martedì 30 giugno 2020

RECENSIONE: DORTE HANSEN - TORNARE A CASA


Sinossi:
Quando un bambino nasce in un paesino di provincia dove di bellezza non c’è neanche l’ombra, è figlio di una ragazzina affetta da ritardo mentale e fin da piccolissimo viene messo in piedi su una cassa a spillare birra al bancone di una locanda, il fatto che da adolescente frequenti il liceo è piuttosto sorprendente; se poi diventa un professore universitario e decide di lasciarsi tutto alle spalle, l’evento è più unico che raro, e in paese c’è chi lo vive come un tradimento. Nel momento in cui, alla soglia dei cinquant’anni, l’uomo fugge da una vita accademica insoddisfacente e da un’ambigua convivenza a tre in un appartamento in cui non si diventa mai adulti per tornare a casa e prendersi cura dei nonni – Sönke, l’oste arroccato nella sua locanda semiabbandonata, ed Ella, che la vecchiaia ha reso capricciosa e imprevedibile –, due realtà apparentemente inconciliabili si scontrano, dando vita a una crepa profonda dalla quale tutto torna a galla. Il ritorno a Brinkebüll diventa così un’occasione per riscoprirsi e reinventarsi: ci sono conti da saldare, ruoli da invertire e tante tappe da rivisitare prima di muovere il primo passo verso il cambiamento. Il contrasto fra due mondi, il nostro passato e il nostro presente, le famiglie da cui proveniamo e quelle che ci siamo scelti, è la sostanza da cui germoglia questo romanzo meraviglioso, che racconta l’evoluzione di un paesino e i destini individuali dei suoi abitanti con dolcezza, ironia sottile e una vena di malinconia.
Caso letterario dell’anno in Germania, con oltre 400.000 copie vendute e il plauso unanime di pubblico e critica, Tornare a casa è un bestseller indimenticabile che ha incantato davvero tutti.

Commento:
Brinkebull è un paesino della Frisia settentrionale, un luogo senza tempo, arroccato su se stesso come una bolla protettiva e soffocante, uno di quei luoghi sempre uguali che sembrano non dover cambiare mai. Tutto, a Brinkebull ha un suo posto, un ordine precostituito e immutabile dalla notte dei tempi; tutti hanno un ruolo, come figuranti nella commedia della vita: c'è l'ubriacone che vaga incessantemente sul motorino scassato, c'è la bottegaia che tratta la gente a simpatia e vuole che tutto venga fatto come dice lei, c'è il panettiere pasticcere e pure un po' artista costretto a vendere pane di segale e poco più. Poi ci sono i Feddersen. Lui, Sonke, è l'oste, un tutt'uno con la sua locanda, il punto di ritrovo e di vedetta dell'intero paese per generazioni; lei, Ella, è la moglie discreta e talvolta necessaria quando si tratta di cacciar via con mano delicata ma ferma gli ultimi ubriachi mentre spunta già l'alba; la loro figlia, Marret, è la matta del villaggio, quella che va in giro a tutte le ore annunciando la fine del mondo, quella che sparisce e sa come non farsi trovare, quella che custodisce gelosamente i suoi reperti perché non cadano nelle mani del mondo. Un giorno, non si sa bene come, Marret si ritrova incinta. Nove mesi dopo nasce Ingwer, inutile dire che saranno i suoi nonni, Sonke ed Ella, a fargli da genitori. Ingwer diventa ben presto un provetto spillatore di birra e un ragazzino intelligente che il maestro Stensen vuol mandare alle superiori. Il liceo… "Puah!", direbbe Sonke, eppure, nonostante la disapprovazione di un paese in cui l'istruzione non è poi tenuta in gran conto, Ingwer emerge, diventa professore universitario e si trasferisce a Kiel. Molti anni dopo, quando si ritroverà ad un bivio, cinquantenne, senza ben sapere cosa fare della sua vita, c'è bisogno che lui torni a Brinkebull ad assistere i nonni che lui chiama da sempre papà e mamma. Tra una fetta di pane imburrato e un massaggio al corpo del nonno, tra una gita al Mare del Nord e le lenzuola da cambiare con urgenza, Ingwer rivede la sua vita, la rivaluta ed è finalmente pronto a darle un'impronta diversa. Perché alle volte, bisogna tornare da dove si è partiti e guardarsi indietro, per capire davvero ciò che siamo e ciò che vogliamo diventare. Poi bisogna fare come Ingwer: trovare ed esercitare, a piccoli morsi, il coraggio di cambiarla davvero la propria vita.
Tornare a casa è un romanzo bellissimo in cui tutto, anche lo stile di scrittura, ricorda l'apatia di un paesino monotono e apparentemente sintonizzato perennemente su una frequenza disturbata. Ma se si fa attenzione, anche dai rantoli e dai fruscii si possono cogliere forti le voci dei singoli abitanti, con le manie, i vizi, i difetti, le gioie condivise e i dolori pianti in gruppo. Un paese è sempre fatto di un'entità univoca, unica, in cui ciascuno può trovare il suo posto, anche chi era scappato e quel posto l'aveva perso da tempo, anche un professore cinquantenne, scapolo e smarrito. Un libro da leggere, un omaggio ai piccoli paesi che accomunano il popolo. Ed è impossibile, leggendo, non pensare a Pavese che scriveva che "un paese ci vuole", sempre, anche per avere un luogo a cui tornare e in cui ritrovarsi.


Opera recensita: "Tornare a casa" di Dorte Hansen
Editore: Fazi, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Germania
Pagine: 312
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


sabato 27 giugno 2020

RECENSIONE: ANGELA NANETTI - IL FIGLIO PREDILETTO


Sinossi:
È una sera di giugno del 1970 in un piccolo paese della Calabria, Nunzio e Antonio hanno vent’anni e si amano, in segreto, da due mesi. Il loro amore si consuma dentro la vecchia Fiat del padre di Antonio, parcheggiata in uno spiazzo abbandonato. Ma, proprio quella notte d’estate, tre uomini incappucciati e armati trascinano Antonio fuori dall’auto, colpendolo fino a quando il giovane non giace a faccia in giù e a braccia aperte, come un Cristo in croce. Tre giorni dopo Nunzio Lo Cascio sparisce dal paese, messo su un treno che da Reggio Calabria lo conduce lontano, a Londra. Il mondo, all’improvviso, gli ha mostrato il volto più feroce, quello di un padre e due fratelli che «gli hanno spezzato le ossa a una a una» per punirlo del suo “peccato”. Nulla sembra avere più senso per il ragazzo: la fiducia negli uomini, la speranza di un futuro, la sua stessa identità. Di lui rimane soltanto la foto del campionato del ’69, appesa nella pescheria dei genitori, che lo ritrae con tutta la squadra sul campo dopo la vittoria, promessa mancata del calcio. A interrogarsi sulla vita di Nunzio è anni dopo sua nipote Annina, che sente di avere con quello zio mai conosciuto, di cui nessuno in famiglia parla volentieri, inspiegabili affinità. Anche Annina, sebbene in modo diverso, si trova a combattere con un padre violento e prevaricatore e con la stessa realtà chiusa del paese, in cui una ragazza non ha altre possibilità che essere una «femmina obbediente». E, come Nunzio, scoprirà la dolorosa necessità di riprendersi il mondo, ribellarsi ai pregiudizi e lottare per la propria libertà. Romanzo di feroce malinconia, capace di penetrare nelle pieghe più riposte dell’animo umano, e di fare emergere con forza la disperazione e la speranza, la paura e il desideriodi riscatto dei suoi personaggi, Il figlio prediletto è una splendida conferma del talento di Angela Nanetti.

