domenica 20 maggio 2018

RECENSIONE: ELIZABETH STROUT - OLIVE KITTERIDGE


Sinossi:

Premio Pulitzer 2009, Premio Bancarella 2010 e Premio Mondello 2012. In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza

che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato

sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un'insegnante in pensione

che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltipllcarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell'animo di chi le

sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito,

Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull'altare

ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: "Non abbiate paura della vostra

fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi". Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti

e declinazioni della condizione umana - e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un'alta pagina di storia

della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo "romanzo in racconti", del

Premio Pulitzer 2009.

 

Commento:

Non so se effettivamente questo libro meritasse il premio Pulitzer… non è il classico libro che definirei “da premio”, è tutt’altro che roboante o eclatante… ciò che so per certo è, però, che questo libro trasmette tranquillità. La tranquillità della provincia americana che un po’ somiglia alla provincia europea, dove ci si conosce tutti e se si sa osservare si può capire ciò che accade nella mente e nella vita di chi ci passa accanto. E’ ciò che fa da sempre Olive Kitteridge, ormai vecchia e se possibile ancor più burbera del solito: Olive è un’insegnante di matematica in pensione, ma non immaginatevi una vecchina smagrita, saggia e piegata sotto il peso dell’età. Olive è alta, imponente, burbera ed irriverente; non ha mai chiesto scusa a nessuno in vita sua, non si fa problemi a dire ciò che pensa e a vivere come vuole. In tutti i racconti in cui è diviso questo romanzo Olive ha un ruolo, spesso da protagonista, ma a volte anche solo come ombra, presenza, ricordo che si affaccia nelle vite altrui. Olive conosce tutti a Crosby, sulla costa del Maine, ma pochi – o forse nessuno – possono dire di conoscere lei. Chi sa cosa passa nella mente di una vecchia signora che non rinuncia ai suoi dieci chilometri di passeggiata mattutina? Lo sanno gli altri, chi la critica, chi la giudica, il figlio, la nuora… lo sanno della paura che le attanaglia l’esistenza? La conoscono la sua fragilità? E lei, Olive, è disposta a riconoscere di avere ancora dei bisogni e una gran voglia di vita?

Un libro che, come dicevo, trasmette tranquillità, oltre ad una certa sottile malinconia. Una lettura gradevole che pone l’accento su una fase della vita, la vecchiaia, di cui si parla poco e per stereotipi: chi l’ha detto che essere vecchi vuol dire essere saggi, non avere più alcun appetito per la vita, agire sempre per il meglio? Un libro delicato e molto ben scritto che consiglio a tutti, giovani e meno giovani.

 

 

Opera recensita: “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strouth

Editore: Fazzi, 2009

Genere: raccolta di racconti

Ambientazione: Maine, Stati Uniti

Pagine: 383

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

 

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