mercoledì 29 giugno 2016

RECENSIONE: TIZIANO TERZANI - UN INDOVINO MI DISSE


Sinossi:

Nella primavera del 1976, a Hong Kong, un vecchio indovino cinese avverte Tiziano Terzani: «Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai».
Dopo tanti anni, Terzani non dimentica la profezia, ma la trasforma in un'occasione per guardare il mondo con occhi nuovi; decide davvero di non prendere più aerei, senza per questo rinunciare al suo mestiere di corrispondente. Spostandosi per l'Asia in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il giornalista può osservare paesi e persone da una prospettiva spesso ignorata dal grande pubblico. Il documentatissimo reportage si trasforma così in un'appassionante avventura e in un racconto ora ironico ora drammatico, in cui s'intrecciano vagabondaggi insoliti e incontri fortuiti.

 

Non è facile parlare di questo libro perché si tratta di una lettura assolutamente anomala, di un’esperienza intensa e fuori dagli schemi.

Terzani trasmette, in queste pagine, le tante sensazioni che prova durante il suo viaggio e ci si ritrova, quasi per una costrizione indiretta, a provarle nostro malgrado. Questo libro richiede, anzi ci impone di prenderci il giusto tempo per compiere, insieme all’autore, un viaggio fisico, temporale e soprattutto spirituale senza precedenti.

Tutto nasce da una profezia che un indovino di Hong Kong fa a Terzani nel lontano 1976: nel 1996 il giornalista correrà il rischio di morire perciò non dovrà volare, non dovrà prendere aerei per nessun motivo. Ora, Terzani è ovviamente combattuto tra l’affidarsi alla profezia e il continuare la sua vita regolarmente sfidando la sorte. E se la profezia non fosse vera? E se invece lo fosse? Alla fine Terzani decide di aspettare la fine del 1992 e di decidere sul momento. Allo scoccare del nuovo anno si trova in Laos, una terra in equilibrio precario tra modernità ed antica spiritualità, e decide di non credere troppo alla profezia, ma comunque di non mettercisi contro: non prenderà aerei per quell’anno e sfrutterà la cosa come un gioco, una sfida. Farà i suoi tantissimi viaggi di lavoro spostandosi in macchina, nave, treno, a piedi… così il giornalista si ritrova a percorrere in lungo e in largo un continente, l’Asia, che conosce ed ama profondamente.

Grazie a quella profezia Terzani ha l’occasione per conoscere luoghi nuovi e riscoprire posti già visitati, analizzando da vicino un’Asia che cambia, che si evolve verso il progresso perdendo, però, la sua unicità ed i suoi profondi legami con il passato. Il giornalista però è, in questo libro, anche e soprattutto uomo perché si riscopre attraverso un percorso spirituale che lo porta a cercare, in ogni città o villaggio, un indovino, un veggente, un chiromante. Terzani vuole scoprire, vuole capire cosa ci sia dietro questi culti popolari e si ritrova a contatto con una massa di umanità così varia ed eterogenea da essere meravigliosamente tragica. Un anno lontano dalla modernità e velocità degli aerei porta Terzani a riespandere le distanze, a dilatare il tempo ed a guardare tutto con occhi nuovi, quelli degli uomini e delle donne che abitano quei luoghi.

Si tratta, in buona sostanza, di un viaggio introspettivo e spirituale attraverso un continente in continuo cambiamento ed in rapida, precipitosa discesa verso un’entità globale.

Una lettura che va fatta con la mente svuotata e pronta ad immergersi nel groviglio di emozioni che il libro suscita: per apprezzare a pieno quest’opera, a parer mio, bisogna scegliere il momento giusto e prendersi tutto il tempo necessario per assorbire ogni riga.

 

Opera recensita: “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani

Editore: Tea, 1995

Genere: reportage di viaggio, spiritualità

Ambientazione: Asia

Pagine: 428

Consigliato: sì

 

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