sabato 30 gennaio 2021

RECENSIONE: GIANLUCA ANTONI - IO NON TI LASCIO SOLO

                Sinossi:

L’amicizia è affrontare insieme la paura. Lo sanno bene Filo e Rullo, due ragazzini diversissimi eppure inseparabili, che decidono di scappare da casa

e di avventurarsi tra i boschi, alla ricerca del cane di Filo, perso durante un temporale. Per ritrovarlo si spingono fino alla cascina di Guelfo Tabacci,

uno schivo montanaro di cui si mormora che anni prima abbia ucciso suo figlio. Così, l’ingenuità della loro fuga lascia il posto ai terribili segreti del

mondo degli adulti. Molto tempo dopo, nella cantina di quello stesso casolare vengono ritrovati due diari. Sono stati proprio i due amici a scriverli,

consegnando a quelle pagine ingiallite la soluzione del mistero e il racconto, insieme crudo e poetico, di un’estate destinata a cambiare per sempre le

loro vite. In un paesaggio dominato dal contrasto tra la luce dell’eterna innocenza e il buio del dolore, Gianluca Antoni mescola le atmosfere del giallo

a quelle del romanzo di formazione. Con colpi di scena e toni delicati, racconta i rapporti tra genitori e figli, le strategie imprevedibili con cui affrontiamo

la perdita, ma anche la tenacia di legami fatti per sopravvivere al tempo.

 

Commento:

Quella raccontata da Gianluca Antoni in Io non ti lascio solo è una storia bellissima, una storia di bambini ed adulti accomunati, fondamentalmente, da una cosa: la paura di restare soli. Sì, perché sbaglierebbe chi pensasse che la solitudine fa paura solo ai bambini: loro magari la manifestano con la paura del buio o col non voler andare in cantina/soffitta senza qualcuno che li accompagni, ma in realtà di questo si tratta… di non essere in grado di difendersi dagli accidenti che la vita ci pone dietro l'angolo. E si sa, in due (o più) si è più forti, no?

Lo sanno bene Filo e Rullo, due ragazzini coraggiosi che sono diventati inseparabili, capaci di affrontare di tutto, senza paura, purché insieme. E insieme i due decidono di marinare il campo Scout cui i loro genitori li avevano iscritti, per intraprendere un'avventura che farà affrontare loro numerosi pericoli, ma grazie alla quale avranno modo di conoscere molte persone, di crescere e di misurarsi con se stessi… un'avventura che ha dell'incredibile, ma che in fondo è dolorosamente, teneramente realistica.

Io non ti lascio solo è un racconto sull'amicizia, è un romanzo di formazione, ma è ben lungi dall'assumere toni moralistici o melensi: in molti passaggi del libro si ha proprio l'impressione di leggere un thriller psicologico se non persino un noir. Ovvio che, personalmente, la cosa non ha potuto che farmi piacere! Al di là degli aspetti narrativi, il romanzo è ben scritto, fluido, piacevole da leggere: le pagine scorrono rapide nella curiosità di capire come evolverà l'avventura. Vi sono, poi, oltre a Filo e Rullo, altri personaggi che val la pena conoscere: Scacco col suo passo felpato e il suo cuore gigante, Amelie con la gentilezza e l'altruismo, il maresciallo, la droghiera Clara, lo stesso Guelfo e persino i due cani, Birillo e Diablo, così diversi eppure uniti nella fedeltà.

Mi sento di consigliare questo libro a tutti: gli adulti lo troveranno una storia godibile con qualche spunto di riflessione; gli adolescenti potranno trarne molto giovamento perché è una storia che induce a pensare, a porsi interrogativi, ad andare oltre le pagine; i bambini forse non ne coglieranno tutte le sfaccettature, ma di sicuro potranno seguire e apprezzare la trama.

 

Opera recensita: "Io non ti lascio solo" di Gianluca Antoni

Editore: Salani, 2021

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: non definita

Pagine: 288

Prezzo: 15,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

mercoledì 27 gennaio 2021

RECENSIONE: GIANRICO CAROFIGLIO - LA DISCIPLINA DI PENELOPE

            Sinossi:

Penelope si sveglia nella casa di uno sconosciuto, dopo l’ennesima notte sprecata. Va via silenziosa e solitaria, attraverso le strade livide dell’autunno milanese.

Faceva il pubblico ministero, poi un misterioso incidente ha messo drammaticamente fine alla sua carriera. Un giorno si presenta da lei un uomo che è stato indagato per l’omicidio della moglie. Il procedimento si è concluso con l’archiviazione ma non ha cancellato i terribili sospetti da cui era sorto. L’uomo le chiede di occuparsi del caso, per recuperare l’onore perduto, per sapere cosa rispondere alla sua bambina quando, diventata grande, chiederà della madre.

Penelope, dopo un iniziale rifiuto, si lascia convincere dall’insistenza di un suo vecchio amico, cronista di nera.

Comincia così un’appassionante investigazione che si snoda fra vie sconosciute della città e ricordi di una vita che non torna.

Con questo romanzo – ritmato da una scrittura che non lascia scampo – Gianrico Carofiglio ci consegna una figura femminile dai tratti epici. Una donna durissima e fragile, carica di rabbia e di dolente umanità.

Un personaggio che rimane a lungo nel cuore, ben oltre l’ultima pagina del sorprendente finale.

 

Commento:

Penelope Spada è una donna tosta, decisa, intransigente. Era un pubblico ministero, poi qualcosa di sbagliato le ha portato via la sua carriera e parte dei suoi ricordi. Ora è una "specie di investigatore privato" senza licenza, vive da sola, passa serate prive di senso nei letti di uomini sconosciuti e sempre diversi, mangia sano e beve decisamente troppo. Quando un certo Mario Rossi le chiede di indagare – invece che su una bega coniugale o un furtarello da niente – sull'omicidio di sua moglie, la sua onestà e la sua franchezza la spingono a rifiutare il caso. Però c'è qualcosa che la attira in quella storia, che peraltro è già stata archiviata sebbene in malo modo. Così si lascia convincere dall'amico cronista di nera Zanardi, richiama Rossi e guarda gli atti. Non avrebbe voluto tornare a rimestare in storie che avessero qualche attinenza col suo lavoro passato, eppure il richiamo della caccia è troppo forte, così Penelope comincia ad indagare. Fortuna che ha ancora qualche amico a cui poter chiedere favori, altrimenti sarebbe stata dura, senza mezzi. Comunque, la testardagine, la lucidità e il fiuto Penelope Spada non li ha persi in quell'incidente e qualcosa, nel torpore di un'indagine chiusa, si muove. Un monito la guiderà e la porterà a risolvere il caso: mai saltare alle conclusioni.

La disciplina di Penelope è un giallo gradevole, che si fa leggere senza problemi e si archivia senza troppi rimpianti: è un buon giallo, scritto bene, ma non lo si può definire appassionante. Certezze ne abbiamo poche: possiamo supporre che ciò che non ci è stato rivelato in questo libro lo ritroveremo in un futuro secondo capitolo, o comunque in una prosecuzione della serie; possiamo immaginare che sapremo di più su Penelope Spada, qualcosa in più dei dettagli che sapientemente l'autore ha lasciato cadere qua e là quasi per caso… se non fosse così, dubito che ricorderemo a lungo questa donna alla quale non abbiamo avuto il tempo materiale di affezionarci, giacché l'abbiamo conosciuta a stento. Il mio voto è comunque positivo, ma è più che altro un incoraggiamento, un voler sperare in un prosieguo migliore. Per ora lo consiglio, poi vedremo.

