Sinossi:
Dicono che i gemelli siano
inseparabili, due corpi per un'anima sola. Pembe e Jamila sono nate a tre
minuti di distanza, nel piccolo villaggio curdo della Casa dei quattro venti.
Jamila ha occhi verdi come l'edera, sogna di girare il mondo come i marinai e
di svegliarsi ogni giorno in un porto diverso. Pembe è seria, posata, la sua
risata è il rumore di due bicchieri che si toccano e le sue mani conoscono i
segreti della vita e della morte. Da grande sarà una levatrice: quasi sacra,
vivrà sospesa tra il mondo invisibile e quello visibile come la trama sottile
di una ragnatela. E se Pembe resterà fino all'ultimo legata al villaggio e alla
sua gente, Jamila andrà a Istanbul e poi a Londra, conoscerà l'amore e il
tradimento, farà tre figli e troppi sbagli e alla fine tornerà nel luogo da cui
era partita. Perché i destini di Pembe e Jamila si chiamano e si intrecciano
fino a confondersi in quel disegno fragile e intricato che è la vita. Dopo
"La bastarda di Istanbul", Elif Shafak ritorna con un nuovo romanzo
ricco di magia e di sentimenti, d storie e di personaggi in bilico fra
tradizione e modernità, tra la paura e una fortissima voglia di libertà.
Commento:
A parte l'evidente scambio
di nomi nella quarta di copertina che, trattandosi di due gemelle, ha un che di
ironico, Pembe e Jamila sono molto diverse. Fisicamente è quasi impossibile
distinguerle, ma i loro caratteri sono agli antipodi; le loro vite, i loro
destini, però, sono intrecciati a doppio filo, legati nella vita e tragicamente
anche nella morte. Proprio la vita e la morte sono presenze costanti in questa
storia fatta di storie, in questo groviglio di esistenze tutte fatalmente
concatenate, con colpe, sorti, peccati che si ereditano e tacitamente si
ripropongono dai genitori ai figli. Sullo sfondo di un'Inghilterra scossa da
profondi cambiamenti, si manifesta qui con tutta la sua forza una cultura
ancestrale, fatta di tradizioni e onore e regole tanto rigide quanto assurde –
almeno ai nostri occhi – che ingabbiano la donna dietro un velo di abnegazione
difficile da sopportare per chiunque. E ancora una volta tutto si concentra sul
potere della scelta, sul discernimento tra bene e male, giustizia e umanità,
colpa e perdono, vita e morte. Sono questi i mille interrogativi che, come
chicchi di rosario sgranati nel silenzio, scandiscono inesorabili questo
racconto sospeso tra modernità e mistero, tra Inghilterra e Turchia, tra
Occidente ed Oriente. Elif Shafak ha saputo costruire una vicenda intricata e
controversa di cui consiglio la lettura, sebbene all'inizio abbia faticato non
poco ad entrare nella storia, forse per via dello stile frammentato e della
pluralità di personaggi, punti di vista, tempi e luoghi. Anche qui, com'era
accaduto per La bastarda di Istanbul, dopo un disorientamento iniziale ho preso
il filo del racconto e ne ho apprezzato la complessità di sfaccettature e
significati reconditi. Bello e ben pensato, perciò consigliato.
Opera recensita: "La
casa dei quattro venti" di Elif Shafak
Editore: Bur, 2013
Genere: narrativa
straniera
Ambientazione:
Turchia-Inghilterra, anni 60/70-anni 90
Pagine: 445
Prezzo: 10,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.
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