domenica 27 gennaio 2019

RECENSIONE: MARCO PAOLINI - AUSMERZEN. VITE INDEGNE DI ESSERE VISSUTE


Sinossi:
Dopo lo spettacolo "Ausmerzen", anche per rispondere alle domande che lo spettacolo stesso aveva creato, Marco Paolini si è immerso per un anno nella scrittura, rielaborando e tessendo in narrazione una mole enorme di dati, alcuni dei quali - tra i più sconvolgenti - quasi sconosciuti. L'interrogazione su eugenetica, scienza ed etica, e sulle politiche del potere si fonde nel racconto. Un narratore appassionato, pieno di sdegno e pudore, e non privo di humour, ci consegna così un libro di feroce potenza, destinato a diventare necessario. Per tutti. Con uno scritto di Mario Paolini.

Commento:
Dopo aver visto su youtube, un paio d'anni fa, l'omonimo spettacolo realizzato sempre da Paolini ed andato in onda su Lasette, mi era rimasta la voglia di leggere il libro, di approfondire.
Come dice Paolini, questa è roba che fa male, ci vuole uno sforzo per rimetterci mano. Perché lo sappiamo che ci fu uno sterminio, che ci furono i campi di sterminio, che ci morirono milioni di persone. Ma qui si parla di persone considerate difettose, cui non fu data né una prima né una seconda possibilità, di vite indegne di essere vissute, di coloro che morirono prima degli zingari, degli ebrei, degli omosessuali, degli antinazisti, e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che tutto il resto era finito. Action T4 si chiamava il progetto pensato per eliminarli (Ausmerzen vuol dire appunto questo): oggi se ne parla poco e in ambienti settoriali e specifici. Perché? Perché fa male anche solo pensarci. Fa male pensare che qualcuno (molti) ritenesse che non vi fosse una sola ragione per lasciare in vita disabili – bambini e adulti – per la maggior parte tedeschi, che tutti – anche i civili, i normali cittadini – sapessero, che ad occuparsene furono tedeschi (non necessariamente nazisti) tra cui infermiere, medici, suore! Eppure è successo, una barbarie nella barbarie, insensata ed atroce. E ci sono i rapporti, i documenti che dimostrano che sì, chi c'era sapeva cosa accadeva. Tutto trova fondamento nelle ricerche di eugenetica di Galton e Bell, non in Germania, ma in America. Alla Germania non l'esclusiva, ma la palma d'oro per l'applicazione e la diffusione delle idee di annientamento delle vite indegne di essere vissute, con i suoi centri all'avanguardia, la sua medicina di eccellenza, i suoi psichiatri iperprogressisti, il libricino di un medico e un giudice e quell'altro libro, quello scritto da un futuro dittatore, che sembrava tanto lo "sfogo impotente di gente che abbaia ma non morde in un momento in cui le cose vanno male". Sappiamo tutti come finì.
C'è la crisi, c'è poco per tutti, allora perché dividere quel poco anche con chi costa e non produce? Con il "mangiatore inutile", il cieco, il sordo, il pazzo, lo storpio, lo psicopatico? Così, nel 1933 in Germania venne promulgata la legge per la sterilizzazione di coloro che furono definiti "geneticamente inaccettabili" e dopo il 39 si passa dalla sterilizzazione all'eliminazione. E un bel giorno il tuo medico di famiglia bussa alla tua porta e ti dice che c'è la possibilità di un trattamento innovativo per tuo figlio disabile; tu firmi l'imprescindibile consenso, tuo figlio parte e tu pensi: "avrò fatto la scelta giusta?". Dopo un po' ti arriva una lettera dall'ospedale che ti comunica un trasferimento improvviso, ordinato dal commissario del Reich e che l'ospedale non sa dove sia stato mandato tuo figlio. O magari nella lettera ti comunicano che tuo figlio è morto per cause naturali e che, data la gravità della sua patologia la morte è da considerarsi una liberazione. Indichi, signora, a quale cimitero inviare l'urna con le ceneri. Trecentomila vite bruciate così. E no, non ci sono giustificazioni che tengano. Parole d'ordine: efficacia e segretezza; la macchina è ben oleata, funziona tutto a meraviglia. Tutti conosciamo Auschwitz, Bukenvald, Birkenau, ma quanti conoscono Arteim, Grafenet, Adamar, Caffbeuren, Brandemburg? Eppure furono questi i centri di uccisione teatro di questi omicidi di massa: macelli travestiti da cliniche in cui si sperimentarono, prima del grande utilizzo, camere a gas e forni crematori.
Il libro di Paolini non vuole – e non può – essere una trattazione esaustiva della questione, né si può dire che sia la pubblicazione più obiettiva su questa storia. Si vuole, qui, cercare di ricostruire come andò, raccontare una storia – una realtà – conosciuta da troppo poche persone. Si legge in un pomeriggio, ma i brividi, il dolore e lo sconquasso che si lascia dietro sono difficili da digerire. E sbaglia chi liquida tutto questo come passato: è qualcosa che ci appartiene, ci passa vicino, è dentro di noi. E serve parlare, leggere, ascoltare, perché ha ragione Primo Levi: è necessario conoscere, perché ciò che è accaduto può accadere ancora.

Opera recensita: "Ausmerzen" di Marco Paolini
Editore: Einaudi, 2012
Genere: saggio
Ambientazione: Germania
Pagine: 176
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


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