giovedì 30 novembre 2017

RECENSIONE: ORHAN PAMUK - IL MIO NOME E' ROSSO


Sinossi:

Istanbul, 1591. Tra i miniaturisti e illustratori al lavoro nel Palazzo del Sultano si nasconde un feroce assassino. Per smascherarlo Nero è disposto a

tutto, anche a rischiare la vita. Perché se fallisce, per lui non ci sarà futuro con la bella Sekure, non ci sarà l'amore che ha sognato per dodici anni.

 

Commento:

Semplicemente meraviglioso. Un libro che è insieme romanzo storico, giallo, libro d’arte, poema epico e storia di fantasia. Siamo nella misteriosa ed infida Istanbul, città il cui fascino di luci ed ombre non muta nei secoli. Tra queste strade e queste case piene della più varia umanità, vengono compiuti due efferati omicidi, entrambi legati fra loro ed al mondo della miniatura, nonché ad un libro misterioso che il Sultano ha ordinato ad un vecchio maestro miniaturista. Proprio il mistero sui disegni e sulla storia scatena la curiosità e la gelosia dei miniaturisti che tra loro si considerano come fratelli, ma che non perdono occasione per affermare la loro bravura e la superiorità rispetto agli altri. Ad infiammare questo clima di ostilità più o meno latenti si insinuano le malignità di certi predicatori che sobillano le folle e, nondimeno, la diffidenza verso il nuovo stile europeo che il sultano sembra preferire rispetto all’antica arte della miniatura tramandata per secoli. Chi avrà commesso gli omicidi? Chi avrà trafugato l’ultimo disegno con il ritratto del Sultano? Il compito di scovare l’assassino sarà affidato al giovane Nero Efendi, tornato in città dopo dodici anni ed ancora molto innamorato della bella Secure, figlia del maestro miniaturista incaricato di illustrare il libro segreto. Arte, storia, mitologia, religione si fondono in una storia fatta di tante storie, raccontate dal coro di voci dei protagonisti – reali o fantastici – di questa storia. Così la trama principale si mescola ai ricordi dei vecchi maestri miniaturisti, ai poemi epici che stanno alla base della cultura persiana e medioorientale, alle descrizioni dei diversi stili adottati dagli antichi maestri persiani, da quelli di Erath, dai cinesi ed ora dagli europei. Tutto questo genera una mescolanza di culture e di epoche che, agli occhi inesperti di un lettore digiuno di arte e bellezza, risulta di un fulgore abbagliante che stordisce. La penna sapiente di Pamuk ci regala una lunga boccata di tranquillità pur raccontandoci storie per nulla tranquille. Anche mentre vaghiamo nella notte infida tra i vicoli più neri e fatiscenti non possiamo non sentire l’aura protettiva di una città che avvolge ed ammalia. Un libro davvero ben scritto, forse un po’ complesso perché parla di cose non proprio alla nostra portata, ma che coinvolge ed appassiona. “Il mio nome è rosso” si fa leggere velocemente nonostante le numerose vicende descritte, le storie parallele, i tanti riferimenti artistici e mitologici. E nonostante tutta quest’arte, non veniamo distolti dalla ricerca dell’assassino che, vi assicuro, confonde e destabilizza.

Lettura altamente consigliata, nonostante la sua difficoltà.

 

Opera recensita: “Il mio nome è rosso” di Orhan Pamuk

Editore: Einaudi, prima ed. 1998-prima ed. italiana 2001

Genere: giallo storico

Ambientazione: Istanbul, 1591

Pagine: 450 (ed. 2005)

Prezzo: 13,50 € (ed. 2005)

Consigliato: sì.

 

lunedì 27 novembre 2017

RECENSIONE: ISABEL ALLENDE - OLTRE L'INVERNO


Sinossi:

Brooklyn, ai giorni nostri. Durante una tempesta di neve, Richard Bowmaster, professore universitario spigoloso e riservato, tampona la macchina di Evelyn

Ortega, una giovane donna emigrata illegalmente dal Guatemala. Quello che sembra solo un banale incidente prende tutt’altra piega quando Evelyn si presenta

a casa del professore per chiedere aiuto. Smarrito, Richard si rivolge alla vicina, che conosce a malapena, Lucía Maraz, una matura donna cilena con una

vita complicata alle spalle. Lucía, Evelyn e Richard, tre persone molto diverse tra loro, si ritrovano coinvolte in un thriller dalle conseguenze imprevedibili.

Tre destini che Isabel Allende incrocia per dare vita a un romanzo mozzafiato e molto attuale sull’emigrazione e l’identità americana, le seconde opportunità

e la speranza che, oltre l’inverno, ci aspetti sempre un’invincibile estate.

