lunedì 29 marzo 2021

RECENSIONE: ROBERT GALBRAITH - SANGUE INQUIETO

        Sinossi:

Il nuovo caso arriva nelle mani di Cormoran Strike in una buia serata d'agosto, davanti al mare della Cornovaglia, mentre è fuori servizio e sta cercando una scusa per telefonare a Robin, la sua socia. In quel momento tutto desidera tranne che parlare con una sconosciuta che gli chiede di indagare sulla scomparsa della madre, Margot Bamborough, avvenuta per giunta quarant'anni prima. Un cold case più complesso del previsto, con un serial killer tra i piedi e un'indagine della polizia a suo tempo molto controversa, fra predizioni dei tarocchi, testimoni sfuggenti e piste scuramente intrecciate.

 

Commento:

Sangue inquieto, quinto capitolo della bellissima serie Le indagini di Cormoran Strike, è un giallone lungo e corposo su cui ho un'opinione quantomai controversa. Adoro tutto di questa serie, i protagonisti, i comprimari, il modo di indagare lento e pacato, le descrizioni di luoghi, eventi e personaggi in modo a dir poco puntuale, la cura dei dettagli, persino la lunghezza dei romanzi che permette di dedicare alla lettura il giusto tempo… stavolta, però, in più punti mi sono sentita persa, smarrita, persino sul punto di chiudere il libro e rimandare la lettura ad un altro momento… cosa impensabile, per quanto mi riguarda, per un poliziesco. Il problema principale che poi racchiude tutti gli altri, a mio parere, è che Galbraith – alias J. K. Rowling, lo ricordiamo per i più smemorini – ha decisamente voluto strafare: un tomo di più di mille pagine con quella narrazione lenta che tanto mi era piaciuta nei romanzi precedenti, ma anche con una quantità di personaggi, storie, cambi di versione, ricordi mutevoli… decisamente difficile da seguire e da gestire. Ho avuto, in più punti, l'impressione che ci fosse uno stallo nella trama, non vedevo vie d'uscita. Il finale, poi, l'ho trovato sorprendente, sì, ma non incisivo quanto avrei sperato dopo cotanto impianto narrativo… per capirci, avrei voluto qualcosa che mi facesse saltare dalla sedia, che mi facesse pensare "ah, ecco dove voleva arrivare, magia magia!"… non l'ho trovata.

Ecco, dopo questa sfilsa di considerazioni non propriamente esaltanti, vengo ora a dirvi che il romanzo mi è comunque piaciuto. Cosa mi sia piaciuto di preciso non lo so neanch'io, ma non mi sento di dire che sia un flop, una battuta d'arresto né tantomeno che abbandonerò la serie. Anzi, continuerò a leggere i volumi che arriveranno con la stessa voracità, ad attenderli con la stessa trepidazione, sebbene anche con un pizzico di timore in più per ciò che mi attenderà. Strike e Robin li ho trovati in sintonia come e più del solito, il cold case era interessante sebbene vi prendessero parte troppi personaggi… dai, tutto sommato, non un cattivo libro.

 

Opera recensita: "Sangue inquieto" di Robert Galbraith

Editore: Salani, 2021

Genere: giallo, seriale

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 1104

Prezzo: 24,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

      

RECENSIONE: GENKI KAWAMURA - NON DIMENTICARE I FIORI

        Sinossi:

Quando la moglie gli annuncia di aspettare un bambino, Izumi non potrebbe essere piú felice. È cresciuto senza padre, e mentre immagina come sarà la sua nuova vita da genitore ripercorre alcuni momenti trascorsi insieme alla madre Yuriko, proprio mentre il mondo della donna inizia a sfumare nelle nebbie della malattia. Ma questo non impedisce a madre e figlio di riportare alla luce una vecchia ferita... Il ricordo, la memoria e l'importanza degli affetti: è con la delicatezza delle emozioni che Kawamura Genki tesse la trama di questo romanzo. Regalando ai suoi lettori un racconto intriso di quell'amore complicato e speciale, sempre unico, che c'è tra genitori e figli. Quando la moglie gli annuncia di aspettare un bambino, Izumi non potrebbe essere piú felice. Ma è anche un po' preoccupato: sarà un buon padre? E, in fondo, cos'è un buon padre? Lui, il suo, non l'ha mai conosciuto. Izumi è cresciuto da solo con la madre Yuriko, un'insegnante di musica, in un rapporto tanto stretto quanto sfuggente anche per loro. E proprio la madre è la fonte delle sue ansie maggiori: negli stessi giorni in cui scopre che diventerà padre, Izumi scopre anche che, in un certo senso, smetterà di essere figlio. La madre Yuriko, infatti, mostra i primi segni dell'Alzheimer: dimentica le cose o dove si trova, inizia a uscire di casa perdendosi per il quartiere, e una volta sembra addirittura scordare di avere un figlio. Izumi sa che sua madre è malata, ma quell'episodio riapre una vecchia ferita: Izumi non può in nessun modo cancellare quanto accaduto tra il 1994 e il 1995, quando lui era un bambino e Yuriko se ne andò di casa all'improvviso. Ma cosa successe alla madre in quei mesi di assenza? E perché si allontanò? Kawamura Genki scrive una storia delicata e piena di umanità, in cui malinconia e leggerezza si mescolano in un modo tipicamente giapponese. Proprio come in Se i gatti scomparissero dal mondo, Kawamura usa una storia intima per affrontare, quasi senza che ce ne accorgiamo, le grandi domande: cosa vuol dire essere un genitore? Qual è il rapporto tra memoria e identità? Conosciamo davvero le persone che abbiamo accanto? Potremo amarle e continuare a rispettare i loro segreti?

 

Commento:

Non dimenticare i fiori è un romanzo apparentemente leggero, ma in realtà molto profondo, delicato e suggestivo che indaga il difficile rapporto tra genitori e figli. Con l'apparente levità tipica di molti autori giapponesi, Kawamura affronta temi difficili e quantomai intricati ed intimi quali la malattia, la vecchiaia, il ricambio generazionale, il passare da figli a genitori e contemporaneamente lo smettere di essere genitori con il sopraggiungere di malattie che attaccano i ricordi. Lo fa con grande tatto, Kawamura, ma anche con grande onestà e franchezza, conducendoci nelle vite e nei ricordi dei personaggi in punta di piedi, svelandocele poco a poco, per gradi. Così scopriamo che il rapporto fra il protagonista e la madre non è sempre stato roseo, che lei non è sempre stata felice di aver cresciuto un figlio da sola, che lui è totalmente impreparato davanti alla prospettiva di diventare padre e di ritrovare in sua madre una donna diversa da quella che conosceva. Tutto avviene in modo naturale, come se i personaggi fossero persone e noi li stessimo conoscendo vis à vis davanti a plurime tazze di thè. Questa delicatezza, poi, ha il pregio di permetterci di immergerci nel nostro vissuto, di paragonare le esperienze dei protagonisti con le nostre, di fare raffronti, di trarre conferme e, magari, conforto. Non è facile trattare certi argomenti che portano con sé dolore e perdita, ma Kawamura riesce egregiamente a parlarne con il giusto equilibrio permettendo anche a noi di seguire la storia senza rimanerne schiacciati emotivamente. Una lettura sobria e gradevole che consiglio caldamente.

 

Opera recensita: "Non dimenticare i fiori" di Genki Kawamura

Editore: Einaudi, 2021

Genere: narrativa giapponese

Ambientazione: Giappone

Pagine: 319

Prezzo: 17:00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

      

martedì 23 marzo 2021

RECENSIONE: PITCHAYA SUDBANTHAD - SOTTO LA PIOGGIA

    Sinossi:

Nell’inquieta città di Bangkok c’è una casa. Nel corso di duecento anni è stata plasmata dall’inesorabile scorrere del tempo e si è legata a molte vite: un medico missionario che rimpiange il natio New England ma trova la forza di non soccombere al caos vibrante del Siam del diciannovesimo secolo, una donna mondana del secondo dopoguerra che si sposa, diventa madre e padrona di casa senza avere alcun sospetto del futuro solitario che l’attende; un pianista jazz dell’era del rock che, perseguitato dai propri fantasmi, viene chiamato a placare gli spiriti che aleggiano nella casa; un’ex militante politica che, nel presente, cerca di superare la lunga ombra del suo passato. Mentre la città, vera protagonista, prende vita, i destini dei suoi abitanti si sfiorano o si scontrano, modificandosi l’uno con l’altro; il tempo collassa, e queste esistenze convergono, collegate dal sangue, dalla memoria, dal desiderio, dal caso e dalle forze voraci che creano e ricostruiscono la stessa città, anfibio in continua trasformazione. Fino a che, nella Bangkok del futuro, sommersa, una banda di adolescenti guida i turisti e gli ex residenti attraverso i monumenti inondati d’acqua, vendendo loro fazzoletti per asciugare le lacrime versate su luoghi che nemmeno ricordano.
Un romanzo d’esordio fulminante, che ritrae le suggestioni lontane di una Bangkok inedita, girandola di luci e colori, odori e sapori, in continuo mutamento verso un finale ineludibile.

 

Commento:

Sotto la pioggia è un romanzo particolarissimo che ci porta a conoscere una terra lontana che ci affascina, ma della quale conosciamo poco: la Tailandia. In questo suo romanzo d'esordio, lo scrittore Pitchaya Sudbanthad fa un vero e proprio omaggio alla storia della sua terra e in particolare della città di Bangkok, la capitale dai tanti nomi e dalle tante vite, una per ogni volta che questa città ha dovuto piegarsi, inabissarsi e poi rialzarsi. Dal XIX secolo ad oggi, persino a domani, questa terra e il popolo che la abita hanno dovuto rialzarsi tante volte, opporsi a chi voleva prevaricarli, cercando un equilibrio che permettesse di non dimenticare, ma di continuare a vivere attutendo la prossima, inevitabile caduta. E questo equilibrio, questo viaggio interiore ed esteriore fra il popolo e la città passa inevitabilmente dall'acqua: acqua infingarda che inonda e sommerge, acqua tollerante che lava e purifica, acqua accogliente che culla e dà pace, acqua rigenerante che dà equilibrio ed energia. L'acqua è l'elemento portante di questa storia, la chiave per conoscere i personaggi, i luoghi, le storie, le vicissitudini, per andare su e giù nel tempo senza restare impantanati.

Sotto la pioggia è un romanzo organico, una narrazione corale in cui il tempo diventa fluido, il genere non esiste, esistono solo una terra e il suo popolo fatto di tante persone, ricordi, gioie, dolori. Una lettura intensa, interessante e gradevole che ci riporta a luoghi esotici che però conosciamo solo superficialmente e che, in verità, avrebbero tanto da raccontarci.

 

Opera recensita: "Sotto la pioggia" di Pitchaya Sudbanthad

Editore: Fazi, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Tailandia

Pagine: 382

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

    Voto personale: 8.

      

lunedì 15 marzo 2021

RECENSIONE: VICTORIA MAS - IL BALLO DELLE PAZZE

    Sinossi:

Fine Ottocento. Nel famoso ospedale psichiatrico della Salpêtrière, diretto dall'illustre dottor Charcot (uno dei maestri di Freud), prende piede uno strano esperimento: un ballo in maschera dove la Parigi-bene può "incontrare" e vedere le pazienti del manicomio al suono dei valzer e delle polka. Parigi, 1885. A fine Ottocento l'ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate "isteriche" e curate con l'ipnosi dall'illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l'esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene. Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c'è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il "ballo delle pazze", ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. In quell'occasione, mascherarsi farà cadere le maschere...

