mercoledì 31 maggio 2017

RECENSIONE: HENRY JAMES - WASHINGTON SQUARE


Sinossi:

"Washington Square", pubblicato in Inghilterra nel 1880, venne ritenuto dalla critica opera non solo minore ma insignificante. Il libro è invece un bellissimo

romanzo che precede di alcuni anni i più celebri racconti di Anton Cechov. In "Washington Square" predomina, soprattutto nelle memorabili pagine retrospettive,

quelle dei "bilanci" e degli addii, un tono crepuscolare, quasi di mestizia, e comunque di acuto, lancinante raccoglimento. La storia è quella di un brillante

medico newyorkese, il dottor Austin Sloper, che rimane vedovo con un'unica figlia, l'ubbidiente e poco vivace Catherine. Un bellimbusto egoista e nullafacente,

Morris Townsend, cerca di circuire la ragazza, abbagliato dalla ricca dote. Il giovane Townsend, infastidito dalle continue dilazioni di Catherine e dall'ostilità

del potenziale suocero, che vede in lui la rovina della figlia, abbandona il campo, per ricomparire molti anni dopo. Catherine saprà respingerlo, amareggiata

e disillusa, dopo esserne stata per lungo tempo innamorata.

 

Commento:

“Washington Square” è il primo romanzo che leggo di Henry James: ho trovato svariate citazioni di quest’autore in “Leggere Lolita a Teheran” e mi sono incuriosita. Devo dire che, a lettura terminata, sono contenta di averlo letto e credo che in futuro mi avvicinerò ad altre opere di quest’autore, magari più voluminose.

In questo romanzo breve si racconta la storia degli Sloper, una rispettabile famiglia newyorkese residente a Washington Square: i protagonisti sono lo stimato dottor Austin Sloper, medico assennato e lungimirante, la figlia Catherine (vera protagonista della storia), la zia Lavinia, sorella del medico che vive con gli Sloper, ed il giovane eclettico Morris Townsen, interessato alla mano della dolce Catherine. E’ proprio nella storia tra i due giovani che sta il centro del romanzo: assistiamo al colpo di fulmine del giovane disoccupato ma fascinoso Morris per Catherine, al progressivo innamoramento della ragazza, alla fervente ostilità del padre medico, convinto che il giovanotto miri all’eredità della figlia ed ai piani orditi dalla sognante, fantasiosa e un po’ subdola zia Lavinia che cambia idea sulla sorte di quest’amore come cambia il vento.

Ma la cosa più interessante di tutto il romanzo, al di là della trama, è l’analisi dei personaggi: è evidente che Henry James intenda sottoporre ai nostri occhi l’evoluzione caratteriale e comportamentale di tutti i protagonisti, giacché la descrive costantemente con particolare attenzione. Così abbiamo il dottore che all’inizio del libro viene presentato come calmo, intelligente, assennato, e che man mano che scorrono le pagine diventa sempre più spietato, intrattabile e crudele; poi c’è Catherine che passa da una completa, apatica accettazione di qualunque cosa faccia piacere al padre ad un amor proprio sorprendente, nonché ad una ferrea determinazione nei suoi propositi. E lo stesso dicasi per Morris… E’ questo, a mio parere, il fulcro del romanzo e l’ottica con cui va letto.

Venendo alle considerazioni personali, dirò che, nonostante non abbia fraternizzato con nessuno dei personaggi che mi sono risultati tutti più o meno odiosi, il romanzo mi è piaciuto molto proprio per i suoi risvolti psicologici. Lo consiglio, dunque, tanto più che si tratta di una lettura breve scritta con una prosa chiara e senza particolari salti spazio-temporali. Per essere il primo di James che leggo, mi è andata bene!

 

Opera recensita: “Washington Square” di Henry James

Editore: Garzanti, prima ed. 1880

Genere: romanzo classico

Ambientazione: New York

Pagine: 204

Prezzo: 6,50 €

Consigliato: sì.

 

 

RECENSIONE: DARIO FO - LA FIGLIA DEL PAPA


Sinossi:

Figlia di un papa, tre volte moglie (un marito assassinato), un figlio illegittimo… tutto in soli 39 anni, in pieno Rinascimento. Una vita incredibile,

da raccontare. Ci hanno provato scrittori, filosofi, storici. Di recente sono state dedicate a Lucrezia serie televisive di successo in Italia e all’estero.

Ora, eccezionalmente, il premio Nobel Dario Fo, staccandosi da ricostruzioni scandalistiche o puramente storiche, ci rivela in un romanzo tutta l’umanità

di Lucrezia liberandola dal cliché di donna dissoluta e incestuosa e calandola nel contesto storico di allora e nella vita quotidiana. Ecco il fascino

delle corti rinascimentali con il papa Alessandro VI, il più corrotto dei pontefici, il diabolico fratello Cesare, e poi i mariti di Lucrezia, cacciati,

uccisi, umiliati, e i suoi amanti, primo fra tutti Pietro Bembo, con il quale condivideva l’amore per l’arte e, in particolare, per la poesia e il teatro.

Tutti pedine dei giochi del potere, il più spietato. Una vera accademia del nepotismo e dell’osceno, tra festini e orge. Come oggi. Perché il romanzo della

famiglia dei Borgia è soprattutto la maschera del nostro tempo che, visto attraverso il filtro di quel periodo, ci appare ancora più desolante e corrotto.

 

Commento:

Scrivere la biografia di un importante e controverso personaggio storico e renderla interessante, comprensibile, a dirittura appetibile a chi di storia sa poco o niente non è un compito facile, soprattutto se il personaggio in questione ha condotto una vita tutt’altro che piatta.

A mio modesto parere, in questa biografia romanzata di Lucrezia Borgia, Dario Fo ci è ampiamente riuscito: ci ha raccontato, infatti, le vicissitudini di una donna costantemente chiacchierata ed osteggiata, figlia di un Papa nell’Italia del Cinquecento, e lo ha fatto in modo sobrio ed equilibrato, senza scadere nella retorica o nel sensazionalismo.