 

Commento:

Lucia, Richard, Evelyn. Tre vite diverse ma infondo simili, tre sofferenze non del tutto sopite, tre destini che si incrociano per caso in un week-end di tormenta nella Brooklin paralizzata dalla neve di inizio 2016.

Lucia è una sessantaduenne cilena che, dopo una vita di sofferenze e di perdite, vuole vivere a pieno i giorni, i mesi, gli anni che le restano, con la consapevolezza che saranno sempre meno di quelli che vorrebbe a sua disposizione.

Richard è un uomo routinario, ipocondriaco, che vorrebbe avere sotto controllo tutto ciò che lo circonda per non dover più essere sorpreso dagli inconvenienti della vita. I sentimenti per lui sono off limits e vorrebbe arrivare al giorno della sua morte nel modo più ordinario possibile, anzi, sarebbe contento se potesse decidere lui quando e come morire. Due vite che si guardano, si osservano e probabilmente non  avrebbero mai il coraggio di avvicinarsi, se non fosse che una sera… una buffa ragazzetta balbuziente, Evelyn Ortega, sconvolge, suo malgrado, le loro esistenze con tutto il suo carico di segreti e sofferenze coinvolgendoli in un’avventura dalla dubbia legalità, ma che li porterà inevitabilmente a conoscersi di più.

Un libro che tratta temi importanti come l’immigrazione, la violenza sulle donne, l’arrivo della vecchiaia, i sentimenti… Non si tratta proprio di una storia originalissima, la Allende affronta questi argomenti in altri suoi libri, ma in “Oltre l’inverno” riesce ad imbastire una storia che è un po’ thriller e un po’ romanzo d’amore e che fa emozionare. Isabel Allende racconta la sofferenza passata e presente con la delicatezza di chi ha provato il dolore sulla propria pelle e con la forza di chi si è rialzato ed affronta la vita ogni giorno con passione e tenacia. Attraverso le vite di Lucia, Richard ed Evelyn l’autrice ci guida nel sondare il mondo dei soprusi di chi è costretto a fuggire lontano dal proprio Paese, quello del dolore e del senso di colpa per un errore che ha cambiato la vita sua e di chi gli è vicino, quello di chi ha voglia di riappropriarsi della sua vita e magari di innamorarsi ancora. Un buon libro, dunque, che si fa leggere agevolmente e che lancia un messaggio di speranza: insieme si può superare l’inverno e vivere ancora una nuova estate. A dispetto del freddo ispirato dalle atmosfere innevate, queste pagine scaldano il cuore.

 

Opera recensita: “Oltre l’inverno” di Isabel Allende

Editore: Feltrinelli, 2017

Genere: narrativa internazionale-thriller

Ambientazione: Stati Uniti-Cile-Guatemala

Pagine: 304

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì.

sabato 25 novembre 2017

RECENSIONE: ERICA JONG - PAURA DI VOLARE


Sinossi:

Pubblicato negli Stati Uniti nel 1973, "Paura di volare" assunse immediatamente le fattezze del caso letterario, tanto che Henry Miller lo salutò come

l'equivalente femminile di "Tropico del cancro". Il romanzo narra le vicende di Isadora Wing, una donna di quasi trent'anni che comincia a intravedere

i segni inesorabili del tempo che passa e si ritrova per la prima volta a fare un bilancio della sua vita. È una donna bella, appassionata e sensuale,

ma con una tremenda paura di se stessa. Paura di fuggire dalle convenzioni di una vita matrimoniale ormai in crisi, ma che la pone al riparo dalle ombre

della solitudine. Sarà l'incontro con Adrian, psicanalista lainghiano e anticonformista, a scuoterla dal torpore delle sue sicurezze. Con humour, grazia

e leggerezza Erica Jong ci racconta la New York radicai degli anni 70 alle prese con il femminismo e la psicanalisi, mentre Isadora, pagina dopo pagina,

acquista sempre più consapevolezza di se stessa insieme alla libertà di vivere lontana da ogni pregiudizio.

 

Commento:

Ecco un romanzo che ha deluso completamente le mie aspettative. Data la fama dell’autrice e di questo libro in particolare, considerato un manifesto del femminismo e della libertà di espressione negli anni 70, ero davvero curiosa di leggerlo, ma ora che, dopo averlo cominciato ed interrotto per ben tre volte, l’ho portato a termine al quarto tentativo sono delusa. Mi aspettavo un romanzo erotico che mi lasciasse un messaggio innovativo, non un flusso di coscienza a base di sesso, fantasie sessuali e insoddisfazione cronica. So di non essere gentile con la protagonista, Isadora Wing, che probabilmente incarnava la donna progressista ma ancora bloccata da se stessa che viveva negli anni sessanta e settanta, so anche che questo libro che a noi oggi può sembrare superato ed inconcludente, quando fu pubblicato costituiva una vera novità nonché un azzardo non indifferente. Pur sapendo tutto questo io non mi sento di consigliarlo ad un lettore o a una lettrice di oggi, perché l’ho trovato troppo kitsch ed a tratti eccessivamente ed immotivatamente volgare… eppure non è il primo romanzo erotico che leggo e non mi scandalizzo di certo.

