Sinossi:
Premio Pulitzer 2009, Premio Bancarella 2010 e Premio
Mondello 2012. In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine:
un luogo senza importanza
che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della
Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo
villaggio affacciato
sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili delle
storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge,
un'insegnante in pensione
che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni
del tempo moltipllcarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge
dell'animo di chi le
sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il
desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità
spietata; un marito,
Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una
benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima,
abbandonata sull'altare
ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di
fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: "Non
abbiate paura della vostra
fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi
qualsiasi". Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si
accampano i vari accenti
e declinazioni della condizione umana - e i conflitti
necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un'alta
pagina di storia
della letteratura, regalataci da una delle protagoniste
della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo
"romanzo in racconti", del
Premio Pulitzer 2009.
Commento:
Non so se effettivamente questo libro meritasse il premio
Pulitzer… non è il classico libro che definirei “da premio”, è tutt’altro che
roboante o eclatante… ciò che so per certo è, però, che questo libro trasmette
tranquillità. La tranquillità della provincia americana che un po’ somiglia
alla provincia europea, dove ci si conosce tutti e se si sa osservare si può
capire ciò che accade nella mente e nella vita di chi ci passa accanto. E’ ciò
che fa da sempre Olive Kitteridge, ormai vecchia e se possibile ancor più
burbera del solito: Olive è un’insegnante di matematica in pensione, ma non immaginatevi
una vecchina smagrita, saggia e piegata sotto il peso dell’età. Olive è alta,
imponente, burbera ed irriverente; non ha mai chiesto scusa a nessuno in vita
sua, non si fa problemi a dire ciò che pensa e a vivere come vuole. In tutti i
racconti in cui è diviso questo romanzo Olive ha un ruolo, spesso da
protagonista, ma a volte anche solo come ombra, presenza, ricordo che si
affaccia nelle vite altrui. Olive conosce tutti a Crosby, sulla costa del
Maine, ma pochi – o forse nessuno – possono dire di conoscere lei. Chi sa cosa
passa nella mente di una vecchia signora che non rinuncia ai suoi dieci
chilometri di passeggiata mattutina? Lo sanno gli altri, chi la critica, chi la
giudica, il figlio, la nuora… lo sanno della paura che le attanaglia l’esistenza?
La conoscono la sua fragilità? E lei, Olive, è disposta a riconoscere di avere
ancora dei bisogni e una gran voglia di vita?
Un libro che, come dicevo, trasmette tranquillità, oltre ad
una certa sottile malinconia. Una lettura gradevole che pone l’accento su una
fase della vita, la vecchiaia, di cui si parla poco e per stereotipi: chi l’ha
detto che essere vecchi vuol dire essere saggi, non avere più alcun appetito
per la vita, agire sempre per il meglio? Un libro delicato e molto ben scritto
che consiglio a tutti, giovani e meno giovani.
Opera recensita: “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strouth
Editore: Fazzi, 2009
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: Maine, Stati Uniti
Pagine: 383
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.
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