Commento:
Tra la Calabria e l'Inghilterra, tra gli anni '70 e i giorni nostri, si sviluppa questa storia. Una storia di due generazioni a confronto, che si contrappongono e si completano, diverse eppure uguali; una storia iniziata con uno zio costretto a partire per forza dopo aver visto ucciso, in senso letterale, il suo amore proibito, e finita con una nipote che non ci sta a fare come le dicono, ad obbedire ciecamente senza possibilità di inseguire i suoi sogni, le sue passioni, la sua libertà. Quella raccontata – tra l'altro benissimo – da Angela Nanetti è la storia di Nunzio, giovane promessa del calcio che, una sera di giugno del 70 ha visto i suoi fratelli uccidere il ragazzo che amava e si è ben presto ritrovato solo, in un paese straniero, a ricominciare più e più volte; è la storia di sua nipote Annina, che quello zio non l'ha mai conosciuto, eppure ne sente l'affinità, lo stesso bisogno di fuggire, lasciarsi alle spalle un paese troppo stretto che ha occhi ovunque, una famiglia troppo invadente che giudica, sentenzia, punisce e decide secondo i suoi canoni maschilisti e omocentrici, infischiandosene dell'opinione delle interessate. Due anime sperse, distanti ma affini, che per ritrovarsi hanno dovuto perdersi. Una storia toccante, molto ben raccontata, che ci porta ancora una volta a confrontarci con modi di pensare molto diversi dal nostro, ma che esistono e che è nostro dovere provare a debellare.

Opera recensita: "Il figlio prediletto! Di Angela Nanetti
Editore: Neri Pozza
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Calabria-Inghilterra
Pagine: 232
Prezzo: 16,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


giovedì 25 giugno 2020

RECENSIONE: CARLA FIORENTINO - I TONNI NON NUOTANO IN SCATOLA


Sinossi:
Violetta detta Vetta, giornalista di viaggi in una redazione romana, si è fatta spedire dal suo capo nell’isola della sua infanzia, Carloforte, dopo aver trovato nella giacca del fidanzato una scatoletta: una scatoletta da anello di fidanzamento. Terrorizzata dalla prospettiva del matrimonio, oltre che dal tradimento di Federico con cui si erano sempre detti che mai e poi mai si sarebbero convinti a quel “mercimonio orrendo”, Vetta approda sull’isola pronta a scrivere un reportage leggero sulla tonnara e a godersi qualche giorno da sola, immersa nei colori e nei sapori che tanto le sono mancati. Il suo cicerone è Pietro, sommozzatore silenzioso e affascinante che accetta di portarla con sé durante la mattanza, dopo aver casualmente diviso con lei un piatto di “cascà”. Solo che quello che doveva essere un innocuo reportage si trasforma in un’indagine piena di misteri, dal momento in cui Vetta in mezzo ai tonni intravede il corpo di una donna e urla. Tutti sull’isola tentano di distoglierla dal cercare la verità, da Tango – lo spinone di Pietro – che sembra quasi pedinarla a Caterinetta, l’anziana proprietaria della casa in cui alloggia, che la mette in guardia dal paese che tutto sa e che se vuole nasconde. Dopo il brillante esordio Che cosa fanno i cucù nelle mezz’ore Carla Fiorentino torna al romanzo, scegliendo la sua Sardegna, terra burbera e riservata, e uno dei suoi riti più antichi come ambientazione, la tonnara. Un romanzo avvincente che ha il colore smeraldo del mare e l’odore rosso del sangue, in grado di coniugare risate e lacrime attraverso una galleria di personaggi che restano nel cuore.

Commento:
Non capita tutti i giorni di terminare una lettura e di chiudere il libro con dentro un profondo, viscerale senso di soddisfazione. Quando succede, ve l'assicuro, si avrebbe voglia di aprire la finestra e urlare ai quattro venti:"Ehi, leggete questo libro, è proprio bello, l'ho scoperto io!". A parte la botta di sole salentino e il TSO assicurato, è proprio quello che avrei voluto fare qualche ora fa per I tonni non nuotano in scatola di Carla Fiorentino, approdato proprio oggi sugli scaffali fisici e virtuali grazie a Fandango libri.
Come non empatizzare con Vetta, giornalista romana giunta sull'isola della sua infanzia, in fuga da un anello che vede come un tradimento? Come non comprendere la sua curiosità davanti a una storia affascinante o appena un po' misteriosa? Curiosità che, ovviamente, non può non diventare insistente quando, rimediato quasi a forza un invito in barca per vedere la tonnara, vede un corpo di donna in mezzo ai tonni. Il paese di Carloforte, però, sembra non darle credito, non dar peso a questa sua quantomeno insolita visione, a cominciare dal suo taciturno e apparentemente inaccessibile accompagnatore, Pietro. Pietro che, dal canto suo, nasconde anche lui una storia interessante, sebbene dolorosa. Insomma, quanto più Vetta chiede e cerca di reperire informazioni sui troppi misteri dell'isola, tanto più questa si chiude a riccio, stordendola con le sue bellezze e con sempre nuovi intrighi. Il risultato è che quello che avrebbe dovuto essere un reportage di viaggio scritto per fuggire da una domanda ingombrante diventa un rompicapo bello e buono, che presenta, tra l'altro, dei rischi concreti. C'è qualcuno che non vuole che Vetta s'immischi, che rimesti il pentolone delle vecchie storie, che sparga sale su ferite che continuano a bruciare… e fa di tutto perché lei parta. Ma Vetta è testarda e agguerrita e, tra un bagno nelle acque gelide di quel mare favoloso e un pranzo a base di cascà e focaccia, verrà a capo di quella che sembra proprio una bella, sebbene triste, storia.
I tonni non nuotano in scatola è un libro delizioso, leggero eppure profondo, in cui si è letteralmente sommersi da un profluvio di colori, profumi, sensazioni da vivere pienamente. E poi la verve di Vetta è irresistibile e non potrà non conquistarvi! Insomma, veramente una lettura consigliata, adatta all'estate, per chi, oltre che tra le onde, vuole perdersi anche tra le pagine di una bella storia.



