Sinossi:
Piera Carlomagno tesse in questo nuovo noir una magistrale trama di ombre
in cui stavolta anche l’indomita Viola Guarino, anatomopatologa e un po’
strega, faticherà a non restare invischiata.
Gli ultimi istanti di quiete,
l’ultimo lampo di spensieratezza: è l’inizio del pranzo di fine estate che
Marina Pietrofesa Cortese, matriarca ottantenne, ha imbandito per la famiglia,
in uno degli eleganti lidi della costa ionica lucana. Certo è strano che Wlady,
nipote prediletto di Marina, non sia arrivato, ma la sua assenza è solo
un’increspatura nell’atmosfera dorata che avvolge quella famiglia di antichi
latifondisti. Ben diversa la giornata di Viola Guarino, chiamata ad analizzare
una scena del crimine che sembra una quinta teatrale: il professor Vittorio
Ambroselli ucciso come Marat nella vasca da bagno della sua casa ricca di opere
d’arte. Uno come Ambroselli, riflettono gli inquirenti, tra cui l’affascinante
sostituto procuratore Loris Ferrara, poteva avere molti nemici: era il fisico
della Fossa Irreversibile in cui, a pochi chilometri da lì, negli anni
Cinquanta, erano state nascoste le scorie nucleari americane. E quando viene a
galla la relazione di sua figlia diciassettenne, Ginevra, con il giovane Wlady
– la cui assenza comincia ad assumere i contorni di una scomparsa – i due casi
appaiono inequivocabilmente collegati. La soluzione si trova solo nel presente
o in un passato che, come le scorie nucleari, è sepolto nelle profondità della
colpa? L’ultima estate dell’innocenza: un evento, un’esperienza, un topos che
per i protagonisti di questa storia torna e si ripete come una maledizione.
Commento:
Non mi soffermerò oltre sulla trama,
già sufficientemente svelata dal risguardo di copertina… Rileggendola a
distanza di giorni dalla lettura del romanzo, però, mi viene in mente una
considerazione che voglio condividere con voi, a commento di una storia nera
che, oltre a farmi ritrovare con grande piacere Viola Guarino, mi ha lasciato
dentro una tristezza nuova. La mia considerazione – che dà poi la stura a varie
riflessioni - riguarda l'importanza dei titoli: sin dal momento in cui ho appreso
– dalla bacheca Facebook dell'autrice – della pubblicazione di questo terzo
episodio della serie, ho avvertito qualcosa di disturbante nel titolo. Ho
realizzato solo ora, a lettura conclusa ed a storia sedimentata, che si trattava
della parola "freddo". Era come se, in un romanzo ambientato in Lucania,
per giunta in estate, fra natura lussureggiante, tramonti da favola e città accoglienti
e bellissime, questo termine stonasse, stridesse rispetto all'insieme. E invece…
invece no. Invece questo termine mi ha accompagnata per tutta la lettura e
anche dopo: rimaneva lì, dietro la coscienza, come una percezione altra e
costante, mentre registravo i cambi di ambientazione (stavolta siamo sul lato
ionico della regione), un distacco, una cupezza e una malinconia maggiore nella
protagonista, una maggiore crudezza nella trama e nella "scenografia"
dell'omicidio rispetto agli altri finora trattati da Viola… Era sempre lì, quel
freddo, mentre notavo il cambio – probabilmente impercettibile a chi non avesse
letto i romanzi precedenti con la mia stessa attenzione (e ammirazione) – nel tono
della prosa dell'autrice, sempre elegante, ricercata, sofisticata, ma stavolta
più altera. È quasi come se Piera Carlomagno abbia voluto prendere emotivamente
le distanze da quanto racconta qui per non edulcorare le vicende, per non
ammantarle di umanitas o pietas e così cristallizzandole e conferendo loro un'ineluttabilità
nuova. Non c'è scampo, non speranza, non facile via d'uscita: non si sfugge dal
passato, da ciò che si è, dalle azioni che si compiono. È, probabilmente,
questo il messaggio ultimo di questa storia mediterranea, sì, ma nera che più
nera non si può… nera come il fondo di una fossa, o meglio, se è vero che le
parole hanno un peso, una fossa irreversibile. Il legame tra Viola, le vittime,
il passato, la storia qui si evolve, va oltre la comprensione della
caratteristica rassegnazione lucana di cui vi parlavo recensendo Una favolosa
estate di morte; va persino oltre la malia e il fascino nero che ci conduce
alla terra attraverso l'antico, come avveniva in Nero lucano… qui siamo alla
resa dei conti, un po' come accade tra Loris e Viola: bisogna decidersi a
guardarlo in faccia, quel fondo, altrimenti sarà impossibile riemergere. E
forse sarò fatalista, è certamente un caso che questa storia sia uscita in autunno,
ma – a differenza delle recensioni precedenti – oggi non vi dirò che questo
libro sarà un'ottima compagnia nei caldi pomeriggi estivi e neppure in quelli
freddi d'inverno… Questo è un libro che va letto solo se si ha la convinzione e
la forza di guardare in faccia la realtà: oltre ad un Sud da cartolina, tutto folclore
e sensualità, c'è altro. Ma scavare costa fatica e gli scenari che si potrebbe
essere costretti ad ammirare potrebbero non essere del tutto piacevoli. E, ve
l'assicuro, voltare la cartolina a faccia in giù e richiudere il cassetto
potrebbe non essere così facile.
Opera recensita: "Il taglio
freddo della luna" di Piera Carlomagno
Editore: Solferino, 2022
Genere: noir, seriale
Ambientazione: Lucania
Pagine: 352
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.