mercoledì 3 aprile 2019

RECENSIONE: BLAINE HARDEN - FUGA DAL CAMPO 14


Sinossi:
Shin Dong-hyuk è l'unico uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo, dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America. Questa è la sua storia.

Commento:
Un libro ben scritto, ma soprattutto utile: è questa l'opinione che mi sono fatta alla fine di questa lettura. Quella raccontata è una storia unica e straordinaria: è la storia di Shin, nato e cresciuto e poi miracolosamente fuggito dal blindatissimo campo 14, un campo di lavoro per prigionieri accusati di crimini politici. Negli anni 50 un uomo fugge in Corea del Sud, per questo motivo il fratello viene catturato e rinchiuso in un campo di lavoro; anni dopo gli viene assegnata una donna che diventa sua moglie e da quest'unione nasce Shin, un ragazzo senza futuro, cultura, emozioni. Per 23 anni Shin conosce solo il campo, le sue regole, impara a sopravvivere spiando, mentendo, rubando. Poi conosce un uomo, un prigioniero nuovo che prima di approdare al campo ha girato il mondo. Dai suoi racconti, specialmente da quelli che parlano di cibo, Shin intravede una possibilità, un'idea incerta ma percettibile di futuro, così i due progettano la fuga. Il resto è il racconto di un viaggio rischioso, lungo, fatto di fortuna e di stenti, di false partenze, di abbandoni immotivati, di relazioni instabili… eppure Shin ce l'ha fatta, è vivo, è uscito dalla prigione che per più di vent'anni ha chiamato casa ed ora vuole raccontarlo al mondo.
Prima ancora che la storia di Shin, a catturarmi è stato lo stile di Blaine Harden: il giornalista americano racconta questa storia raccontando i fatti, ricostruendo dinamiche e pensieri; egli racconta una storia straziante eppure rimane sobrio. Racconta con chirurgica lucidità senza mai perdere la sua umanità, senza mai risultare freddo, distaccato. E' stata questa pacatezza a catturarmi ed a spingermi a proseguire nella lettura. Questo libro fa il paio con un'altra storia che vi consiglio, "La ragazza dai sette nomi" di Yeonseo Lee: entrambi, in modo diverso, raccontano la questione nord-coreana, una realtà terribile, una dittatura dei tempi moderni della quale si parla sempre troppo poco.

Opera recensita: "Fuga dal campo 14" di Blaine Harden
Editore: Codice, 2012
Genere: biografia
Ambientazione: Corea del Nord-Cina-Corea del Sud-Stati Uniti
Pagine: 290
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


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