Lucrezia Borgia esce da queste pagine come una bambina, una ragazza, una donna forte, volitiva, una letterata amante della bellezza, della poesia, della pittura. E’ una donna indipendente troppe volte costretta a sottostare agli intrighi e alle macchinazioni della sua famiglia, i tanto chiacchierati Borgia, primi fra tutti il fratello Cesare ed il padre Rodrigo, nonché Papa Alessandro VI. Lucrezia per anni è stata usata per accordi ed alleanze di potere, offerta in moglie al partito più conveniente al momento, privata dell’amore perché non più utile alla famiglia. E lei e solo lei paga per le atrocità commesse da altri, portando il peso delle bugie, dell’isolamento, della sottomissione. Ma questo non la ferma, lei va avanti per la sua strada, decisa e forte qualunque sia l’obiettivo da raggiungere. E’ questa l’immagine che viene fuori da questo libro, scritto da Dario Fo con una prosa equilibrata, chiara ed incisiva. Fo non esita ad adattare il registro linguistico alle esigenze del testo, rendendo le pagine scorrevoli e piacevoli alla lettura.

Il risultato è una breve ma completa storia di Lucrezia e del contesto in cui è vissuta, piacevole e godibile da leggere. Una lettura consigliata, dunque, a chiunque voglia saperne di più su questa figura controversa e su un periodo della storia d’Italia di cui si parla e si sa troppo poco.

 

Opera recensita: “La figlia del Papa” di Dario Fo

Editore: Chiarelettere, 2014

Genere: biografia

Ambientazione: Italia rinascimentale

Pagine: 190

Prezzo: 13,90 €

Consigliato: sì.

 

martedì 30 maggio 2017

RECENSIONE: LUCA D'ANDREA - LA SOSTANZA DEL MALE


Sinossi:

«Werner si lasciò sfuggire un verso di scherno. - Nessuno è mai uscito dalle grotte del Bletterbach. Laggiù c'è l'inferno».

Nel 1985 Kurt Schaltzmann, Markus Baumgartner e sua sorella Evi vengono uccisi nel Bletterbach, una gigantesca gola nei cui fossili si può leggere la terribile

storia del mondo. Qualcuno li ha letteralmente massacrati durante una tempesta. I loro cadaveri sono rinvenuti mutilati a tal punto da far dubitare che

sia stato un essere umano a compiere un simile scempio. A distanza di trent'anni Jeremiah Salinger, un autore statunitense di documentari che ha sposato

una donna del luogo, scopre la vicenda e ne viene risucchiato. Tutti, a Siebenhoch, la piccola cittadina dolomitica dove si è trasferito, gli consigliano

in modo più o meno minaccioso di lasciar perdere. Anche suo suocero Werner, ex responsabile del soccorso alpino, uno degli uomini che hanno hanno ritrovato

i corpi dei tre ragazzi; anche sua moglie Annelise, preoccupata per lui e per la figlioletta Clara. È come se quel fatto di sangue avesse portato con sé

una maledizione. Come se nel Bletterbach si fosse risvegliato qualcosa di spaventoso che si credeva scomparso, qualcosa di antico come la Terra stessa.

Con voce inconfondibile, e una padronanza assoluta del ritmo e del racconto, Luca D’Andrea ci mostra come un thriller può mettere a nudo il cuore di un

uomo travolto dalla propria ossessione.

 

Commento:

Beh, direi che la sinossi (che ho copiato da IBS) è molto esaustiva.

Si racconta la storia di Salinger, un giovane americano autore di factuals che, trasferitosi nel paese natale della bella moglie, nel cuore delle dolomiti altoatesine, sopravvive ad un pauroso incidente del quale restano vittime alcuni membri del soccorso alpino locale. Per distrarsi dai demoni che lo perseguitano dopo l’incidente, Salinger si tuffa a capofitto in un mistero vecchio di trent’anni e tutt’ora irrisolto, del quale viene a conoscenza per caso e di cui nessuno vuole parlare: è il massacro del Bletterbach. Nonostante le pressioni della moglie e degli abitanti del paesino, Salinger non riesce a staccarsi dalla storia finché non arriva in fondo… ma la verità che finisce per scoprire è molto più spaventosa e pericolosa di quanto pensasse, per lui, la moglie e la figlioletta Clara.

E sarà proprio la bambina ad indurlo a reagire e quindi a salvarlo.

“La sostanza del male” è un ottimo romanzo d’esordio, davvero un buon thriller che parla di montagna, del passato di una comunità con le sue tradizioni ed i suoi segreti. Ma questo libro parla anche d’amore, di amicizia, di sensi di colpa e bugie. C’è tutto, insomma: c’è una buona trama, un intrico di personaggi ben delineati, un’ambientazione suggestiva e sufficientemente misteriosa, una buona dose di suspense e spregiudicatezza… e poi questo libro è scritto bene, con quel qualcosa di originale ed innovativo che gli impedisce di scadere nella banalità. Non sarà uno di quei thriller al cardiopalma o con personaggi così indimenticabili da affezionarcisi, ma mi è piaciuto, l’ho letto velocemente e con facilità: lettura consigliata, dunque! Ottimo esordio davvero!

 

Opera recensita: “La sostanza del male” di Luca D’Andrea

Editore: Einaudi, 2016

Genere: thriller

Ambientazione: Alto Adige

Pagine: 451

Prezzo: 18,50 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 29 maggio 2017

RECENSIONE: AZAR NAFISI - LEGGERE LOLITA A TEHERAN


Sinossi:

Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze barbare, Azar Nafisi ha dovuto

cimentarsi nell'impresa di spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi islamica, una delle più temibili incarnazioni del Satana

occidentale: la letteratura. È stata così costretta ad aggirare qualsiasi idea ricevuta e a inventarsi un intero sistema di accostamenti e immagini che

suonassero efficaci per gli studenti e, al tempo stesso, innocui per i loro occhiuti sorveglianti. Il risultato è un libro che, oltre a essere un atto

d'amore per la letteratura, è anche una beffa giocata a chiunque tenti di proibirla.

