. Tutto questo fino al giorno in cui proprio quell'uomo che fino ad allora era rimasto uno sconosciuto, uno dei tanti, aveva osato avvicinarla mentre lei era seduta su una panchina al parco. Era arrivato, si era seduto accanto a lei non invitato ed aveva cominciato a parlarle. Ecco, quello era stato il giorno in cui per la prima volta Bella aveva sentito dentro di sé qualcosa di nuovo, di vivo crescere, crescere, crescere sempre più. Pensava che dentro di lei non ci fosse più niente, invece no, qualcosa c'era: c'era l'ira. Un'ira cieca eppure lucida, spietata, chirurgica è ciò che trasforma la donna impaurita e sottomessa in una nuova Bella, implacabile vendicatrice di se stessa e dell'intero genere femminile. Per la durata di un weekend, Bella diventa la giustiziera delle donne, le oppresse, le sottomesse, le succubi, le insultate, le stuprate, le picchiate, le circuite, le non libere. Non libere di camminare per la strada da sole, di notte, senza sentirsi osservate, fischiate, apostrofate, abbordate, attaccate. Quelle non libere di bere un drink al bar di un hotel senza che qualcuno si sieda accanto a loro, strusci il suo corpo al loro fianco e attacchi bottone per poi, immancabilmente, invitarle a salire; quelle non libere di accettare un passaggio in auto per un tragitto di cinque minuti senza che un uomo allunghi le mani o peggio; quelle non libere di passare la notte in un vicolo con addosso solo la loro povertà, senza che ragazzetti ben vestiti si accaniscano contro di loro… quelle non libere di passeggiare su un molo deserto senza che un maniaco tenti di assassinarle per puro piacere, il suo personalissimo piacere.
Sarcastico, grottesco, scabroso, Sporco weekend racconta tutto questo con nero realismo e implacabile ironia; lo racconta a noi, a te, donna, che pieghi la testa e fuggi impaurita se senti dei passi alle tue spalle; a te, uomo, che cammini per la tua strada scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo. Che non ti capiti mai, quando in qualche modo offendi una donna, di incontrare una Bella.

Opera recensita: "Sporco Weekend" di Helen Zahavi
Editore: Guanda, prima ed. 1992
Genere: noir
Ambientazione: Inghilterra
Pagine: 212
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


sabato 30 maggio 2020

RECENSIONE: ELIZABETH BUCHAN - IL MUSEO DELLE PROMESSE INFRANTE


Sinossi:
Esiste un museo, a Parigi, dove le persone non fanno la fila per ammirare i capolavori dell’arte. Dove non sono custoditi né quadri né statue. Un museo creato per conservare emozioni. Ogni oggetto in mostra, infatti, è il simbolo di un amore perduto, di una fiducia svanita. Un cimelio donato da chi vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la stessa curatrice, Laure, che ha creato il Museo delle Promesse Infrante per conservare il suo ricordo più doloroso: quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore. Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell’estate del 1986, ha l’impressione di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le voci meno squillanti, le risate meno sincere. Laure lo capisce a poco a poco dagli sguardi spaventati della gente, dalle frasi lasciate in sospeso: questo è un Paese che ha dimenticato cosa sia la libertà. Eppure ci sono persone che ancora non si rassegnano. Come Tomas. Laure lo incontra per caso, a uno spettacolo di burattini. Ed è un colpo di fulmine. Per lui, Laure è pronta a mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin dove dovrà spingersi per avere salva la vita. Laure si è pentita amaramente della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà mai l’occasione per aggiustare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo delle Promesse Infrante non è un luogo cristallizzato nel passato. È un luogo che guarda al futuro, in cui le storie circolano e spiccano il volo verso mete inaspettate. A volte raggiungono luoghi lontanissimi, ricucendo i fili strappati del destino. E a volte possono perfino giungere alle orecchie di un uomo cui non importa nulla degli sbagli e dei rimpianti, ma che aspetta solo un indizio per ritrovare il suo amore perduto…

Commento:
Ci sono luoghi in cui, una volta entrati, potremmo perderci ritrovandoci: sono luoghi in cui non ci stancheremmo mai di stare, in cui il tempo e lo spazio si fondono, le dimensioni si confondono, i ricordi trionfano. È così che immagino il Museo delle promesse infrante, come lo dipinge per noi Elizabeth Buchan: un luogo in cui provare a venire a patti con un dolore, provare a tirar fuori il rancore o il rimpianto e tentare a fatica di andare avanti. Perché le promesse infrante, sia che ad infrangerle siamo stati noi o che abbiamo subito la delusione, sono ferite che tardano a rimarginarsi, sono tarli che possono corrodere l'anima. Lo sa bene Laure, la curatrice di questo singolare museo di Parigi, Laure che l'ha infranta una promessa e da allora non è più riuscita a liberarsi del dolore che lei stessa ha provocato. Oggi chi Laure è una donna molto diversa dalla giovane ragazza alla pari che nell'86 lavorava a Praga, presso la famiglia di un importante collaboratore dello Stato, è molto diversa dalla ribelle straniera e scarmigliata che si innamorò, ricambiata, dell'affascinante Tomas, giovane cantante di un gruppo rock, là dove i gruppi rock erano proibiti e considerati sovversivi. Sovversivo era persino parlare in inglese, la lingua madre di Laure, in quella città dai colori detonalizzati; sovversivo era possedere una barretta di cioccolato, era esprimere dissenso, dire certe cose a voce troppo alta… ma Laure non sapeva nulla, al suo arrivo in città, non sapeva nulla di cosa significasse vivere sotto un regime totalitario. Non immaginava certo, Laura, quali potessero essere le conseguenze della ribellione, lei che, per metà inglese e per metà francese, veniva dall'Occidente civilizzato in cui tutti avevano pari diritti, pari dignità e la possibilità di pensare autonomamente. Lo imparò, Laure, lo imparò a sue spese in quell'estate dell'86 e non lo dimenticò più, come non dimenticò mai l'uomo che le conquistò il cuore.
Il museo delle promesse infrante racconta questa storia, lo fa partendo in sordina, sembra quasi un libro anonimo, senza pretese: aprendolo non sappiamo niente di ciò che ci svelerà, un po' come Laure che al suo arrivo a Praga, abituata ai colori dell'occidente, vede solo grigio, ma guardando meglio ne distingue toni, sfumature e, anche se sono ben nascosti, individua tutti  i colori della libertà. Una lettura che personalmente non mi ha convinta fino in fondo, ma che consiglio perché ogni storia che racconta il dissenso e che cerca di gettare luce su pagine di storia di cui si parla poco va consigliata.