 

Opera recensita: "La disciplina di Penelope" di Gianrico Carofiglio

Editore: Mondadori, 2021

Genere: giallo

Ambientazione: Milano

Pagine: 192

Prezzo: 16,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

 

      

lunedì 25 gennaio 2021

RECENSIONE: KADER ABDOLAH - IL SENTIERO DELLE BABBUCCE GIALLE

        Sinossi:

Sultan Farahangi, famoso cineasta iraniano rifugiato in una fattoria della campagna olandese, si immerge nei ricordi per riannodare i fili della sua avventurosa esistenza e raccontarla in una catena di storie seguendo le orme di Sherazade. Un viaggio nella memoria che come d'incanto ci trasporta nell'antica città di Arak, divisa fra tradizioni secolari e la forzata modernizzazione a stelle e strisce con cui lo scià, nel secondo dopoguerra, importa la gomma da masticare e il seducente mondo del cinema. Figlio di una nobile famiglia di commercianti di zafferano e cresciuto in un castello fiabesco, tra gli spiriti tutelari del nonno, le lotte femministe della cugina Akram jun e l'amicizia del feroce bandito Hushang Braccio Mozzo, Sultan comincia a osservare il mondo fuori con il cannocchiale dell'alta torre dove ama rifugiarsi. Scopre così quella vocazione che lo condurrà alla scuola di cinema di Teheran e poi a intrecciare il suo destino con quello della regina Farah Diba e dell'ayatollah Khomeini, a interrogarsi sulla libertà dell'arte e sull'etica del sacrificio per una causa, a subire il carcere politico e a trovare la via di fuga per la vita in Europa. Fondendo realtà, mito e fiaba orientale con raffinatissima grazia poetica, Kader Abdolah rievoca l'antica Persia e i mutamenti che l'hanno travolta in un romanzo di formazione che è in realtà un viaggio interiore alla ricerca di sé, delle proprie radici di uomo e di artista. Il percorso pieno di nostalgia di un migrante d'eccezione per mappare i sentieri che la vita gli ha offerto e ricomporre attraverso la letteratura il disegno di un'esistenza destinata a farsi ponte tra due mondi.

 

Commento:

Il sentiero delle babbucce gialle è un libro inconsueto, molto particolare e a tratti magico. La magia compiuta da questo libro sta nell'aver trovato il giusto equilibrio fra antico e moderno, fra fiaba persiana alla Mille e una notte, romanzo storico e autobiografia di un Paese politicamente instabile. E' il racconto della vita di un uomo che passa attraverso varie fasi della modernità e della storia del suo Paese fino ad essere costretto a fuggire per salvarsi da se stesso. Un uomo, Sultan Farahangi, guidato da due forze concordi e potentissime: il suo Jin e la sua videocamera. Il primo è l'entità (nel suo caso buona) che lo guida nelle scelte e nelle incertezze, la seconda è la sua musa, la sua ragione di vita, la sua ancora di salvezza. Tutte le scelte (tante, rischiose ed apparentemente folli) che farà saranno guidate dalla voce interiore del suo Jin e votate all'obbedienza alla sua cinepresa. E di scelte Sultan si troverà costretto a farne tante, alcune delle quali rischieranno di costargli la vita, la libertà, l'amore di una donna. E forse solo ora che è ad un capolinea, ad una sosta più lunga del suo andare, ora che è in salvo e si appresta a vivere un'altra fase della sua vita può riflettere sulle scelte passate. Lo fa in un libro che scrive in una lingua semi-inventata e che qualcun altro dovrà tradurre. Lo fa lui che può perché in realtà non esiste, è solo il frutto della fantasia di Kader Abdolah, lo fa lui invece dell'uomo a cui questa storia è ispirata e dedicata, Said Sultanpur, poeta, drammaturgo e cineasta iraniano giustiziato nel 1981.

Il sentiero delle babbucce gialle è un libro peculiare, delicato e appassionante che ci ammonisce sul bisogno di non esprimere facili giudizi sulle scelte altrui perché nessuno di noi, dall'esterno, può sapere da cosa siano state dettate. E' un libro coraggioso che è riuscito ad unire due anime dello stesso popolo, quella antica e quella moderna, in un mix affascinante e significativo. È un romanzo importante perché ci dà gli spunti giusti per approfondire la storia e la cultura di un Paese, l'Iran, così chiacchierato, spesso temuto, ma poco conosciuto.

 

Opera recensita: "Il sentiero delle babbucce gialle" di Kader Abdolah

Editore: Iperborea, 2020

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Iran-Paesi Bassi

Pagine: 448

Prezzo: 19,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

          

giovedì 21 gennaio 2021

RECENSIONE: LEVANTE - SE NON TI VEDO NON ESISTI

                        Sinossi:

Anita, redattric    e in una rivista di moda, è quello che tutte sognano di essere: bella, giovane, elegante e colta. Ma anche tremendamente complicata. Sua madre e sua sorella, così concrete, non capiscono da dove arrivi la sua inquietudine, quella voglia di mangiarsi ogni attimo come fosse l'ultimo e di scappare a gambe levate non appena qualcuno minaccia di metterla in gabbia. Anita però lo sa bene: quando si guarda allo specchio, le sue "mille me" – così le chiama lei – riflettono i suoi cambiamenti di umore e la incoraggiano, la contraddicono, la rimproverano quando sbaglia. Perché Anita sbaglia spesso, soprattutto quando si tratta di uomini. I suoi errori più grandi sono tre: Filippo, affascinante e indisponibile, incontrato per caso su un volo per New York; Flavio, un incrocio di sguardi che si è trasformato in passione; e poi Jacopo, il marito che le è sempre stato accanto ma ultimamente sembra non capirla più. Anita crede di amarli tutti, ma forse la verità è che la vita le sta sfuggendo di mano, come la sua immagine riflessa nello specchio. Dovrà scavarsi dentro e fare i conti con un passato ancora dolorosissimo, per imparare a prendersi cura di sé senza smettere di innamorarsi e di sbagliare: solo così potrà ricominciare a vedersi, e a esistere, davvero.

 

Commento:

Da tempo volevo leggere questo romanzo di Levante, talentuosa e bravissima cantautrice che seguo e apprezzo tanto. Da tempo volevo leggerlo, sia per mera curiosità, sia perché il titolo mi aveva folgorato e non è difficile immaginare perché (esiste anche una canzone omonima che guardacaso è la mia preferita), sia perché volevo vedere se la bravura di Claudia Lagona come autrice di canzoni si rispecchiasse anche nei libri. Bene, a lettura conclusa posso dire di essere stupita in positivo: Levante scrittrice ha superato le mie aspettative. Mi aspettavo un romanzo gradevole, sì, ma con un tono leggiadro, fresco, giovanile… Se non ti vedo non esisti non lo è: è un romanzo introspettivo, difficile da leggere perché intriso di una tristezza, un'angoscia, una malinconia insospettabili. Eppure, forse anche per questo, è un romanzo profondamente realista e sincero: è la storia di una giovane donna tenace, caotica, irrequieta che si vede costretta nella gabbia del suo matrimonio perfetto e decide di provare a essere libera, a riprendersi i suoi spazi. Ciò che troverà ad attenderla è una serie di errori che la porteranno in una discesa agli inferi fatta di umiliazioni, dolore, rabbia, paura, rischio. Se non ti vedo non esisti è un viaggio difficile, un percorso duro dentro una vita lacerata che cerca, a fatica, inciampando e ferendosi, di ricucirsi. Lo consiglio? Sì, perché è una prova di coraggio sia per chi l'ha scritto, sia per chi lo leggerà: guardare in faccia i propri errori e mancanze non è facile… per nessuno.