 

Commento:

Azar Nafisi è una professoressa di letteratura all’università di Teheran. Ama Nabokov, Jane Austen, Henry James, Francis Scott Fizgerald. Ma ciò che ama di più è confrontarsi liberamente con gli altri, parlare di letteratura con i suoi studenti, camminare a testa alta e senza imposizioni o proibizioni nella sua città. Ma purtroppo intorno a lei l’Iran vive un periodo di forte instabilità: la rivoluzione di Comeini ha prodotto nel Paese un forte passo indietro nei diritti civili e sociali, ha trasformato un Paese all’avanguardia per cultura ed emancipazione in un luogo malsicuro in cui le donne non sono libere di stringere la mano ad un uomo, in cui chi corre sulle scale dell’università viene segnalata all’autorità, in cui chi non porta il velo e non si adegua viene ostracizzata.

Nei seminari segreti che organizza a casa sua, nei quali discute di letteratura con le sue studentesse migliori, Azar Nafisi analizza i libri proibiti, quelli troppo occidentalizzati e quindi contrari all’Islam e alla rivoluzione, ed intanto si confronta con i problemi delle sue ragazze, con l’incertezza, le umiliazioni, l’ignoranza e la grettezza di molti uomini. E noi entriamo con lei in questo Paese così culturalmente ricco eppure tanto vessato dal fondamentalismo e dagli intrighi del potere. Il quadro che Azar Nafisi ci dipinge è forte, appassionato eppure obiettivo, perciò ci permette di avere un’idea, sebbene limitata nel tempo, della condizione della società e della cultura in Iran negli anni 90. E la riflessione sui fenomeni integralisti che viviamo oggi è d’obbligo: fare la rivoluzione non sempre vuol dire fare il bene del proprio popolo… e come si può far bene al proprio popolo se gli si nega la cultura?

La lettura di questo libro è stata per me fonte di riflessione, nonché di arricchimento culturale: oltre agli spunti sulla situazione iraniana, infatti, ho molto gradito i tanti riferimenti letterari ai classici che la professoressa Nafisi ama ed insegna ai suoi studenti: di certo approfitterò delle sue critiche letterarie per prendere spunto per prossime letture. L’unica pecca che devo attribuire, mio malgrado, a questo libro è la poca organicità storica: per chi sa poco della storia politica dell’Iran della fine del Novecento non è agevole inquadrare il periodo ed il succedersi di eventi e personaggi. Tuttavia il “problema” è superabile con una piccola ricerca in internet e con un’attenzione particolare durante la lettura. Lo consiglio, dunque, perché presenta uno spaccato di una cultura che conosciamo troppo poco e che può essere utile per non ripetere gli stessi errori.

 

Opera recensita: “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi

Editore: Adelphi, 2004

Genere: autobiografia, testimonianza

Ambientazione: Iran

Pagine: 379

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 25 maggio 2017

RECENSIONE: STEPEN KING - THE DOME


Sinossi:

È una tiepida mattina d'autunno a Chester's Mill, nel Maine, una mattina come tante altre. All'improvviso, una specie di cilindro trasparente cala sulla

cittadina, tranciando in due tutto quello che si trova lungo il suo perimetro: cose, animali, persone. Come se dal cielo fosse scesa la lama di una ghigliottina

invisibile. Gli aerei si schiantano contro la misteriosa, impenetrabile lastra di vetro ed esplodono in mille pezzi, l'intera area - con i suoi duemila

abitanti - resta intrappolata all'interno, isolata dal resto del mondo. L'ex marine Dale Barbara, soprannominato Barbie, fa parte dell'intrepido gruppo

di cittadini che vuole trovare una via di scampo prima che quella cosa che hanno chiamato la Cupola faccia fare a tutti loro una morte orribile. Al suo

fianco, la proprietaria del giornale locale, un paramedico, una consigliera comunale e tre ragazzi coraggiosi. Nessuno all'esterno può aiutarli, la barriera

è inaccessibile. Ma un'altra separazione, altrettanto invisibile e letale, si insinua come un gas velenoso nel microcosmo che la Cupola ha isolato: quella

fra gli onesti e i malvagi. Tutti loro, buoni e cattivi, dovranno fare i conti con la Cupola stessa, un incubo da cui sembra impossibile salvarsi. Ormai

il tempo rimasto è poco, anzi sta proprio finendo, come l'aria...

 

Commento:

Una barriera invisibile avvolge un’intera cittadina del Maine in un sabato mattina d’ottobre, cogliendo tutti di sorpresa ed interrompendo la routine quotidiana. All’inizio nessuno comprende ciò che è accaduto, si verificano numerosi incidenti al confine di quella che da quel momento verrà definita la “cupola”, aerei precipitano, persone ed animali muoiono, apparecchi elettronici esplodono. Dopo lo sconcerto iniziale, ciascun cittadino e membro della comunità reagisce secondo le proprie inclinazioni: c’è chi cerca di sfruttare la situazione, chi mette scompiglio, chi approfitta per militarizzare la città per accrescere il suo potere, chi cerca di analizzare l’accaduto adoperandosi per risolvere la situazione. E’ inevitabile che si formino due squadre, due fronti, due parti: coloro che vogliono salvarsi e salvare gli altri agendo in modo civile e razionale e coloro che non esitano ad usare la violenza per mantenere la situazione nel caos e sfruttare il panico e la paura per spadroneggiare. Il capitano Dale Barbara, una giornalista, un assistente medico con la sua famiglia, la vedova del capo della polizia, sono solo alcuni dei “buoni” della situazione. Gli altri, i “cattivi” capitanati dal borioso e calcolatore consigliere comunale James Ranny, sembrano più forti, ma in una situazione di crisi nulla può essere dato per scontato.