 

Commento:

Il ballo delle pazze, meglio dirlo subito, non tratta una tematica nuova o inedita, anzi, se c'è una caratteristica che non ha è proprio l'originalità. Tuttavia è un romanzo che conquista ed avvince sin dal primo rigo, probabilmente complice anche una prosa estremamente cinematografica, l'uso di frasi brevi e del tempo presente, che proietta il lettore direttamente dentro la scena, come se se la vedesse scorrere davanti. Impossibile, perciò, non essere toccati nel profondo dall'ingiustizia, dai soprusi, dall'assoluto sprezzo per la dignità delle donne internate alla Salpétrière, trattate alla stregua di cavie, esperimenti, animali da circo e mai, mai come persone. Deve arrivare la giovane e sicura Eugénie a rompere gli equilibri e piegare anche gli animi più rigidi… Quella di Eugénie e Jénevieve, di Louise, Thérèse e di tutte le altre è una storia realmente accaduta: forse non avevano questi nomi, ma tante donne, nell'Ottocento e non solo, venivano internate, rinchiuse, dimenticate dalla famiglia, dagli uomini o da altre donne che decidevano per loro, che stabilivano cosa e come bisognasse essere. Troppe donne si sono viste negare la vita, oscurare i sogni, privare della libertà solo perché diverse da ciò che ci si sarebbe aspettati da loro. Un romanzo non originale, sì, ma di certo estremamente commovente e coinvolgente: consigliato a tutti, non solo alle donne.

 

Opera recensita: "Il ballo delle pazze" di Victoria Mas

Editore: E/O, 2021

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Parigi, 1885

Pagine: 181

Prezzo: 16,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

lunedì 8 marzo 2021

RECENSIONE: KAMALA HARRIS - LE NOSTRE VERITà

            Sinossi:

La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, figlia di due attivisti per i diritti civili immigrati in America, è cresciuta a Oakland, California, in una realtà molto attenta alla giustizia sociale. Mentre si affermava come uno dei leader politici più influenti del nostro tempo, la sua storia personale restava la fonte di ispirazione per affrontare problemi complessi prendendosi cura di chi non aveva mai ricevuto attenzione. In Le nostre verità, Kamala Harris affronta le sfide del nostro tempo: attingendo agli insegnamenti e alle intuizioni conquistate durante la sua carriera, grazie all'esempio di coloro che l'hanno maggiormente ispirata, racconta la sua visione, un impegno quotidiano fondato sulla difesa di obiettivi e valori condivisi.

 

Commento:

Prima di novembre 2020 non conoscevo Kamala Harris, non conoscevo la sua storia, non avevo mai sentito la sua voce. Poi, qualche mese fa, ho ascoltato, come molti, il suo discorso di insediamento e di ringraziamento al popolo americano e, come tanti, mi sono innamorata delle sue parole, del suo carisma, della sua forza. Non sapevo, però, che quello che avevo ascoltato era solo un assaggio di ciò che è, che è stata e che credo sarà Kamala Harris. È stato leggendo questo libro che ho capito che donna è, da dove viene, l'immensità del lavoro che ha fatto finora e le grandi cose che potrà fare nel posto che occupa. Ma Le nostre verità non è solo l'autobiografia fattuale e celebrativa di una vicepresidente degli Stati Uniti, non lo è neanche lontanamente: è un libro in cui, con intelligenza, competenza, coraggio e grande determinazione, si stila una lista ragionata ed oculata di ciò che è stato fatto e soprattutto di ciò che c'è da fare. Kamala Harris ci racconta il suo lavoro per il popolo californiano e poi americano, per la giustizia, l'uguaglianza, l'equità, la libertà delle cose semplici, quelle veramente necessarie. Non è un libro autocelebrativo, questo: è un memorandum valido anche per noi che non siamo americani, ma che viviamo, anche se in percentuali diverse, gli stessi problemi degli Stati Uniti, gli stessi problemi, proporzionati, di tutte le società occidentali. Leggere questo libro è stato, per me, una scarica di energia, un'endovena di entusiasmo: Kamala Harris è una donna che non si arrende, è una a cui piace risolvere i problemi, essere parte della soluzione. Perché non dovremmo esserlo anche noi?