La protagonista poi, Isadora, non mi è simpatica: è perennemente insoddisfatta, non sa cosa vuole, è eccessivamente umorale, è egoista, impulsiva, piagnucolosa, contraddittoria all’inverosimile. E’ ebrea ma non si sente tale tranne quando si trova in Germania; è sessualmente insaziabile ma basta un niente perché il suo partner del momento non le vada più a genio; è sposata ma cerca un uomo con cui scappar via e quando l’ha trovato non sa decidere se vuole lui o il marito; vuole la libertà ma non sa stare sola… uffffff che fatica di donna! Mi risulta insopportabile e non bastano due pagine di antisemitismo, qualche battuta fintamente femminista o le analisi sulla madre o il primo marito a farmela piacere.

E’ un vero peccato e so di andare controcorrente con la maggior parte delle persone che hanno letto questo libro, ma io decisamente non lo consiglio. Peccato, peccato davvero.

 

Opera recensita: “Paura di volare” di Erica Jong

Editore: Bompiani, prima ed. originale 1973, prima ed. italiana 1978

Genere: narrativa americana – romanzo erotico

Ambientazione: Europa

Pagine: 428 (ed. Bompiani 2013)

Prezzo: 10,50 € (ed. Bompiani 2013)

Consigliato: no.

 

mercoledì 22 novembre 2017

RECENSIONE: DANIEL SANCHEZ PARDOS - IL SEGRETO DI GAUDì


Sinossi:

Ottobre 1874. Dopo diversi anni di esilio a Londra, Gabriel Camarasa, è appena rientrato con la famiglia in una Spagna sconvolta dalle lotte dinastiche.

A Barcellona i Camarasa sono tornati per volontà del padre, proprietario di un giornale scandalistico, «Notizie illustrate». Gabriel non va molto d’accordo

con il padre, né apprezza la rivista che lui finanzia, se non fosse per la bella illustratrice che ci lavora, l’affascinante e sfuggente Fiona Begg, alla

quale è legato da un complicato rapporto che ha radici nel periodo londinese. Per un caso fortuito, Gabriel incontra uno studente del secondo anno di Architettura,

un giovane tanto strano quanto brillante, Antoni Gaudí. Affascinato da lui e dall’aurea di mistero che sembra circondarlo, Gabriel non si accorge della

strana situazione che si sta creando in casa sua, delle preoccupazioni sempre più grandi che sembrano gravare su suo padre, finché la situazione non precipita

e il suo mondo non si capovolge. E Gabriel si trova a dover rispondere a domande terribili… Suo padre ha fatto davvero quello di cui è accusato? E soprattutto:

chi è veramente Antoni Gaudí? Dove passa le sue notti quando di lui si perdono le tracce? Perché sembra conoscere così bene i bassifondi di Barcellona

e frequenta individui così poco raccomandabili? Quale segreto conosce che potrebbe portare addirittura alla distruzione della celebre Cattedrale del Mare?

Gabriel può veramente fidarsi di lui e della bellissima Fiona?

 

 

Commento:

Barcellona 1874. Mentre cresce il fermento per una situazione politica instabile e destinata a cambiare a breve, strani avvenimenti accadono intorno alla famiglia del giovane Gabriel Camarasa, neostudente di architettura tornato nella sua città da appena due settimane dopo un lungo e forzato periodo londinese. Testimone involontario del primo di questi eventi, un incendio al giornale concorrente a quello dei Camarasa, è il giovane studente dall’abbigliamento impeccabile e dall’acuta osservazione, Antoni Gaudì. Ben presto tra Gabriel e Antoni nascerà una forte amicizia, destinata a durare e a condurli attraverso situazioni che nessuno dei due avrebbe immaginato di vivere. L’instabilità politica, gli intrighi di potere, i tradimenti sono molto più vicini di quanto l’ingenuo Gabriel Camarasa potesse mai credere e, con l’aiuto del nuovo amico, il giovane scoprirà cose della sua famiglia e di se stesso che forse avrebbe preferito non sapere, fino a giungere ad un finale rocambolesco e sorprendente che rischia di sconvolgere la storia.

