Sinossi:
"I personaggi di
Kawabata, evanescenti e inquieti ma mai tragici, lontani da una vitalità eroica
(al contrario di quelli di Mishima, ad esempio) o drammatica, sono piuttosto
"dilettanti del vivere" calati nella dicotomia fra il perseguimento
di un ideale estetico di purezza e torbide pulsioni: ne deriva un erotismo
vissuto come impossibilità di unione fra sé e l'oggetto del desiderio, che è
tale proprio perché irraggiungibile. In questo dissidio fra l'individuo e la
proiezione del suo desiderio sta l'eleganza: perché l'amore non è un
sentimento, è un ideale estetico. I "dilettanti del vivere" di
Kawabata si muovono in una dimensione temporale sospesa, segnata dai ricordi,
in un alternarsi continuo di passato e presente (da qui la frequente scelta di
personaggi colti negli anni di una maturità carica di memoria), di vita e di
morte. Inseguono nel presente le tracce del passato e dei morti, nel tentativo
di rivivere il tempo perduto, e dare così nuovo spessore alla realtà."
((dallo scritto di Cristiana Ceci).
Commento:
Non è facile riassumere in poche righe la frastagliata trama
di questo pur breve libro, così come non è facile scandagliarne in profondità
tutti gli aspetti. La difficoltà, probabilmente, mi viene proprio dalla
peculiarità della scrittura di Kawabata, così profondamente orientale e così
intrisa di quella cultura così lontana dalla nostra che io, mio malgrado,
conosco poco e so interpretare ancora meno. In sintesi, Kikuji, un giovane
celibe e rimasto orfano, viene invitato da Chikako – donna al servizio del
padre nonché sua amante per breve tempo – ad una cerimonia del thè. In realtà
la donna ha in mente di combinare il matrimonio tra Kikuji e la giovane e
quantomai eterea signorina Inamura dalla quale, peraltro, Kikuji rimane
piacevolmente colpito. Alla cerimonia, però, partecipano inattese anche la
signora Ota – anche lei stata amante del padre di Kikuji – e sua figlia Fumiko.
La signora Ota aspetta Kikuji all'uscita dal padiglione del thè per parlargli
del padre. Tra i due sboccia una passione improvvisa e impetuosa. Da qui si
origina il resto della storia in un susseguirsi di vicende che coinvolgono in
vario modo tutti questi personaggi. Ciò che più colpisce in questo libro è la
dicotomia degli opposti: vi è, infatti, un continuo alternarsi ed intrecciarsi
di vita e morte, passione e dolore, purezza e sensualità, sincerità ed inganno,
verità pura e semplice e sottinteso torbido. Il libro è, inoltre, pervaso di
una sensualità conturbante tipica di quell'erotismo artefatto e mascherato,
probabilmente retaggio della cultura giapponese che porta le persone a non mostrare
mai i propri sentimenti, che nell'impossibilità di concretizzarsi rimane
nell'aria e si tramuta in elegante seduzione. Seduzione che qui passa dalle
persone agli oggetti, in particolare al vasellame usato per la cerimonia del
thè, rito che si carica qui di una sacralità piena di promesse. Gli oggetti, i
vasi, le coppe, i luoghi, i fiori diventano metafora dell'espressione dei
sentimenti e perfino dell'anima e del carattere di chi li ha posseduti e utilizzati.
Così, una coppa viene adoperata e regalata per commemorare un defunto e può, a
sua volta, divenire foriera di vita o di morte.
Consiglio questo libro così particolare eppure affascinante
a chi apprezza la letteratura giapponese ed è pronto ad immergersi in una
cultura così misteriosa, accattivante, ma lontana dalla nostra.
Opera recensita: "Mille gru" di Yasunari Kawabata
Editore: SE, prima ed. 1952
Genere: letteratura giapponese
Ambientazione: Giappone
Pagine: 136
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7
Nessun commento:
Posta un commento