Opera recensita: "I tonni non nuotano in scatola" di Carla Fiorentino
Editore: Fandango, 2020
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Sardegna
Pagine: 208
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9
Colonna sonora sperimentata: Pino Mango.

mercoledì 24 giugno 2020

RECENSIONE: ANNA MARIA ORTESE - IL MARE NON BAGNA NAPOLI


Sinossi:
Il romanzo, nato dall'incontro della scrittrice con una Napoli uscita in pezzi dalla guerra, è in realtà la cronaca di uno spaesamento. La città infatti diventa uno schermo sul quale l'autrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria nevrosi: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale, un orrore del tempo che ogni cosa corrode. Tutto il libro è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo vorrebbe potersi distogliere e non può. Questa edizione è accompagnata da due testi scritti dall'autrice, ripensando questo libro edito la prima volta nel 1953.

Commento:
Il mare non bagna Napoli è una raccolta di racconti intrisa di realismo, in cui con occhio disilluso, esperto e disincantato, Anna Maria Ortese descrive la sua città. Lo fa spogliandola da quel manto di magia e folclore che da sempre la contraddistingue, così da regalarcene un ritratto vero, senza fronzoli, in cui Napoli appare in tutta la sua dimessa, desolante bellezza. Bellezza, sì, perché nonostante la povertà, la grettezza, l'indigenza, questa città rimane sempre meravigliosa per la sua capacità di sperare anche laddove sembra sacrilego sperare; di arrabattarsi ed ingegnarsi anche laddove non ci sarebbe proprio niente per cui ingegnarsi. Questi racconti così veri e a tratti drammatici, costituiscono un puzzle che ci rende l'immagine di una città che ha toccato il fondo e che, per quanto disillusa, potrà solo rialzarsi.
Dal canto mio, non so spiegare perché quest'opera – che pure consiglio – non mi abbia del tutto soddisfatta: è molto ben scritta, l'autrice raggiunge a pieno lo scopo che si era prefissa ideando questa raccolta, però non riesco ad affermare con convinzione che Il mare non bagna Napoli mi sia piaciuto… è un'opera da leggere se ci si vuole fare un quadro sull'Italia del secondo Dopoguerra, offre uno spaccato realistico sulla situazione dei poveri in quegli anni, ma non riesco a trovare altro da dire per consigliare questo libro che ho letto con piacere, ma che non mi ha convinto sino in fondo. A me non ha appassionato, però se non l'avete ancora fatto, voi leggetelo: vale sempre e comunque la pena di leggere un'opera di vera letteratura.

Opera recensita: "Il mare non bagna Napoli" di Anna Maria Ortese
Editore: Adelphi, prima ed. 1953
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: Napoli, secondo Dopoguerra
Pagine: 176
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7.


martedì 23 giugno 2020

RECENSIONE: PAOLO GIORDANO - IL NERO E L'ARGENTO


Sinossi:
Questa è la storia di un amore giovane. Di una coppia felice e inesperta, spaventata di scoprire, giorno dopo giorno, le molteplici forme dell’abbandono. Perché anche le famiglie possono soffrire di solitudine, proprio come le persone. Ad accudire in silenzio tutte le incertezze, oltre a prendersi cura del loro bambino, ci ha sempre pensato la signora A. Per questo, quando arriva un male a portarsela via, si spalanca in casa un vuoto improvviso. Nora e suo marito devono ancora accorgersi che il coraggio della signora A., ormai, appartiene anche a loro.
È dentro le stanze che le famiglie crescono: strepitanti, incerte, allegre, spaventate. Giovani coppie alle prime armi, pronte ad abbracciarsi o a perdersi. Come Nora e suo marito. Ma di quelle stanze bisogna prima o poi spalancare porte e finestre, aprirsi al tempo che passa, all’aria di fuori. «A lungo andare ogni amore ha bisogno di qualcuno che lo veda e riconosca, che lo avvalori, altrimenti rischia di essere scambiato per un malinteso». È cosí che la signora A., nell’attimo stesso in cui entra in casa per occuparsi delle faccende domestiche, diventa la custode di una relazione, la bussola per orientarsi nella bonaccia e nella burrasca. Con le pantofole allineate accanto alla porta e gli scontrini esatti al centesimo, l’appropriazione indebita della cucina e i pochi tesori di una sua vita segreta, appare fin da subito solida, testarda, magica, incrollabile. «La signora A. era la sola vera testimone dell’impresa che compivamo giorno dopo giorno, la sola testimone del legame che ci univa. Senza il suo sguardo ci sentivamo in pericolo». Ci sono molti modi per raccontare una storia d’amore. Paolo Giordano ha scelto la via piú sensibile: registrare come un sismografo le scosse del quotidiano, gli slanci e i dolori, l’incapacità e il desiderio. Solo un piccolo naufragio, il primo fra i tanti che una coppia si troverà ad affrontare.

Commento:
Quella raccontata in queste pagine da Paolo Giordano è una storia comune ed insieme speciale, come lo sono tutte le storie che parlano di legami, persone, affetto, amore, perdita. È la storia di una famiglia – padre, madre e figlio – che per caso e per necessità incontra la signora A, una donna anziana che rapidamente finisce per diventare insostituibile. Nora è incinta di Emanuele, ma il bambino vorrebbe nascere ben prima del previsto, così Nora deve restare a riposo, ha bisogno di essere accudita e serve qualcuno che pensi alla casa. I coniugi chiedono aiuto ad A, che col suo piglio intransigente e il suo passo marziale, diventa il sergente di ferro di cui nessuno può più fare a meno. La convivenza va avanti per molti anni, finché un bel giorno di punto in bianco, A dice che non verrà più perché è stanca. Non lo sa ancora, ma una malattia se la porterà via in breve tempo, lasciando nel cuore di tutti un vuoto incolmabile: nulla sarà più come prima. E insieme alla mancanza di A, la famiglia scopre le sue debolezze, i vuoti, i non detti… e anche un padre e una madre innamorati dovranno fare i conti con loro stessi, i loro sentimenti e risentimenti e venire a patti con l'altro.
Una lezione di maturità per tutti, una storia di amicizia e affetto, triste e dolce. Dal punto di vista strettamente personale, devo ammettere che, sebbene mi sia piaciuto il modo in cui Giordano l'ha raccontata, questa storia non mi ha colpito quanto mi sarei aspettata… l'ho apprezzata, ma ho l'impressione che non rimarrà nella mia mente a lungo. Me ne dispiaccio, comunque la consiglio.