Attraverso la voce, gli occhi, i pensieri di Gabriel Camarasa, ci muoviamo tra i vicoli di una città senza tempo, in bilico tra passato e futuro, viva, misteriosa e affascinante come poche, che mescola sapientemente miseria e nobiltà, tradizione e progresso, bellezza e sudiciume. Sempre attraverso Gabriel, conosciamo un personaggio straordinario, dalle mille risorse e sfaccettature, capace di parlare con la stessa naturalezza con un mendicante, una signora borghese e una ballerina dai dubbi costumi, un uomo non convenzionale, dall’intelligenza sottile e poliedrica, che si interessa con egual intensità di architettura, fotografia ed esoterismo, ma anche un uomo dal grande cuore capace di farsi stregare da un’inglese dalla fluente chioma fulva. Tutto questo e molto altro è Antoni Gaudì, l’artista che tanto ha fatto parlare di sé per le sue opere e per l’innovatività delle sue teorie. Daniel Sanchez Pardos ce lo presenta qui come uomo, come ragazzo, prima ancora che come artista, regalandoci un ritratto a tutto tondo della sua personalità e del contesto storico e culturale in cui vive. Questo giallo storico dall’andatura pacata e inarrestabile ci riporta in una Barcellona antica e moderna al cui interno pulsano le anime più diverse: carlisti, anarchici, neoborbonici, repubblicani, artisti, mendicanti, strilloni, giornalisti, nobili.

La scrittura sicura e ben dosata di Sanchez Pardos permette di soffermarsi a pensare, ad immaginare, di affezionarsi ai personaggi ben delineati, di vivere insieme a Gabriel e Antoni gli eventi normali e straordinari raccontati in queste pagine. Una lettura gradevole che regala qualche bella emozione.

 

Opera recensita: “Il segreto di Gaudì” di Daniel Sanchez Pardos

Editore: Corbaccio, 2016

Genere: giallo storico

Ambientazione: Barcellona, 1874

Pagine: 462

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì.

 

domenica 19 novembre 2017

RECENSIONE: PHILIP ROTH - PASTORALE AMERICANA


Sinossi:

Seymour Levov è alto, biondo e atletico. Malgrado sia di origine ebraica al liceo lo chiamano "lo Svedese". Negli anni '50 sposa miss New Jersey, avviandosi

ad una vita di lavoro nella fabbrica del padre. Nella sua splendida villa cresce Merry, la figlia cagionevole e balbuziente. Finché arriva il giorno in

cui le contraddizioni del paese raggiungono la soglia del suo rifugio, devastandola. La guerra del Vietnam è al culmine. Merry sta terminando la scuola

e ha l'obiettivo di "portare la guerra in casa". Letteralmente.

 

Commento:

Lo scrittore Nathan Zuckerman, dopo una rimpatriata tardiva tra ex compagni di liceo ormai attempati, decide di mettere per iscritto parte della vita del suo idolo di allora, Seymour Levov, comunemente conosciuto come “Lo svedese”. E’ lui il vero protagonista di questa storia, non la figlia Merry, balbuziente e latitante, non la bella e minuta moglie Dawn che ha dismesso i panni di Miss New Jersey per allevare vacche, ma lui, lo svedese che di svedese ha solo i tratti del volto, il guantaio che ama il suo lavoro e sa tutto della pelle, il padre controllato ed amorevole, l’uomo di origini ebree che ha sposato una cattolica. Da bambino, da adolescente e poi anche da adulto, Seymour eccelle in tutto ciò che fa, nello sport, nella conduzione dell’azienda di guanti che eredita dal padre, nel matrimonio con la moglie Dawn, nel rapporto con la figlia Merry. Ma quando quest’ultima diventa adolescente qualcosa cambia radicalmente nella vita di Merry, dello svedese ed in quella di un’intera nazione. Merry, infatti, è destinata a far molto parlare di sé e lo svedese, l’uomo controllato che sa sempre cosa fare, non riuscirà più a sopportare le conseguenze di questo cambiamento.

Questo libro è valso a Philip Roth il premio Pulitzer per la narrativa ed è considerato da molti un capolavoro della letteratura americana; se fossi una giornalista o un’opinionista prezzolata dovrei osannarlo e farne lodi sperticate, ma per fortuna sono solo una persona a cui piace leggere, quindi racconterò solo la mia esperienza di lettura.