 

Opera recensita: "Se non ti vedo non esisti" di Levante

Editore: Rizzoli, 2017

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roma, New York

Pagine: 262

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

 

mercoledì 20 gennaio 2021

RECENSIONE: ILARIA TUTI - LUCE DELLA NOTTE

Sinossi:

Chiara ha fatto un sogno. E ha avuto tantissima paura. Canta e conta, si diceva nel sogno, ma il buio non voleva andarsene. Così, Chiara si è affidata alla luce invisibile della notte per muovere i propri passi nel bosco. Ma quello che ha trovato scavando alle radici dell'albero l'ha sconvolta. Perché forse non era davvero un sogno. Forse era una spaventosa realtà. Manca poco a Natale, il giorno in cui Chiara compirà nove anni. Anzi, la notte: perché la bambina non vede la luce del sole da non sa più quanto tempo. Ci vuole un cuore grande per aiutare il suo piccolo cuore a smettere di tremare. È per questo che, a pochi giorni dalla chiusura di un faticosissimo e pericoloso caso e dalla scoperta di qualcosa che dovrà tenere per sé, Teresa Battaglia non esita a mettersi in gioco. Forse perché, no­nostante tutto, in lei batte ancora un cuore bambino. Lo stesso che palpita, suo malgrado, nel giovane ispettore Marini, dato che pur tra mille dubbi e perplessità decide di unirsi al commissario Battaglia in quella che sembra un'indagine folle e insensata. Già, perché come si può anche solo pensare di indagare su un sogno? Però Teresa sa, anzi, sente dentro di sé che quella fragile, spaurita e coraggiosissima bambina ha affondato le mani in qualcosa di vero, di autentico... E di terribile.

 

Commento:

Luce della notte, il terzo capitolo della stupenda saga che Ilaria Tuti dedica alla commissaria Teresa Battaglia e al suo Friuli, è un romanzo coraggioso. Coraggioso come chi decide di affrontare il buio, gli spettri, la notte dell'anima e del cuore.

Coraggioso come Chiara, la bambina della storia, che non si sottrae al sogno che la mette di fronte a un'atrocità più grande di qualsiasi cosa lei possa tollerare; coraggioso come Giulia, la mamma di Chiara, che illumina la notte in cui è costretta la figlia con colori, luci, fiabe e speranza instancabile; coraggioso come Teresa Battaglia, l'anziana commissaria che affronta se stessa e il suo destino ogni giorno e non ha paura di seguire un'intuizione e rischiare tutto; coraggioso persino come il giovane e supponente Marini, che nonostante tutto si affida alla sua commissaria e la segue rischiando anche lui. È coraggioso, questo romanzo, proprio come lo è la sua autrice, capace di ndare oltre il dolore, di affrontarlo con un'arma potente, la scrittura, che diventa catarsi, che diventa salvezza. Luce della notte è una storia su come affrontare la paura scavando dentro se stessi per trovare la forza di attraversare la notte. È una storia di bambini coraggiosi e di madri che li aspettano e condividono con loro la sofferenza; è una storia di coraggio. Leggetela, come e più degli altri romanzi di Ilaria Tuti.

 

Opera recensita: "Luce della notte" di Ilaria Tuti

Editore: Longanesi, 2021

Genere: noir, seriale

Ambientazione: Friuli

Pagine: 256

Prezzo: 16,80 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.     

martedì 19 gennaio 2021

RECENSIONE: ANDRA E TATIANA BUCCI - NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ

                Sinossi:

La sera del 28 marzo 1944 i violenti colpi alla porta di casa fanno riemergere negli adulti della famiglia Perlow antichi incubi. La pace trovata a Fiume, dopo un lungo peregrinare per l'Europa cominciato agli inizi del Novecento in fuga dai pogrom antiebraici, finisce bruscamente: nonna, figli e nipoti vengono arrestati e, dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, deportati ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi. Sopravvissute alle selezioni forse perché scambiate per gemelle o forse perché figlie di un padre cattolico, o semplicemente per un gioco del destino, le due sorelle Tatiana (6 anni) e Andra (4) vengono internate, insieme al cugino Sergio (7), in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. In questo libro, le sorelle Bucci raccontano, per la prima volta con la loro voce, ciò che hanno vissuto: il freddo, la fame, i giochi nel fango e nella neve, gli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile. E sempre, sullo sfondo, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui «si esce» se sei ebreo, come dicono le guardiane. L'assurda e tragica quotidianità di Birkenau penetra senza altre spiegazioni nella mente delle due bambine, che si convincono che quella è la vita «normale». Il solo modo per resistere e sopravvivere alla tragedia, perché la consuetudine scolora la paura. Finché, dopo nove mesi di inferno, ecco apparire un soldato con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto. Sorride mentre offre una fetta del salame che sta mangiando: è il 27 gennaio 1945, la liberazione. Che non segna però la fine del loro peregrinare. Dovrà passare altro tempo prima che Tatiana e Andra ritrovino i genitori e quell'infanzia che è stata loro rubata. Le sorelline trascorreranno ancora un anno in un grigio orfanotrofio di Praga e alcuni mesi a Lingfield in Inghilterra, in un centro di recupero diretto da Anna Freud, dove finalmente conosceranno la normalità. Secondo le stime più recenti ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine provenienti da tutta Europa, solo poche decine sono sopravvissuti. Questo è lo struggente racconto di due di loro.

 

Commento:

Di testimonianze di sopravvissuti all'Olocausto ne abbiamo lette ed ascoltate molte, eppure continuiamo a cercarne, continuiamo a voler sapere, ascoltare… Perché? Le ragioni possono essere le più varie, ma per quanto mi riguarda, in cima alla lista c'è un irriducibile stupore e sgomento per ciò che è stato, come se avessi sempre bisogno di ascoltare testimonianze di chi l'ha vissuto per non staccarmi dalla realtà, per continuare a pensare che non ho immaginato, che è successo tutto davvero, che l'uomo ha davvero potuto commettere tante atrocità. E poi c'è un'altra motivazione: ogni testimonianza, a modo suo, aggiunge qualcosa alla barbarie, anche un solo dettaglio, anche una sfaccettatura. Quello che, a parer mio, aggiungono Andra e Tatiana Bucci in questo libro è il loro essere bambine. Quando furono internate, Andra e Tatiana avevano rispettivamente 4 e 6 anni… impensabile, inimmaginabile, eppure è reale, è successo, è qui il loro racconto. Un racconto fatto di dignità, di piccoli aneddoti di prima della guerra, della prigionia, del dopo liberazione. Un racconto di come due sorelle miracolosamente sopravvissute all'Olocausto sono riuscite a rifarsi una vita, ad "uscire da Birkenau" per avere la forza di rientrarci ancora per testimoniare e raccontare. Un libro lucido, un racconto semplice e perciò ancor più d'impatto. Un'altra storia da leggere per sapere, per non dimenticare.

 

Opera recensita: "Noi, bambine ad Auschwitz" di Andra e Tatiana Bucci

Editore: Mondadori, 2019

Genere: autobiografia, testimonianza

Ambientazione: Italia, Germania-Polonia, Inghilterra

Pagine: 134

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

      

sabato 16 gennaio 2021

RECENSIONE: JENNY BLACKHURST - LA STRANA MORTE DI EVIE WHITE

 

Sinossi:

La notte delle sue nozze, la bellissima Evie White si suicida buttandosi da una scogliera. L'accaduto getta gli invitati al matrimonio nella confusione più completa: cosa può averla spinta a un gesto così estremo? Nessuno sembra in grado di capire, men che meno Richard, lo sposo di Evie, e Rebecca, la migliore amica della donna sin dai tempi del college. Per chiarire i motivi dell'accaduto, e per onorare i tanti anni di amicizia e amore che li hanno legati, Richard e Rebecca decidono di indagare. Scavando nel passato di Evie e negli eventi che hanno portato alla sua decisione di sposare Richard, i due si accorgono ben presto di non averla mai conosciuta veramente, e che la donna che hanno amato nascondeva segreti più inquietanti di quanto immaginassero. Si sono sempre sbagliati su di lei? Forse il rapporto che li legava non è mai stato quello che pensavano...

