venerdì 18 agosto 2017

RECENSIONE: HARUKI MURACAMI - A SUD DEL CONFINE, A OVEST DEL SOLE


Sinossi:

Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere

fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere

mai lì dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un'abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe

la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c'è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo

incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che

non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un'altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende

conto troppo tardi - è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l'esperienza - quando ormai la vita l'ha separato da lei. Come il dolore di

un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza

che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell'altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito,

a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà.

 

Commento:

Non so perché, ma quando penso ai libri ambientati in Giappone, mi viene sempre in mente l’immagine della pioggia scrosciante. E infatti in molti libri di Muracami la pioggia viene citata frequentemente, anche in questo. E’ nelle sere di pioggia che, solitamente, in uno dei locali gestiti dal trentasettenne Hajyme, ricompare Shimamoto, la sua antica compagna di scuola che Hajyme non vede da quando entrambi avevano dodici anni e che non è mai riuscito a dimenticare. E’ con Shimamoto, infatti, che Hajyme ha provato il legame più vero ed importante, quello di due amici che passavano i pomeriggi ad ascoltare dischi, quello della prima, innocente, stretta di mano. Nonostante gli amori, i dolori, la bella vita, Hajyme non ha mai scordato Shimamoto e, pur essendo apparentemente soddisfatto della vita che ha, non può far a meno di pensare a come sarebbe potuto essere con lei. Quando la rivede, Hajyme capisce che, nonostante i suoi misteri, neanche Shimamoto lo ha mai dimenticato. Non sarà facile, però,  riuscire a recuperare ciò che sembrava perduto.

Questo libro mi è piaciuto, senza se e senza ma. E’ certamente lento per i canoni occidentali, ma è il meno lento ed il più “occidentale” tra i libri giapponesi che io abbia letto. Hajyme è un ragazzo normale, non troppo brillante, ma nemmeno un inetto; Shimamoto è… è raffinata, ma eterea… è un personaggio enigmatico, da scoprire. Ma ciò che ho apprezzato maggiormente in questo libro è l’interrogativo che pone fra le righe: quanto le nostre scelte condizionano la nostra vita? Una domanda apparentemente semplice, ma la risposta è tutt’altro che scontata.

Lettura consigliata, dunque, a chi ha già letto qualcosa di Muracami, ma anche a chi non lo conosce: questo è uno dei suoi libri meno visionari.

 

 

Opera recensita: “A sud del confine, a ovest del sole” di Haruki Muracami

Editore: Einaudi, 2013

Genere: romanzo

Ambientazione: Giappone

Pagine: 204

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì.

 

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