Sinossi:
Shin Dong-hyuk è l'unico
uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a
scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso
internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione
d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los
Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del
mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta
fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo,
dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo
esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a
fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad
arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America. Questa è
la sua storia.
Commento:
Un libro ben scritto, ma
soprattutto utile: è questa l'opinione che mi sono fatta alla fine di questa
lettura. Quella raccontata è una storia unica e straordinaria: è la storia di
Shin, nato e cresciuto e poi miracolosamente fuggito dal blindatissimo campo
14, un campo di lavoro per prigionieri accusati di crimini politici. Negli anni
50 un uomo fugge in Corea del Sud, per questo motivo il fratello viene
catturato e rinchiuso in un campo di lavoro; anni dopo gli viene assegnata una
donna che diventa sua moglie e da quest'unione nasce Shin, un ragazzo senza
futuro, cultura, emozioni. Per 23 anni Shin conosce solo il campo, le sue
regole, impara a sopravvivere spiando, mentendo, rubando. Poi conosce un uomo,
un prigioniero nuovo che prima di approdare al campo ha girato il mondo. Dai
suoi racconti, specialmente da quelli che parlano di cibo, Shin intravede una
possibilità, un'idea incerta ma percettibile di futuro, così i due progettano
la fuga. Il resto è il racconto di un viaggio rischioso, lungo, fatto di fortuna
e di stenti, di false partenze, di abbandoni immotivati, di relazioni instabili…
eppure Shin ce l'ha fatta, è vivo, è uscito dalla prigione che per più di
vent'anni ha chiamato casa ed ora vuole raccontarlo al mondo.
Prima ancora che la storia
di Shin, a catturarmi è stato lo stile di Blaine Harden: il giornalista
americano racconta questa storia raccontando i fatti, ricostruendo dinamiche e
pensieri; egli racconta una storia straziante eppure rimane sobrio. Racconta
con chirurgica lucidità senza mai perdere la sua umanità, senza mai risultare
freddo, distaccato. E' stata questa pacatezza a catturarmi ed a spingermi a
proseguire nella lettura. Questo libro fa il paio con un'altra storia che vi
consiglio, "La ragazza dai sette nomi" di Yeonseo Lee: entrambi,
in modo diverso, raccontano la questione nord-coreana, una realtà terribile,
una dittatura dei tempi moderni della quale si parla sempre troppo poco.
Opera recensita:
"Fuga dal campo 14" di Blaine Harden
Editore: Codice, 2012
Genere: biografia
Ambientazione: Corea del
Nord-Cina-Corea del Sud-Stati Uniti
Pagine: 290
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.
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