Opera recensita: "Il museo delle promesse infrante" di Elizabeth Buchan
Editore: Casa editrice Nord, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Francia-Repubblica Ceca-Berlino
Pagine: 396
Prezzo: 18,60 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5
Colonna sonora sperimentata: Rebirth di Finesse (in loop).

giovedì 28 maggio 2020

RECENSIONE: SANDRA PETRIGNANI - LA CORSARA. RITRATTO DI NATALIA GINZBURG


Sinossi:
Dalla nascita palermitana alla formazione torinese, fino al definitivo trasferimento a Roma, Sandra Petrignani ripercorre la vita di una grande protagonista del panorama culturale italiano. Ne segue le tracce visitando le case che abitò, da quella siciliana di nascita alla torinese di via Pallamaglio - la casa di Lessico famigliare - all'appartamento dell'esilio a quello romano in Campo Marzio, di fronte alle finestre di Italo Calvino. Incontra diversi testimoni, in alcuni casi ormai centenari, della sua avventura umana, letteraria, politica, e ne rilegge sistematicamente l'opera fin dai primi esercizi infantili.
 Un lavoro di studio e ricerca che restituisce una scrittrice complessa e per certi aspetti sconosciuta, cristallizzata com'è sempre stata nelle pagine autobiografiche, ma reticenti, dei suoi libri più famosi. Accanto a Natalia - così la chiamavano tutti, semplicemente per nome - si muovono prestigiosi intellettuali che furono suoi amici e compagni di lavoro: Calvino appunto, Giulio Einaudi e Cesare Pavese, Elsa Morante e Alberto Moravia, Adriano Olivetti e Cesare Garboli, Carlo Levi e Lalla Romano e tanti altri.
 Perché la Ginzburg non è solo l'autrice di un libro-mito o la voce - corsara quanto quella di Pasolini - di tanti appassionati articoli che facevano opinione e suscitavano furibonde polemiche.
 Narratrice, saggista, commediografa, infine parlamentare, Natalia è una "costellazione" e la sua vicenda s'intreccia alla storia del nostro paese (dalla grande Torino antifascista dove quasi per caso, in un sottotetto, nacque la casa editrice Einaudi, fino al progressivo sgretolarsi dei valori resistenziali e della sinistra).
 Un destino romanzesco e appassionante il suo: unica donna in un universo maschile a condividere un potere editoriale e culturale che in Italia escludeva completamente la parte femminile.
 E donna vulnerabile, e innamorata di uomini problematici. A cominciare dai due mariti: l'eroe e cofondatore della Einaudi, Leone Ginzburg, che sacrificò la vita per la patria, lasciandola vedova con tre figli in una Roma ancora invasa dai tedeschi, e l'affascinante, spiritoso anglista e melomane Gabriele Baldini che la traghettò verso una brillante mondanità: uomini fuori dall'ordinario ai quali ha dedicato nei suoi libri indimenticabili ritratti.

Commento:
La biografia, o meglio, il ritratto che Sandra Petrignani fa della scrittrice Natalia Ginzburg è veramente accurato, interessante e stimola il lettore a molti approfondimenti letterari futuri. Leggendo La corsara, emerge la figura di una donna volitiva, eppure malinconica, testarda, eppure dolce, legata alla famiglia, agli amici, ma con una certa idea forte e ben radicata su come dovesse andare il mondo. Natalia Levi nacque a Palermo nel 1916 da Giuseppe Levi e Livia Tanzi; nella città siciliana restò pochissimo, per trasferirsi poi a Torino dove visse per molti anni. Qui conobbe il primo marito, Leone Ginzburg, qui cominciò a scrivere giovanissima, qui si formò come donna e come scrittrice, a strettissimo contatto con la casa editrice Einaudi di cui per moltissimo tempo fu non solo autrice di punta, ma anche preziosa consulente. A quest'ambito si devono le sue amicizie più forti: quella con Cesare Pavese, con Cesare Garboli, con Elsa Morante, con Adriano Olivetti e con molti, molti altri attori noti e meno noti della scena letteraria, politica, economica e sociale dagli anni Trenta agli anni Ottanta. Natalia fu poi a Roma, col secondo marito Gabriele Baldini e lì continuò la sua vita e la sua opera. Fu una donna intransigente con se stessa e con gli altri, scrisse instancabilmente, tradusse con passione, lesse e suggerì molti libri altrui, si occupò della famiglia e dei figli in particolare, sedette in Parlamento tra le fila degli indipendenti di Sinistra, provenendo dal Partito Comunista di cui però non possedette mai la tessera.
Tenace, testarda, taciturna e selettiva, Natalia Ginzburg ebbe un ruolo importantissimo nella letteratura italiana del Novecento ed influenzò, con i suoi scritti e il suo lavoro, tutto ciò che le seguì e le seguirà. In La corsara, Sandra Petrignani racconta tutto questo e molto altro ancora, lo fa con partecipazione e competenza, ricercando, documentandosi, visitando luoghi, parlando con persone che conobbero Natalia, la sua famiglia, i luoghi in cui lei visse. Ma in questo libro non c'è, per forza di cose, solo la Ginzburg: molto si può conoscere anche sui suoi amici, collaboratori e persino "antagonisti", in particolare, per rimanere tra gli scrittori, emergono interessanti le figure di Pavese e della Morante. Una biografia, questa, sicuramente molto bella e curata, tuttavia non proprio di facile lettura: si ha, in qualche tratto, un'impressione di ridondanza che disorienta temporalmente; si ha come l'impressione, di tanto in tanto,  di perdere la linea del tempo, di non orientarsi nella vita della Ginzburg, di sviare lo sguardo dalla sua collocazione spaziotemporale perdendosi tra le tante informazioni, scene, opere, persone. Forse qualche pagina in meno sarebbe stata utile a snellire alcune parti. Nel complesso, comunque, una lettura di valore.

Opera recensita: "La corsara" di Sandra Petrignani
Editore: Neri Pozza, 2018
Genere: biografia
Pagine: 459
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


RECENSIONE: GIORGIO SCERBANENCO - VENERE PRIVATA


Sinossi:
"Il mondo di Scerbanenco è un mondo completamente nero e immobile. I romanzi di Scerbanenco non conoscono nessuno svolgimento. L'unico svolgimento riguarda il lettore, cui Scerbanenco somministra la realtà dei fatti a piccole dosi, poco per volta. Ma la realtà, l'orribile nera realtà c'è da sempre, è sempre quella e continuerà ad essere quella dopo che il teatrino del bene avrà chiuso il sipario. A chi, cittadino di questo disperatissimo mondo, non abbia propensione al suicidio, non restano che due vie: o la completa distrazione o l'assuefazione. La vita è una droga, o la combatti con altre droghe o l'assumi fino in fondo." (Dalla prefazione di Luca Doninelli). In appendice "Io, Vladimir Scerbanenko".