Opera recensita: "Il nero e l'argento" di Paolo Giordano
Editore: Einaudi, 2014
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Piemonte
Pagine: 128
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.



RECENSIONE: JOEL DICKER - L'ENIGMA DELLA CAMERA 622


Sinossi:
Un fine settimana di dicembre, il Palace de Verbier, lussuoso hotel sulle Alpi svizzere, ospita l'annuale festa di una importante banca d'affari di Ginevra, che si appresta a nominare il nuovo presidente. La notte della elezione, tuttavia, un omicidio nella stanza 622 scuote il Palace de Verbier, la banca e l'intero mondo finanziario svizzero. L'inchiesta della polizia non riesce a individuare il colpevole, molti avrebbero avuto interesse a commettere l'omicidio ma ognuno sembra avere un alibi; e al Palace de Verbier ci si affretta a cancellare la memoria del delitto per riprendere il prima possibile la comoda normalità. Quindici anni dopo, un ignaro scrittore sceglie lo stesso hotel per trascorrere qualche giorno di pace, ma non può fare a meno di farsi catturare dal fascino di quel caso irrisolto, e da una donna avvenente e curiosa, anche lei sola nello stesso hotel, che lo spinge a indagare su cosa sia veramente successo, e perché, nella stanza 622 del Palace de Verbier.

Commento:
Conoscevo già Joël Dicker per aver letto due dei suoi precedenti romanzi e finora lo consideravo uno scrittore bravo, ma a cui mancava qualcosa. Con questo romanzo, invece, non ho avuto questa sensazione ed anzi, l'ho apprezzato ben più dei precedenti. Trovo che Dicker si sia superato, probabilmente grazie all'ambientazione che conosce senz'altro meglio di altre descritte in precedenza perché è quella in cui è nato e vive; inoltre probabilmente anche il fatto di essere egli stesso in parte protagonista del libro e di parlare più volte del suo editore defunto e qui compianto lo ha messo nelle condizioni di esprimere meglio la creatività che pure si ravisava nei romanzi precedenti. Questo thriller, in particolare, è incentrato attorno all'elezione del presidente di una delle più importanti banche private di Ginevra, la banca Ebezner. A contendersi l'ambita carica ci sono banchieri dai caratteri e dai temperamenti tra loro diversissimi: c'è l'ingenuo e vanesio Macaire che quell'incarico se l'aspetterebbe di diritto; c'è Jean Benedict che è il più incerto e indeciso tra i contendenti; c'è Lev Levovitch, outsider che teoricamente non avrebbe diritto di concorrere, ma che per intelligenza e abilità si è guadagnato il posto che occupa ed è il più temuto tra i banchieri; poi c'è Sinior Tarnogol, figura misteriosa e oscura che minaccia di sovvertire piani e contropiani con il suo potere. Queste sono solo alcune delle tante dinamiche sapientemente confezionate ad arte da Dicker e che si concluderanno con un omicidio.
Omicidio che resterà irrisolto, per quanti tentativi ed indagini siano stati fatti, e sul quale si ritroverà ad indagare anni dopo, e in modo assolutamente fortuito,  proprio il nostro Joël, in compagnia di un'avvenente e curiosa signora inglese. Un thriller corposo, ma godibilissimo che appassiona e coinvolge. Di sicuro avrà successo in questa lunga estate.


Opera recensita: "L'enigma della camera 622" di Joël Dicker
Editore: La nave di Teseo, 2020
Genere: thriller
Ambientazione: Svizzera
Pagine: 640
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


I LIBRI DI STAGIONE: ESTATE (EDIZIONE 2020)


Ormai lo sapete, mi piace leggere - e, laddove possibile, suddividere - i libri in base alla stagione. A settembre scorso, con l'arrivo dell'autunno, ho cominciato a sottoporvi la mia lista di consigli di lettura adatti per ogni stagione e, mese dopo mese, cambiamento dopo cambiamento, meteo dopo meteo, siamo giunti oggi all'estate. Qui di seguito troverete alcuni titoli che per ambientazione, colori, tematiche, stile di scrittura, immagini evocate o semplice gusto personale, secondo me si adattano bene a questa stagione.
La lista si aggiornerà anno dopo anno e sarà sempre disponibile, perciò vi basterà cercare nel blog o sulla pagina Facebook per pescare un titolo da leggere. Ma rompiamo gli indugi e procediamo con i titoli:

1.    Piera Carlomagno – una favolosa estate di morte, 300 pagine, voto 8,5;
2.    Cristina Cassar Scalia – la serie di Vanina Guarrasi;
3.    Rosa Ventrella – la malalegna, 276 pagine, voto 9;
4.    Jeffery Deaver – la serie di Kathryn Dance;
5.    Dolores Redondo – la trilogia del Baztàn;
6.    Agata Bazzi – la luce è là, 372 pagine, voto 8,5;
7.    Erskine Caldwell – fermento di luglio, 260 pagine, voto 8,5;
8.    E. M. Forster – Passaggio in India, 340 pagine, voto 8;
9.    Yukio Mishima – sete d'amore, 269 pagine, voto 8;
10. Leonardo Palmisano – la serie di Mazzacani;
11. Stephen King – Cose preziose, 774 pagine, voto 6,5;
12. Giuseppe Catozzella: e tu splendi (240) voto 8,5
13. Jorge Amado: Dona Flor e i suoi due mariti (524) voto 8
14. Laetitia Colombani: la treccia (384) voto 9
15.   Paolo Giordano: divorare il cielo (440) voto 9
16. Reinaldo Arenas: prima che sia notte (325) voto 8,5
17. Dominique Lapierre: la città della gioia (494) voto 10
18. William Faulkner: luce d'agosto (425) voto 8,5
19. John Steinbeck:: la valle dell'Eden (784) voto 10
20. Petros Markaris – serie del commissario Karitos;
21. Rula Jebreal: La strada dei fiori di Myral (265) voto 8,5
22. Silvia Zucca: guida astrologica per cuori infranti (468) voto 8,5
23. J.D.Robb: codice cinque e seguenti;
24. Yukio Mishima: la voce delle onde (176) voto 8,5
25. Antonio Tabucchi: Sostiene Pereira (207) voto 8
26. Haruki Muracami: a sud del confine, a ovest del sole (204) voto 8
27. Wilkie Collins: la pietra di luna (533) voto 10
28. Alessandro D’avenia: ciò che inferno non è: voto 9;
29. Francesca Palumbo: le parole interrotte: voto 9;
30. Simonetta Agnello Hornby: la mennulara, 209 pagine, voto 8;
31. Giorgio Faletti: io uccido, 682 pagine, voto 8;
32. Tiziano Terzani: un indovino mi disse, 428 pagine, voto 8,5
33. Stephen King – Cujo, 376 pagine, voto 9
34. Dorn: la psichiatra, 399 pagine, voto 9,5
35. Stephen King: l’ombra dello scorpione, 929 pagine, voto 9,5
36. Nikos Kazantzakis: Zorba il greco, 382 pagine, voto 9,5
37. Catena Fiorello – Picciridda, 256 pagine, voto 8,5;
38. Clara Usòn – La figlia, 496 pagine, voto 7;
39. Stephen King & Bev Vincent – Odio volare, 352 pagine, voto 8;
40. Tea Ranno – l'amurusanza, 360 pagine, voto 10;
41. John Steinbeck – La Santa rossa, 272 pagine, voto 8,5;
42. Mariolina Venezia – Mille anni che sto qui, 264 pagine, voto 8,5;
43. Ignazio Silone – Fontamara, 166 pagine, voto 9;
44. Marco Malvaldi – Odore di chiuso, 208 pagine, voto 8,5;
45. Milena Agus – Mal di pietre, 119 pagine, voto 8;
46. Elsa Morante – La storia, 672 pagine, voto 10;
47. Toni Morrison – Amatissima, 410 pagine, voto 8,5;
48. Sof'ja Tolstaja – Amore colpevole, 208 pagine, voto 9,5;
49. Marco Malvaldi – Il borghese Pellegrino, 272 pagine, voto 8.



Ovviamente, di tutti i titoli proposti è disponibile la recensione... vi basta cercare l'autore o il titolo del libro per leggerla.
Vi lascio qui a scegliere, io intanto vado a leggere, ma prima voglio augurare di cuore una buona estate di letture a tutti. Al prossimo cambio di stagione!
Rossella

domenica 21 giugno 2020

RECENSIONE: MARCO MALVALDI - IL BORGHESE PELLEGRINO


Sinossi:
Anno 1900. Serata a casa di Pellegrino Artusi, tra gli invitati Paolo Mantegazza, suo caro amico, professore di Fisiologia (e anche antropologo e scrittore) e Arturo Gazzolo, proprietario di una industria conserviera nel Casentino. Nel corso della cena si parla delle nuove tecniche di conservazione dei cibi, dal ghiaccio secco per i gelati al sottovuoto per le carni; Gazzolo vorrebbe avere il parere di Artusi su una nuova linea innovativa di manzo in gelatina che ha sviluppato proprio con le nuove metodologie e che è intenzionato a lanciare soprattutto nei mercati esteri, grazie alle nuove frontiere del commercio con l'Impero Ottomano. La carne, che prontamente il Gazzolo ha fatto recapitare all'Artusi per la prova d'assaggio, non risponde però alle aspettative: è troppo speziata, il sapore è ferroso e l'Artusi conta di riferirne al Gazzolo che l'ha invitato da lì a poco nella sua casa alle porte di Firenze insieme ad altri ospiti, fra cui politici, banchieri e l'immancabile Mantegazza. La cena scorre tranquilla e piacevole tra cibo e conversazioni, poi tutti si ritirano nelle loro stanze. Al mattino a colazione ci si accorge che qualcuno manca all'appello; uno degli ospiti viene rinvenuto morto nella propria stanza dove si era chiuso a chiave, un attacco cardiaco forse, ma il professor Mantegazza è dubbioso e si rifiuta di redigere il certificato... Marco Malvaldi ha costruito un perfetto «enigma della camera chiusa» con un protagonista d'eccezione, Pellegrino Artusi, prima in veste di sospettato, poi determinante per la soluzione dell'affaire. Gli anni della belle époque, gli intrecci tra politica e finanza che legavano l'Italia all'Impero Ottomano, il borghese Pellegrino, con la sua passione rivoluzionaria per la cucina, la familiarità con la chimica, il sentimento di unità nazionale che lo animava: gli ingredienti per un giallo colto, divertente e istruttivo.

Commento:
Il borghese Pellegrino è il secondo romanzo che Marco Malvaldi dedica al gastronomo Pellegrino Artusi: nel 2011 con Odore di chiuso ne aveva onorato i cento anni dalla morte, ora con questo secondo lavoro celebra i duecento anni dalla nascita. Si tratta di un bel giallo ambientato in un castello toscano nel 1900, in un periodo in cui l'Italia era in piena ascesa commerciale e imprenditoriale, specie con le aperture verso l'estero. E proprio gli accordi commerciali con l'estero -e precisamente con l'Impero Ottomano – sono ciò che spingerà un nutrito gruppo di convenuti a riunirsi al castello di Campoventoso, ospiti di Secondo Gazzolo, proprietario di una fiorente industria conserviera che sta per lanciare in Turchia una nuova ricetta di carne in scatola. Alla tavola del Gazzolo c'è un personaggio che molti anelano di conoscere: il delegato commerciale italiano Everardo d'Ancona, accompagnato da un suo subalterno turco, il signor Alijan. Alla predetta tavola sono, peraltro, seduti il professor Paolo Mantegazza e il nostro Pellegrino Artusi. Tutto procede tranquillo, i convitati conversano e si confrontano anche animatamente, finché tutti si ritirano. La mattina dopo, però, un ospite manca all'appello e sembra proprio che sia morto nella sua stanza chiusa dall'interno. Com'è possibile? Le indagini saranno curate da Saverio Maria Artistico, delegato di polizia che chi abbia letto Odore di chiuso non potrà non ricordare. L'intelligente e scrupoloso ispettore, tra un interrogatorio e un consulto al sapor di Brandy con l'Artusi, riesce a scovare la macchinazione posta in essere dall'assassino, dopo, però, non poche tribolazioni. Il borghese Pellegrino è un buon giallo, ironico e gradevole, sebbene sia forse troppo lento per i miei gusti. L'ho trovato una lettura istruttiva e divertente che consiglio.

Opera recensita: "Il borghese Pellegrino" di Marco Malvaldi
Editore: Sellerio, 2020
Genere: giallo
Ambientazione: Toscana, 1900
Pagine: 272
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


venerdì 19 giugno 2020

RECENSIONE: CRISTINA CASSAR SCALIA - LA SALITA DEI SAPONARI


Sinossi:
Solo un caso molto complesso può distogliere, anche se per poco, il vicequestore Vanina Guarrasi dalla caccia ai propri fantasmi e riportarla in azione. Anzi, qualcosa di piú di un caso: un intrigo internazionale all'ombra dell'Etna. Esteban Torres, cubano-americano con cittadinanza italiana e residenza in Svizzera, viene trovato morto nel parcheggio dell'aeroporto di Catania; qualcuno gli ha sparato al cuore. L'uomo ha un passato oscuro, e girano voci che avesse amicizie pericolose, interessi in attività poco pulite. Eppure le indagini sono completamente arenate: nessun indizio che riesca a sbloccarle. Questo finché a Taormina, dentro un pozzo nel giardino di un albergo, si scopre il cadavere di Roberta Geraci, detta «Bubi». Torres e Bubi si conoscevano. Molto bene. Con l'aiuto della sua squadra e dell'immancabile Biagio Patanè, commissario in pensione che non ha perso il fiuto, Vanina riporterà alla luce segreti che hanno origine in luoghi lontani. Ma non potrà dimenticare gli incubi che la seguono fin da quando viveva a Palermo. Questioni irrisolte che, ancora una volta, minacciano di metterla in pericolo.

Commento:
Sta arrivando l'estate e, da un po' di anni a questa parte, quando arriva questo momento dell'anno sono particolarmente contenta: tra le nuove uscite editoriali, infatti, ce n'è una che mi fa sempre piacere ritrovare. È il vicequestore aggiunto Vanina Guarrasi, palermitana d'istanza a Catania, con un ottimo gusto in fatto di cinema, di musica e di cibo e un ottimo fiuto per le indagini. Con i suoi modi diretti e l'arguzia di chi ne ha viste tante e si aspetta di tutto, Vanina affronta un altro caso, stavolta con complicate diramazioni internazionali: ad essere stato ucciso è, infatti, Esteban Torres, un cittadino americano di origini cubane e residente in Svizzera, con molti traffici poco chiari in giro per il globo. Un punto di questo mappamondo ideale è proprio Catania, nel cui aeroporto l'uomo è, suo malgrado, partito per l'ultimo viaggio… una morte strana, avvenuta con un proiettile della sua pistola che tuttavia è scomparsa; inoltre molti sono i punti oscuri attorno a Torres. Il ritrovamento a Taormina del cadavere di Roberta Geraci, intima amica del Torres, non chiarisce il mistero, anzi, se possibile, contribuisce a renderlo ancora più intricato. Personaggi dubbi, strani traffici, tatuaggi ed occhi verdi fanno da cornice a un piccolo grande dramma esistenziale, quello di Vanina Guarrasi, divisa tra Catania e Palermo, tra il lavoro e il suo Paolo, l'uomo che ama e da cui è riamata, ma dal quale vuole stare lontana per proteggere entrambi. Ma tra volontà e riuscita, se c'è di mezzo l'amore, la distanza è abissale… ma d'altro canto sono in tanti, stavolta, a non essere sereni: neanche Spanò, il fido braccio destro di Vanina, è molto in forma in questo periodo… gli unici che sembrano sempre al top sono, nientemeno, Bettina e Biagio Patanè, due figure pittoresche, ma essenziali per Vanina e per questa storia. Senza di loro, e senza Alfio, Sebastiano, Nino, Adriano, Giulia, Manfredi e tutti gli altri, Vanina non mangerebbe niente di degno e probabilmente non riuscirebbe ad affrontare le ombre e i fantasmi che da sempre l'assillano e che sembrano addensarsi come nubi minacciose sulla sua vita.
Un altro bellissimo capitolo di una serie che mi ha conquistata perché sobria, discreta, limpida, a suo modo elegante. Cristina Cassar Scalia, con la sua prosa così sicura e mirata, riesce a trovare sempre il giusto equilibrio tra leggerezza e profondità, tra finzione letteraria e vita comune. E dato il finale bomba, poi, spero proprio che la prossima estate – e quindi la prossima storia di Vanina – arrivi presto.

Opera recensita: "La salita dei saponari" di Cristina Cassar Scalia
Editore: Einaudi, 2020
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Catania, Sicilia
Pagine: 312
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


mercoledì 17 giugno 2020

RECENSIONE: EMMA DONOGHUE - ROOM (STANZA, LETTO, ARMADIO, SPECCHIO)


Sinossi:
Jack ha cinque anni e la Stanza è l'unico mondo che conosce. È il posto dove è nato, cresciuto, e dove vive con Ma': con lei impara, legge, mangia, dorme e gioca. Di notte Ma' chiude al sicuro nel Guardaroba, e spera che lui dorma quando il Vecchio Nick va a fare loro visita. La Stanza è la casa di Jack, ma per Ma' è la prigione dove il Vecchio Nick li tiene rinchiusi da sette anni. Grazie alla determinazione, all'ingegnosità, e al suo intenso amore, Ma' ha creato per Jack una possibilità di vita. Però sa che questo non è abbastanza, né per lei né per lui. Escogita un piano per fuggire, contando sul coraggio di Jack e su una buona dose di fortuna, ma non sa quanto potrà essere difficile il passaggio da quell'universo chiuso al mondo là fuori...

Commento:
Quella di Jack e Ma' è una storia tenerissima e dolorosa: è la storia di una ragazza di diciannove anni costretta, dalla follia e dalla brama di uno sconosciuto, a sopravvivere in una stanza di dodici metri, un ex capanno per gli attrezzi trasformato in prigione. È la storia di un bambino, suo figlio, nato e cresciuto lì con lei, vedendo la luce solo da un lucernario, nascondendosi nell'armadio quando quell'uomo veniva, guardando il mondo attraverso la Tv, con la convinzione che ciò che vedeva era solo fantasia; senza sapere che esiste un mondo fuori, a cui sua madre è stata costretta a rinunciare. E per Jack tutto questo non è un sacrificio: lui non sa che esiste altro, quindi per lui è la normalità. Ma quando compie cinque anni, la sua Ma' gli spiega che alcune delle cose che vede in Tv in realtà sono vere, vere come lui e lei, che esiste un "fuori" pieno di milioni di cose oltre quella stanza. E piano piano la donna, in preda a una disperazione crescente, prende il coraggio a due mani e organizza la fuga. Una fuga rischiosa, un salto nel buio… ce la faranno a fuggire? Se sì, cosa ci sarà al di là della porta blindata? Se no, cosa accadrà loro?
Un romanzo di una semplicità espressiva disarmante, proprio come la voce del bambino che ci racconta la storia; un racconto che destabilizza e scuote le coscenze. Ed è inutile chiedersi se davvero esistono ancora certi criminali e se davvero certe storie possano essere vere. La risposta, purtroppo, è sì ad entrambe le domande. Un libro da leggere, assolutamente consigliato.


Opera recensita: "Room (stanza, letto, armadio, specchio) di Emma Donoghue
Editore: Mondadori, 2010
Genere: narrativa straniera
Pagine: 339
Prezzo: 19,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


RECENSIONE: SOF'JA TOLSTAJA - AMORE COLPEVOLE


Sinossi:
Anna ama la natura, legge, dipinge e sogna un amore puro e ideale. Ha solo diciotto anni quando il trentacinquenne principe Prozorskij la chiede in sposa. Convinta di aver trovato in lui il vero amore, dovrà invece scontrarsi con un marito capace di concepire il sentimento solo come possesso carnale. Sarà un amico del principe, Bechmetev, un artista, a farle conoscere quella consonanza di anime in cui crede. E anche se Anna deciderà di restare al fianco del marito e dei figli e di combattere per salvare il suo matrimonio, sarà lui, Prozorskij, consumato dal dubbio e dalla gelosia, a trasformare irrimediabilmente quell'amore puro, a cui Anna è disposta a sacrificare tutto, in un «amore colpevole». Il destino di Sof'ja Tolstaja, l'amatissima moglie di Lev Tolstoj, fu quello di vivere all'ombra di un uomo di genio, rinunciando alla sua passione per la scrittura. Ma ora questo romanzo, che vide la luce solo diciassette anni dopo la morte dell'autrice, restituisce al lettore la sua voce, che colpì Tolstoj per la sua «forza di verità e semplicità». "Amore colpevole", la risposta di Sof'ja alla "Sonata a Kreutzer", è la storia parzialmente autobiografica di Sof'ja e Lev, un romanzo sulla gelosia, la sfiducia e il disprezzo che logorano ogni matrimonio.

Commento:
La prima immagine che Sof'ja Tolstaja ci regala di Anna è quella di una giovane donna bellissima, spensierata, inconsapevolmente sensuale e molto morigerata. L'ultima immagine che abbiamo di lei è molto, molto diversa: in dodici anni Anna è sempre bellissima, ma è una persona molto diversa da quella diciottenne che dipingeva e si poneva importanti domande su Dio e sull'amore. Cosa l'ha cambiata? Potremmo sostenere senza tema di smentita che l'ha cambiata l'amore. Sì, perché l'amore, pur nella sua forza di concetto universale, ha molte declinazioni: c'è stato, per Anna, un amore idealizzato, fatto di comprensione, fiducia, scambio mentale reciproco, quello che l'ha spinta a sposare un principe più anziano di lei e che conosceva da molti anni perché amico di famiglia; un amore, questo, molto diverso da quello che ha trovato tra le braccia del marito, un uomo avvezzo ad ammaliare le donne, uno che non ha mai voluto né forse potuto capirla e che aveva come unica concezione dell'amore quella carnale, il possesso, la passione violenta, selvaggia e quasi animalesca. Poi, per suo sommo gaudio e somma sfortuna, Anna ha sperimentato anche un amore vissuto e ricambiato, una comunione di intenti, di anime, di cuori, quella con l'amico del principe, Bechmetev, che rimarrà sempre idilliaca e non andrà mai oltre il consentito, ma che metterà seriamente in pericolo il suo matrimonio. E più crescono l'amore non assecondato e il sacrificio di Anna che resterà con il marito e i figli, più cresce, per contro, l'animosità, la gelosia velenosa, l'insensata arroganza fatta di sospetti e accuse del principe. Lui, che per anni e anni prima del matrimonio è stato un incallito donnaiolo e che anche ora che è sposato non disdegna di guardare i corpi delle altre donne e non si sottrae alla compagnia femminile quando ne ha l'occasione, lui accusa lei, così pura e pudica, così poco attratta dalla carnalità, ma così sottomessa al marito da prestarsi inerme alle sue sfrenate voglie. Ed è, purtroppo, impossibile non giungere allo scontro.
Impossibile non ritrovare, in queste pagine così intense, la biografia dell'autrice, la contessa Tolstaja, le pene di un amore e di un matrimonio travagliato con il marito Lev Tolstoj, la risposta a La sonata a Creutzer che – come scrive nella breve biografia in appendice – lei non ha mai amato.
Amore colpevole è un libro delizioso, lirico e vibrante in cui una donna che realmente sa cosa significhi veder soffocato il proprio essere in favore di un marito geniale e ingombrante, descrive con semplicità, verità e profonda consapevolezza le vicissitudini di una donna del suo tempo, mettendo in luce tutte le contraddizioni, le rinunce, le ingiustizie che bisogna sopportare in un matrimonio. Rinunce, vessazioni, umiliazioni perpetrate in nome dell'amore, ma viene qui spontaneo chiedersi: quanto conta, qui, realmente, l'amore?

Opera recensita: "Amore colpevole" di Sof'ja Tolstaja
Editore: La tartaruga, 2019
Genere: letteratura russa
Ambientazione: Russia
Pagine: 208
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.


lunedì 15 giugno 2020

RECENSIONE: TONI MORRISON - AMATISSIMA


Sinossi:
"Amatissima" è la storia di Sethe, una giovane donna di colore forte e indomabile che, negli anni successivi alla guerra civile, si ribella alla propria condizione di schiava e fugge al Nord, verso la libertà. Nella sua nuova vita in una piccola casa appena fuori Cincinnnati, Sethe è tormentata da immagini dolorose che la sua mente non riesce a cancellare e, a volte, neppure a sopportare. A nulla valgono la presenza affettuosa dell'unica figlia che le è rimasta, Denver, o l'arrivo di un compagno dei tempi della schiavitù, Paul D, che come lei ha patito pene indescrivibili. C'è un evento oscuro e inquietante che tiene lontana la pace dalla casa fino a quando l'apparizione improvvisa di un'ospite inattesa, una ragazza sensuale e incantevole che si fa chiamare Amata, aiuta Sethe a conciliarsi e a convivere con il suo passato. Soltanto l'amore, però, potrà restituirle definitivamente la serenità, consentendole di risolvere i conflitti più laceranti della sua anima. Romanzo di ineguagliabile intensità emotiva, sostenuto da un ritmo narrativo audace e coinvolgente, "Amatissima" racconta il coraggio e la passione di uomini e donne straordinari i cui sentimenti non conoscono confini. Definito un capolavoro dalla stampa americana, vincitore del Premio Pulitzer 1988 e candidato al National Book Award, ai primi posti nella classifica dei libri più venduti, è l'opera che consacra Toni Morrison come una delle maggiori esponenti della narrativa americana contemporanea .