Beh, un romanzo lungo, complesso ed affascinante, questo “The Dome”: è risaputo che Stephen King non fa sconti di pagine o di particolari pur di regalarci una storia con i fiocchi. E direi che in questo caso il re ha colpito ancora: “The dome” è ricco di personaggi, descrizioni, colpi di scena, nella migliore tradizione di King. Trovo, tuttavia, che alcune cose avrebbero potuto essere diverse, avrei preferito, ma è solo il mio gusto personale, che nella parte finale ci fosse un pizzico di realismo in più, dato che la situazione di partenza era davvero molto realistica. Non posso dire di più perché non vorrei spoiler are, ma chi leggerà comprenderà a cosa mi riferisco. Ad ogni modo penso che questo libro valga la pena di essere letto: non sarà al livello dell’”Ombra dello scorpione”, romanzo vagamente simile, ma ci si avvicina abbastanza. Lo consiglio, sebbene avrei voluto che a generare la cupola fosse qualcosa di diverso.

 

Opera recensita: “The dome” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, 2009

Genere: fantascienza

Ambientazione: Chester’s Mill, Maine, Stati Uniti

Pagine: 1037

Prezzo: 23,90 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 19 maggio 2017

RECENSIONE: MARGUERITE DURAS - OCCHI BLU, CAPELLI NERI


Sinossi:

"Si tratta di un amore che non ha nome nei romanzi e non ha nome neppure per quelli che lo vivono. Di un sentimento che in qualche modo non sembra avere

ancora vocabolario, costumi, riti. Si tratta di un amore perduto. Perduto, da perdizione. Leggete il libro. In ogni caso, anche se gli siete ostili, per

principio, leggetelo. Non abbiamo niente da perdere, né io da voi né voi da me. Leggete tutto. Leggete tutti gli intervalli che vi indico e quelli dei

corridoi scenici che avvolgono la storia e la placano e ve ne liberano mentre li percorrete. Continuate a leggere e, all'improvviso, è la storia che avrete

attraversato, con le sue risa, la sua agonia, i suoi deserti. (Sinceramente vostra) Duras."

 

Commento:

Come tutto ciò che non capiamo, ma che ci incuriosisce e ci affascina, questo libro lascia il segno, sebbene si legga in poche ore. E’ un libro stranissimo, inconsueto, una storia surreale e non facile da spiegare.

La trama di questa strana storia è nascosta tra le pieghe di un fazzoletto di seta nera; i protagonisti, gli attori, sono un uomo, una donna e un giovane straniero. Ma i veri protagonisti di queste pagine sono il desiderio, l’amore e il dolore. Tutto comincia una sera d’estate, in una città in riva al mare: un uomo guarda da una finestra aperta, nella hall di un albergo una donna incontra un giovane straniero vestito di bianco, occhi blu, capelli neri. Insieme si allontanano verso la spiaggia. Da quel momento il cuore dell’uomo alla finestra non troverà più pace. Quella stessa sera incontrerà la donna in un caffè… si incontreranno di notte, e la notte sarà il tempo del loro amore. Un amore tormentato, un amore non accettato, un amore fatto di sguardi velati, un amore che passa attraverso l’amore altrui… un amore perduto.

Ciò che più di tutto colpisce in queste pagine, e che mi porta a consigliarvi questa lettura, è la straordinaria varietà di stimoli sensoriali: con il suo classico, stupendo, stile visionario, Marguerite Duras ci racconta una storia attraverso le immagini, i profumi, i suoni e i rumori, gli sguardi, i pensieri, i turbamenti del cuore e della mente. Così ci regala una storia che non va capita, ma che coinvolge tutti i sensi e attraverso essi va vissuta.

Un libro che si legge in una sera, ma che segna sottopelle.

 

Opera recensita: “Occhi blu, capelli neri” di Marguerite Duras

Editore: Feltrinelli, prima ed. 1987

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Francia

Pagine: 134

Prezzo: 7,00 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 15 maggio 2017

RECENSIONE: ALICE BASSO - SCRIVERE E' UN MESTIERE PERICOLOSO


Sinossi:

Ama i libri. Vive di letteratura. E risolve delitti. Torna l'irresistibile investigatrice creata da Alice Basso.

La sua nuova sfida è creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa ardua, quasi impossibile. Perché Vani non ha mai preso una padella

in mano, e non le è chiarissimo il significato di parole come scalogno o topinambur. Ma inaspettatamente, mentre esegue l'incarico con il conforto morale

di un gourmet come il commissario Berganza, una rivelazione cattura il suo interesse: la cuoca confessa un delitto. Un delitto che riguarda una delle famiglie

più in vista di Torino, e che per la cronaca ha un altro colpevole. Berganza abbandona i fornelli per indagare, e adesso è lui ad aver bisogno di Vani,

del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti. Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte

la vita assomiglia a un giallo, piena di falsi indizi: solo l'intuito di Vani può smascherarli.