 

Opera recensita: "Le nostre verità" di Kamala Herris

Editore: La nave di Teseo, 2021

Genere: autobiografia

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 384

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5. 

lunedì 1 marzo 2021

RECENSIONE: ANDRé ACIMAN - L'ULTIMA ESTATE

Sinossi:

Sud Italia, un'estate sulla Costiera amalfitana. A causa di un guasto alla loro imbarcazione, un gruppo di giovani americani si ritrova a soggiornare in un hotel frequentato da attempati turisti poco inclini al divertimento. Lì conoscono Raúl, personaggio riservato e imperscrutabile, sempre seduto in disparte con il suo taccuino. Finché un giorno si avvicina al loro tavolo: accortosi che Mark soffre visibilmente a una spalla, gli posa una mano sul punto dolorante, alleviandone il fastidio. Non contento, procede rivelando dettagli personali, anzi intimi, su tutti i presenti, informazioni che nessuno avrebbe mai potuto conoscere... Per vincere la diffidenza dei giovani, spiazzati dalle sue scomode verità, decanta loro le meraviglie della zona: una zona che frequenta d'estate fin da quando era bambino, piena di risonanze legate al mondo della mitologia, come i Lugentes Campi, i campi del pianto, dove gli amanti infelici errano ricordando le loro pene d'amore. L'unica del gruppo che non sembra lasciarsi ammaliare dal suo fascino e dalla sua retorica è Margot, che Raúl inizialmente aveva chiamato con quello che secondo lui doveva essere il suo vero nome di battesimo, Maria. Ma con il passare delle ore e dei giorni, dopo un pranzo condiviso e lunghe camminate sulla spiaggia, Margot comincia a fidarsi di lui, ad aprirsi... E Raúl la condurrà in un viaggio indietro nel tempo, verso un passato che li lega molto da vicino. Prenderà corpo una storia d'amore e di mistero, nel segno di quella delicata profondità nel raccontare i sentimenti che è un marchio inconfondibile di André Aciman.

 

Commento:

Che Aciman abbia una predisposizione naturale a raccontare i sentimenti con franchezza e senza giri di parole è cosa nota ai suoi lettori. Chi ha amato Chiamami col tuo nome e Cercami, però, non dovrà aspettarsi da questo suo ultimo libro qualcosa di perfettamente uguale ai romanzi precedenti: c'è, qui, una componente in più che sa di realismo magico e, se non proprio di fantasy, di fantastico certamente. La trama apparentemente sembra semplice e lineare, per quanto alcuni personaggi appaiano bizzarri sin da subito: un gruppo di turisti americani piomba in un noto hotel della costiera amalfitana e ne sovverte le abituali calma e sobrietà. Un uomo sulla sessantina, seduto ad un tavolo appartato, li osserva a lungo, quasi li studia, prima di tentare un approccio. Ben presto l'uomo rivela di possedere qualità e doni particolari, riesce a guarire le persone con un tocco, mostra di sapere cose che nessuno sa… ma soprattutto riesce a muoversi nel tempo, fra i vari Io che, inquieti, ci circondano e tentano di imporsi nella nostra vita attuale: si parla di altre personalità in cui abbiamo vissuto, di luoghi che ci sembra di aver visitato senza però esserci mai stati prima in questa vita… non c'è nulla di davvero soprannaturale in questa storia, anzi Aciman fa leva sugli errori, sulle rinunce che infliggiamo a noi stessi credendo di poter archiviare il dolore, di poter rinchiudere il destino in un cassetto. Niente di più falso e Aciman e il suo Raul, il protagonista di questa storia, ci raccontano.

Un libro gradevole, brevissimo, che si legge in qualche ora. Non c'è bisogno di credere a tutte le teorie che Raul ci espone, ma di sicuro si possono passare ore liete con un buon libro che sa coinvolgere.

 

Opera recensita: "L'ultima estate" di André Aciman

Editore: Guanda, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Costiera amalfitana

Pagine: 160

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

    Voto personale: 8.