mercoledì 9 giugno 2021

RECENSIONE: MURIEL BARBERY - UNA ROSA SOLA

Sinossi:

Rosa fa la botanica, ha quarant’anni, vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è depressa. Conosce i fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo per una sera; niente la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa plumbea in cui trascorrono le sue giornate, la vita le sembra un faticoso percorso senza senso. Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto. Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore             e quindi di vita.

 

Commento:

Attendevo da tanto di leggere questo libro: conosco l'autrice per aver letto – ormai tanto tempo fa – L'eleganza del riccio che avevo molto apprezzato a suo tempo, così riponevo in questa sua ultima fatica molte aspettative, in verità non deluse. Si tratta di due libri diversi, ma accomunati da una sensibilità visionaria: l'autrice racconta sentimenti ed esperienze tutto sommato comuni con uno sguardo trasognato, intimo, profondo. Lo fa descrivendo i sentimenti con immagini, ritualità, esperienze quasi mistiche, ponendo in luce il legame fortissimo tra noi e il mondo che ci circonda, i fiori, la terra, l'acqua, il cielo, ma anche le altre presenze, umane o animali, di carne o in spirito. Anche qui, in Una rosa sola, l'autrice quasi ci sommerge di sollecitazioni sensoriali per raccontare la storia di una quarantenne parigina giunta in Giappone, una terra da lei mai vista, così diversa dal suo modo di sentire. Rosa, così si chiama la protagonista, è una donna depressa, in lei convivono tristezza, rabbia e un senso di smarrimento ed abbandono difficili da estirpare perché radicati nell'infanzia e fomentati dagli urti che la vita non le ha risparmiato. Rosa vive la vita con indifferenza, fra incontri fugaci e fiori che conosce ma che non guarda davvero. Giunta in Giappone per la lettura del testamento di un padre che non ha mai conosciuto, Rosa è sopraffatta da una serie di esperienze troppo intense, troppo piene di colori e mutevolezza per una donna abituata ad un grigio statico e costante. In questo viaggio che le cambierà la vita visiterà luoghi e incontrerà persone che la guideranno verso la rinascita. Un libro strano, questo nuovo di Muriel Barbery: leggendo si ha l'impressione di essere storditi, tramortiti dallo shock dell'impatto con l'acqua gelida, solo che per quanto sono lussureggianti e ricche di profumi, colori, sensazioni pregnanti, queste pagine dovrebbero essere paragonate ad acqua bollente, altro che gelida. Si galleggia in una dimensione sospesa, irreale, in un sacco amniotico da cui si riemerge, dopo una gestazione forzata, a nuova vita. Da leggere? Sì. Vi piacerà? Non lo saprete se non molte ore dopo averlo terminato. Io, comunque, ve lo consiglio.

 

 

Opera recensita: "Una rosa sola" di Muriel Barbery

Editore: E/O, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Giappone

Pagine: 170

Prezzo: 16,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

          

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