 

Commento:

Vi ho parlato, giusto poche settimane fa, di “l’imprevedibile piano della scrittrice senza nome”, il primo libro di Alice Basso, nonché primo volume con protagonista Vani Sarca. Ebbene, eccovi il secondo! Per i più distratti, Vani è una bravissima gostwriter per una famosa casa editrice di Torino: non è esattamente una fatina dei fiori, né una grigia impiegata tutta scrivania e moine per ingraziarsi il capo. No, è la sosia perfetta di Lisbeth Salander (che ho conosciuto grazie a Vani), è una specie di pipistrello sociopatico con un problema con il cibo. Però Vani fa benissimo il suo lavoro: entra nella testa degli scrittori di cui deve scrivere i libri e lo fa così bene che, nonostante lo scandalo che ha causato appena un mese fa, il suo editore è costretto a riprendersela pagandole pure un aumento. Ora Vani deve scrivere un nuovo libro, un romanzo-memoriale di una notissima e rispettabilissima e schifosissimamente ricca famiglia di Torino, raccontato dal punto di vista della loro cuoca Irma. Va da sé che il libro dovrà contenere anche numerose ricette che ovviamente Irma non descrive perfettamente sia perché ha ottantuno anni ed è un po’ svanita, sia perché era così brava nel prepararle che le sue mani lavoravano da sole. Come fare? No problem, il caro commissario Berganza, che di nome fa Romeo (grande amante della letteratura, patologia ereditaria a quanto pare), è anche un esperto di cucina. Ma… qualcosa non va esattamente come previsto e la nostra Vani, insieme all’enigmatico (ma un po’ meno del primo libro) commissario, dovranno indagare. E anche sul piano personale, non tutto ciò che sembra passato lo è veramente… ma ho già detto troppo!

Beh, che dire… prima di cominciare la lettura, pensavo fra me: “fa che questo libro non sia la solita trovata commerciale, fa che Vani sia sempre la solita folle che vorresti avere come amica, fa che non si cada nel banale…!”. Ora, a fine lettura, sento una voce nel mio cervello che, in tono di scherno, mi ripete:”Ah, donna di poca fede!”. Ecco, sto quasi parlando come Vani, ma la cosa non mi dispiace. Ok, questa recensione non sarà il massimo dell’obiettività, ma non so in che altro modo potrei caldamente consigliarvi la lettura di questo libro e del precedente… e pure del prossimo che esce fra tre giorni! Adoro Vani ed adoro Berganza ed adoro lo stile di Alice Basso che scrive magistralmente: nelle sue mani una storia che poteva sembrare già vista è diventata qualcosa di unico, fresco, spassoso e per nulla banale o scontato. Ed alla fine ti ritrovi a ritardare la fine del libro, a conservarti qualche pagina per il giorno dopo, perché ne vorresti ancora ed ancora… Quanto a Berganza, non vi svelo niente, ma… io tifo per lui!

Beh, menomale che sta per uscire il prossimo libro, “Non ditelo allo scrittore”! Voi, intanto, leggete i primi due, poi io vi parlerò del terzo!

 

Opera recensita: “Scrivere è un mestiere pericoloso” di Alice Basso

Editore: Garzanti, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Torino

Pagine: 341

Prezzo: 16,40 €

Consigliato: assolutamente sì.

 

venerdì 12 maggio 2017

RECENSIONE: FABIO VOLO - IL GIORNO IN PIù


Sinossi:

Sveglia, caffè, tram, ufficio, palestra, pizza-cine-sesso... giornate sempre uguali, scandite da appuntamenti che, alla fine, si assomigliano tutti, persi

nel cielo grigio di una metropoli che non sa più sorridere. È la vita di Giacomo, uno che non si è mai fatto troppe domande, che è andato incontro agli

avvenimenti rimanendo sempre in superficie. Un giorno, però, Giacomo incontra sul tram una sconosciuta, e se la ritrova davanti il giorno dopo, e quello

dopo ancora. Per mesi. E così, quelle tre fermate lungo il tragitto per andare in ufficio diventano un appuntamento importante della giornata. O meglio,

diventano "l'appuntamento". Ma la sconosciuta ha un destino che la porta lontano, in un'altra città. E Giacomo? Per la prima volta nella vita decide di

non rimanere in superficie, di prendersi anche il rischio di diventare ridicolo, e parte all'inseguimento di un sogno.

 

Commento:

Da tanto tempo non “distruggo” un libro… ne sento proprio la necessità… ah, ecco l’occasione: “il giorno in più” di Fabio Volo fa proprio al caso mio.

E’ la storia di Giacomo, un trentacinquenne un po’ imbranato e direi anche complessato, ingenuo sarebbe un complimento, che incontra una ragazza sul tram e, invece di attaccare bottone per conoscerla, si limita a guardarla. Un bel giorno la ragazza, che sembra chiamarsi Michela, lo invita per un caffè e gli comunica che il giorno dopo si trasferirà a New York per lavoro. Il nostro Giacomo passa dalla gioia alla depressione in un nanosecondo e per molto tempo si crogiola nel suo dolore… Poi, su consiglio della sua migliore amica, va a New York per cercare Michela senza alcun piano, senza alcuna idea su cosa dirle e come avvicinarla… gliene capitano di ogni, ma alla fine la trova. Quello che succede dopo è una fiaba moderna in piena regola, con tanto di scene erotiche e finale strappalacrime compreso nel prezzo. In definitiva, secondo il mio modestissimo parere, questo libro è una perdita di tempo assurda: 266 pagine di banalità, piattume ed anche una certa dose di volgarità. Che, per carità, non è che mi scandalizzino le volgarità, intendiamoci… ma quando non hai altro da ricordare, quelle ti rimangono più impresse e te ne ricordi!

Prima di oggi non avevo mai letto nulla di Fabio Volo, a parte qualche pagina per caso un po’di anni fa che mi aveva indotto a tenermene lontana. Più che altro credevo di avere un pregiudizio nei suoi confronti, però vedevo che a tanti piace… perciò ho colto l’occasione di una sfida letteraria ed ho deciso di togliermi il dubbio… bene, ora posso dire a ragion veduta che non mi piace. Non ho nulla contro l’autore o contro chi legge ed apprezza i suoi libri, i gusti son gusti e non si discute… io, però, sono a posto così, grazie! Avevo anche pensato di non recensito, ma poi mi sono detta che, avendoci perso due giorni, almeno l’avrei sconsigliato ad altri! Dopo tutta questa tirata, beh, ovvio che non ve lo consiglio… poi voi fate un po’ come volete!