     

Commento:

Confesso che all'inizio avevo qualche remora a definire "thriller" questo romanzo: la storia mi pareva troppo delineata, troppo poco misteriosa, con una trama troppo lineare. Poi, leggendo, ho capito che mi sbagliavo: i colpi di scena ci sono, la trama ha delle evoluzioni sorprendenti e la vena thriller in effetti c'è, sebbene non sia fra i più cruenti. La storia di Evie White, della sua infanzia, dell'adolescenza tormentata, del periodo universitario fino alle soglie del matrimonio con Richard Bradley ci viene raccontata piano piano, in un puzle ad incastro perfetto fra presente e passato. Il primo ci viene narrato in prima persona da Rebecca, la migliore amica di Evie, la sua complice, quella che la conosce meglio; il passato, invece, lo vediamo con gli occhi di Evie, sebbene non sia direttamente lei a raccontarcelo. Anche il cambio di tono e di punto di vista risulta piacevole e mai forzato nello scorrere della narrazione. La strana morte di Evie White non è un thriller d'azione, ma piuttosto una storia inquietante sull'amicizia, il senso di colpa, l'amore negato e la felicità perduta e per sempre inseguita. Un thriller in cui la tensione scorre costante, ma non deborda mai, non raggiunge mai livelli alti. E tuttavia, per come è raccontata la vicenda, non avrete il tempo di rimpiangere inseguimenti e spargimenti di sangue. I colpi di scena, comunque, non mancheranno e il finale è persino sorprendente.

 

Opera recensita: "La strana morte di Evie White" di Jenny Blackhurst

Editore: Newton Compton, 2020

Genere: thriller

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 384

Prezzo: 9,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

     

giovedì 14 gennaio 2021

RECENSIONE: DON WINSLOW - ULTIMA NOTTE A MANHATTAN

Sinossi:

Manhattan, alla fine degli anni Cinquanta, è all’apice del suo fulgore, il posto ideale per chi ha grandi ambizioni o vuole soltanto cambiare vita. Joe Keneally è un giovane senatore che mira alla presidenza. Walter Withers, invece, a New York ci è tornato. Ha lavorato a lungo per la Cia e adesso è un investigatore privato in una grande agenzia di sicurezza. Le loro parabole si intersecano quando a Withers viene chiesto di fare da scorta durante un party a Madeleine Keneally, l’affascinante e ricca moglie del senatore, la «principessa d’America» che sembra destinata a diventare First Lady. Un compito di routine, all’apparenza. Ma nello stesso albergo alloggia anche la giovane e bella amante del senatore. E il mattino dopo la ragazza viene trovata morta. Un suicidio, all’apparenza. L’unico a non crederci è Walter Whiters. Withers sa, per esperienza, che avvicinarsi troppo alla verità è pericoloso, in certi casi. Per salvarsi, e salvare chi ama, dovrà affrontare i suoi vecchi datori di lavoro e soprattutto l’Fbi di J. Edgar Hoover, che sono decisi a fermare l’ascesa di Keneally. E cosí si ritrova – lui, un maestro nell’incastrare gli altri – a essere, per la prima volta, in trappola.

 

Commento:

Questo, per me, sarà l'anno di Don Winslow: ho deciso di approfondire la sua conoscenza, visto che già so che è un autore che apprezzo. Ho voluto cominciare l'anno proprio con l'ultimo suo libro, pubblicato l'altro ieri da Einaudi.

Ultima notte a Manhattan è uno spy thriller di ambientazione storica: è ambientato a New York durante le feste natalizie del 1958, ai tempi della Guerra fredda. Le tensioni fra Russia e Stati Uniti si sentono tutte in questo romanzo, giacché il protagonista, Walter Withers è un ex agente della Cia tornato a New York dall'Europa perché stanco del suo lavoro e affetto da una forte nostalgia per la sua città che considera il posto più bello del mondo, l'unico dove vorrebbe essere. Ora passa le sue giornate lavorando come investigatore privato per un'importante agenzia di sicurezza, Forbes & Forbes, e vagando per i numerosi locali in cui canta la sua ragazza, la sensuale e talentuosa Anne Blanchard.

Proprio per lavoro Walter si ritroverà invischiato in un intrigo che tocca le alte sfere della politica e del bel mondo: la sua agenzia gli affida la sicurezza della moglie di un importante senatore democratico durante un party esclusivo all'hotel Plaza e tutti rimangono così soddisfatti del suo operato, della compostezza, dell'eleganza e della capacità di risolvere grane potenzialmente esplosive, che senza chiedere la sua opinione, lo scritturano per altri servigi. Quando, però, la disinibita amante del senatore viene ritrovata morta in una stanza registrata a suo nome, Walter capisce di essere, suo malgrado, in grossi guai. Da cacciatore a preda è un attimo ed ora sì che sono in tanti a volerlo finito o morto.

Ultima notte a Manhattan è una bella spy story di quelle che piacciono a me, con un protagonista umano, tensione ben dosata e tempi lenti ma non troppo. Non si può dire che sia un capolavoro, né il massimo dell'originalità, ma è gradevole e si legge con piacere.

 

Opera recensita: "Ultima notte a Manhattan" di Don Winslow

Editore: Einaudi, 2021

Genere: spy thriller, thriller storico

Ambientazione: New York, 1958

Pagine: 360

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

          

mercoledì 13 gennaio 2021

RECENSIONE: MIGUEL DE UNAMUNO - NEBBIA

Sinossi:

Un grande classico della letteratura del Novecento, pubblicato nel 1914, che i lettori riscopriranno con gioia. Separato dai traffici della vita, il giovane, benestante Augusto Pérez, gran passeggiatore e giocatore di scacchi, conduce la sua esistenza oziosa perennemente avvolto nella vibrante atmosfera delle sue fantasticherie. Neanche l'incontro casuale con Eugenia, una graziosa insegnante di pianoforte, sarà sufficiente a riportarlo con i piedi sulla terra. Più che di Eugenia, infatti, l'uomo è innamorato del suo sogno d'amore, del fantasma di verità e di bellezza che la fantasia gli ha dipinto nel segreto del cuore. Ma il sognatore Augusto, a sua volta, non è che il sogno di uno scrittore, Miguel de Unamuno, che comparirà nell'opera quando il primo si recherà a chiedergli conto del suo destino. Ed entrambi, autore e personaggio, non sono forse altro che un sogno di Dio, destinati a dissolversi al suo risveglio.

 

Commento:

Nebbia. Mai titolo fu più appropriato e calzante per questo romanzo di Unamuno. Nebbia è quella in cui vive perennemente il protagonista, Augusto Pérez, un buono, un teorico, un filosofo, un metafisico, un illuso che vaga sperso nell'alto dei suoi pensieri senza accorgersi della realtà che lo circonda. Un bel giorno, durante una passeggiata, Augusto incappa in un paio di occhi, comincia a seguire la loro proprietaria e cade folle d'amore per lei. Ben presto, però, capisce che il suo amore non si ferma ad una donna sola, ma si appiccica ad altre donne, a molte donne diversissime tra loro, come se Eugenia – così si chiama la proprietaria del primo paio d'occhi – avesse sbloccato il rubinetto dell'amore di Augusto che ora sparge sogni amorosi a getto continuo. La situazione si fa scomoda, poi surreale, poi triste, ma proprio quando Augusto sta per prendere l'ultima, dirimente decisione della sua vita, compare Unamuno che gli cambia i piani in corsa.