Commento:
Venere privata è il primo romanzo di Giorgio Scerbanenco con cui mi confronto e, a giudicare dai presupposti non incoraggianti (ne avevo cominciato un altro tempo fa, ma l'avevo lasciato lì in attesa di tempi migliori), è andata molto bene. Venere privata è il primo romanzo con protagonista il dottor, o meglio, ex dottor Duca Lamberti, è ambientato a Milano negli anni Sessanta e la differenza di epoca si sente e non poco (basti pensare alla concezione oltremodo dispregiativa degli omosessuali). Duca Lamberti è da poco uscito di prigione e non ha un lavoro: era medico, ma in seguito a ciò che ha fatto e per cui ha scontato la sua pena, non lo sarà mai più; l'amico Càrrua, in forze alla polizia, gli trova un lavoro presso il ricco ingegnere Auseri: Lamberti dovrà fare da medico, da carceriere e da amico al giovane figlio dell'uomo, che da un anno passa le sue giornate ad ubriacarsi e quando non è ubriaco è depresso e frustrato. Costretto dalle necessità, nonostante il lavoro sia tutt'altro che gradevole, Lamberti accetta e dimostra subito la sua competenza. In breve tempo riesce in ciò che al padre del ragazzo non era riuscito: si fa dire la causa del malessere interiore che divora il giovane, di cui l'alcolismo è solo un sintomo. Ciò che pian piano scoprirà lo porterà a condurre un'indagine clandestina su un pericoloso affare di tratta delle bianche, prostituzione con diramazioni in mezza Europa. Lamberti dimostrerà in molti frangenti un sangue freddo invidiabile, una gran capacità di capire e prevedere i comportamenti delle persone, un buon fiuto da poliziotto e una sua ruvida e schiva, ma preziosa sensibilità. Per chi, come me, non abbia mai letto Scerbanenco questo romanzo può essere un ottimo punto di partenza, a patto, però, di non farsi scoraggiare da un inizio tutt'altro che al cardiopalma: ho intuito che Scerbanenco è così, un Disel, parte in sordina ma stupisce cammin facendo finché ci si ritrova tramortiti senza nemmeno aver capito quando la storia ci aveva coinvolti. Perché? Perché i romanzi che hanno l'obiettivo di raccontare la dura, cruda, nera realtà sono così: niente effetti speciali, solo bieco realismo, forse talvolta appena appena forzato.


Opera recensita: "Venere privata" di Giorgio Scerbanenco
Editore: Garzanti, prima ed. 1966
Genere: noir, seriale
Ambientazione: Milano
Pagine: 246
Prezzo: 10,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


lunedì 25 maggio 2020

RECENSIONE: CARLO LUCARELLI E MASSIMO PICOZZI - SERIAL KILLER. STORIE DI OSSESSIONE OMICIDA


Sinossi:
Chi sono i serial killer e perché la nostra immaginazione è così colpita da queste terribili figure? Perché ci fanno paura, certo. Ma anche, e soprattutto, perché sono la personificazione di quanto c'è ancora di irrazionale, di ferino, di primordiale in noi e nella nostra vita apparentemente logica e ordinata. "Serial killer" è un'esplorazione della psicologia di questi mostri efferati, ma è anche un'indagine su tutti gli strumenti di cui oggi dispongono detective e magistrati per mettersi sulle tracce di questi omicidi ossessivi, sempre in bilico tra normalità e follia.

Commento:
Serial killer è un saggio pregevolissimo che analizza a fondo tutto ciò che afferisce all'argomento "serial killer", dalle storie degli assassini seriali più e meno noti, alle classificazioni dei serial killer con dettagli sui profili base, fino a nozioni teoriche sul profiling e sugli elementi da considerare quando si ha a che fare con crimini seriali. È, a parer mio, un ottimo libro da cui partire se si è appassionati del tema e si vuole approfondirlo: Serial killer fornisce le nozioni di base ed una buona infarinatura per orientarsi e scegliere chi o cosa approfondire in future letture o visioni di film o documentari. Al di là dell'aspetto prettamente stilistico, poi, Serial killer è veramente una lettura interessante, sempre a patto che, ovviamente, i temi trattati siano d'interesse o suscitino curiosità.

Opera recensita: "Serial killer. Storie di ossessione omicida" di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi
Editore: Mondadori, prima ed. 2003
Genere: saggio
Pagine: 350
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.


domenica 24 maggio 2020

RECENSIONE: SIMONE WEIL - POESIE


Poesie è una breve raccolta di poesie di Simone Weil, curata da Roberto Carifi e pubblicata dalla casa editrice Le lettere nel 1993. L'ho trovata indicativa della poetica della Weil, un assaggio della sua opera per chi volesse approfondire poi la conoscenza. Temi e immagini ricorrenti: la lotta, la guerra, la donna, il lampo, la carne, la speranza.


Mare docile al freno, sottomesso in silenzio,
Mare sparso, flutti per sempre incatenati,
Massa offerta al cielo, specchio d’obbedienza;
Vi tesse ogni notte nuove pieghe
La lontana potenza degli astri.

Quando il mattino colma l’intero spazio
Lo accoglie rendendo la luce in dono.
Un lampo leggero si posa in superficie.
Si stende in attesa e senza desiderio
Sotto il giorno che cresce, risplende e dilegua.

Di riflessi serali luccicherà improvvisa
L’ala sospesa tra il cielo e l’acqua.
I flutti oscillanti e fermi,
Dove ogni goccia sale e ridiscende,
Restano in basso per sovrano decreto.

Bilancia dai segreti bracci d’acqua trasparente
Trova in sé la misura, e schiuma, e ferro,
Giustizia invisibile per ogni barca errante.
Sullo scafo un filo azzurro traccia rapporti
Senza errore alcuno nella riga apparente.

Mare immenso, sii propizio agli infelici mortali,
Stretti ai tuoi bordi, persi sul tuo deserto.
A colui che affonda parla prima che muoia.
Entra nell’anima, o nostro fratello mare;
Donale la purezza delle tue acque giuste.
(Simone Weil - Il mare)

Opera recensita: "Poesie" di Simone Weil
Editore: Le lettere, 1993
Genere: poesia
Pagine: 77
Consigliato: sì
Voto personale: 8.

RECENSIONE: VIGDIS HJORTH - EREDITà


Sinossi:
Quattro fratelli. Due case a picco sul Mare del Nord. Un dramma familiare sepolto nel silenzio da decenni. Tutto comincia con un testamento. Al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, una coppia di anziani decide di lasciare le due case al mare alle due figlie minori, mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. Se Bård vive questo gesto come un’ultima ingiustizia, Bergljot aveva già messo una croce sull’idea di una possibile eredità, avendo troncato i rapporti con la famiglia ventitré anni prima. Cosa spinge una donna a una scelta così crudele? Bård e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. Bård e Bergljot condividono il più doloroso dei segreti. Il confronto attorno alla divisione dell’eredità sarà l’occasione per rompere il silenzio, per raccontare la storia che i familiari per anni hanno rifiutato di sentire. Per dividere con loro l’eredità – o il fardello – che hanno ricevuto dalla famiglia. Per dire l’indicibile. Premiato dai librai norvegesi come miglior libro dell’anno, in vetta alle classifiche di vendita per mesi, osannato dalla critica internazionale, Eredità è il romanzo con cui la norvegese Vigdis Hjorth ha raggiunto la fama mondiale. Lirica riflessione sul trauma e sulla memoria, è al tempo stesso il furioso racconto della lotta di una donna per la sopravvivenza.

Commento:
Eredità è un romanzo lento, di una lentezza necessaria: è una storia che impone al lettore di prendersi del tempo; il ritmo della narrazione detta quello della lettura, così che anche il lettore più vorace si ritroverà – suo malgrado – a prendersi delle pause. Eredità è un romanzo che richiede attenzione, come la richiedono i fatti che racconta, come l'ha richiesta per una vita ciò che la protagonista, Bergljot, aveva da raccontare e che la sua famiglia non ha mai voluto sentire.
Bergljot ha un segreto che risale alla sua infanzia, lo aveva rimosso, depositato nei recessi della mente, poi un giorno, per una casualità degna del destino, la verità le è esplosa nella mente ed ha preteso di venire fuori, di essere raccontata, metabolizzata, analizzata. Ma quando Bergljot ha provato a coinvolgere la sua famiglia in questo percorso, nessuno ha voluto starla a sentire, nessuno tranne, forse, suo fratello maggiore, Bard, che aveva motivi personali per darle credito. Così, dato che non volevano minimamente considerare la possibilità che l'assunto da cui parte il suo percorso fosse vero, Bergljot si allontana dai suoi familiari, taglia i ponti per quanto possibile, e decide di prendersi cura di se stessa. Va in analisi, ha una vita sentimentale travagliata, beve un po' più del consentito, ma nonostante non sia facile, a più di cinquant'anni Bergljot ha raggiunto una sorta di equilibrio, anche grazie all'aiuto dei figli e degli amici che le sono costantemente accanto. Poi succedono delle cose all'interno della sua famiglia d'origine, cose che richiedono la sua attenzione, la sua presenza… e tutto torna a galla, dolorosamente; tutti i nodi irrisolti, le incomprensioni, l'incompatibilità caratteriale, l'incapacità della sorella Astrid di mutare punto di vista, la pochezza della madre, l'odio della sorella minore Asa… viene tutto alla luce, di nuovo. E di nuovo Bergljot si ritrova in balia dell'incubo, di nuovo mette in discussione tutto, a partire da se stessa.
Vigdis Hjorth, l'autrice di questo libro così singolare, è bravissima nel tenere le fila di una narrazione complessa; non dimentica dettagli, non permette alla trama di sfilacciarsi o all'attenzione di calare… ci fa entrare nella vita di Bergljot a poco a poco, in punta di piedi, ma quando ne usciremo sarà con le ossa rotte e con tante riflessioni in più, con tante domande, anche su cose che riguardano il nostro vissuto personale. La riflessione che probabilmente ha condotto la Hjorth a scrivere così questa storia – e ciò che rende Eredità un romanzo di alta letteratura – è che gli eventi cruciali della vita di ognuno accadono in pochi, brevi momenti, ma per analizzarli, comprenderli, accettarli ci vuole un'esistenza intera e talvolta non basta neppure. Un romanzo complesso che ci costringe a guardarci dentro, perché ogni famiglia ha la sua storia, ogni famiglia ha i suoi segreti e i suoi punti d'ombra. Ed è proprio questa vicinanza di Bergljot, la plausibilità del suo racconto, il fatto che possa essere avvicinato all'esperienza di vita di ciascuno di noi, che conquista.

Opera recensita: "Eredità" di Vigdis Hjorth
Editore: Fazi, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Norvegia
Pagine: 374
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9
Colonna sonora sperimentata: Pearl Jam.


giovedì 21 maggio 2020

RECENSIONE: CARLO COLLODI - LE AVVENTURE DI PINOCCHIO. STORIA DI UN BURATTINO


Sinossi:
Le avventure di Pinocchio è il capolavoro di Collodi, il libro italiano per ragazzi più famoso e sicuramente il più tradotto. Questo burattino, ricavato da un pezzo di legno e chiamato Pinocchio, altro non è che l’incarnazione dell’infanzia di ogni tempo e di ogni latitudine: è portato a disobbedire ma anche a correggersi, può farsi influenzare dalle cattive compagnie ma poi distingue fra il bene e il male, dice le bugie salvo pentirsene in seguito, e alla fine il senso della bontà e della giustizia prevalgono in lui e nel racconto. In fondo, come scrisse Benedetto Croce, «il legno in cui è intagliato Pinocchio è l’umanità». Con Le avventure di Pinocchio Collodi realizzò un’impresa più unica che rara: comporre un libro per l’infanzia capace di indurre nei suoi lettori un sentimento di gratitudine e di fedeltà, costante in tutte le stagioni della vita. Le avventure del burattino di legno, del Gatto e della Volpe, della Fata dai capelli turchini, hanno fornito, nel corso del Novecento, profondissimi argomenti di meditazione agli adulti mentre rapivano le fantasie dei bambini. È il destino privilegiato di quei capolavori che rivelano nuove bellezze ad ogni incontro, non esaurendo mai la loro riserva di fascino e mistero.

Commento:
Di tanto in tanto è piacevole rileggere i classici che ci hanno formati, rituffarsi nelle storie che hanno allietato la nostra infanzia. Io l'ho fatto, oggi, rileggendo Le avventure di Pinocchio, il burattino di legno birbante e irriverente che, con le sue disavventure, è così istruttivo per i bambini di ogni generazione. Lo lessi per la prima volta durante le elementari, così come altre storie che mi sono rimaste nel cuore da allora.
Non c'è nulla che non sia stato detto su quest'opera, perciò non aggiungerò altro. Volevo solo condividere con voi un ricordo, un'emozione giovanile che ho riprovato stamattina rileggendo questa storia che, per fortuna di quelli che verranno, rimarrà immortale e verrà letta e riletta ancora nei secoli.

Opera recensita: "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" di Carlo Collodi
Editore: Vari, prima ed. originale 1881-1883
Genere: fantastico, letteratura per ragazzi
Ambientazione: Toscana, XIX secolo
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


mercoledì 20 maggio 2020

RECENSIONE: AA. VV. ANDRà TUTTO BENE


Sinossi:
Oggi la paura ha un nuovo nome: Covid-19. Per sconfiggerlo l’unica strada è rimanere a casa. Tra le quattro mura che ci hanno sempre protetto e che ora, però, sono diventate confini invalicabili. Sono diventate quasi un nemico. E invece, giorno dopo giorno, chi da sempre lavora con le parole ha scoperto che le stanze, le finestre, anche gli angoli più remoti di casa sono ali verso il mondo. Ognuno di loro ha così scelto il modo per dare vita a questa magia.
Dalle loro case, ventisei scrittori tra i più importanti del panorama italiano hanno dato un senso a questi giorni scegliendo di fronteggiare l’emergenza anche con le armi della letteratura. Per portare la loro quotidianità ai lettori che li amano. E hanno deciso di farlo insieme alla casa editrice Garzanti, devolvendo tutto il ricavato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
C’è chi ha voluto parlare delle sue giornate, delle routine consolidate, delle novità che strappano un sorriso. Delle lacrime che non si riescono a fermare, ma anche della forza della natura che scioglie il nodo in gola. Di convivenze forzate, come di distanze dalle persone care che sembrano insormontabili. C’è chi racconta di vicini sconosciuti che non lo sono più e del lavoro che cambia nei suoi strumenti ma non nella sua sostanza. Alcuni ammettono l’errore di aver pensato che non poteva essere tutto vero o danno voce agli animali che, invece, sono felici che sia tutto vero. Altri affidano le riflessioni su questi strani giorni alla voce dei personaggi amatissimi che hanno creato. Tutti sono sicuri che usciremo più consapevoli di quello che è davvero importante e che ci incontreremo, ci abbracceremo e passeggeremo presto tutti insieme. Sono sicuri che la solidarietà sarà il valore che porteremo con noi senza poterne più fare a meno.
Tutti loro sono convinti che le parole, i libri, le storie, uniscono. Creano vincoli invisibili che spezzano ogni barriera. Mentre leggiamo non siamo mai soli. E siamo forti. E tutto appare come sarà. Perché andrà tutto bene.