Roth mi incuriosiva da tempo ed ho voluto cominciare a leggerlo proprio da uno dei suoi libri più famosi. Sin da subito, però, la sua scrittura sembrava respingermi, è stato come se le parole, le frasi mi sfuggissero nonostante l’estrema concentrazione. Non ho voluto allontanarmi dal libro, nonostante mi invitasse a farlo ad ogni frase, e sono stata premiata: superate le prime 70/90 pagine, quando si comincia a parlare della vita di Levov ed in particolare quando entra in scena Merry il ritmo cambia sensibilmente e, senza rendersene conto, ci si ritrova in una storia completamente diversa che cattura ed appassiona. Ma le sorprese, purtroppo non sono finite: in sostanza il libro alterna pagine di adrenalina e ritmo a pagine di pura noia e frustrazione per chi legge. Anche la scrittura cambia sensibilmente passando da incalzante a piatta, ostile e quasi respingente. Il prodigio, però, è che non si tratta di compartimenti stagni: la narrazione è così omogenea da spiazzare e le diverse anime di questo libro si compenetrano perfettamente. Sarà forse questa la bravura di Roth?

In definitiva… personalmente mi sento di consigliare questo libro, ma con qualche cautela perché di certo non si tratta di una lettura scorrevole ed agevole, anzi è ostica e talvolta pesante. Però alla fine, quando lo chiuderete, sarete soddisfatti perché sentirete di aver letto un buon libro, o almeno questo è ciò che è successo a me.

 

Opera recensita: “Pastorale americana” di Philip Roth

Editore: Einaudi, prima ed. 1997

Genere: narrativa americana

Ambientazione: Stati Uniti, anni 60

Pagine: 425 (ed. Einaudi 2005)

Prezzo: 14,00 € (ed. Einaudi 2005)

Consigliato: sì/no.

 

giovedì 16 novembre 2017

RECENSIONE: GRETA RODAN - TROPPO BIANCA PER RESTARE


Sinossi:

Non si riassume un romanzo in un giorno come questo, un giorno di molti "ho fatto tutto quello che potevo". Chissà se Bianca ha fatto davvero tutto quello

che poteva, chissà se Paolo avrebbe potuto in qualche modo trattenerla, e se Marco, quel Marco, la amava davvero. In questa storia ordinaria l'amore è

un pretesto, l'esistenza un accidente quasi puro e noi leggiamo e troviamo il nostro senso, ci sforziamo di dare spiegazioni puntuali, siamo disposti a

emettere un giudizio che sia validissimo, universale. Siamo così terreni, parziali, aggrappati disperatamente al solo patto possibile, l'accordo tra due

innamorati di lusingarsi a vicenda e di farlo con poca grazia, incuranti del resto del mondo. In un giorno come questo, non si riassume un romanzo, lo

si scrive.

 

Commento:

Ho letto questo libro incuriosita dal titolo che riporta un verso di una canzone degli Afterhours, “Bianca”. L’ho letto in una serata, complice l’insonnia, e purtroppo penso che lo dimenticherò altrettanto velocemente.

E’ la storia di Bianca, una donna tormentata, eternamente infelice ed insoddisfatta, dipendente dai farmaci e dal senso di colpa. E’ la storia di Paolo, il marito che non l’ha mai capita, colpevole solo di essere troppo ordinario e gretto per lei che ha un’anima indomita. E’ la storia di Marco, pieno di fobie e strane manie, che vede in Bianca un’opportunità. La coglierà? Non lo sappiamo, forse sì e si ameranno per sempre nel loro equilibrio traballante, forse no e si rincontreranno dopo vent’anni in vite invecchiate e piene di rimpianti.

Tutto, in questa storia, è raccontato da molti punti di vista: le voci dei protagonisti si alternano parlandoci di incertezza, allucinazione e portandoci sempre sul filo esile tra genialità e follia. La penna di Greta Rodàn appare da subito sicura ed estrosa, forse fin troppo estrosa in alcuni punti; la trama subisce continui, piccoli e grandi scossoni che la rendono instabile e poco accessibile a chi vorrebbe farla propria. La stessa incertezza del finale destabilizza quell’appiglio nella vicenda che il lettore ha conquistato a fatica… probabilmente quest’incertezza era voluta dall’autrice, ma su di me ha avuto l’effetto di allontanarmi dai personaggi già abbastanza sfuggenti.

Sono pochi i libri che non consiglio e quando lo faccio non sono mai contenta, perché credo che, al di là del mio gusto personale, bisogna sempre rendere merito a chi li ha scritti e pubblicati, e poi credo che ogni lettore debba poter decidere da sé cosa non leggere, senza preconcetti o condizionamenti. Tuttavia proprio non mi sento di consigliare questo libro… non mi ha convinto e penso che ricorderò poco più di un vestito rosa, leggero e lunghissimo o di una chitarra brandita come una spada.

 

Opera recensita: “Troppo bianca per restare” di Greta Rodàn

Editore: Milena edizioni, 2015

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: città italiana non definita

Pagine: 138

Prezzo: 8,90 €

Consigliato: no.

 

mercoledì 15 novembre 2017

RECENSIONE: JEFFREY EUGENIDES - LE VERGINI SUICIDE


Sinossi:

Un narratore "collettivo", voce di un gruppo di coetanei maschi, rievoca a vent'anni di distanza la vicenda delle cinque sorelle Lisbon, oggetto proibito

della loro adolescenza, avvolte in un'aura di mistero che la tragica fine comune - si sono tutte tolte la vita nel breve spazio di un anno - ha fissato

per sempre. Nella memoria di questi antichi, tenacissimi spasimanti, esse divengono il simbolo di una possibilità remota e perduta: l'irruzione di un fremito

ignoto nel mondo tranquillo, ordinario, opprimente dell'America suburbana degli anni Settanta. Il libro segna l'esordio folgorante di uno scrittore poco

più che trentenne, ma già padrone di uno stile e di un universo letterario affatto personali.

 

Commento:

Cosa spinge cinque sorelle, cinque ragazze belle ed ammirate a togliersi la vita in appena un anno di tempo? E’ questo l’interrogativo che si pone questo libro ed è questo che si chiede il narratore, un portavoce del gruppo di ammiratori delle sorelle Lisbon, a distanza di anni. Per trovare una risposta alle domande che ancora attanagliano la mente di chi quella vicenda se la vide passare davanti agli occhi giorno per giorno, i ragazzi ormai adulti ripercorrono l’accaduto cominciando dal giorno in cui la tredicenne Cecilia si tagliò le vene nella vasca da bagno. Cecilia non morì, ma si dice che chi tenta il suicidio una volta prima o poi ci riproverà… e infatti, appena due settimane dopo Cecilia morirà. Qualcuno insinua che probabilmente il gesto è stato indotto dal guinzaglio troppo corto tenuto dalla madre, dall’impossibilità per le ragazze di svagarsi e di soddisfare le loro esigenze di adolescenti, perciò da quel momento la vita delle sorelle subisce un’impennata di mondanità (nei limiti che impone un padre insegnante alla scuola delle figlie e una madre iper religiosa dal pugno di ferro), ma ben presto, complice una bravata di una delle sorelle, tutto precipita irrimediabilmente. Il declino inesorabile della vita delle sorelle Lisbon ci viene raccontato, con angoscia crescente, dal nostro ragazzo-corteggiatore-narratore: un racconto dettagliato, lucido ed insieme appassionato di una gioventù passata ad osservare il frutto proibito, le cinque bellissime ragazze così inaccessibili e diverse dalle altre e perciò tanto desiderate e desiderabili. Ma loro sapevano davvero di essere tanto desiderate? E quanto questo ha influito nel loro piano suicida? E che cosa, in definitiva, ha provocato questo gesto? L’oppressione dell’ambiente familiare tetro, respingente, intriso della rigidità della madre e dell’inadeguatezza del padre? Il rifiuto irrazionale di accettare il mondo così come ci viene tramandato? L’egocentrismo tipico dell’adolescenza? Il male di vivere… cosa? Probabilmente non lo sapremo mai, probabilmente sono tutte queste cose messe insieme… il libro ci lascia, però, un ampio margine di riflessione su questa questione infondo non tanto peculiare e non tanto lontana da noi.

Una lettura certamente non leggera, ma interessante e coinvolgente proprio per l’evoluzione che descrive nella vita delle ragazze, per l’attaccamento quasi morboso dimostrato dai ragazzi, per i tanti spunti che questa storia ci dà permettendoci di traslarla nelle vicende che accadono ai giorni nostri. Libro altamente consigliato, così come consiglio il film che Sofia Coppola ha tratto da questo libro… molto fedele ed altrettanto sconvolgente.

 

 

 

Opera recensita: “Le vergini suicide” di Jeffrey Eugenides

Editore: Mondadori, prima ed. 1993

Genere: narrativa americana

Ambientazione: America, anni 70

Pagine: 224 (ed. 2008)

Prezzo: 10,00 € (ed. 2008)

Consigliato: sì.

Consigli correlati: film "Il giardino delle vergini suicide" di Sofia Coppola. 

martedì 14 novembre 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - 22/11/63


Sinossi:

Jake Epping ha trentacinque anni, è professore di inglese al liceo di Lisbon Falls, nel Maine, e arrotonda lo stipendio insegnando anche alla scuola serale.

Vive solo, ma ha parecchi amici sui quali contare, e il migliore è Al, che gestisce la tavola calda. È proprio lui a rivelare a Jake il segreto che cambierà

il suo destino: il negozio in realtà è un passaggio spaziotemporale che conduce al 1958. Al coinvolge Jake in una missione folle - e follemente possibile:

impedire l'assassinio di Kennedy. Comincia così la nuova esistenza di Jake nel mondo di Elvis, James Dean e JFK, delle automobili interminabili e del twist,

dove convivono un'anima inquieta di nome Lee Harvey Oswald e la bella bibliotecaria Sadie Dunhill. Che diventa per Jake l'amore della vita. Una vita che

sovverte tutte le regole del tempo conosciute. E forse anche quelle della Storia.

 

Commento:

Chi di noi, di fronte ad un evento triste o sconvolgente, non ha detto o pensato frasi come “Ah, se potessi cambiare il passato”, “Ah, se potessi tornare indietro nel tempo” o “Ah, come vorrei cambiare il mondo”… Il giovane professore di inglese Jake Epping, un matrimonio con una moglie alcolista alle spalle ed un bel po’ di tempo a disposizione per il futuro, ha questa possibilità. Il suo amico Al Templeton, in fin di vita per un tumore ai polmoni, gli mostra un modo per viaggiare nel tempo e gli affida una missione: fermare Lee Harvey Oswald, l’uomo che il 22/11/63 sparò al presidente J. F. Kennedy a Dallas. Per farlo, però, Jake dovrà trascorrere alcuni anni nel passato e costruirsi una nuova vita, così incontrerà nuove persone, alcune delle quali, come Sadie, diventeranno molto importanti per lui. Ma il passato ritrova sempre se stesso e non vuole essere cambiato, perciò combatterà contro ogni cambiamento che Jake cercherà di operare. Ogni azione di Jake corrisponde ad una reazione in qualche parte del mondo, a qualche cambiamento che inesorabilmente gli si ritorcerà contro… perciò salvare Kennedy comporterà più di una rinuncia.

In questo lungo thriller in bilico tra passato e futuro, troviamo un King in splendida forma che ci conduce con guida esperta nel passato, mostrandoci che il cambiamento che tutti aneliamo potrebbe portare a conseguenze inattese e forse molto peggiori di ciò che abbiamo cambiato. E’ questo, infondo, il messaggio del libro, al di là di Kennedy e di Oswald. La storia in sé poggia sul falso presupposto che si possa tornare indietro nel tempo e cambiare ciò che non ci piace, quindi potrebbe risultare inverosimile. Ma se si superano le perplessità iniziali e si prende la storia per quello che è, una mera simulazione di un viaggio spazio-temporale, tutto risulterà più realistico e, ve l’assicuro, veramente godibile. Non si potrà, con l’andare della trama, non affezionarsi sempre di più a Jake ed ai tanti protagonisti di questa storia strampalata, ma assolutamente gradevole. E poi, diciamocelo: la maestria di King nel raccontare la quotidianità con precisione chirurgica vale da sola il prezzo del biglietto.

Lettura consigliata, a patto che, lo ripeto, si superi il pregiudizio verso una storia non reale, ma appena verosimile.

 

Opera recensita: “22/11/63” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, 2011

Genere: thriller

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 767

Prezzo: 23,90 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 8 novembre 2017

RECENSIONE: JANE AUSTEN - ORGOGLIO E PREGIUDIZIO


Sinossi:

Orgoglio e pregiudizio è uno dei romanzi più famosi di Jane Austen. Pubblicato per la prima volta in forma anonima nel 1813, è considerato ancora oggi uno

dei più importanti romanzi della letteratura inglese. Un capolavoro senza tempo che racconta la storia delle cinque sorelle Bennet alle prese con i loro

corteggiatori e le manovre della madre per trovar loro marito, nella provincia inglese di fine Settecento. Ma è soprattutto l'indimenticabile storia d'amore

tra la brillante e orgogliosa Elizabeth e l'altezzoso e irresistibile Mr Darcy.

 

Commento:

La storia d’amore narrata in quella che è senza dubbio l’opera più famosa di Jane Austen è certamente nota ai più: si tratta del coronamento di un amore travagliato (ma neanche troppo se pensiamo ad altri romanzi) tra la bella ed intelligente Elizabeth Bennet, secondogenita di una famiglia della buona società inglese, e l’altero e scostante signor Darcy, ricco proprietario di una delle più belle tenute della zona. Ovviamente il libro non narra solo di quest’amore che sboccia pian piano, dopo malintesi ed inconvenienti vari, ma anche della vita della famiglia Bennet, delle famiglie vicine, e delle ambizioni e contraddizioni della società inglese dell’Ottocento.

Ora, personalmente non disdegno i romanzi d’amore e credo che chi ne è un accanito lettore non potrà non amare questo libro. Ciò che a me non permette di dargli un giudizio ottimo, però, sono probabilmente le alte aspettative generate dall’aver sempre sentito parlare di quest’opera come di un capolavoro. Io, modestamente, non mi sento di definirlo tale perché a quest’opera manca qualcosa: si avverte il fatto che l’autrice abbia voluto mettere in luce lo snobismo di certe categorie di persone, ma manca qui la critica, esplicita o ironica che sia, della società inglese che invece ho trovato in altri romanzi della Austen. Questo ai miei occhi fa apparire “Orgoglio e pregiudizio” alla stregua dell’equivalente ottocentesco di un romanzo rosa. Nulla in contrario coi romanzi rosa o d’amore, lo ribadisco, ma mi aspettavo più verve, più contenuti, più personalità da un’autrice a cui certo non manca la schiettezza e l’ardire di esprimere sapientemente la propria opinione sul mondo. Per questo motivo non mi sento di consigliare a pieno questo libro, ma neppure posso dire che non mi sia piaciuto né che non sia stata una lettura gradevole. Per questo lo consiglio, ma con qualche riserva.

 

Opera recensita: “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen

Editore: Mondadori-Sperling, prima ed. originale 1813

Genere: romanzo, letteratura inglese

Ambientazione: Inghilterra, primo Ottocento

Pagine: 308 (ed. Sperling 2015)

Prezzo: 13,00 € (ed. Sperling 2015)

Consigliato: sì/no.

 

lunedì 6 novembre 2017

COMMENTO: FEDOR DOSTOEWSKIJ - L'IDIOTA


Sinossi:

Pubblicato nel 1868, è la storia della sconfitta di un uomo "assolutamente buono", il principe Myskin. Un romanzo intricatissimo di avvenimenti, pieno

di affetti opposti e di opposti sentimenti morali che dominano tutta l'opera entro cui si agitano bene e male, odio e amore.

 

Commento:

Questa è ben lungi dal voler essere una recensione, visto che stiamo parlando di un classico della letteratura russa di notevole complessità ed imponenza al quale sono stati dedicati studi molto approfonditi che ne forniscono interpretazioni contrastanti.

Il mio è il semplice commento di una lettrice. Chiarito questo punto, dirò che, come molti classici russi e come molte opere di Dostoewskij, non si tratta di una lettura facile, anzi in più punti viene a dirittura la tentazione di desistere, ma l’interesse per la figura di Miskin e la curiosità di conoscere la fine della storia prevale sempre.

Si tratta, in estrema sintesi, della storia del giovane principe Lev Nicolaevic Miskin, tornato in Russia dopo alcuni anni di cura in una clinica svizzera. Il principe, infatti, è affetto dal “Mal caduco”, ossia dall’epilessia. Questi fa da subito la conoscenza di svariati personaggi che ci accompagneranno per tutto il romanzo, ma i primi con cui viene a contatto saranno quelli che avranno un ruolo più rilevante nelle vicende che lo riguarderanno, come se l’autore avesse voluto presentarceli da subito per rendere chiara la loro importanza. Conosciamo così Robozin, arrogante, presuntuoso e un po’ rozzo, Lebedev, infido e gran tessitore di piani a discapito del prossimo e per proprio tornaconto personale, e gli Epancin, famiglia variegata e già di per sé interessante. E poi c’è la dannatamente bella Nastasia Filipovna, vera regista di questa fitta trama di avvenimenti.

La scena si svolge tra la città di Pietroburgo e la cittadina di vacanza Pablosc, in un tempo approssimativo di un anno. Un anno ricco di eventi per il nostro principe che tutti considerano un idiota, un sempliciotto, uno stupido, un bambino. In pochi riusciranno a comprendere che, invece, egli è molto intelligente e riesce a capire le persone molto meglio di tanti altri. Solo che è troppo, assolutamente, irrimediabilmente buono e lascia che tutti si approfittino di lui; inoltre egli è certamente ingenuo poiché spesso, preso dalla volontà di agire per il meglio e di favorire gli altri, non tiene conto di come i suoi comportamenti possano essere interpretati dagli altri e che talvolta qualcuno potrebbe rimanerne ferito. Tutta la storia ruota intorno a questo, con chiarimenti e stravolgimenti fino ad un epilogo inaspettato e di certo insperato.

Ripeto, si tratta di una lettura non facile, ma di certo interessante, che permette di riflettere sulla natura umana e sui rapporti interpersonali: vi sono, infatti,  alcune frasi, alcuni comportamenti, alcune riflessioni su cui vale la pena di soffermarsi a riflettere. Nonostante la difficoltà, quindi, non posso non consigliare la lettura di questo classico.

 

Opera recensita: “L’idiota” di Fedor Dostoewskij

Editore: prima ed. originale 1868

Genere: romanzo, letteratura russa

Ambientazione: Russia, metà dell’Ottocento

Pagine: 610 (ed. Einaudi 2005)

Prezzo: 14,50 €

Consigliato: sì.