 

Opera recensita: “il giorno in più” di Fabio Volo

Editore: Mondadori, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Milano-New York

Pagine: 266

Prezzo: 11,50 €

Consigliato: no.

 

mercoledì 10 maggio 2017

RECENSIONE: CARLO LUCARELLI - ALMOST BLUE


Sinossi:

Nessuno vuole ammetterlo, ma a Bologna c'è un assassino seriale: è l'Iguana, che assume di volta in volta l'identità delle sue vittime, per sfuggire alle

«campane dell'inferno» che gli risuonano nelle orecchie. Tocca a Grazia cercare di prenderlo, e piú delle sofisticate tecnologie che usa, le servirà l'intuito

e la capacità di ascolto di Simone, cieco dalla nascita. Mentre cacciatore e preda si scambiano continuamente i ruoli, vediamo la scena ora con gli occhi

attenti e ansiosi di Grazia, ora con lo sguardo febbricitante e doloroso dell'Iguana, o la percepiamo come un concerto di suoni e di voci, un complicato

e fantastico arabesco mentale, quando la soggettiva è di Simone. E la città che cosí prende forma sotto i nostri occhi, fitto reticolo di trame e di ossessioni,

è insieme la sorprendente megalopoli italiana che si stende su tutta l'Emilia, e anche il teatro magico dove tutte le storie possono accadere. Un thriller

nervoso e impeccabile, una storia d'amore e solitudine, una scrittura che sa dosare tensione emotiva e colpi di scena.

 

Commento:

Grazia, Simone, l’Iguana. Sono questi tre personaggi a raccontarci questa storia macabra ed affascinante. E’ la storia di un uomo che vuole fuggire da se stesso, di un’ispettrice di polizia che cerca di catturarlo e di un ragazzo cieco che sente la città attraverso i suoi scanner. E’ proprio lui, Simone, che sentirà la voce del killer e, per questo, diventerà il suo bersaglio prioritario. In una Bologna fatta di eccessi, popolata dalla gente più varia e più diversa, fra traffico, vicoli nascosti ed appartamenti abitati da non si sa chi, si snoda questo noir breve ma intenso, incalzante e, per giunta, quasi privo di violenza. O meglio, la violenza c’è, ma Lucarelli è così bravo a nasconderla, ad accennarla, a lasciarcela intuire, che quasi non la vediamo, tranne in momenti in cui è indispensabile. E così, leggendo questo noir,  ho conosciuto l’ispettore Negro, che di nome fa Grazia e che viene da Nardò, quindi dalla mia terra… e poi ho conosciuto Simone, non vedente o cieco come me, che non esce quasi mai di casa ma che conosce Bologna attraverso lo scanner, sempre acceso nella sua mansarda a captare conversazioni, fruscii, con l’immancabile sottofondo musicale di Almost Blue di Chet Baker, la sua canzone preferita. Simone è un personaggio particolare che, a dire la verità, non mi ha convinto fino in fondo, così come Grazia: lui è un po’ troppo stereotipato per i miei gusti, anche se ha una capacità di descrivere suoni, voci e persone davvero ammirevole e singolare; lei istintivamente mi è simpatica, ma non sono riuscita ad inquadrarla bene… anche se, francamente, avrei ridotto un po’ i riferimenti al suo ciclo!

Nel complesso, comunque, questo libro mi è piaciuto… devo riflettere su quanto mi sia piaciuto, ma comunque ve lo consiglio caldamente: si legge in un pomeriggio e vale la pena, non fosse altro che per la colonna sonora di tutto rispetto citata fra le pagine. Ah, a proposito, se qualcuno riesce a capire qual è la versione di Summertime cui si fa riferimento, per favore me lo dica! E’ tutto il giorno che la cerco, ma non riesco a decidere quale sia! Ad ogni modo, lo ribadisco: leggetelo perché è un libro sui generis, quindi è un’esperienza da provare!

 

Opera recensita: “Almost blue” di Carlo Lucarelli

Editore: Einaudi, prima ed. 1997

Genere: noir

Ambientazione: Bologna

Pagine: 194

Prezzo: 12,50 €

Consigliato: sì.

 

martedì 9 maggio 2017

RECENSIONE: BLANCA BUSQUETS - LA VITA IN OGNI RESPIRO


Sinossi:

A volte la musica è quel filo invisibile in grado di unire i cuori di tutti. L’unica lingua con cui si può spezzare il silenzio. Sono passati dieci anni

dalla morte di Karl T., grandissimo direttore d’orchestra. Il figlio Mark, anch’egli musicista, decide di omaggiarlo organizzando un concerto a Berlino,

città natale del padre. Per l’occasione, chiama in Germania le tre donne che Karl ha amato di più: Maria, Anna e Teresa. Tre donne che hanno intessuto

negli anni rapporti diversi ma ugualmente intensi con Karl, ai tempi in cui la sua casa di Barcellona era aperta a tutti e sempre inondata di musica. Tre

donne unite, oltre che dalla passione per la musica, anche da un prezioso oggetto che apparteneva a Karl e che è finito ora nelle mani di Anna: un violino

Stainer, che nel concerto commemorativo Anna suonerà in un assolo, chiudendo il cerchio dei ricordi. Ma non tutto andrà come dovrebbe, e il violino si

rivelerà essere di qualcun altro...

 

Commento:

“La vita in ogni respiro” racconta una storia che parla di musica, di donne, di vita. Tutto ruota intorno a Karl T., l’importante direttore d’orchestra e musicista che da Berlino Est si è trasferito a Barcellona negli anni precedenti alla caduta del Muro. Tutto ruota, dunque, intorno a lui, al suo amore per la musica e per le donne, e ad un violino Stainer. Tre donne, in particolare, hanno suonato quel violino magico e tutte e tre hanno amato, a loro modo, Karl e la musica e ne sono state riamate. Sono Teresa, Anna e Maria, tre donne che più diverse non si potrebbe, ma che si ritrovano in momenti diversi nel corso della loro vita e che finiscono, loro malgrado, per avere un ruolo importante nelle rispettive vite e in quella di Karl. E poi c’è Mark, figlio di Karl, che ha il compito di raccogliere la sua pesante eredità e di riunire queste donne in un concerto, in memoria dell’amato padre, a dieci anni dalla sua morte proprio nella sua Berlino.