Commento:
Andrà tutto bene è un po' il mantra che ci siamo ripetuti negli scorsi due mesi (anche qualcosa in più per la verità), ma non è solo questo: è il titolo che Garzanti ha voluto dare ad un'opera letteraria solidale, un ebook che presto diventerà anche libro cartaceo, che comprende ventisei racconti di altrettanti scrittori italiani e stranieri. Il libro, i cui proventi andranno interamente all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, raccoglie racconti, diari, lettere con cui gli autori raccontano la quarantena loro o dei loro personaggi più noti e amati, trasmettendo messaggi di sostegno, positività, cose imparate, cose riscoperte, episodi di vita quotidiana, paure, debolezze, vittorie. Questo, oltre ad essere un gesto di estrema umanità, ce li rende anche più vicini, ce li fa sembrare più umani, non solo personaggi leggendari quasi come quelli che troviamo nelle loro pagine. Perché? Perché leggendo scopriamo di aver vissuto molte delle cose che raccontano, di aver fatto alcune delle loro riflessioni, di condividere timori e speranze.
Un bel libro, una bella iniziativa che non si può non consigliare. E probabilmente, tra qualche anno, quando saremo pronti a farlo, sarà utile e istruttivo riaprire queste pagine, sfogliare le storie e ripercorrere questi giorni bui, per non tornare a ripetere errori e leggerezze.

Opera recensita: "Andrà tutto bene" di Autori vari
Editore: Garzanti, 2020
Genere: raccolta di racconti
Pagine: 352
Prezzo ebook: 9,99 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


martedì 19 maggio 2020

RECENSIONE: GABRIELLA GENISI - GIALLO CILIEGIA (LOLITA LOBOSCO 02)


Sinossi:
Bari, 2010. È la vigilia di una torrida estate e pochi eventi italiani, tranne i vicini Mondiali di calcio, sembrano scuotere il ritmo levantino della città. Il sole è già alto quando due abitanti della Barivecchia si presentano in questura, con l'aria di essere uscite per la prima volta da quelle antiche mura. Lolita Lobosco, finiti i rituali del mattino - le spremute d'arancia e la vista del mare - arriva sul posto di lavoro come sempre di buon umore. Se non fosse per quelle due presenze inquietanti, venute apposta per lei, Lolita sarebbe già a sbrigare la montagna di pratiche che si sono accumulate sulla scrivania. Sabino Lavermicocca, bel pescatore con il vizio delle fujtine amorose, è scomparso nel nulla. Indagando nel mondo sotterraneo e omertoso annidato nel cuore di pietra della medina barese, Lolita si imbatterà in una serie di inquietanti personaggi che la condurranno fino in Montenegro. Affiancata dall'insostituibile Tonino Esposito e dal sedicente sciupafemmine Antonio Forte, la commissaria Lobosco si troverà così invischiata in una pericolosa rete di criminali e sfruttatori.

Commento:
Più sensuale, desiderabile e desiderata che mai, torna Lolita Lobosco, la commissaria barese amante della buona cucina, ghiotta di arance e, visto che siamo a inizio estate, anche di ciliegie.
Lolita si aggira solitaria nel dedalo di strade di Bari vecchia quando si rende conto di essere seguita: una figuretta vestita di nero le punta gli occhi alla schiena e scompare quando lei si gira. La rivede, insieme alla figlia e ad una nipotina, in questura ed è sicura che cerchi lei. La donna, però, non si fa avanti, così è Lolita a prendere l'iniziativa. Va a cercarla e scopre l'arcano: un dolore l'affligge, Sabino, il figlio minore, è scomparso. Pare affare di donne, pare la seconda fuitina amorosa, ma sarà solo questo? Dov'è, veramente, Sabino, quel bel ragazzo con la passione del calcio come Cassano? Tra chat e facebook, crostate e vino rosso, una puntata al mare e una serata a deux, Lolita deve scoprire che fine ha fatto quel ragazzo la cui scomparsa assume contorni sempre più foschi. Un altro bel giallo abbondantemente condito da questioni sentimentali, in una Bari bella e calda come la nostra commissaria. Secondo capitolo che non delude.

Opera recensita: "Giallo ciliegia" di Gabriella Genisi
Editore: Sonzogno, 2011
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Bari, estate 2010
Pagine: 221
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


RECENSIONE: CAMILLA LACKBERG - LA SIRENA


Sinossi:
Un mazzo di gigli bianchi e una busta con un biglietto. L'ennesimo. Impegnato nel lancio del suo romanzo d'esordio, Christian Thydell riconosce sul cartoncino bianco che gli viene recapitato prima di una presentazione la stessa calligrafia elaborata che da oltre un anno lo perseguita, e finisce per crollare. A Erica Falck, sua preziosa consulente nella stesura del libro, confessa di ricevere da tempo oscure lettere anonime. Uno sconosciuto lo minaccia di morte, e il pericolo si fa sempre più vicino. Quando dal ghiaccio lungo la costa viene ripescato il corpo di un vecchio amico di Christian misteriosamente scomparso tre mesi prima, l'ispettore Patrik Hedström si convince che tra i due episodi ci sia una relazione e comincia a indagare. Intanto Erica, in faticosa attesa di due gemelli, decide di seguire una pista tutta sua. Chi meglio di lei conosce la psicologia di uno scrittore? Sa bene che, quando si scrive, si finisce sempre per infilare nella trama anche qualcosa della propria vita. Il presente di Fjällbacka torna a intrecciarsi a drammi che hanno la loro origine in tempi lontani, una fumosa e tormentata concatenazione di cause ed effetti che si trascina negli anni, a conferma che i segreti non si lasciano mai seppellire per sempre e che il passato, inesorabilmente, finisce coll'agguantarti.

