Sinossi:
Rosa fa la botanica,
ha quarant’anni, vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è
depressa. Conosce i fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo
per una sera; niente la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa
plumbea in cui trascorrono le sue giornate, la vita le sembra un faticoso
percorso senza senso. Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto per
assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa solo
che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione con la
madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto. Ma il Giappone è
un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti
di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei
una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a
vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo
un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita
da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa
conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo
concetto di amore e quindi di vita.
Commento:
Attendevo da tanto di
leggere questo libro: conosco l'autrice per aver letto – ormai tanto tempo fa –
L'eleganza del riccio che avevo molto apprezzato a suo tempo, così riponevo in
questa sua ultima fatica molte aspettative, in verità non deluse. Si tratta di
due libri diversi, ma accomunati da una sensibilità visionaria: l'autrice racconta
sentimenti ed esperienze tutto sommato comuni con uno sguardo trasognato,
intimo, profondo. Lo fa descrivendo i sentimenti con immagini, ritualità,
esperienze quasi mistiche, ponendo in luce il legame fortissimo tra noi e il
mondo che ci circonda, i fiori, la terra, l'acqua, il cielo, ma anche le altre
presenze, umane o animali, di carne o in spirito. Anche qui, in Una rosa sola,
l'autrice quasi ci sommerge di sollecitazioni sensoriali per raccontare la
storia di una quarantenne parigina giunta in Giappone, una terra da lei mai
vista, così diversa dal suo modo di sentire. Rosa, così si chiama la
protagonista, è una donna depressa, in lei convivono tristezza, rabbia e un
senso di smarrimento ed abbandono difficili da estirpare perché radicati
nell'infanzia e fomentati dagli urti che la vita non le ha risparmiato. Rosa vive
la vita con indifferenza, fra incontri fugaci e fiori che conosce ma che non
guarda davvero. Giunta in Giappone per la lettura del testamento di un padre
che non ha mai conosciuto, Rosa è sopraffatta da una serie di esperienze troppo
intense, troppo piene di colori e mutevolezza per una donna abituata ad un
grigio statico e costante. In questo viaggio che le cambierà la vita visiterà
luoghi e incontrerà persone che la guideranno verso la rinascita. Un libro
strano, questo nuovo di Muriel Barbery: leggendo si ha l'impressione di essere
storditi, tramortiti dallo shock dell'impatto con l'acqua gelida, solo che per quanto
sono lussureggianti e ricche di profumi, colori, sensazioni pregnanti, queste
pagine dovrebbero essere paragonate ad acqua bollente, altro che gelida. Si galleggia
in una dimensione sospesa, irreale, in un sacco amniotico da cui si riemerge,
dopo una gestazione forzata, a nuova vita. Da leggere? Sì. Vi piacerà? Non lo
saprete se non molte ore dopo averlo terminato. Io, comunque, ve lo consiglio.
Opera recensita:
"Una rosa sola" di Muriel Barbery
Editore: E/O, 2021
Genere: narrativa
straniera
Ambientazione:
Giappone
Pagine: 170
Prezzo: 16,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.
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