Una trama articolata, questa, che si svela pian piano dai racconti dei protagonisti: il libro, infatti, è scritto sottoforma di racconto corale. La narrazione è affidata a Teresa, violinista e maestra di violino che ha avuto una vita difficile e che mette l’anima quando suona, ad Anna che è una violinista eccezionale ma ha molti problemi con la sua anima, ed a Maria, la fedele domestica di Karl che ha vissuto con lui per quarant’anni e che ha tante storie da raccontare, oltre ad un orecchio eccezionale e anima da vendere… ed anche a Mark che si ritrova invischiato in questo romanzo al femminile.

Che dire? Semplicemente, mi aspettavo di più: questo libro non è brutto, anzi tutt’altro! Parla di musica e di donne molto diverse fra loro… ma non mi ha emozionato, non mi ha convinto, quindi il mio non è un sì pieno. Tuttavia a qualcuno, magari, potrebbe suscitare emozioni diverse dalle mie, ecco perché, comunque, vi consiglio di provare a leggerlo… non è bocciato, ma neppure promosso a pieni voti! Un merito, però, devo riconoscerlo a queste pagine: mi hanno fatto venire voglia di fare una scorpacciata di musica classica e di immergermi, una volta di più, nelle note calde e vibranti del violino!

 

Opera recensita: “La vita in ogni respiro” di Blanca Busquets

Editore: Piemme, 2014

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Barcellona-Berlino

Pagine: 266

Prezzo: 15,50 €

Consigliato: sì/no.

 

domenica 7 maggio 2017

RECENSIONE: SUSAN ABULHAWA - OGNI MATTINA A JENIN


Sinossi:

Un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il "Cacciatore di aquiloni" ha fatto per l'Afghanistan. Racconta con sensibilità e pacatezza

la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione

di "senza patria". Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati

di 'Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo

rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda

la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per

preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi,

si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la

tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta.

L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, racconta la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.

Il romanzo era stato pubblicato nel 2006 con il titolo Nel segno di David.

 

Commento:

Forse non è bello da dire, ma prima di sedermi a scrivere queste righe ho dovuto uscire, fare una passeggiata e riprendere il contatto con l’oggi staccandomi dalla storia quel tanto che basta per rifletterci. “Ogni mattina a Jenin” è un libro che mi ha scosso molto perché racconta, in modo assolutamente realistico, delicato e struggente, la storia di oltre cinquant’anni di angherie e soprusi perpetrati da Israele alla Palestina. O forse dovrei dire “dagli ebrei agli arabi, ai palestinesi”! Perché il responsabile di tante vite perdute, della distruzione di un popolo, dell’escalation di violenza e terrore che ne è seguita, è sia lo Stato di Israele, sia coloro che lo hanno creato: gli ebrei. Ebbene sì, proprio coloro che avevano subito gli orrori della persecuzione nazista, tornati in patria reclamarono con la forza una terra che era già d’altri, scacciando barbaramente chi vi abitava ed appropriandosi di terre, beni e case e distruggendo vite, sogni, progetti, sacrifici. E non fu un episodio isolato: l’oppressione dei palestinesi non si limitò al 1948, ma dura ancora oggi!

E’ di questo che parla questo libro: racconta la storia di un villaggio sottratto nel 48 ai suoi abitanti che trovarono rifugio a Jenin. Jenin divenne un campo profughi dal quale quelle famiglie non andarono più via, o se lo fecero era per combattere e non tornare comunque. In quest’ambiente fatto di tende, strade d’argilla, distruzione e rinascita nasce e cresce Amal, intrepida, coraggiosa, ma anche fragile e chiusa, segnata da sofferenza e perdita. Amal ci racconta la sua storia e quella della sua famiglia, dapprima con una certa leggerezza apparente, quasi con l’indifferenza dettata dall’abitudine, poi man mano che cresce, con sempre maggiore partecipazione ed indignazione. E’ una storia triste, ma affascinante, dalla quale sarà difficile staccarsi e soprattutto restare indifferenti. Alcuni passi sono davvero toccanti e fanno comprendere bene cosa abbiano dovuto subire i profughi, i “senza patria” i rifiutati dalla terra. Un libro ben scritto, appassionante e scorrevole, almeno nella prima parte, straziante nella seconda. Una lettura che va affrontata come vanno affrontati tutti i problemi e gli orrori del mondo. Consigliato a tutti, perché non eccessivamente sdolcinato né freddo o impostato. E’ una storia di vita e di morte, di distruzione e speranza, di amore, amicizia, fratellanza ed anche di guerra… è una storia di eternità.

 

Opera recensita: “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa

Editore: Feltrinelli, 2011

Genere: romanzo storico-narrativa mediorientale

Ambientazione: Palestina-Stati Uniti

Pagine: 390

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì.

 

sabato 6 maggio 2017

RECENSIONE: STIEG LARSSON - LA RAGAZZA CHE GIOCAVA CON IL FUOCO (MILLENNIUM #2)


Sinossi:

Mikael Blomkvist è tornato vittorioso alla guida di Millennium, pronto a lanciare un numero speciale su un vasto traffico di prostituzione dai paesi dell'Est.