Commento:
Sesto romanzo della serie di Erica Falk e Patrik Edstrom, La sirena più che un giallo sembra quasi un noir. Nel volume precedente, avevamo già incontrato di sfuggita Christian Thydell, il bibliotecario di Fjallbacka in procinto di pubblicare il suo primo libro, ma di certo non potevamo immaginare i segreti e i traumi che si portava dentro. Segreti e traumi che erompono prepotentemente sulla scena trascinando Fjallbacka e alcuni suoi abitanti nel delirio più nero. Alcune inquietanti lettere anonime vengono recapitate ad alcuni amici di Christian, uno dei quali viene ritrovato morto dopo che era scomparso da tre mesi. La causa del terrore va cercata lontano, nell'infanzia e nell'adolescenza dei protagonisti, perché per quanto a fondo lo seppelliamo, il passato rimane con noi e qualche volta irrompe nel presente. Un altro giallo di Camilla Lackberg che apre diversi scenari possibili per il futuro: soprattutto nella parte finale ci interroghiamo sulla salute di Patrik che per tutto il libro è apparso stanco e sempre più affaticato e messo alla prova. L'ultima scena con cui il romanzo si chiude, poi, getta un'ombra nefasta su Erica e la sorella. Vedremo, anzi leggeremo nel prossimo volume della serie.


Opera recensita: "La sirena" di Camilla Lackberg
Editore: Marsilio, 2014
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Svezia
Pagine: 446
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


sabato 16 maggio 2020

RECENSIONE: AROA MORENO DURáN - COSE CHE SI PORTANO IN VIAGGIO

Sinossi:
Katia è nata nella Berlino del secondo dopoguerra, in una famiglia di comunisti spagnoli fuggiti dopo la Guerra civile. Insieme alla sorella vive un'infanzia tutto sommato serena, pur tra le numerose difficoltà: l'incontenibile malinconia della madre, la testardaggine del padre, convinto sostenitore dello Stato socialista, e una valigia intoccabile, nascosta sotto il letto, piena di ricordi di cui le figlie devono restare all'oscuro. Nel 1971 Katia lascia clandestinamente la DDR proprio come clandestinamente vi erano entrati i suoi genitori, per seguire un ragazzo dell'«altro lato» di cui si è innamorata, dando ascolto al più irragionevole degli istinti. Non ha ancora vent'anni e quella decisione la separa per sempre dal solo passato che possiede. La sua è una scelta che si configura come un tradimento: fuggendo Katia tradisce la famiglia, la propria storia, il paese in cui è nata, e commette un'azione imperdonabile, che la condanna a vivere senza un'identità, senza le radici che ha dovuto strappare per oltrepassare il Muro... Quali sono le cose che porterà con sé in un viaggio come questo, da cui non c'è ritorno?

Commento:
Ci sono tanti motivi per intraprendere un viaggio. Lo si può fare per svago, vacanza, lavoro, salute, fuga, salvezza. Manuel e Isabel, tra il 1938 e il 1946, il loro Paese lo lasciarono per salvarsi: comunisti, appena sposati, fuggirono dalla Spagna in guerra per rifugiarsi clandestinamente in Germania, a Berlino Est. Tutti i loro ricordi, quelli materiali, sono relegati in una valigia di cartone nascosta sotto il letto, una valigia che non si deve aprire, mai. A Berlino Est sono nate e vivono le loro figlie, Katia e Martina, due sorelle molto diverse, ma accomunate da quei genitori così reticenti a parlare, così amorevoli ma chiusi, riservati, diversi dagli altri, dai tedeschi, perché diverso è il loro vissuto. Sono tante le cose che in casa di Katia non si possono fare e probabilmente è proprio questo senso di rischio, di curiosità che la spinge ad assecondare le attenzioni di un giovane dell'"altro lato": non lo conosce, ma già sente per lui un sentimento che la travolge e che, qualche anno dopo, la spingerà a compiere un viaggio irreversibile. Per lui, per un istinto giovanile, per un colpo di testa, Katia taglierà i ponti con tutto ciò che conosce, con il poco che ha, con la sua famiglia e intraprenderà un suo viaggio personale per passare dall'"altro lato". Cosa porterà con sé? Poche, pochissime cose e una valigia di immagini, ricordi, sensi di colpa. Cosa troverà ad attenderla? Non lo sa.
Quello scritto da Aroa Moreno Durán è un romanzo lieve, fine, delicato che nasconde dietro la patina del non detto la forza della rinuncia, del rischio e l'ineluttabilità dell'irreversibile. Perché quando la scelta da fare condiziona gli altri non è mai senza conseguenze, non è mai indolore e i prezzi da pagare si decuplicano. Un libro da leggere perché tratta alcune pagine poco discusse di storia europea, lo fa dal punto di vista del romanzo, con un tono intimista e forse un po' edulcorato, ma comunque lo fa… è una voce in più e noi di voci che raccontino la storia abbiamo sempre bisogno.

Opera recensita: "Cose che si portano in viaggio" di Aroa Moreno Duràn
Editore: Guanda, 2020
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Germania, 1956-1992
Pagine: 169
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.

venerdì 15 maggio 2020

RECENSIONE: ALEXANDRA LAPIERRE - ARTEMISIA


Sinossi:
Roma, anno 1611. La giovane pittrice Artemisia si batte furiosamente per imporre il suo talento. L'avversario più temibile che le si para di fronte altri non è che il padre, il grande pittore Orazio Gentileschi. Artemisia è il dramma di una passione folle, della tenerezza e dell'odio di due creature incatenate dai legami di sangue. Ma soprattutto è l'avventura di una delle prime pittrici della storia, una donna che infranse tutte le norme per conquistare la gloria e la libertà.

Commento:
Artemisia di Alexandra Lapierre è l'ultimo libro di questa mia carrellata su Artemisia Gentileschi e, a mio parere, il migliore. Si tratta, stavolta sì, di una biografia appassionata più che romanzata, supportata da uno studio lungo e documentato in appendice all'opera. Una biografia vibrante che ci restituisce in pieno il personaggio di Artemisia, il periodo storico in cui visse e le sue relazioni e i suoi contatti. Per chi volesse chiarezza su questa donna così interessante, questo è il libro giusto perché unisce l'attendibilità delle informazioni a quel pizzico di passione lasciato trasparire dalle pagine che, sempre a mio parere, non guasta mai. Lungo, corposo, ma veramente un bel libro.

Opera recensita: "Artemisia" di Alexandra Lapierre
Editore: Mondadori, 2018
Genere: biografia
Pagine: 584
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


martedì 12 maggio 2020

RECENSIONE: ANNA BANTI - ARTEMISIA


Sinossi:
"Per quante forme, per quanti modi diversi possa esprimersi il dolore di una intattezza violata, Artemisia me lo fa intendere in quest'aria di sacrificio e di pericolo che fomenta, con i rimpianti di tutti, il suo rimpianto di risuscitata invano. La nostra povera libertà si lega all'umile libertà di una vergine che nel milleseicentoundici non ha se non quella del proprio corpo integro e non può capacitarsi in eterno di averla perduta. Per tutta la vita essa si adoprò a sostituirla con un'altra, più alta e più forte, ma il rimpianto di quell'unica restò: mi pareva, con quei fogli scritti, d'averlo quietato. Ora ritorna più intenso che mai, con un moto di relitto che appare e dispare sull'onda che lo porta, e, a momenti, sembra che l'acqua limpida l'abbia digerito. Scottata mille volte al bruciore dell'offesa, mille volte Artemisia si fa indietro e prende fiato per lanciarsi di nuovo nel fuoco. Così usava un tempo, così usa oggi con me". Con uno scritto di Attilio Bertolucci.

Commento:
è il terzo libro in breve tempo che leggo su Artemisia Gentileschi, pittrice italiana vissuta tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Questo di Anna Banti è, lo dico senza tema di essere smentita, un libro particolare e sui generis: non è una vera e propria biografia della pittrice, non è neppure un saggio su di lei… è un romanzo? Sì, ma non solo: è quasi una conversazione immaginaria tra la scrittrice e la pittrice che non vuol essere dimenticata, non vuol finire nell'oblio e pretende che la sua storia venga raccontata come vuole lei. Purtroppo, però, non c'è bisogno di aver letto altri libri per capire che il racconto della Banti è pieno di inesattezze, probabilmente ascrivibili al fatto che venne scritto tra il 1944 e il 1947 quando magari non si avevano ancora le stesse conoscenze sulla Gentileschi. Dal canto mio non sono riuscita ad entrare a pieno in sintonia col romanzo, ma non mi sento di sconsigliarlo, dato che è un'opera comunque pregevole. Una buona lettura, in definitiva, purché si sappia che non è una biografia della pittrice.

Opera recensita: "Artemisia" di Anna Banti
Editore: Vari, prima ed. originale 1947
Genere: narrativa italiana
Pagine: 199 (Ed. SE 2015)
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 6,5.


sabato 9 maggio 2020

RECENSIONE: FAY WELDON - LE PEGGIORI PAURE


Sinossi:
Alexandra Ludd, attrice e donna affermata, è appena rimasta vedova. Il marito Ned, un critico teatrale molto in vista, è morto inaspettatamente a causa di un infarto nella loro bella casa di campagna, mentre lei si trovava a Londra. Fino a quel momento il rapporto tra i due sembrava felice e privo di ombre, e ora Alexandra è sconvolta, ma una serie di strani dettagli la obbliga a porsi delle domande: accenni di indizi e mezze parole nel giro di pochi giorni si concretizzano in una verità che sovverte ogni sua convinzione in quanto donna, madre e artista. Una rivelazione dopo l’altra, la protagonista giunge alla definitiva presa di coscienza: le sue amicizie erano false, tutte le sue peggiori paure avevano un fondamento, Ned aveva una vita parallela di cui lei era totalmente all’oscuro. Un libro estremo, esagerato, sostenuto da una scrittura che si muove con sicurezza sul sottile discrimine fra tragedia e ironia e che, attimo per attimo, sembra seguire, più che costruire, il passaggio della protagonista dall’umiliazione alla vendetta. Le peggiori paure spiazza e coinvolge il lettore, tenendolo avvinto fino all’ultima pagina in un crescendo di colpi di scena in cui la complicità e le competizioni femminili sono messe a nudo in un continuo confronto di incomunicabilità con il fragile, ambiguo universo maschile.

Commento:
Se quello che è capitato ad Alexandra Ludd, nella sceneggiatura immaginata da Fay Weldon, fosse capitato a chiunque di noi, non saremmo di certo arrivati alla fine della storia, non avremmo dimostrato il suo autocontrollo… saremmo esplosi molto prima. Ecco, questo mi sento di affermarlo con una certezza prossima al 100% anche senza conoscervi di persona, perché sebbene non sia una santa né la persona più simpatica dell'universo, la quantità di falsità, umiliazioni, tradimenti scoperti da Alexandra dopo la morte del marito Ned avrebbero indotto chiunque a compiere atti inconsulti. Da donna bella, forse un tantino snob e di certo troppo sicura di sé, l'attrice Alexandra Ludd si è trasformata in vedova indesiderata, per nulla compatita e in molti casi persino detestata: una donna accampa diritti su suo marito, si aggira nella sua cucina e porta a spasso il suo cane come se fosse lei la padrona, le amiche sembrano sapere tutto dell'insoddisfazione del marito morto, un'insoddisfazione di cui lei non sospettava nulla; in più si aggiunge il fratello del marito che la tratta con sufficienza se non quasi con aggressività e si mette a girare per casa disponendo e decidendo. E più passano i giorni, più si scoprono altarini dei quali tutti erano a conoscenza, tutti tranne lei, lei che tra gli amici passava per quella che non si accorge mai di niente, tutta presa dal lavoro e da se stessa. Ed evidentemente era proprio così, visto che di colpo Alexandra si ritrova in una realtà che non conosce, che non le appartiene e che la fa sprofondare sempre di più per quanto lei cerchi di recuperare terreno. Una parabola discendente terrificante che la costringerà a prendere decisioni radicali, a malincuore, ma con i migliori auguri a tutti. Le peggiori paure, lo scoprirà con terrore Alexandra, qualche volta si possono avverare, ma può anche accadere che la realtà si metta d'impegno per superarle. Una scrittura sicura, ironica, apparentemente piatta ma in realtà mordace, che trasforma l'apoteosi della tragedia in un romanzo grottesco in cui persino i dettagli sessuali più torbidi assumono una connotazione sarcastica e surreale. Un libro godibile che dà molti spunti di riflessione.

Opera recensita: "Le peggiori paure" di Fay Weldon
Editore: Fazi, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Inghilterra
Pagine: 270
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8
Colonna sonora sperimentata: The Beatles.


venerdì 8 maggio 2020

RECENSIONE: TIZIANA AGNATI - ARTEMISIA GENTILESCHI


Sinossi:
Un dossier dedicato ad Artemisia Gentileschi. Nel sommario "La fortuna di Artemisia", "Un talento precoce", "Firenze, Genova e Venezia", "Roma: 16221630", "Tra Napoli e l'Inghilterra". Come tutte le monografie della collana "Dossier d'art", una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.

Commento:
Una biografia d'arte che si propone di essere schematica e completa e di compendiare le notizie sulla Gentileschi, ma che a parer mio non raggiunge l'obiettivo sperato. Sempre secondo l'opinione di una non addetta ai lavori, questa breve biografia è sì oggettiva e si legge rapidamente, ma risulta confusionaria e asettica: se non fosse per l'utile quadro cronologico non avrei saputo seguire una linea temporale e, nonostante non sia il primo scritto che leggo su quest'artista, ad un certo punto mi sono sentita spaesata. Non la consiglio né la sconsiglio: ha i suoi pregi, ma io non ne sono rimasta soddisfatta.

Opera recensita: "Artemisia Gentileschi" di Tiziana Agnati
Editore: Giunti, 2014
Genere: Dossier
Pagine: 52
Prezzo: 4,90 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 6.


mercoledì 6 maggio 2020

RECENSIONE: SUSAN VREELAND - LA PASSIONE DI ARTEMISIA


Sinossi:
"La passione di Artemisia" narra dell'incessante lotta della prima grande pittrice celebrata e riconosciuta nella storia dell'arte: Artemisia Gentileschi, la donna che, in un mondo ostile alle donne, riuscì a imporre la sua arte e a difendere strenuamente la sua visione dell'amore e dell'esistenza. Violentata dal suo maestro, Artemisia subì, nel corso della sua vita, non soltanto l'onta di un processo pubblico nella Roma papalina, e l'umiliazione di un matrimonio riparatore con Pietro Stiattesi, artista mediocre, ma anche un duro, terribile confronto con il suo avversario più temibile: il grande pittore Orazio Gentileschi, suo padre.

