venerdì 16 novembre 2018

RECENSIONE: YASUNARI KAWABATA - MILLE GRU


Sinossi:
"I personaggi di Kawabata, evanescenti e inquieti ma mai tragici, lontani da una vitalità eroica (al contrario di quelli di Mishima, ad esempio) o drammatica, sono piuttosto "dilettanti del vivere" calati nella dicotomia fra il perseguimento di un ideale estetico di purezza e torbide pulsioni: ne deriva un erotismo vissuto come impossibilità di unione fra sé e l'oggetto del desiderio, che è tale proprio perché irraggiungibile. In questo dissidio fra l'individuo e la proiezione del suo desiderio sta l'eleganza: perché l'amore non è un sentimento, è un ideale estetico. I "dilettanti del vivere" di Kawabata si muovono in una dimensione temporale sospesa, segnata dai ricordi, in un alternarsi continuo di passato e presente (da qui la frequente scelta di personaggi colti negli anni di una maturità carica di memoria), di vita e di morte. Inseguono nel presente le tracce del passato e dei morti, nel tentativo di rivivere il tempo perduto, e dare così nuovo spessore alla realtà." ((dallo scritto di Cristiana Ceci).

Commento:
Non è facile riassumere in poche righe la frastagliata trama di questo pur breve libro, così come non è facile scandagliarne in profondità tutti gli aspetti. La difficoltà, probabilmente, mi viene proprio dalla peculiarità della scrittura di Kawabata, così profondamente orientale e così intrisa di quella cultura così lontana dalla nostra che io, mio malgrado, conosco poco e so interpretare ancora meno. In sintesi, Kikuji, un giovane celibe e rimasto orfano, viene invitato da Chikako – donna al servizio del padre nonché sua amante per breve tempo – ad una cerimonia del thè. In realtà la donna ha in mente di combinare il matrimonio tra Kikuji e la giovane e quantomai eterea signorina Inamura dalla quale, peraltro, Kikuji rimane piacevolmente colpito. Alla cerimonia, però, partecipano inattese anche la signora Ota – anche lei stata amante del padre di Kikuji – e sua figlia Fumiko. La signora Ota aspetta Kikuji all'uscita dal padiglione del thè per parlargli del padre. Tra i due sboccia una passione improvvisa e impetuosa. Da qui si origina il resto della storia in un susseguirsi di vicende che coinvolgono in vario modo tutti questi personaggi. Ciò che più colpisce in questo libro è la dicotomia degli opposti: vi è, infatti, un continuo alternarsi ed intrecciarsi di vita e morte, passione e dolore, purezza e sensualità, sincerità ed inganno, verità pura e semplice e sottinteso torbido. Il libro è, inoltre, pervaso di una sensualità conturbante tipica di quell'erotismo artefatto e mascherato, probabilmente retaggio della cultura giapponese che porta le persone a non mostrare mai i propri sentimenti, che nell'impossibilità di concretizzarsi rimane nell'aria e si tramuta in elegante seduzione. Seduzione che qui passa dalle persone agli oggetti, in particolare al vasellame usato per la cerimonia del thè, rito che si carica qui di una sacralità piena di promesse. Gli oggetti, i vasi, le coppe, i luoghi, i fiori diventano metafora dell'espressione dei sentimenti e perfino dell'anima e del carattere di chi li ha posseduti e utilizzati. Così, una coppa viene adoperata e regalata per commemorare un defunto e può, a sua volta, divenire foriera di vita o di morte.
Consiglio questo libro così particolare eppure affascinante a chi apprezza la letteratura giapponese ed è pronto ad immergersi in una cultura così misteriosa, accattivante, ma lontana dalla nostra.


Opera recensita: "Mille gru" di Yasunari Kawabata
Editore: SE, prima ed. 1952
Genere: letteratura giapponese
Ambientazione: Giappone
Pagine: 136
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7


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