Commento:
"Quanto deve sopportare un negro?" chiede Paul D al vecchio Stamp. "Tutto quello che può" è la pacata, saggia, definitiva risposta dell'uomo. Questo scambio di battute è, probabilmente, la sintesi dell'intensità, della forza, della struggente bellezza di questo romanzo. Un romanzo scritto alla fine degli anni Ottanta del Novecento, ambientato nella seconda metà dell'Ottocento – proprio dopo la guerra di Secessione – e drammaticamente attuale ancora oggi, alla luce delle discriminazioni raziali e delle vicende cui abbiamo modo, nostro malgrado, di assistere. La storia di Sete, Alle, Paul D, Denver, Baby e la piccola Amata è insieme straziante storia d'amore, dramma familiare e durissimo atto di denuncia sociale: ciò che Sete e i suoi compagni subivano alla Dolce casa e nei vari posti dove avevano lavorato in precedenza fa male ancora oggi a noi che leggiamo. Impossibile immaginare le pene, i torti, le ingiustizie e i patimenti subiti in silenzio. Più che comprensibile la voglia di scappare, persino di morire piuttosto che restare ancora. È quello che fa Sete, questa donna dolce e fiera che, incinta di Denver, manda gli altri suoi figli presso la casa del marito, dove c'è la suocera ad accoglierli. Quando, dopo molte peripezie ci arrivano anche lei e la neonata Denver, per Sete può cominciare finalmente una nuova vita, ma un bel giorno la donna riconosce i suoi inseguitori: è una fuggiasca e sa cos'accadrebbe a lei e ai figli se la prendessero. Quello che fa la cambierà profondamente e darà alla sua vita un nuovo, funesto corso. La ritroviamo oggi, diciotto anni dopo, e seguiamo con lei la catena di eventi che, ancora una volta, la metteranno alla prova: il passato ritorna e talvolta fa male… solo l'amore potrà lenire le ferite e calmare il dolore e i sensi di colpa, in modo che le ombre nere possano trovare la pace.
Intriso di misticismo, soprannaturale, credenze popolari, dolore e sensualità, Amatissima è un romanzo bellissimo che racconta con sensibilità e premura la condizione degli schiavi neri nell'America ottocentesca e invita a riflettere anche il modernista più sfrenato, anche chi crede che queste questioni siano superate. Un romanzo da leggere, senza dubbio.

Opera recensita: "Amatissima" di Toni Morrison
Editore: Frassinelli 1988 – Sperling & Cupfer 2013
Genere: romanzo storico
Ambientazioni: Stati Uniti, tardo Ottocento
Pagine: 410 (ed. Sperling)
Prezzo: 10,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


sabato 13 giugno 2020

RECENSIONE: ABBIE GREAVES - PER TUTTI I GIORNI DELLA MIA VITA


Sinossi:
Il silenzio può essere più forte di mille bugie. È per questo che Frank un giorno, senza preavviso, decide di smettere di parlare alla moglie Margot. La ama da quarant’anni, ogni istante più del primo. Insieme sono tutto, e da sempre sono convinti che l’amore sia sufficiente. Ma arriva il momento in cui non è più così: Frank continua a condividere con Margot il momento della cena, si sveglia nello stesso letto, ma nemmeno il più piccolo sussurro esce dalla sua bocca. Con gli occhi le fa capire che il sentimento non è mutato, ma null’altro. La donna non ha idea di quale possa essere il motivo di quel cambiamento e ogni sua richiesta di spiegazioni cade inesorabilmente nel vuoto. Per questo Margot decide di fare qualcosa di altrettanto estremo: prende delle pillole. Troppe pillole. In quel preciso momento Frank capisce che non può perderla, che non esistono bugie tanto gravi da allontanarlo da lei per sempre. Perché anche nel matrimonio più sincero e più solido ci sono delle ombre, delle verità che, per proteggere l’altro, si è deciso di tacere. Quando si pronuncia quella fatidica promessa si crede davvero che essa sia forte a sufficienza da superare qualunque cosa. Ma ogni giorno è una nuova sfida. Ogni passo verso una nuova famiglia da creare è un salto nel vuoto. Ogni progetto condiviso è un azzardo. In nome di quell’amore si può sbagliare. Perché nulla più dell’amore ci fa fallire nel tentativo di fare la cosa giusta.

Commento:
Questo romanzo, uscito solo pochi giorni fa per Garzanti, è un esordio potente, scritto con una prosa cristallina, senza sbavature né incertezze, da una penna sicura e molto, molto sensibile. È forte, in queste pagine, la sensazione che sia la storia stessa, questa storia agrodolce e così comune, a voler uscire, a voler essere raccontata, letta, assorbita, interiorizzata.
Frank e Maggie sono due persone comuni che più comuni non si può: potrebbero tranquillamente essere i miei o i vostri genitori. Due persone che si conoscono, si piacciono e per una serie di circostanze decidono di sposarsi, di sostenersi a vicenda e di superare tutte le difficoltà. Il loro matrimonio va avanti per quarant'anni e di difficoltà ce ne saranno tante, alcune molto importanti, ma in qualche modo, a vederli dall'esterno, Frank e Maggie sembrano farcela, sembrano superare tutto ciò che investe la loro famiglia. Internamente, però, tra di loro e singolarmente, sono distrutti, prostrati, la loro anima sanguina. C'è un fallimento che pesa sulla coscienza di entrambi anche se tra loro non ne parlano: la deriva tormentata della loro unica, amatissima figlia. Per ragioni diverse il peso della colpa e del fallimento logora queste due vite fino a condurle a un gesto estremo: Frank, da un giorno all'altro, smette di parlare alla moglie; il sentimento, l'amore furioso, l'affetto inesauribile c'è ancora, ma lui non proferisce più neanche un mugugno. Sei mesi dopo, la donna ingurgita otto pillole del suo sonnifero. È solo quando sta per perderla che Frank capisce che, qualunque peso porti sulla coscienza, non può perdere la sua Maggie. E comincia a parlare… parlare… parlare.
Per tutti i giorni della mia vita è un romanzo, è vero, ma la potenza e il realismo dei sentimenti e delle vicende raccontate lo rende più simile ad un memoriale, ad una confessione: è una storia di fantasia che potrebbe tranquillamente essere vera… purtroppo. Un plauso particolare all'autrice che, cosa ancor più rara in un'opera prima, ha saputo raccontare così bene i sentimenti e rendere così vividi i suoi personaggi, al punto che sembra davvero di conoscerli; ottimo, poi, il lavoro del traduttore Stefano Beretta che ci ha regalato tutta l'intensità evocativa di questa prosa splendida. Lettura emozionalmente impegnativa, ma senza dubbio consigliata.

Opera recensita: "Per tutti i giorni della mia vita" di Abbie Greaves
Editore: Garzanti, 2020
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Inghilterra
Pagine: 288
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.