giovedì 30 dicembre 2021

RECENSIONE: EDITH BRUCK - IL PANE PERDUTO

    Sinossi:

"Racconta, non ci crederanno, racconta, se sopravvivi, anche per noi"

Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.

 

Commento:

La scrittrice Edith Bruck, ormai una degli ultimi superstiti alla tragedia dell'Olocausto, ci regala, in questo romanzo autobiografico, pagine commoventi, dure, diverse da molte delle testimonianze che abbiamo letto e conosciamo su quel periodo. Perché Edith Bruck non si "limita" a raccontarci il lager: parte dalla sua infanzia, racconta con candore la bambina che era, la sua famiglia, l'addensarsi delle nubi sempre più nere del razzismo e dell'antisemitismo nel suo Paese, l'Ungheria. Poi ci porta con sé nell'esperienza straziante della deportazione, della lotta per la sopravvivenza, ma invece di chiudere lì il suo racconto, ci porta ancora oltre, ad un'altra sofferenza, più lunga e penetrante: quella di non essere capita, di non sapere che fare di se stessa e della propria salvezza, come giustamente dice la quarta di copertina. Cosa succede quando si sopravvive ad un genocidio? Succede che ci si scontra con l'indifferenza, l'abbandono, il rimprovero e il rifiuto di chi non vuole sapere, non vuole ascoltare, vorrebbe dimenticare e rimuovere ciò che non ha vissuto. E allora cosa rimane a chi resta? Dove e come ricostruirà la sua vita? Dove e con chi proverà a rimettere radici? Questo ci racconta in più Edith Bruck: come sopravvivere al dopo, come andare oltre il lager senza dimenticarlo e trovando, anzi, la forza per raccontare a chi non crede.

 

Opera recensita: "Il pane perduto" di Edith Bruck

Editore: La nave di Teseo, 2021

Genere: autobiografico

Pagine: 128

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

 

  

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