Nebbia è un romanzo particolarissimo, nel quale si fa fatica ad immedesimarsi oggi data la grande diversità di contesto in cui fu scritto (1914, prima della Grande Guerra), ma che tuttavia risulta gradevole – tranne in alcuni capitoli davvero allucinanti – e fa riflettere. Provvidenziale e salvifica è l'ironia micidiale con cui Unamuno condisce buona parte della sua Nivola rendendola leggibile e tutto sommato godibile anche a più di un secolo di distanza.

 

Opera recensita: "Nebbia" di Miguel De Unamuno

Editore: Fazi, prima ed. originale 1914

Genere: letteratura spagnola

Ambientazione: Spagna

Pagine: 257

Prezzo: 12,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.

  

martedì 12 gennaio 2021

RECENSIONE: CORRADO DE ROSA - L'UOMO CHE DORME

Sinossi:

Da un po’ di tempo, Antonio Costanza ha preso la vita contromano: non per scelta e nemmeno per ostinazione. A quarant’anni, è vittima di un’indolenza che niente riesce a scalfire, neppure i brutali omicidi di due prostitute. Non sarebbe troppo grave se Antonio fosse solo Antonio. Invece è anche il dottor Costanza, psichiatra e consulente del Tribunale per i crimini violenti. Uno che se la vede con disadattati cronici, finti pazzi e bastardi veri. Così, quando l’ombra di un serial killer si allunga su Salerno, città sospesa tra vecchi sapori di provincia e vanità da metropoli sul mare, Antonio fa l’impossibile per non essere coinvolto. Vagamente sociopatico e teneramente narcisista, se ne resta ripiegato in un guscio di piccole fobie, appresso alle scelte dell’ex compagna e a un rapporto complicato con il figlio. La sveglia però sta suonando, tanto più che di mezzo ci si mette una giornalista dal sorriso favoloso. Il sonno della svogliatezza è finito e al dottor Costanza toccherà sondare la mente omicida di uomini che odiano le donne, trascinato in un caso in cui la Legge sembra incapace di fare giustizia. Corrado De Rosa attinge alla sua esperienza di psichiatra, perito in vicende giudiziarie eccellenti, per costruire una commedia nera dal tono amaro e scanzonato. La dedica a una generazione a tratti infantile, maldestra in amore, che è cresciuta con i Lego rimanendo incastrata tra i mattoncini colorati delle possibilità e le macerie del disincanto.

 

Commento:

Annoiato, scaramantico, indolente, lo psichiatra Antonio Costanza è un quarantenne tranquillo, schivo ma non solitario, pigro ma non troppo scontroso. È quello che definiremmo una brava persona, separato, ama la sua famiglia, in particolare il padre e il figlio, è bravo nel suo lavoro, ma non è un asso dei rapporti umani: spesso sbaglia tempi e modi di approccio e tendenzialmente cerca di restare lontano dalle grane o dalle faccende complicate. Questo suo essere impacciato e schivo non lo favorisce nelle relazioni, specie in quelle con l'altro sesso, perché viene scambiato per supponenza, disinteresse all'interlocutore, arroganza. Sono queste alcune delle impressioni provate da Laura Santamaria, brava giornalista che deve averci a che fare per via di un omicidio alquanto truce. Una prostituta anziana è stata ritrovata morta nella propria abitazione la sera di San Valentino del 2012 ed è necessario entrare nella personalità dell'assassino, capire il suo modo di ragionare, capire quanto fosse cosciente. Non è Costanza ad occuparsi delle indagini, non è sua la responsabilità di individuare il colpevole, ma per un motivo o per l'altro viene in contatto con i sospettati e finisce per ritrovarsi, suo malgrado, al centro del caso. Lo conosciamo pian piano, Antonio Costanza, entriamo passo dopo passo nella sua cerchia di amici, percorriamo con lui i vicoli della sua città, e nel frattempo seguiamo su più campi paralleli i movimenti di altri personaggi, le realtà di altre vite, in un concatenarsi di eventi, luoghi, persone. L'uomo che dorme è, sì, un noir, ma è un noir atipico, perché conserva preponderanti i tratti del romanzo, della narrazione più amena e meno oscura e brutale. È quasi come se l'autore, nel donarci questa storia, avesse toccato solo incidentalmente la sfera noir, ma pensasse invece al racconto della storia di un uomo, di uno psichiatra seduto "dal lato sbagliato della scrivania", come se avesse voluto mettere in luce le contraddizioni di una città e di una società pronta a ricercare la follia dove c'è "solo" cattiveria e degrado. L'uomo che dorme è un romanzo che si fa leggere agevolmente, nel quale si entra con piacere, con curiosità e dal quale si esce un po' più consapevoli, desiderosi di riflettere e consci di aver chiuso un buon libro che, come tale, trova i suoi fondamenti nella realtà del quotidiano.

 

Opera recensita: "L'uomo che dorme" di Corrado De Rosa

Editore: Rizzoli, 2018

Genere: noir

Ambientazione: Salerno

Pagine: 275

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

          

lunedì 11 gennaio 2021

RECENSIONE: GABRIELLA GENISI - I QUATTRO CANTONI (LOLITA LOBOSCO 08)

Sinossi:

Bari, inizio di dicembre, mancano pochi giorni a San Nicola. Mentre la commissaria Lolita Lobosco e il suo nuovo amore Giancarlo Caruso si godono la notte in una casetta di pescatori a Polignano, nella vicina Torre a Mare un uomo viene ammazzato nella sua villetta; sul corposaranno trovate tracce di orrende sevizie. La sera dopo, una Mercedes scura cerca di sfuggire a un posto di blocco e si schianta contro un muro: due uomini di etnia rom, padre e figlio, muoiono sul colpo. Quando si scopre che il dna di uno dei due era anche sulla scena del crimine, il caso sembra chiuso, ma l'origine etnica dei presunti assassini non fa che soffiare sul fuoco di un clima di odio e razzismo strisciante. Solo Lolita – che continua a dividere le sue passioni tra relazioni complicate, cucina del Sud e dedizione alla giustizia – non è convinta dell’esito delle indagini: alcuni dettagli non quadrano proprio. Tanto più che inspiegabili delitti, nelle settimane seguenti, cominciano a insanguinare la città. Un filo sembra legare queste morti misteriose, e la bella commissaria cercherà cercherà di dipanarlo a rischio della sua carriera, e della sua stessa vita. In una Puglia fascinosa e crepuscolare, va in scena una     nuova avventura della spavalda poliziotta barese, che la consacra come originale protagonista della commedia noir all'italiana.

 

Commento:

Mi è piaciuto davvero tanto, quest'ultimo (per ora) romanzo della serie con Lolita Lobosco: è quello che mi è piaciuto di più, quello che più mi ha coinvolta. Ed effettivamente i requisiti per essere un ottimo romanzo li ha tutti: personaggi ben caratterizzati, una serie consolidata, una città insospettatamente enigmatica in cui il rosso del Natale alle porte si mescola con quello del sangue… e poi il cibo, le tribolazioni, il mistero. E di mistero qui ce n'è davvero tanto: questa serie, già bella ab initio, è cresciuta ad ogni capitolo ed è diventata sempre più nera, cosa che, personalmente, non posso che apprezzare. I quattro cantoni è la più noir delle indagini della sceriffa in Louboutin, quella in cui lei stessa rischia di più, quella che la riappacifica con la squadra, con l'amore e forse con se stessa. Consigliato, come tutta la serie.