L'inchiesta si preannuncia esplosiva: la denuncia riguarda un intero sistema di violenze e soprusi, e non risparmia poliziotti, giudici e politici, perfino

esponenti dei servizi segreti. Ma poco prima di andare in stampa, un triplice omicidio fa sospendere la pubblicazione, mentre si scatena una vera e propria

caccia all'uomo: l'attenzione di polizia e media nazionali si concentra su Lisbeth Salander, la giovane hacker, "così impeccabilmente competente e al tempo

stesso così socialmente irrecuperabile", ora principale sospettata. Blomkvist, incurante di quanto tutti sembrano credere, dà il via a un'indagine per

accertare le responsabilità di Lisbeth, "la donna che odia gli uomini che odiano le donne". È lei la vera protagonista di questo nuovo episodio della Millennium

Trilogy, un thriller serrato che all'intrigo diabolico unisce un'acuta descrizione della società moderna, con le sue contraddizioni e deviazioni, consegnandoci

con Lisbeth Salander un personaggio femminile unico, commovente e indimenticabile.

 

Commento:

Capisci di aver letto un buon libro quando non vorresti che finisse, quando non riesci a staccarti dalle pagine e qualunque cosa tu faccia, il pensiero va sempre lì… e ne vorresti ancora e ancora. Ecco, questo mi è successo con questo secondo volume della trilogia Millennium, “la ragazza che giocava con il fuoco”.

Qui troviamo ancora Michael Blomkvist e Lisbeth Salander, questa volta, però, divisi e alle prese con qualcosa di più grande di loro: un giro di prostituzione che ha radici nel passato, in Russia e nella Svezia degli anni 80. Ma in questo libro, per ragioni che vi appariranno ovvie leggendo la trama, emerge in tutta la sua grandezza il personaggio di Lisbeth, colei che tutti hanno sempre creduto una psicotica violenta, ma che in realtà è una vittima del sistema e della crudeltà umana. Non si può non affezionarsi e tifare per questa ragazza mingherlina ma dannatamente acuta ed intelligente, che che ne dicano le perizie psichiatriche. E non si può non avere voglia di prendere a sberle più di un poliziotto, più di un giornalista… è facile trarre conclusioni affrettate e sparare sulla Crocerossa… ma la verità può essere più grave e spesso ben diversa da come potrebbe sembrare.

Vi ho incuriosito almeno un po’? Beh, spero di sì, perché questo libro merita di essere letto, come peraltro il primo della trilogia, “uomini che odiano le donne”. Per quanto mi riguarda, io vado a cominciare il terzo!

 

Opera recensita: “la ragazza che giocava con il fuoco” di Stieg Larsson

Editore: Marsilio, 2008

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 754

Prezzo: 21,50 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 1 maggio 2017

RECENSIONE: SELMA LAGERLOF - LA SAGA DI GOSTA BERLING


Sinossi:

"Caro lettore, per il Natale del 1891 fu pubblicato a Stoccolma il romanzo di una sconosciuta di trentatré anni: si chiamava 'La saga di Gösta Berling'

e la sconosciuta Selma Lagerlöf. Il giorno dopo era famosa. Nel 1909 riceverà il premio Nobel e Marguerite Yourcenar la definirà 'la più grande scrittrice

dell'Ottocento'. Il libro è tuttora annoverato tra i capolavori della letteratura europea. Ma per me non è 'solo' questo: 'La saga di Gösta Berling' è

il romanzo che per primo mi ha fatto conoscere la magia e il fascino del nord, il più emblematico dell'arte del raccontare e di tutto quello che amo nella

narrativa scandinava, che mi ha spinto a diventare editore. Poema epico, raccolta di leggende, saga, racconta le vicende di una stravagante compagnia di

bohémien, musicisti, giocatori e bevitori 'allegri, spensierati, eternamente giovani' su cui domina la figura di Gösta Berling, il seducente prete spretato,

bello come un dio greco, che irradia avventura e gioia di vivere, ma destinato a suscitare amori fatali e sventure. Una storia di perdizione e redenzione

che accetta il male come il bene, le più alte aspirazioni e gli impulsi autodistruttivi, un mondo illuminato dall'amore e immerso in una natura incantata.

È un libro che 'brucia', dice ancora la Yourcenar, di un'immaginazione ardente, uno dei romanzi su cui costruiamo i 'castelli imperituri del sogno e della

fantasia'".

 

Commento:

Questo libro fu pubblicato per la prima volta nel 1891, ma, a mio modesto parere, avrebbe potuto essere pubblicato nel Cinquecento come nel 2000 ed avrebbe avuto lo stesso fascino. Perché? Perché racconta storie senza tempo, di cavalieri, uomini e donne con poteri magici, creature dei monti e dei boschi, patti col diavolo e chi più ne ha più ne metta. Il tutto ambientato in luoghi fiabeschi, nella Svezia ottocentesca, fra castelli, laghi e paesaggi incantati.

Questo libro raccoglie al suo interno molte leggende popolari tutte collegate fra loro, che ruotano attorno alla storia dei cavalieri di Ekebù ed all’epopea di Gosta Berling, il prete sconfessato divenuto cavaliere e definito, in modo assolutamente calzante, come “il più forte e il più debole fra gli uomini”. Egli ha un’anima ed un cuore buono, ma cede alle tentazioni con troppa facilità. Non c’è donna che lo incontri che non se ne innamori perdutamente ed egli è altrettanto pronto ad amare, ma il suo destino sembra essere quello di far soffrire ogni donna che gli si avvicini. Ma i personaggi di queste storie sono tanti, buoni e cattivi come in tutte le fiabe che si rispettino: ci sono cavalieri, dame belle e gentili, maggiori e maggioresse, orsi della montagna… un vasto parterre per una saga che non annoia, nonostante le oltre cinquecento pagine.

Una lettura tra il fiabesco e il fantastico che, a mio parere, merita attenzione. Consigliatissimo.

 

Opera recensita: “la saga di Gosta Berling” di Selma Lagerlof

Editore: Iperborea, 2007

Genere: narrativa scandinava, fiabesco

Ambientazione: Svezia

Pagine: 542

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì.