martedì 28 settembre 2021

RECENSIONE: ESHKOL NEVO - TRE PIANI

    Sinossi:

In Israele, nei pressi di Tel Aviv, si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Il parcheggio è ordinatissimo, le piante perfettamente potate all’ingresso e il citofono appena rinnovato. Dagli appartamenti non provengono musiche ad alto volume, né voci di alterchi. La quiete regna sovrana. Eppure, dietro quelle porte blindate, la vita non è affatto dello stesso tenore. Sorto da una brillante idea narrativa: descrivere la vita di tre famiglie sulla base delle tre diverse istanze freudiane – Es, Io, Super-io – della personalità, Tre piani si inoltra nel cuore delle relazioni umane: dal bisogno di amore al tradimento; dal sospetto alla paura di lasciarsi andare. E, come nella Simmetria dei desideri, l’opera che ha consacrato sulla scena letteraria internazionale il talento di Eshkol Nevo, dona al lettore personaggi umani e profondi, sempre pronti, nonostante i colpi inferti dalla vita, a rialzarsi per riprendere a lottare.

 

Commento:

Da tempo desideravo leggere qualcosa di Eshkol Nevo, autore israeliano ancora troppo poco conosciuto in Italia. L'occasione è arrivata grazie all'uscita in tutte le sale, lo scorso 23 settembre, di Tre piani, atteso film di Nanni Moretti tratto proprio dall'omonimo romanzo di Nevo del 2017. Moretti mi piace, il film mi incuriosisce… quale miglior occasione per leggere, ovviamente prima della visione, il romanzo?

Nella sua narrazione Nevo parte da un'idea, quella di rappresentare le tre istanze della personalità coniate da Freud (l'Es – ossia la dimensione degli impulsi e dei desideri -, l'Io e il Super-io) nella loro applicazione pratica, umana, quotidiana. Lo fa sfruttando una curiosità semplice, spesso inespressa, ma comune: quante volte, passeggiando per i vicoli, passando davanti ad una zona residenziale, magari attirati dai rumori che trapelano da una finestra aperta, ci siamo chiesti chi vive dentro quel determinato palazzo… come vive, com'è la sua giornata, la sua famiglia? E in maniera molto più elementare, cosa si nasconde dietro una porta chiusa? Ecco, è proprio questo il meccanismo narrativo usato da Nevo, un meccanismo infallibile perché fa perno sull'innata curiosità umana, con echi di voyeurismo ed immaginazione. Così varchiamo le porte del bel palazzo ordinato e curato in un parcheggio di periferia di una piccola città e, partendo dal primo piano, conosciamo, in un'immaginifica ascesa verso un altrove indefinito, la storia di Arnon e Ayelet, due giovani genitori alle prese con un problema della loro figlia maggiore, Ofri. La bambina da qualche tempo sembra cambiata, spenta, sempre più chiusa in se stessa. Il padre associa questo mutamento ad un episodio accaduto tempo prima in un frutteto, mentre Ofri era in compagnia di Hermann, il vicino pensionato che da tempo, occasionalmente, si occupa di lei insieme alla moglie Ruth. Arnon pensa ad un abuso, ma i suoi timori sempre più pressanti creano problemi, scompensi, conseguenze alla sua famiglia e non solo. Conosciamo questa torbida vicenda grazie al racconto dettagliato che proprio Arnon fa ad un suo amico romanziere.

Proseguendo, al secondo piano, incontriamo Hani, madre iper protettiva e moglie insoddisfatta, che in una lunga lettera alla sua migliore amica trasferitasi in America, racconta la sua battaglia per tenere insieme se stessa e la sua famiglia, nonché l'incontro con Eviatar, il fratello del marito con cui non corre buon sangue. Quest'incontro sovvertirà i già difficili equilibri della quotidianità di Hani facendole immaginare una realtà possibile, una vita diversa, ridandole un soffio pur effimero di vita che la riporta a sognare. Salendo ancora troviamo Dovra, una giudice in pensione, che, attraverso una segreteria telefonica, racconta al marito morto gli ultimi, sconvolgenti avvenimenti della sua vita e riflettendo – talvolta recriminando – sulle scelte sbagliate, sulle non decisioni, su tutte le volte che ha delegato a lui la facoltà di decidere anche per lei e sulle drammatiche conseguenze dell'affidarsi.

Si percepisce chiaramente, in tutte queste storie tra loro collegate ed intimamente intrecciate, un senso di transitorietà, di mutevolezza. È come se questi racconti fossero stati estrapolati da un narrare più ampio, come se esistessero prima di essere fermati sulla pagina e proseguissero ineluttabilmente oltre le pagine, oltre la volontà di chi le vive, semplicemente oltre. Il fascino esercitato su di me da questo romanzo è triplice: da un lato c'è la sensazione inebriante di aver intercettato uno squarcio privato, intimo, vero; dall'altro c'è quel senso di sublime che mi dà il vedere – immaginare visivamente – il destino che scorre via, scivola inafferrabile portandosi via ciò che crediamo  di conoscere o di poter perfino cambiare; da ultimo mi affascina e mi incuriosisce da sempre il mondo mediorientale ed in particolare Israele, Libano, Palestina. Per tutti questi motivi, oltre che per l'eleganza della scrittura e la sobrietà dello stile, ho apprezzato grandemente questo romanzo di Nevo che, ne sono certa, non sarà l'ultimo che leggerò. Intanto vi consiglio questo, ma presto vi parlerò di altre sue opere… contateci.

 

Opera recensita: "Tre piani" di Eshkol Nevo

Editore: Neri Pozza, 2017

Traduttore: Ofra Bannet, Raffaella Scardi

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Israele

Pagine: 255

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

domenica 26 settembre 2021

RECENSIONE: JOHN IRVING - LE REGOLE DELLA CASA DEL SIDRO

Sinossi:

Il più celebre dei romanzi di Irving narra la storia di Homer Wells, un ragazzo dall'animo ricco di sentimenti e ideali cresciuto nell'orfanotrofio di St. Cloud's nel Maine, e del medico-padre Wilbur Larch, che accoglie nel suo istituto neonati abbandonati e fa abortire povere donne che altrimenti finirebbero nelle mani di macellai. Larch educa il giovane e gli insegna la professione, nella speranza che un giorno prenda il suo posto, ma Homer preferisce seguire la propria via lavorando in una fattoria dove si produce sidro. Si renderà ben presto conto che non conosce nulla del mondo degli adulti, e che dovrà affrontare dolori, asperità e percorrere molta strada per capire le regole della vita.

 

Commento:

Fino a poco meno di due anni fa avevo sentito nominare "Le regole della casa del sidro" solo distrattamente, qualche volta, per caso. Poi ho letto Cambiare l'acqua ai fiori di Valérie Perrin e la protagonista, Violette Toussaints, ne parlava in continuazione, lo citava ad ogni piè sospinto… così da allora mi è venuta la curiosità di leggerlo. Finalmente ora ne ho avuto l'occasione e… non credo che dimenticherò questo libro tanto facilmente! Il problema è che è difficile recensire e probabilmente impossibile capire questo libro senza averlo letto… è una storia fatta di tante storie, la storia di un luogo – l'orfanotrofio di St. Cloud's – e di un medico, Wilbur Larch, che praticava indistintamente il lavoro del diavolo (l'aborto) e quello del Signore (far nascere dei bambini, anche se sarebbero rimasti orfani), ma per lui era tutto lavoro del Signore. È la storia di quell'orfanotrofio, delle sue infermiere, di tutte le donne che ci son passate, delle letture a voce alta prima di dormire, delle benedizioni impartite e di tutti i bambini che ci hanno vissuto, alcuni fino all'età adulta. E poi è la storia di uno di questi bambini diventato adulto, ma rimasto legato al St. Cloud's: Homer Wells, il prediletto del dottor Larch, di Nurse Edna e di Nurse Angela, il ragazzo che amava rendersi utile e perciò imparò tutto sull'aborto e sulla nascita e sapeva molto più di qualsiasi medico senza essere medico. È la storia di quel ragazzo che credeva di poter fuggire, di poter scegliere, ma non sapeva che al mondo nessuno sceglie nulla, che è il mondo che ci plasma e ci cambia e ci mostra chi siamo davvero, che è la vita che sceglie per noi. È la storia di una coppia di giovani belli e di buon cuore, e di un frutteto vicino alla costa e di tante mele e tanto sidro da raccogliere… e di regole, le regole della casa del sidro, che cambiano a seconda di chi le legga. È una storia che parla di aborto e di adozioni, ma anche di libertà e di scelta, di morale, politica, religione, e di abnegazione e responsabilità, di uomini e di donne… soprattutto di donne e di quanto poco siano libere, loro, di scegliere. Un libro crudo, ironico, diretto, franco, lucido, a volte spietato, ma profondamente onesto, comunque la si pensi sui temi spinosi che tratta. Un libro meraviglioso, da leggere assolutamente, gustandoselo al proprio ritmo, prendendosi i propri tempi… un libro per riflettere, emozionarsi, indignarsi, raccapricciarsi… un libro da vivere.

 

Opera recensita: "Le regole della casa del sidro" di John Irving

Editore: Bompiani, prima ed. 1985

Traduttore: Pier Francesco Paolini

Genere: letteratura straniera

Ambientazione: Maine, Stati Uniti

Pagine: 619 (ed. 1990)

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

venerdì 24 settembre 2021

RECENSIONE: KAZUO ISHIGURO - KLARA E IL SOLE

        Sinossi:

Dalla vetrina del suo negozio, Klara osserva trepidante il fuori e le meraviglie che contiene: il disegno del Sole sulle cose e l'alto Palazzo RPO dietro cui ogni sera lo vede sparire, i passanti tutti diversi, Mendicante e il suo cane, i bambini che la guardano dal vetro, con le loro allegrie e le loro tristezze. Ogni cosa la affascina, tutto la sorprende. La sua voce, così ingenua ed empatica, schiva e curiosa quanto quella di un animale da compagnia, appartiene in realtà a un robot umanoide di generazione B2 ad alimentazione solare: Klara è un modello piuttosto sofisticato di Amico Artificiale, in attesa, come la sua amica Rosa e il suo amico Rex, e tutti gli altri AA del negozio, del piccolo umano che la sceglierà. A sceglierla è la quattordicenne Josie. E fin dalla sua prima visita al negozio, nonostante l'ammonimento di Direttrice sulla volubilità dei bambini, Klara sente di appartenerle, e per sempre. Josie è una ragazzina vivace e sensibile, ma afflitta da un male oscuro che minaccia di compromettere le sue prospettive future. Per lei Klara è pronta ad affrontare la brusca autorevolezza di una madre cupa e indecifrabile, l'ostilità spiccia di Domestica Melania e gli scherzi cattivi dei compagni speciali che frequentano con Josie gli «incontri di interazione», e che mal sopportano i diversi. Quando la malattia di Josie colpisce piú duramente, Klara sa che cosa fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta, anche a costo di qualche sacrificio; deve impegnarcisi anima e corpo, come se anima e corpo avesse. Nel primo romanzo dopo il conferimento del Premio Nobel per la Letteratura, Ishiguro torna ai temi esplorati in Non lasciarmi per offrirci una nuova meditazione indimenticabile e struggente sul valore dell'amore e del sacrificio e sulla complessità del cuore umano, composito e sfaccettato come i riquadri in cui si fraziona la vista dell'androide Klara.

 

Commento:

Non amo particolarmente le distopie, ma quando sono ben pensate e ben scritte le leggo con piacere. Al di là della fama dell'autore di cui agià avevo letto qualcosa, sono state le recensioni di alcuni lettori a convincermi che sarebbe stato il caso di recuperare questo libro, poiché prometteva di essere una distopia coi fiocchi… ed infatti, è proprio così, anzi, di più! "Klara e il sole" non è solo una distopia: è un romanzo di formazione, è un romanzo che parla di amicizia, di sacrificio, di dedizione o quasi devozione all'altro… è una bella storia di esseri che si scelgono e crescono insieme, al di là delle differenze. Klara è un AA, un robot ad alimentazione solare, fatto di parti meccaniche, chimica e tecnologia, eppure dimostra di poter essere un'amica migliore, più leale e fedele di tanti umani. Ishiguro scrive divinamente una storia piena di sensibilità, affetto, sacrificio; racconta una vicenda profondamente umana e realistica, nonostante i risvolti distopici ai quali, vi assicuro, da un certo punto della storia non si pensa neanche più. Un libro consigliato a tutti, anche a quegli adolescenti come Josie che potrebbero trarne qualche insegnamento, se non addirittura qualche conforto.

 

Opera recensita: "Klara e il sole" di Kazuo Ishiguro

Editore: Einaudi, 2021

Traduttore: Susanna Basso

Genere: distopico, romanzo di formazione

Ambientazione: non definita

Pagine: 250

Prezzo: 19,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

martedì 21 settembre 2021

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - IL VISITATORE NOTTURNO

        Sinossi:

La paura può trasformare il risveglio nel peggiore degli incubi. Questo il tipo di angoscia di cui si nutre lo psicopatico che ha tolto il sonno agli abitanti di Manhattan. Scivola negli appartamenti nel cuore della notte, sposta qualche oggetto, osserva la vittima dormire. Poi se ne va. I segni del suo passaggio sono quasi impercettibili: nessuna violenza fisica, solo lievi manomissioni dello spazio con cui si appropria dell'intimità altrui, sconvolgendola. Si fa chiamare il Fabbro, ed è in grado di violare qualsiasi serratura. Scassinare, per lui, è arte e ragione di vita. Un'ossessione al servizio di un gioco perverso che la polizia di New York non sa decifrare. E per calarsi nelle profondità impastate di follia di una mente criminale, ancora una volta, non c'è nessuno come Lincoln Rhyme, chiamato a investigare insieme ad Amelia Sachs, moglie e inseparabile collega. Ma le indagini subiscono una battuta d'arresto quando Rhyme, finito sotto accusa per errori commessi in un caso precedente, viene sollevato dall'incarico con effetto immediato. Ci vorrà ben altro, tuttavia, per tenere lontano dall'azione il miglior criminologo sulla piazza.

 

Commento:

Il visitatore notturno è il sedicesimo volume della saga di Lincoln Rhyme e Amelia Sachs ed arriva, tre anni dopo Il taglio di Dio, proprio al momento giusto, proprio quando stavamo cominciando a pensare – con tristezza e sconforto crescenti – che Deaver volesse concludere o abbandonare la serie, che stesse per perdere mordente. Sono particolarmente lieta di constatare che non è affatto così: quella di Rhyme è la mia serie preferita in assoluto e, dopo la prova – per quanto mi riguarda deludente – della nuova serie con Colter Shaw, anelavo un ritorno alle origini. Ebbene, Il visitatore notturno è stato proprio un ritorno a casa: ho ritrovato tutto ciò che mi appassiona in questa serie, la tensione continua, i colpi di scena dietro ogni angolo, la sensazione di non sapere mai cosa accadrà alla prossima pagina, l'astuzia e la genialità di Rhyme e del "cattivo" di turno che stavolta è il "fabbro", un Sosco sin troppo narcisista per i miei gusti, uno che, pur essendo bravo, si compiace troppo e commette degli errori… nulla a che vedere con l'Orologiaio. Rhyme e i suoi, invece, sono in grande spolvero e i meccanismi narrativi scorrono alla perfezione: è stato proprio un piacere ritrovarsi nella confort zone che credevo perduta ed ancor più piacevole è stato intuire che non sarà l'ultima volta che incontreremo Lincoln e gli altri. C'è ancora tanto da scoprire e da vivere, tanti criminali da scovare grazie alle prove scientifiche, al ragionamento logico, al lavoro di squadra e alle diverse abilità di un team affiatato e collaudato… Inoltre non ho ancora voglia di rinunciare al modo tutto speciale, lucido e perspicace, che Deaver ha di affrontare questioni sociali spinose, dibattute e spesso scottanti: è un maestro e non si smentisce mai, neanche quando parla di social, problemi di sicurezza e complottisti dell'ultima ora. Un ottimo ritorno, dunque, che fa ben sperare per il futuro.

 

Opera recensita: "Il visitatore notturno" di Jeffery Deaver

Editore: Rizzoli, 2021

Traduttore: Rosa Prencipe

Genere: thriller, seriale

Ambientazione: New York

Pagine: 464

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

venerdì 17 settembre 2021

RECENSIONE: LUCY DILLON - IL TEMPO DELLE NUOVE POSSIBILITà

    Sinossi:

Dall'autrice del Rifugio dei cuori solitari e di Piccoli passi di felicità una storia sull'importanza di guardare sempre avanti e di cercare nuove occasioni di crescita senza mai dimenticare da dove veniamo e ciò che siamo stati: molto spesso è proprio il passato a indicarci quale strada imboccare.

Un atelier da rilanciare. Un compagno di avventure furbo e affettuoso. Una nuova vita da scoprire passo dopo passo.

Se c'è una cosa che Lorna ha imparato dall'amica Betty è che il coraggio è un abito da indossare con disinvoltura, anche quando tremiamo dalla paura. La stessa che ora la trattiene dall'aprire la porta della galleria d'arte che ha acquistato per realizzare il sogno di fare l'artista a Longhampton, dove è nata e cresciuta. Per fortuna non è sola ad affrontare questa nuova avventura. Accanto a lei c'è un amico dalle lunghe orecchie morbide e dal musetto curioso: è Rudy, il bassotto che Betty le ha affidato e che, al pari della sua precedente padrona, non sembra temere l'incertezza che accompagna i grandi cambiamenti. Con i suoi occhioni neri, invita Lorna a non perdersi d'animo e a scorgere le mille possibilità che un ritorno alle origini può riservarle. Se è vero che Longhampton è il luogo dove il suo cuore si è spezzato per la prima volta e uno scomodo segreto ha messo radici, è altrettanto vero che è l'unico posto in cui si è sentita davvero a casa. L'unico in cui ha conosciuto il calore di una famiglia unita e ha provato il sapore dolce del vero amore. Per questo, come le ricorda ogni giorno Rudy scodinzolandole attorno e non perdendola mai di vista, è giusto che Lorna abbia scelto di tornare dove tutto è cominciato. Le basta varcare la soglia dell'atelier e lasciare che tutto vada come deve andare. Perché solo qui, rivisitando il passato e trovando la forza di sciogliere i nodi irrisolti, Lorna riuscirà a far entrare di nuovo la luce nella propria vita e a dare spazio alla promessa di una felicità in grado di durare per sempre.

 

Commento:

Il tempo delle nuove possibilità è un romanzo gradevole, scorrevole, non troppo impegnato né troppo sdolcinato che parla di quanto il coraggio di buttarsi, di provare possa diventare energia positiva e motore di buone idee condivise. Un buon romanzo inglese dal sapore tutto autunnale, pieno di cani, arte, colori e tazze di thè, con protagoniste normali, con pregi e difetti, in grado di unirsi, di fare rete per cambiare le cose e, soprattutto, per cambiare se stesse e il corso che ha preso la loro vita. Lorna, Tiffany, Joyce e tutte le altre, cani compresi, tengono buona compagnia e mettono di buon umore senza troppe smancerie. Un romanzo "Feel good", "Self help", "Uplit" o comunque vogliate chiamare questo nuovo filone narrativo che mette al centro il benessere delle persone attraverso le storie… da leggere nei prossimi mesi, nei lunghi pomeriggi d'autunno o d'inverno con un plaid, un bollitore sempre acceso e possibilmente il tepore e la compagnia di un pelosetto.

 

Opera recensita: "Il tempo delle nuove possibilità" di Lucy Dillon

Editore: Garzanti, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 420

Prezzo: 19,80 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

martedì 14 settembre 2021

RECENSIONE: JO NESBO - GELOSIA

Sinossi:

    Ossessione, desiderio, smania di vendetta. Jo Nesbø racconta il preciso istante in cui la passione prende il sopravvento. Storie di uomini feroci, di amanti privi di scrupoli, di destini implacabili. Nell'atmosfera ossessiva e perturbante del maestro del crime scandinavo.

«Il mio angelo nero della morte, la chiamavo. Scherzando dicevo che sarebbe stata la causa della mia morte violenta, che uno dei suoi ammiratori fanatici avrebbe provveduto a togliermi di mezzo. Ma nel mio intimo temevo di piú che un giorno si sarebbe innamorata di uno di quei corteggiatori importuni. Come ho appena detto, sono un uomo mediamente geloso.»

Ossessione, desiderio, smania di vendetta. Jo Nesbø racconta il preciso istante in cui la passione prende il sopravvento. Due fratelli gemelli coinvolti in un triangolo amoroso e un detective, specializzato in casi criminali che hanno la gelosia come movente, chiamato a sbrogliare la questione. Il profondo e improvviso legame tra due passeggeri su un volo per Londra che potrebbe essere l'inizio di una relazione o di qualcosa di molto piú sinistro. Uno scrittore di successo che si ritrova vittima dell'ossessione altrui e riesce a cavarsela grazie al suo talento nel raccontare. Una donna che approfitta della pandemia per vendicarsi di un crimine subito e, insieme, della vita. Storie di uomini feroci, di amanti privi di scrupoli, di destini implacabili. Nell'atmosfera ossessiva e perturbante del maestro del crime scandinavo.

 

Commento:

Per una quarta di copertina così appetitosa, da un autore noto e di cotanta esperienza, mi aspettavo che Gelosia – l'ultima opera di Jo Nesbo - fosse una raccolta di racconti intrigante, stimolante, che invogliasse alla lettura. Invece… invece le mie alte aspettative sono rimaste deluse. Sette racconti di ambientazioni e lunghezze diverse, che hanno in comune un tradimento, un'umiliazione, un cieco senso di rivalsa o meglio, di vendetta fine a se stessa. Gelosia becera, distruttiva, attuata con perversa soddisfazione e, nella maggior parte dei casi senz'alcuna lucidità… Non ho trovato nessuna tensione narrativa, nulla che inducesse a girare le pagine più in fretta, nessuna verve nel raccontare… nulla che suscitasse più di una tenue, distratta curiosità. Gelosia, dell'arcinoto giallista norvegese Jo Nesbo manca di originalità, di spina dorsale, di inventiva, di brivido, di tutto ciò che farebbe di un libro che si presume volesse essere giallo un buon libro giallo. E dispiace perché le occasioni di trovare racconti gialli che non sappiano di già letto cominciano a scarseggiare e se vengono a mancare anche gli autori-certezza, beh, la situazione non si prospetta rosea. Delusa, non mi sento di consigliare questo libro se non per mero passatempo fra una lettura e l'altra… spiacente.

 

Opera recensita: "Gelosia" di Jo Nesbo

Editore: Einaudi, 2021

Genere: raccolta di racconti

Pagine: 264

Prezzo: 17,50 €

Consigliato: no

Voto personale: 5.

 

sabato 11 settembre 2021

RECENSIONE: CIRO AURIEMMA - IL VENTO CI PORTERà

    Sinossi:

Tre volte sono morta, Elia, e in qualche modo ci sei sempre stato tu.

Anne Marie è solo una bambina di quattro anni il giorno in cui, sfuggita alla sorveglianza dei propri cari per pochi istanti, viene aggredita da un cane e salvata da un bambino poco più grande di lei. Da quel momento, la vita di Anne Marie non è più la stessa. L'apprensione negli occhi dei genitori di fronte al più piccolo passo, ogni anelito di libertà sedato sul nascere, nel ricordo di quel giorno infausto. Cresce timorosa Anne Marie, insicura e indecisa, perché è impossibile conoscere sé stessi se la strada che dobbiamo percorrere viene sempre tracciata da qualcun altro. Il giorno in cui incontra nuovamente Elia, però, alla messa della vigilia di Natale del 1933, qualcosa la scuote nel profondo. Quel ragazzo così diverso, il sorriso sghembo a indicarne l'arroganza e una stella sulla mano sinistra per ricordare il giorno in cui l'ha salvata, le entra nel cuore e nella pelle. Ma per lei, figlia di un imprenditore antifascista e di una nobildonna francese, l'amore per quel giovane venuto dal niente, incortecciato nella camicia nera e nel fez e figlio del podestà di Nuoro che col Duce ha fatto la propria fortuna, non è neppure pensabile. La scelta tra il sangue del nome che porta e quello che incendia la sua anima di ragazza è la più difficile della sua vita. Morirà e rinascerà altre due volte Anne Marie, sarà costretta ad andare lontano e a recidere le proprie radici, prima di poter prendere in mano il proprio destino. Ciro Auriemma ci accompagna in una storia struggente e bellissima che richiama l'eternità di tutti gli sfortunati amanti della letteratura, ma ci pone anche di fronte alla difficile formazione e affermazione di una donna in un momento storico in cui la scelta di un ideale definiva l'identità delle persone.

 

Commento:

Ho terminato la lettura di questo romanzo da giorni, ma non ho ancora trovato le parole giuste per raccontarlo: ho provato a concentrarmi, a buttar giù un commento adeguato, ma ho paura di sporcare la storia con parole non adatte a raccontarla. Sì, perché questa è una storia bella, forte, intensa, che va raccontata esattamente con le parole con cui Ciro Auriemma ce l'ha regalata, con quel misto di sensibilità, forza, autenticità, passione che la rende stupenda. Non posso, tuttavia, esimermi dal consigliare la lettura di questo libro, perciò lascerò parlare le emozioni e vi dirò che di questo romanzo mi è piaciuto tutto, la protagonista, l'ambientazione, la scrittura di Auriemma, ma tutto è partito dal titolo. "Il vento ci porterà" è, per me, un colpo al cuore e un invito alla lettura senza indugi: mi ricorda "Le vent nous portera" dei Noir Désir, una delle mie canzoni preferite, una canzone di guerra; ma "Il vento ci porterà" è anche una promessa, una promessa di libertà. Guerra e libertà, dunque, due elementi, due concetti che apparentemente non avrebbero nulla a che spartire l'uno con l'altro, ma che troppo spesso sono, invece, strettamente legati. E lo sono, per certi versi, anche in queste pagine, attraverso la storia di una donna, Anne Marie. Anne Marie è in guerra da sempre per la propria libertà, sin da quando aveva quattro anni e per un incidente stava quasi per morire. Per fortuna c'era Elia, un altro bambino che coraggiosamente si è fatto avanti per salvarla, ma da quel momento Anne Marie sarà sorvegliata speciale di genitori troppo apprensivi e spaventati di perderla; non potrà decidere nulla della sua vita, nemmeno le cose più semplici come andare da sola a vedere il mare. La guerra personale di Anne Marie si acuisce quando sopraggiunge l'adolescenza e una situazione già stretta diventa insostenibile: la giovane si innamora, per giunta del ragazzo sbagliato… proprio di quell'Elia, di quel bambino che una volta la salvò e che ora indossa confusamente una casacca nera, in un tempo in cui il colore della casacca e la famiglia da cui si proviene contano eccome. Ma la guerra per la libertà di questa giovane donna coraggiosa è solo all'inizio, saranno tante le prove cui la costringerà e, grazie alla scrittura sempre elegante, ma partecipe e vibrante di Auriemma, noi saremo con lei. Soffriremo con Anne Marie mentre i venti dell'intolleranza, del maschilismo becero, della dittatura spazzeranno via l'ingenuità dei suoi sogni di ragazza ricordandole che prima di essere persona lei è figlia, sorella, femmina, quindi sottomessa; patiremo con lei mentre lascerà terra e casa per avventurarsi in un mondo ostile; saremo al suo fianco mentre la sua guerra personale incontrerà quella di un popolo che, a sua volta, combatte strenuamente per la libertà. Quella raccontata in queste pagine è una storia di ieri che si fa materia viva nelle nostre mani, perché la facciamo nostra e soprattutto perché non si dimentichino i soprusi, le angherie, il valore dei diritti conquistati – specie i diritti delle donne – e perché mai, mai, mai possiamo dimenticare le troppe vite perse in nome della libertà.

 

Opera recensita: "Il vento ci porterà" di Ciro Auriemma

Editore: Piemme, 2021

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Sardegna, Francia, Spagna, anni '30

Pagine: 352

Prezzo: 17,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

 

  

giovedì 9 settembre 2021

RECENSIONE: ANDREA DONAERA - LEI CHE NON TOCCA MAI TERRA

Sinossi:

Tra veglia e sonno, una storia d'amore e di legami familiari, cruda e crudele, reale e magica, dove la ragione perde forza e viene sostituita da un inconscio potente, che si incarna nei luoghi, nei sacerdoti della superstizione e nei suoi nemici, fino all'atteso risveglio.

Miriam è in coma dopo un incidente; Andrea è innamorato di lei, e ora le siede accanto e le parla, tutti i giorni. I loro dialoghi cadenzano i ricordi di Miriam e le giornate di Andrea, che tenta di ricomporre un proprio mondo dopo il suicidio del padre. Intorno a loro gli altri personaggi di questa tragedia gotica: Papa Nanni, il venerato santone esorcista che istruisce Andrea sull'uso del tamburello e che è convinto che Miriam sia indiavolata; Mara, la madre della ragazza, che soffre ancora per la morte di una sorella amatissima (a sua volta chiamata Miriam); Lucio, il padre di Miriam e fratello di Nanni, che è il sindaco del paese, Gallipoli; e infine Gabry, la migliore amica della ragazza, che da Bologna le manda lunghi messaggi per riportarla in vita.

 

 

Commento:

Avendo amato molto Io sono la bestia, il primo romanzo di Andrea Donaera, attendevo con interesse ed aspettativa il ritorno in libreria di questo talentuoso autore salentino. Quella che ci consegna stavolta è una storia diversa, ma con alcuni punti in comune con la prima, punti profondi, essenziali. In primo luogo è uguale l'ambientazione, quel Salento terra di forti contraddizioni, quella Gallipoli con una faccia scura, molto diversa da ciò che il mondo crede di conoscere ed è abituato a vedere (e in troppi casi a snobbare). In secondo luogo ritroviamo quel linguaggio così peculiare con cui Donaera dà voce a quel sentire ancestrale, fatto di sangue e danza, di credenze e movimento, di urla e benedizioni, di dolore, amore e morte. E dando voce alle pulsioni che sembrano stillare direttamente dalla terra, Donaera parla a noi, alle nostre radici, a quella parte spirituale e insieme carnale, recondita, impossibile da sradicare, che – che lo voglia o no, che lo senta o finga di ignorarlo – ognuno di noi ha dentro. "Lei che non tocca mai terra" è una storia sospesa: una coralità di voci diverse e complementari si muove fra una nebbia densa fatta di confusione, non detto, mistificazione, e una luce che trema fatta di incertezza, volontà che si sgretola, energie opposte che provano a tenerla insieme, accesa, in vita. Un limbo che da etereo acquisisce consistenza col fluire delle pagine, si addensa di segreti svelati e si fa magma incandescente, pronto a debordare con la violenza della lotta, a deflagrare, ad esplodere. Tanto, in questa storia, si deve al mistero, al fascino inquieto della prosa di Donaera che trasforma una trama tutto sommato semplice, lineare, in un groviglio di sensazioni da interpretare, in un puzzle da inventare ad ogni pagina, tassello dopo tassello, sussurro dopo sussurro. È una storia autunnale, in cui perdersi quando la frenesia abbagliante degli azzurri e dei gialli lascia il posto a toni più smorzati, al marrone della terra, al rosso del sangue e del vino… più smorzati, sì, ma più intimi e veri.

 

Opera recensita: "Lei che non tocca mai terra" di Andrea Donaera

Editore: NN editore, 2021

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Gallipoli, Salento

Pagine: 240

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

          

martedì 7 settembre 2021

RECENSIONE: PERCIVAL EVERETT - TELEFONO

                        Sinossi:

Finalista al premio Pulitzer 2021, Telefono è un’opera intensa ed emozionante sulla mancanza e la perdita, ma soprattutto sull’opportunità di riscatto che può nascere dalle difficoltà.

Un biglietto ritrovato in una giacca acquistata online pone di fronte a una scelta decisiva Zach Wells, docente di geologia con una vita fino a quel momento tranquilla, sebbene percorsa da un fiume sotterraneo di irrequietudine. Quando la sua esistenza viene sconvolta da una terribile scoperta, Zach decide di prendere sul serio la richiesta di aiuto contenuta in quel misterioso biglietto, come se tentare di salvare uno sconosciuto fosse l’unico modo per tentare di salvare se stessi. Tra Los Angeles, una caverna nel Grand Canyon, il deserto del New Mexico e Ciudad Juárez, al di là del confine, Zach proverà a dare un senso al proprio dramma imbarcandosi in un’impresa donchisciottesca senz’altro aiuto che quello offerto da un improbabile cenacolo di aspiranti poeti. Un romanzo di sentieri che si biforcano, in cui le suggestioni paleontologiche e scacchistiche si fondono alle prove estreme di una famiglia e di un matrimonio, le domande esistenziali di un uomo al mistero delle donne scomparse nella “città del Male”.

 

Commento:

"Telefono" di Percival Everett è un romanzo intenso, emozionante e sorprendente. Parte in sordina, come il classico romanzo ambientato nella provincia americana e pervaso del grigiore di vite piatte ed avvoltolate su se stesse. Parte così, con un protagonista-narratore bizzarro e alquanto sui generis, ma in realtà rivela presto la sua bellezza: basta fermarsi, estraniarsi dai preconcetti e dai giudizi facili e mettersi in ascolto della voce di Zach, un docente di geologia, uno studioso di rocce, ossa, fossili, passato; un padre di famiglia, una famiglia che ama e che consiste in una coppia – lui e sua moglie Meg, poetessa e docente anche lei – tenuta insieme da una figlia, Sara, una ragazzina intelligente e sveglia di dodici anni. Mantenere in vita quella ragazzina è, da dodici anni, l'obiettivo principale, il perno attorno al quale ruotano le vite di Zach e Meg. E quando, improvvisamente, qualcosa nella salute di Sara sembra non andare più tanto bene le loro vite si sfaldano, la routine impazzisce, il dolore è una parabola crescente di sofferenza, insensatezza, follia. E ciascuno lo affronta come può e come sa… o forse, non sapendo come fare, cerca una consolazione, una valvola di sfogo, una via di fuga in qualcosa di altrettanto folle ed insensato. Un biglietto in una giacca acquistata su Ebay, una richiesta d'aiuto da parte di sconosciuti, può diventare il pretesto per scappare dal proprio dolore, per cercare di realizzare altrove, lontano, qualcosa di buono. La storia raccontata in questo libro da Percival Everett scatena due sentimenti predominanti: da un lato la sofferenza e la commozione per la vicenda umana e familiare, dall'altro l'incredulità per l'altro "versante" della storia, quello che ha a che fare con Ciudad Juarez: il comportamento di Zach, pur se appare insensato a chi legge la vicenda con occhi esterni e razionali, ha il pregio di affrontare un problema grave di cui si sa e si parla poco, quello del gran numero di donne scomparse a Ciudad Juarez. "Telefono" è un libro da leggere così com'è, cogliendo e facendo proprio uno o più dei tanti spunti che l'autore dissemina lungo la narrazione… alla nostra sensibilità tocca fare il resto.

 

 

Opera recensita: "Telefono" di Percival Everett

Editore: La nave di Teseo, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Stati Uniti-Messico

Pagine: 288

Prezzo: 22,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

      

domenica 5 settembre 2021

RECENSIONE: FERNANDA ALFIERI - VERONICA E IL DIAVOLO

    Sinossi:

Inverno 1834. Due gesuiti bussano a una porta fra Campo dei Fiori e il ghetto. Sono stati chiamati per compiere un esorcismo su una giovane donna, Veronica Hamerani. Il buio, ancora una volta, scende su Roma: il diavolo è in città. Fernanda Alfieri ha ritrovato il diario degli esorcisti: da questo straordinario documento ricostruisce una vicenda affascinante e perturbante. Veronica e il diavolo è un grande libro di storia culturale che si legge con la tensione di una storia gotica.

È il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via di Sant'Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna «ritenuta ossessa», Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia cosí questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un'accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell'Archivio generale della Compagnia di Gesú. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui "il diavolo", tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un'epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall'altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l'isteria. Dall'anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l'Impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il piú colto e dubbioso (e se la ragazza stesse solo fingendo?) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono. A questo corpo conteso, a questo nome cancellato, a questa parola sottratta, Fernanda Alfieri restituisce la dignità di una storia. Veronica e il diavolo è uno spaccato affascinante e perturbante della nostra storia, del nostro rapporto con la scienza e col soprannaturale, dell'intreccio violento fra saperi e poteri.

 

Commento:

Più rigoroso e circostanziato di un romanzo storico, più lungo ed articolato di un racconto, più vivo ed appassionante di un saggio, Veronica e il diavolo è un libro complesso, sfaccettato, difficile da etichettare, ma – va detto – anche da leggere. Si apre e si chiude – lunga appendice a parte – con gli appunti dell'autrice, scritti intensi e di rara bellezza e potenza immaginifica in cui scopriamo la genesi dell'opera, l'approccio seguito, la ricerca precedente e successiva alla scrittura. La parte centrale dell'opera è, invece, il racconto dell'"esorcisazione" di Veronica Hamerani, ben descritta già nella quarta di copertina, che, sebbene molto interessante quanto a tematiche ed approccio storico, risulta purtroppo ostica, difficile da seguire e da penetrare anche per un lettore esperto ed intrigato. Queste differenze stilistiche così accentuate mi portano a non consigliare né sconsigliare quest'opera: sebbene, come detto, in molti punti sia ostica e si faccia fatica a seguire l'evolversi della storia anche per la presenza di numerose digressioni, sono altresì troppi i pregi per non invitarvi a dare una possibilità a questo libro. È pregevole, oltre alla prosa delle parti ambientate nel presente, la ricerca storica, archivistica e bibliografica dell'autrice, la sua competenza nell'analizzare e contestualizzare il periodo in cui l'esorcisazione ha luogo, la capacità di creare un'opera inetichettabile, a cavallo tra il saggio e il romanzo e in grado di racchiudere in sé il buono di entrambi i generi. Un libro che forse non tutti apprezzeranno, ma comunque una lettura interessante.

 

Opera recensita: "Veronica e il diavolo" di Fernanda Alfieri

Editore: Einaudi, 2021

Genere: narrativa storica

Ambientazione: Roma, 1834-1835

Pagine: 376

Prezzo: 21,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 7.

 

      

venerdì 3 settembre 2021

RECENSIONE: SIMONA LO IACONO - EFFATA'

            Sinossi:

Siracusa, 1950. Anche se non può sentire, Nino Smith è un bambino insolitamente sveglio per la sua età. Quattro palmi d'altezza, orecchie a mestolo e capelli color del miele, Nino è il figlio di Dora Genesio, un'attrice che ha studiato in Inghilterra ed è ora tornata nella sua Sicilia per calcare il palco del teatro Luna, e di un soldato inglese morto in guerra. Benché sia nato sordomuto, Nino legge le labbra, gli occhi e le mani: il corpo è per lui un immenso libro che spiega, che dice. Che rivela. Un giorno, girovagando per il teatro durante le prove, il bambino scopre, sotto il palco, una stanza stretta e una botola d'accesso. È appena una fenditura, quasi un pozzo senz'acqua, che si affaccia sulle assi del Luna ed è coperto allo sguardo del pubblico da una conchiglia. È la buca del suggeritore, e un suggeritore è esattamente ciò che a Nino servirebbe: qualcuno che parli al suo posto, che possa prestargli orecchie e bocca, dato che lo fa per mestiere. Ha inizio così una stana amicizia fra il bambino sordomuto e il maestro di buca, sebbene quest'ultimo sia un bizzarro individuo che insiste nel trascinarsi dietro una borsa di cuoio piena di marchingegni d'ogni fattura: pinze, tubi a tromba, vasetti. Strumenti con cui inizia a visitare il bambino, tentando di cavargli fuori quella voce che, anche se lui non può sentirla, c'è. Ma chi è davvero il maestro di buca? Perché prende tanto a cuore il caso di Nino? E, soprattutto, cosa ha a che fare la sua storia con il processo di Norimberga contro gli imputati che, dal settembre 1939 all'aprile 1945, condussero esperimenti medici senza il consenso del paziente, su prigionieri di guerra e civili nelle zone occupate, e parteciparono allo sterminio di massa nei campi di concentramento? Dall'autrice de "L'albatro", un romanzo sulla redenzione, sulla colpa e sul riscatto, che dà linfa all'idea che l'amore e la dedizione possano cambiare il destino degli uomini.

 

Commento:

"Effatà", una parola forte, che sa di antico, di mistero, di ineluttabile. "Effatà" evoca ciò che non possiamo cambiare, ciò che si compie senza il nostro consenso, perché è destino che si compia. E sembra quasi la mano del destino a determinare l'incontro tra il piccolo, intelligentissimo Nino Smith e il maestro di buca, il misterioso uomo che fa da suggeritore in teatro e si porta dietro una borsa piena di strani attrezzi. Nessuno sa niente di lui, ma, in un riconoscimento istintivo, Nino gli si affida, lo elegge a sua guida, a sua voce, a suo ponte di comunicazione con gli altri. Nino è sordomuto e il suggeritore ha parole per due; "Gioia mia" lo chiama, è evidente che gli si è affezionato. Ma perché? Cosa c'è nel passato di quest'uomo anonimo che cercherà in ogni modo di tirar fuori la voce a Nino?

Effatà è un libro breve, ma intensissimo. Un libro diviso in due parti, fra loro stridenti eppure compenetrate e necessarie l'una all'altra: in una sorta di doppio binario ideale, si alternano i racconti di Nino e della Siracusa del 1950, ancora povera e sempre sospettosa, e i verbali di uno strano processo avvenuto a Norimberga qualche anno prima, il "Processo ai dottori". Chiunque abbia sentito parlare di Action T4 saprà di cosa si tratta e quanto possano essere strazianti i racconti legati a quegli eventi. Strazio affrontabile e narrabile solo con una freddezza necessaria, voluta, cercata, quella usata appunto da Simona Lo Iacono nel tratteggiare e ricomporre i verbali; una freddezza che inaridirebbe il cuore lasciando solo vuoto e sgomento se non ci fossero Nino, la sua storia agrodolce, il calore della Sicilia, la timida alba di una rinascita possibile. Intenso, forte, caldo, Effatà è un libro da leggere in una sera, per lasciarsi travolgere dalle emozioni più diverse e contrastanti e lasciarlo poi sedimentare a lungo, con la sensazione di volerne sapere di più, di leggere ancora, di aprirsi alla curiosità su qualcosa di cui si è parlato e si parla ancora troppo poco.

 

Opera recensita: "Effatà" di Simona Lo Iacono

Editore: Beat, 2021

Genere: narrativa italiana, romanzo storico

Ambientazione: Siracusa, anni 50

Pagine: 160

Prezzo: 12,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

      

mercoledì 1 settembre 2021

RECENSIONE: GIULIA CAMINITO - L'ACQUA DEL LAGO NON è MAI DOLCE

Sinossi:

Io sono stata un cigno, mi hanno portata da fuori, mi sono voluta accomodare a forza, e poi ho molestato, scalciato e fatto bagarre anche contro chi s'avvicinava con il suo tozzo di pane duro, la sua elemosina d'amore.

Odore di alghe e sabbia, di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d'acqua: sulle rive del lago di Bracciano approda, in fuga dall'indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, madre coraggiosa con un marito disabile e quattro figli. Antonia è onestissima e feroce, crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua figlia femmina a non aspettarsi nulla dagli altri. E Gaia impara: a non lamentarsi, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo, a leggere libri e non guardare la tv, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe e l'infelicità dove nessuno può vederla. Ma poi, quando l'acqua del lago sembra più dolce e luminosa, dalle mani di questa ragazzina scaturisce una forza imprevedibile. Di fronte a un torto, Gaia reagisce con violenza, consuma la sua vendetta con la determinazione di una divinità muta. La sua voce ci accompagna lungo una giovinezza che sfiora il dramma e il sogno, pone domande graffianti. Le sue amiche, gli amori, il suo sguardo di sfida sono destinati a rimanere nel nostro cuore come il presepe misterioso sul fondo del lago.

 

Commento:

Gaia è una giovane donna che vive con la sua famiglia in una casa popolare in un paesino vicino a Roma, sulle rive del lago di Bracciano; è quella che i cinquanta-sessantenni di oggi definirebbero una Millennial, ha una laurea che non le serve a trovare lavoro, una chioma fulva che la rende riconoscibile e che ha ereditato dalla madre. Ma i capelli rossi non sono l'unica eredità che la madre, Antonia, le ha lasciato in dote: a lei Gaia deve un'educazione ferrea fatta di "no", di "non si toccano le cose degli altri, specie quelle che sono di tutti", di aspettative sempre un po' più su di quanto sperasse, di libri presi in biblioteca, di parole amate e parole taciute, di riscatti troppe volte mancati ma sempre cercati. Dalla madre Gaia ha imparato a lottare, ma ha anche capito cosa non vuole essere, come non vuole veder diventare la sua vita. Gaia è una giovane donna "cattiva", una che reagisce ai torti subiti e lo fa colpo su colpo, con violenza sproporzionata, con il rancore di chi si è visto, per una vita intera, sfilare via ogni conquista, ogni promesso sorso d'acqua fresca in una società arida di benessere, di sogni, di amore. Ma come si diventa una "donna cattiva"? Ce lo spiega, Gaia, attraverso le pagine di L'acqua del lago non è mai dolce, il nuovo, stupendo libro di Giulia Caminito. Pagine dense, fitte, graffianti, pagine in cui le parole perforano la carta, e si inchiodano dirette nel pensiero. Si diventa un po' più cattiva ad ogni torto subito, ad ogni umiliazione, ogni volta che ci si è dovuti difendere da soli, ogni volta che bisogna affrontare una delusione, l'ennesima. E il risentimento, la rabbia, la vendetta scaldano là dove il freddo di paura e  solitudine rischiano di coprire anche il cuore. Scaldano, sì, e crescono, corrodono, erompono. Ed è così che, passo dopo passo, sopruso dopo sopruso, ci si ritrova a rischiare di commettere l'irreparabile senza che, peraltro, questo dia vera soddisfazione o risolva alcun problema. L'umiliazione, la discriminazione, l'abbandono affettivo feriscono ed acuiscono le incomprensioni, ed è così che ci si ritrova nemiche, sedute allo stesso tavolo senza parlarsi, quando si potrebbe lottare dalla stessa parte. L'intransigenza di una madre, le ribellioni di una figlia indomita, le amicizie sbagliate, le delusioni, la rabbia… tutto questo e molto di più c'è in questo nuovo romanzo di Giulia Caminito, molto di più perché grande è l'affetto che Gaia e forse anche Antonia sono riuscite a trasmettere, loro che per se stesse parevano non averne più scorte. È la storia di una bambina con le orecchie lunghe che lotta e lotta e non si arrende neanche agli urti più duri, una storia che Giulia Caminito ci ha raccontato qui magistralmente e che è il condensato di tante storie di disagio, problemi, ambiente, contesto… società civile. Non c'è solo la storia di Gaia, Antonia e la loro disastrata famiglia qui: c'è Roma, c'è il lago, l'Italia, i tumori, i rifiuti, le morti giovani... un romanzo intenso che getta luce su tanti punti oscuri della nostra società.

 

Opera recensita: "L'acqua del lago non è mai dolce" di Giulia Caminito

Editore: Bompiani, 2021

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Lazio

Pagine: 304

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.