 

 

Opera recensita: "I quattro cantoni" di Gabriella Genisi

Editore: Sonzogno, 2020

Genere: giallo, seriale

Ambientazione: Bari

Pagine: 270

Prezzo: 15,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

domenica 10 gennaio 2021

RECENSIONE: HORACIO VERBITSKY - L'ISOLA DEL SILENZIO

Sinossi:

Buenos Aires, settembre 1979. Prima dell’ispezione della Commissione interamericana per i diritti umani viene smantellato in poche ore il centro di detenzione clandestina per gli oppositori politici costituito all’interno della Scuola di Meccanica della Marina. Nella notte, tutti i detenuti sono trasferiti in un’isola dell’arcipelago del Tigre, fino ad allora utilizzata come luogo di riposo dal Cardinale di Buenos Aires. Ad accogliere i prigionieri un cartello: El Silencio. Nell’isola di El Silencio i detenuti saranno vittime di un misterioso programma di “disintossicazione e rieducazione”. Attraverso le agghiaccianti testimonianze dei sopravvissuti e dei parenti dei desaparecidos, Horacio Verbitsky – uno dei più autorevoli giornalisti argentini, impegnato a denunciare i crimini del regime militare – ricostruisce per la prima volta la storia di questo terribile campo di concentramento finora nascosto al mondo. Con una prosa avvincente, Verbitsky parte da El Silencio per svelare retroscena inediti del rapporto che ci fu negli anni della “guerra sporca” argentina tra il regime militare e le gerarchie ecclesiastiche. L’inchiesta, che ha suscitato enorme clamore in Argentina, incrocia alcune delle figure più importanti del Vaticano, dal nunzio apostolico Pio Laghi al cardinale Jorge Bergoglio, fino ad analizzare il ruolo di Papa Paolo VI. Dopo aver raccolto nel suo precedente libro Il volo la sconvolgente confessione di Adolfo Scilingo, che eliminò numerosi oppositori politici lanciandoli in mare dagli aerei, Verbitsky firma una nuova, coraggiosa e documentata inchiesta che getta luce sull’assordante silenzio della Chiesa rispetto ad una delle pagine più drammatiche della storia del Novecento.

 

Commento:

Esce oggi, per Fandango libri, la nuova edizione di questa inchiesta dettagliata, importante ed inquietante in cui il giornalista Horacio Verbitsky ripercorre con precisione spietata gli anni della Guerra sporca e della dittatura militare in Argentina. Furono anni bui, quelli, per l'Argentina, ma non solo: sono molte le personalità e le istituzioni coinvolte a vario titolo nei crimini commessi dai militari in quegli anni. Verbitsky non può non soffermarsi, per l'importanza che ebbe e per quanto è sconvolgente, sul ruolo della Chiesa a vari livelli, dai semplici sacerdoti, ai gesuiti, alle alte sfere vaticane: in tanti sapevano, speculavano, servivano due padroni o forse uno solo, loro stessi. In particolare viene in luce la doppiezza, purtroppo/per fortuna documentata e dimostrata, di figure universalmente note come Jorge Bergoglio. Non solo la Chiesa, tuttavia, figura fra i complici della persecuzione posta in essere dal regime nei confronti di oppositori, militanti o semplici cittadini attivisti: Verbitsky ci guida attraverso le maglie di una tela intricatissima nella quale in troppi hanno finito per perdersi. L'isola del silenzio è un libro interessante, incalzante, molto preciso, quasi tecnico, però presenta un problema: non può essere letto se si è completamente digiuni di ciò che accadde in Argentina negli anni Settanta ed Ottanta. Il libro non contestualizza, non analizza come si arrivò alla dittatura, cosa c'era prima e chi effettivamente governava il Paese in quegli anni. Occorre, perciò, prima di addentrarsi in questa lettura, avere un'infarinatura storica del periodo, dopo di che, questa è una lettura ottima.

 

 

Opera recensita: "L'isola del silenzio" di Horacio Verbitsky

Editore: Fandango, 2021

Genere: reportage

Ambientazione: Argentina

Pagine: 224

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.

      

RECENSIONE: PHILIPPE AMAR - HO SOFFIATO IL MIO DESIDERIO FINO AL CIELO

Sinossi:

C'è un desiderio che accomuna tutti i bambini del mondo: avere una mamma e un papà. È così anche per Victor, che vorrebbe capire se quella sensazione è diversa dall'affetto che gli ha regalato l'anziana Tatie, da cui è stato allevato come un figlio. Adesso che non può più occuparsi di lui, l'intraprendente dodicenne decide che a trovare una mamma ci penserà da solo. Ha già un'idea in testa. È convinto che Lily, la pasticcera che incrocia per strada ogni mattina, abbia tutte le qualità per essere quella giusta: uno sguardo dolce e generoso, un sorriso aperto che promette calore e fiducia e la passione per la cucina con cui assecondare la sua insaziabile golosità. Victor è al settimo cielo, non avrebbe potuto trovare candidata migliore. Il problema è che non ha messo in conto un possibile rifiuto da parte di Lily. Pur restando affascinata dall'entusiasmo di Victor, la giovane pasticcera non ha nessuna intenzione di fargli da madre. Almeno finché non avrà fatto ordine nella sua vita cui manca il solido fondamento dato da poche e semplici certezze. L'amore, la maternità, la stabilità lavorativa restano per lei un orizzonte a cui tendere, a patto che trovi il coraggio di dare retta alla voce del passato da cui continua a essere tormentata. Nel frattempo, Victor non ci pensa nemmeno ad arrendersi e stare a guardare. Giorno dopo giorno, si impegna a escogitare stratagemmi e rocambolesche imboscate per intrappolare e conquistare Lily. Perché nessuno meglio di lui sa che è il cuore a scegliere la persona capace di regalarci la felicità.
Dalla sua apparizione sugli scaffali delle librerie, Ho soffiato il mio desiderio fino al cielo si è imposto come esordio dell'anno. Critici e lettori sono rimasti ammaliati dalla storia del piccolo Victor, dando il via a un passaparola che ha convinto la regista Michèle Laroque a trarne un film già in produzione. Philippe Amar ci consegna un romanzo delicato e toccante sull'importanza di non dare mai nulla per scontato, perché quando perdiamo di vista le cose importanti, rischiamo di smarrire anche noi stessi.

 

Commento:

Ho scovato questo romanzo per puro caso, curiosando sul web. Mi ha colpito il titolo, l'ho preso a scatola chiusa, senza neppure conoscere la trama (lo faccio di rado), ho cominciato a leggerlo e… non ho più smesso fino a notte fonda, finché non l'ho finito. Nel frattempo, mi sono emozionata, ho empatizzato con Victor, con i suoi amici, con Tatie e anche con Lily, ho pianto… che dire? Una storia che non lascia indifferenti, che mi ha conquistata e che ovviamente vi consiglio.

Ciò che più ho amato, in queste pagine, è la delicatezza, la sensibilità e l'onestà con cui la storia di Victor -e di tanti bambini come lui – viene tratteggiata dall'autore: Victor è un bambino orfano, un violinista enfant prodige, un bambino adottato, ma è raccontato qui come un bambino normale… normale, con le corse a rotta di collo fino a scuola, per le piccole bugie dette a Tatie, per le reazioni a volte inconsulte ma perfettamente plausibili per la sua età e il suo vissuto… Un bambino che vive la sua condizione in maniera consapevole, che non ne viene schiacciato o fagocitato, ma che anzi, riesce a trovare la propria identità e a difendere le proprie scelte con una forza insospettabile e invidiabile. Invidiabili sono anche la tenacia e l'intraprendenza di Victor nel perseguire i suoi (folli, ma tenerissimi) obiettivi; invidiabili sono anche gli amici di questo ragazzino così fuori dagli schemi: amici veri che gli rimangono accanto, lo supportano e gli si stringono attorno in ogni situazione, anche in quelle più difficili.