Commento:
Artemisia Gentileschi fu pittrice fra i pittori, donna fra le donne, fu macchiata dall'onta dello stupro del suo maestro, fu esposta al pubblico come la peggiore prostituta, fu insultata e derisa dalla sua città, ma ciò che più di tutto la ferì fu il comportamento di suo padre. Quel padre maestro, anche lui pittore, che tanto lei venerava e che tanto le aveva insegnato nella pittura, aveva scambiato la sua reputazione per un quadro rubato; aveva pensato ai suoi interessi invece che all'onore della sua unica figlia condannandola al disonore e a un matrimonio di convenienza. Un matrimonio che la allontanò da Roma e la portò a Firenze, al fianco di un marito pittore anche lui, invidioso, libertino e incapace di amarla davvero. Con quest'uomo Artemisia ebbe una figlia, Palmira Prudenzia, da lei tanto amata, ma poco incline alla pittura. Cambiò città, committenti, fu apprezzata ovunque andasse, strinse amicizie illustri, ma rimase sempre se stessa, fedele alla sua arte e al suo sentire. Una figura da studiare, da riscoprire e analizzare. La passione di Artemisia non è una biografia vera e propria, bensì un romanzo sulla vita di questa donna così forte in un mondo che non ama le donne. Un ottimo punto da cui partire per conoscerla.

Opera recensita: "La passione di Artemisia" di Susan Vreeland
Editore: Neri Pozza, 2002
Genere: narrativa straniera, biografia romanzata
Ambientazione: Italia, a cavallo tra fine XVI e XVII secolo
Pagine: 318
Prezzo: 16,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

lunedì 4 maggio 2020

RECENSIONE: NAWAL AL-SA'DAWI - MEMORIE DI UNA DONNA MEDICO


Sinossi:
Figura faro della letteratura egiziana, nata nel 1931 in un piccolo villaggio sul delta del Nilo, Nawal al-Sa‘dawi ha la mente affilata come una spada. E con quest’arma, l’arma dell’intelligenza e della scrittura, ha combattuto fin dall’infanzia una battaglia contro l’emarginazione sociale, contro il sistema politico, contro il pensiero retrogrado e contro le indicibili violenze perpetrate contro le donne. Nel suo Memorie di una donna medico, pubblicato nel 1958 e tradotto in America alla fine degli anni Ottanta, si chiede: “Perché da piccola ero triste all’idea di non poter volare come le colombe e non sopportavo quelle perdite di sangue che sporcavano le donne ogni trenta giorni?”. Così cominciò prestissimo la sua lotta contro gli ingranaggi che le stavano divorando i primi anni di vita: dal non poter fare i giochi dei maschi al dover indossare un abito bianco per un forzato fidanzamento… che Nawal al-Sa‘dawi rifiuta con forza. Fugge via! Fugge dall’autorità paterna e materna, dai vincoli famigliari, dagli affetti che possono rivelarsi una prigione, si taglia i capelli cortissimi, si chiude nel suo mondo di libri e di solitudine, si laurea brillantemente in medicina e diventa un medico di successo. Bellissime le pagine che descrivono il suo contatto con la malattia e con la morte, che tocca con mano eseguendo autopsie, che tocca con l’anima compartecipando alla sofferenza altrui. Con sguardo costantemente critico Nawal al-Sa‘dawi ci conduce nella sua straordinaria biografia, che è quella di una donna dolce e forte, compatta e lacerata a un tempo, fino al momento in cui anche per lei, così apparentemente cinica e distante, arriverà l’amore. Tuttora considerata una delle opere fondamentali del pensiero femminista arabo, Memorie di una donna medico affronta temi e questioni che sono ancora pericolosamente attuali.

Commento:
Ho aperto questo libro senza sapere assolutamente cosa aspettarmi: non conoscevo la trama, non sapevo nulla dell'autrice (mea maxima culpa), avevo letto qualche frammento qua e là quando uscì la traduzione italiana ormai quasi un anno fa. Poi oggi avevo voglia di un libro breve che parlasse di donne, così l'ho ripescato dal mio iPad delle meraviglie ed aprendolo mi sono imbattuta in questo incipit:
" Sono entrata in conflitto con la mia femminilità molto presto, prima ancora di diventare una donna, prima ancora di scoprire qualcosa su di me, sul mio sesso e sulle mie origini; quando ancora non conoscevo il nome della cavità che mi aveva contenuta prima che fossi espulsa in questo immenso mondo. Allora sapevo soltanto che ero una bambina, come mia madre ripeteva tutto il santo giorno. E la parola “bambina” per me significava una sola cosa: che non ero un bambino, non ero come mio fratello". Inutile dire che non mi sono più staccata dalle pagine: la storia di Nawal – sì, perché questa è un'autobiografia – mi ha conquistata, avvinta, stregata. Ma più della sua forza, della sicurezza, della capacità di mettersi in discussione e di continuare a cercare la propria personalissima dimensione senza arrendersi, ciò che mi ha letteralmente soggiogata è il suo modo di scrivere. Lo so, questa è – sebbene ottima – pur sempre una traduzione, ma l'energia che sgorga da queste pagine, di più, da queste parole è qualcosa che trascende la lingua, è una scossa elettrica in grado di smuovere qualunque animo dormiente o intorpidito. Viene voglia, leggendo la vita e le battaglie personali, familiari, sociali, sentimentali di Nawal, di intraprendere le proprie. Viene voglia di muoversi, di fare, di riappropriarsi della propria vita, di esercitare la potenza della propria volontà, esattamente come fa lei. Sin da bambina, Nawal ha lottato contro la repressione della personalità, contro la considerazione della donna come essere diverso dall'uomo, succube, remissiva, una pupa da venerare e poi usare per il matrimonio e la procreazione. Ha lottato, Nawal, con l'intelligenza, la caparbietà, la bravura, la professionalità ed è diventata un medico di successo. Non le è bastato, ha voluto continuare a cercare, a cercarsi dentro e laffuori, nel mondo; ha continuato instancabilmente a voler saziare la fame di desiderio, femminilità sopita, amore, equilibrio, serenità che le ardeva dentro, finché non ci è riuscita. Anche lei ha trovato l'oasi e nel farlo ha fatto venire voglia a tutte noi di cercarla. Un libro scritto nel 1958 che non smette, per molti versi, di essere attuale, e non importa che l'autrice sia egiziana: molti dei soprusi da lei raccontati - sebbene in modo diverso – vengono ancora subiti da molte donne di oggi. Consigliare questo libro per me è un obbligo, per voi leggerlo sarà un regalo a voi stessi.


Opera recensita: "Memorie di una donna medico" di Nawal Saadawi
Editore: Fandango, ed. originale 1958, ed. italiana 2019
Genere: autobiografia
Ambientazione: Egitto
Pagine: 106
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.