Philippe Amar riesce a trovare l'equilibrio perfetto fra dolcezza e amarezza, fiction e realtà in una storia preziosa da leggere e consigliare. Unica, piccola nota stonata: il finale… l'ho trovato non perfettamente all'altezza del resto della storia. Ma può accadere che, sebbene plausibili, le storie non finiscano proprio come avevamo pensato, anche se, ve lo anticipo, questa finisce bene.

 

 

Opera recensita: "Ho soffiato il mio desiderio fino al cielo" di Philippe Amar

Editore: Garzanti, 2020

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Parigi, Francia

Pagine: 368

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9,5.

          

giovedì 7 gennaio 2021

RECENSIONE: FRANCESCO ABATE - I DELITTI DELLA SALINA

    Sinossi:

Quando una delle sigaraie – le manifatturiere del tabacco – va a chiederle aiuto, Clara Simon non sa che fare. È una bella ragazza, con quegli occhi a mandorla ereditati dalla madre, una cinese del porto che, nonostante le differenze di classe, aveva sposato il capitano di marina Francesco Paolo Simon. Poi però è morta di parto e il marito è finito disperso in guerra. Cosí, Clara vive con il nonno, uno degli uomini piú in vista di Cagliari, e lavora all’«Unione», anche se non può firmare i pezzi: perché è una donna, e soprattutto perché in passato la sua tensione verso la giustizia e il suo bisogno di verità l’hanno messa nei guai. Ma la sigaraia le spiega che i piciocus de crobi, i miserabili bambini del mercato, stanno scomparendo uno dopo l’altro e, di fronte alla notizia di un piccolo cadavere rinvenuto alla salina, Clara non riesce a soffocare il suo istinto investigativo. Grazie all’aiuto del fedele Ugo Fassberger, redattore al giornale e suo amico d’infanzia, e al tenente dei carabinieri Rodolfo Saporito, napoletano trasferito da poco in città e sensibile al suo fascino, questa ragazza determinata e pronta a difendere i piú deboli attraversa una Cagliari lontana da ogni stereotipo, per svelarne il cuore nero e scellerato.

 

Commento:

I delitti della salina è un giallo gradevolissimo ed originale, con un'ambientazione inconsueta e molto interessante: la città di Cagliari nei primi anni del Novecento, una città bellissima in cui l'alta borghesia con i suoi lussi e privilegi cozzava con una moltitudine di lavoratori poveri e sfruttati.

È in questo contesto che si muove Clara Maylin Simon, la nuova, intrepida protagonista che irrompe con il suo brio e il suo grande senso di giustizia nel panorama del giallo italiano. Clara è una ragazza dalle origini e dal cognome ingombranti: sua madre, cinese, è morta dandola alla luce, suo padre, il capitano di marina Simon, è rimasto disperso in guerra da cinque anni. Clara vive dunque con il nonno, il colonnello Ottavio Simon, capostipite di una rispettata famiglia cagliaritana, che le fa da parafulmini, per quanto possibile, quando si mette nei guai, cosa che accade spesso giacché se si vuole dire la verità in una città piena di misteri si corre il rischio di pestare di frequente i piedi a qualche intoccabile. Quando la incontriamo, in questo primo romanzo, Clara è appena venuta a sapere da una sigaraia della morte di un piciocu de crobi, uno dei bambini derelitti che lavorano al mercato: è il secondo bambino restituito dal mare e altri sono scomparsi… chi o cosa si nasconde dietro queste strane sparizioni di cui sembra non importare a nessuno? Clara lo scoprirà rischiando il tutto per tutto, insieme a due galantuomini che ammirano lei e la giustizia in parti quasi uguali: l'amico e collega Ugo Fassberger e il nuovo arrivato tenente dell'Arma dei Carabinieri Rodolfo Saporito.

Un giallo molto ben scritto, accattivante ed a tratti elegante, con due protagoniste – una donna e una città – di cui spero di leggere ancora.

 

Opera recensita: "I delitti della salina" di Francesco Abate

Editore: Einau    di, 2020

Genere: giallo

Ambientazione: Cagliari, primi Novecento

Pagine: 296

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

lunedì 4 gennaio 2021

RECENSIONE: MARIEKE LUCAS RIJNEVELD - IL DISAGIO DELLA SERA

    Sinossi:

Jas ha dieci anni quando, come ogni anno, in casa Mulder fervono i preparativi per il Natale. La sua è una vita tranquilla. A scuola non va benissimo, ma dà una mano al papà con gli animali della fattoria e non vede l'ora di diventare abbastanza grande per andare a pattinare sull'altra riva del lago con il fratello Matthies. Due giorni prima della festa, però, proprio da quella sponda più lontana, Matthies non fa più ritorno. La morte prende il suo posto in casa, occupa la sedia che lui ha lasciato vuota, indossa il suo giubbotto rimasto appeso come un cimelio, e si insinua nella vita di tutti. Jas osserva impotente la vicina di casa portare via l'albero di Natale e i genitori trasformarsi nel Lupo Cattivo con la pancia piena di sassi. Al riparo nel suo giaccone, che non toglie più nemmeno per dormire, non le rimane che prepararsi al momento in cui Dio scaglierà su di loro una nuova piaga, come sente dire al papà e alla mamma durante una lite. Abbandonati a loro stessi, i tre fratelli Jas, Obbe e Hanna sondano, nel privato delle loro stanzette, il dolore e la perdita. La libertà consente loro di sperimentare, di sovvertire le regole, ma anche di parlare apertamente della morte. Sono pronti a sacrificare tutto pur di non farsi portare via da Lei.

 

Commento:

Ci sono molti modi di raccontare, con parole e immagini, ma anche con sottointesi ed esperienze estreme, la perdita, la morte e il dolore. Quello scelto da Marieke Lucas Rijneveld in questo romanzo è sicuramente inconsueto e decisamente forte. La storia, drammatica e straziante di per sé, ci viene raccontata da Jas, la figlia intermedia dei quattro bambini Mulder. La loro è una famiglia normale, molto religiosa, che vive e si sostenta grazie ai prodotti della fattoria ed alla vendita del latte delle tante mucche. La famiglia si appresta a vivere il Natale, gli addobbi sono pronti come anche il cibo, ma l'atmosfera di festa viene completamente spazzata via da una notizia inattesa e funesta: il figlio maggiore dei Mulder, Matthies, era uscito a pattinare sul lago ghiacciato, ma qualcosa è andato storto e il ragazzo è annegato. Nulla più sarà lo stesso in casa Mulder, non più feste, sorrisi, gioia varcheranno la porta di quella sventurata famiglia che, per di più, è colpita dalle calamità che la natura non lesina mai ai suoi figli più sfortunati. Mentre l'unità familiare si sgretola inesorabilmente insieme ad ognuno dei suoi membri, i tre figli restanti, spaesati e soli, devono misurarsi per la prima volta con la perdita di cui hanno paura e con la morte che sembra sempre venire a reclamare qualcuno o qualcosa. Non è facile per tre preadolescenti già preda delle pulsioni più sordide confrontarsi con tanti cambiamenti radicali. Ciascuno dei fratelli reagirà a suo modo… con tutto ciò che questo comporta a livello psicologico.

Non è facile esprimere un giudizio su questo libro perché il modo che ha la Rijneveld di raccontare questa storia è assolutamente originale, anticonformista, quasi sfrontato che il gradimento (o non gradimento) è, più che in altri casi, molto soggettivo. Per quanto mi riguarda, sebbene apprezzi la trama e il tentativo di riflessione a cui l'autrice vuole portarci, non posso dire di aver apprezzato questo romanzo: in parte c'entra la delusione nell'aver trovato una scrittura totalmente diversa da quella che mi aspettavo; in ogni caso, troppe cose, nella lettura, mi hanno disturbato, impedendomi di godermi a pieno il fluire della storia (i continui riferimenti alle funzioni corporali, per esempio, mi urtano se superano la soglia del mero riferimento sporadico e casuale). Tuttavia, lo ripeto, in questo romanzo più che in altri il gusto personale influisce molto sul giudizio della storia, perciò non lo consiglio né lo sconsiglio… i più puritani storceranno di certo il naso davanti a molte scelte dell'autrice, ma anch'io – che non sono fra questi – ho fatto fatica a proseguire in molti punti. In sintesi, Il disagio della sera è un romanzo che turba il lettore e lo disturba, lo pungola quasi, in mille modi diversi. Qualunque sensazione si provi leggendo, di sicuro questo non è un libro che lascia indifferenti.

 

Opera recensita: "Il disagio della sera" di Marieke Lucas Rijneveld

Editore: Nutrimenti, 2019

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Paesi Bassi

Pagine: 251

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 6.

          

sabato 2 gennaio 2021

RECENSIONE: OCEAN VUONG - BREVEMENTE RISPLENDIAMO SULLA TERRA

    Sinossi:

Little Dog, la voce di questo straordinario romanzo di esordio tradotto in tutto il mondo, ricostruisce in una lettera alla madre la storia della sua famiglia, segnata dalla guerra del Vietnam e dall'emigrazione negli Stati Uniti. Arrivati in America nel 1990, Little Dog e sua madre Rose si stabiliscono in Connecticut, dove lei si mantiene facendo manicure e pedicure. Ma la donna soffre di un disturbo da stress post-traumatico che si manifesta in violenti scoppi d’ira contro il figlio, alternati a gesti di tenerezza assoluta. Con loro abita la nonna Lan, che ha vissuto il dramma della guerra in prima persona: fuggita da un matrimonio combinato con un uomo molto più anziano, è costretta a vendersi ai soldati americani per mantenersi. Little Dog, crescendo, si fa interprete del dialogo impossibile tra le generazioni della sua famiglia tutta al femminile, unendo due donne che non parlano l’inglese e faticano a integrarsi nella cultura americana. Prendendosi cura degli altri, Little Dog impara a conoscere se stesso, dal difficile rapporto con i suoi coetanei che lo prendono di mira per la sua diversità, fino alla scoperta dell’amore. Accolto dalla critica come il nuovo grande romanzo americano, Brevemente risplendiamo sulla terra è una straordinaria storia di formazione che, attraverso il legame d’amore tra un figlio e una madre, parla di identità, differenza, di come impariamo ad abitare i sentimenti più grandi.

 

Commento:

Brevemente risplendiamo sulla terra è un libro bello e struggente a cominciare dal titolo per finire all'ultima pagina.

Con una scrittura intima, tribolata, necessaria, Ocean Vuong lascia fluire tutte le emozioni – positive e negative – a lungo trattenute da un figlio nei confronti della madre. Emozioni che dalla pagina bianca, attraverso una macchia d'inchiostro, giungono fino a noi con tutto il loro portato di sentimenti, storie, esperienze vissute e mai raccontate. Attraverso le parole di Little Dog ci immergiamo nell'infanzia di un bambino giunto negli Stati Uniti con una mamma e una nonna emigrate dal Vietnam; è sempre lui, unico della famiglia a parlare inglese, a ripercorrere i loro ricordi attraverso le storie che entrambe gli raccontavano, interpretando i silenzi, gli scoppi d'ira, le paure. È ancora lui, in questa lettera intima e accorata che probabilmente non leggerà mai, a raccontare alla madre cose che non le ha mai detto, della sua adolescenza, del bullismo, dell'amicizia con Trevor diventata presto bisogno fisico e mentale di annegarsi nell'altro. Attraverso l'espediente narrativo della lettera, Vuong riesce a regalarci un romanzo intenso in cui racconto storico, saga familiare e storia di formazione si fondono in un affresco evocativo i cui echi strizzano l'occhio ai grandi scrittori americani del Novecento.

A parer mio, non un capolavoro, ma sicuramente un ottimo libro in cui immergersi in questi freddi mesi invernali: non certo una storia rassicurante, ma a volte leggere di come altri hanno affrontato i loro problemi può aiutarci ad vedere con altri occhi i nostri.

 

Opera recensita: "Brevemente risplendiamo sulla terra" di Ocean Vuong

Editore: La nave di Teseo, 2020

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 292

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

          

venerdì 1 gennaio 2021

RECENSIONE: MARY ANN SHAFFER - IL CLUB DEL LIBRO E DELLA TORTA DI BUCCE DI PATATA DI GUERNSEY

    Sinossi:

È il 1946 e Juliet Ashton, giovane giornalista londinese di successo, è in cerca di un libro da scrivere. All'improvviso riceve una lettera da Dawsey Adams - che per caso ha comprato un volume che una volta le era appartenuto - e, animati dal comune amore per la lettura, cominciano a scriversi. Quando Dawsey le rivela di essere membro del Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, in Juliet si scatena la curiosità di saperne di più e inizia un'intensa corrispondenza con gli altri membri del circolo. Mentre le lettere volano avanti e indietro attraverso la Manica con storie della vita a Guernsey sotto l'occupazione tedesca, Juliet scopre che il club è straordinario e bizzarro come il nome che porta. Una commedia brillante (anche se nel corso della narrazione emergono tradimenti, bassezze, vigliaccherie) che parla di amore per i libri, di editori, scrittori e lettori, e poi di coraggio di fronte al male, di lealtà e amicizia, e di come i libri ti possano salvare la vita.

 

Commento:

Mi era capitato, un paio d'anni fa, di vedere il film (omonimo) tratto da questo libro e l'avevo trovato davvero carino e ben fatto, tanto che mi ero ripromessa, prima o poi, di leggere il romanzo. Ora che l'ho fatto devo dire che… che mi dispiace perché so che il mio giudizio e il mio gusto personale risente del fatto che avevo già visto il film, cosa che non mi ha fatto apprezzare pienamente il libro. Quest'ultimo, infatti, mi è risultato più incolore rispetto alla trasposizione cinematografica; ho fatto fatica ad abituarmi alla scrittura scarna, minimalista, apparentemente superficiale della Shaffer prima di apprezzare la storia che, peraltro, già conoscevo. Anche questa è un'ulteriore differenza con il film che, invece, mi aveva presa da subito. Detto ciò, comunque, la storia è bella, vale decisamente la pena di essere letta perché parla di guerra, di libri, di sacrifici e amicizie per la vita. Tuttavia sarebbe meglio se leggeste questo libro prima di guardare il film. Mi è dispiaciuto apprendere che questo è l'unico libro della Shaffer, morta nel 2008, un anno dopo la pubblicazione: avrei voluto leggere altro di suo senza il condizionamento del cinema.

 

Opera recensita: "Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey" di Mary Ann Shaffer

Editore: Astoria, 2017

Genere: romanzo epistolare

Ambientazione: Guernsey-Londra, 1946

Pagine: 292

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.