giovedì 26 settembre 2019

RECENSIONE: MELANIA MAZZUCCO - VITA


Sinossi:

Commento:
Lessi questo libro un bel po' di anni fa, quindi non ne conservo ricordi nitidi. Ciò che, a distanza di anni, mi è rimasto impresso è l'angoscia, la desolazione, la durezza delle condizioni di chi, arrivando da lontano, si ritrovò in un Paese sconosciuto. Ancora ricordo, come fossero immagini, i passi del sull'arrivo in America, lo smistamento, i primi periodi, il vivere tutti insieme, la precarietà, l'arrabattarsi. Un'altra cosa che ricordo, però, è la sensazione di pesantezza, di difficoltà nella lettura causata non tanto dai contenuti, quanto dallo stile dell'autrice. Questo è ciò che mi frena dal rileggerlo.

Opera recensita: "Vita" di Melania Mazzucco
Editore: Einaudi
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 472
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì/no.


RECENSIONE: FRANK GARDNER - CRISIS


Sinossi:
Luke Carlton è un ex marine delle forze armate britanniche ora sotto contratto con l’MI6, dove porta a termine missioni ad alto rischio. Inviato nella giungla colombiana per indagare sull’omicidio di un ufficiale dei servizi segreti britannici, Luke si ritrova in breve tempo avvolto nelle spire di un complotto di terrificanti dimensioni internazionali. Qualcuno gli sta dando la caccia. Catturato e sottoposto a orribili torture, Luke riesce fortunosamente a fuggire dalla morsa di uno dei più potenti e spietati cartelli della droga del Sudamerica e dal suo leader assetato di vendetta. Stremato dalla prigionia, deve raccogliere tutte le proprie forze per prevenire un disastro senza precedenti. Il bersaglio è nientemeno che Londra, l’arma sembra fra le più diaboliche mai concepite e il piano che si va scoprendo appare tanto ingegnoso da indurre alla resa... Ma la corsa contro il tempo è appena iniziata e Luke non può sottrarsi.
In questo romanzo, che segna il suo esordio nella narrativa, Frank Gardner mette a frutto la lunga esperienza di inviato di guerra e di esperto di sicurezza internazionale. Combinando le conoscenze da insider, la tecnologia più avanzata e un senso della suspense non comune, dà linfa a un thriller rapido, denso di azione, cinematografico e terribilmente attuale.

Commento:
Quasi quasi mi dispiace per questo povero thriller capitato sul mio iPad proprio mentre sono alle prese con la trilogia di Art Keller di Don Winslow: purtroppo l'argomento è lo stesso è non posso non fare paragoni. Il paragone, in questo caso è impietoso e va tutto a danno di Gardner: Crisis, il libro di cui parliamo, è una spy story ambientata tra la Colombia e l'Inghilterra. Luke Carlton, Marine in servizio all'MI6 – cellula dei servizi segreti britannici – deve scoprire cos'è accaduto nella giungla colombiana, perché un altro agente dei servizi è stato ucciso, su cosa indagava e qual è la misteriosa arma in viaggio verso il Regno Unito. Per farlo rischierà di farsi uccidere da uno dei più pericolosi cartelli della droga, Los Inocentes, capeggiati da El Pobrecito, uno stereotipato capo sanguinario, crudele, grasso, viziato, incapace di far nulla senza i suoi luogotenenti. Intanto l'Inghilterra è sempre più in pericolo. Ok, trama avvincente – direte voi – almeno sulla carta. Sì, peccato che il tutto venga sviluppato con una prevedibilità abbastanza sconcertante: non c'è stato un momento, durante la lettura, in cui sia rimasta sorpresa in positivo per una scelta, un'evoluzione della trama, una caratteristica innovativa dei personaggi… tutto va, immancabilmente, secondo copione. E chi ama questo genere di storie sa che questo non è mai, assolutamente, un bene: chi legge spy stories, thriller d'azione, thriller in generale, ama farsi scioccare, restare colpito dalla storia, ama sentire scorrere fiumi di adrenalina nelle vene… di sicuro non vuole leggersi più di cinquecento pagine sapendo già cosa succederà!
A peggiorare il quadro già non proprio positivo ci sono altri due-tre aspetti dubbi: in primis una lentezza atavica che l'autore – dopo essersi perso tra luoghi comuni e scelte narrative che finiscono nel nulla - riesce a scrollarsi solo nell'ultima parte di romanzo (e vorrei ben vedere); poi, è chiaro, a furia di girare la chiave e premere l'acceleratore il motore si accende, l'azione alla fine decolla… però che fatica! Altro aspetto da analizzare è una scarsa caratterizzazione dei personaggi… Avete presente quando ad una cena si dice "Assaggio poco di tutto" e poi si finisce per non aver mangiato nulla o quantomeno a non essersi saziati? Ecco, più o meno questa è la sensazione che ho provato pensando ai personaggi di questo libro, il protagonista in testa: sappiamo poco di tutti, ma niente, realmente, di nessuno.
Altro particolare degno di nota: l'autore non è un novellino, non è uno che si è improvvisato scrittore ieri ed oggi ha pubblicato una spy story. E' un inviato di guerra nonché esperto di sicurezza nazionale, quindi l'argomento lo conosce bene, dall'interno… E dunque, cos'è successo qui? Personalmente non saprei, ma di sicuro so che semmai dovesse esserci un secondo volume, semmai questa dovesse diventare una serie, io non leggerei oltre. E ripeto, mi dispiace, perché c'erano buone premesse, il libro in sé non è brutto, è forse un po' troppo prevedibile… non lo boccerò completamente, perché in fondo si fa leggere, ma non me la sento di consigliarlo.

Opera recensita: "Crisis" di Frank Gardner
Editore: Longanesi, 2019
Genere: thriller, spy story
Ambientazione: Colombia-Inghilterra
Pagine: 544
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: no
Voto personale: 6.

lunedì 23 settembre 2019

RECENSIONE: FABIO GEDA - NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI


Sinossi:
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia né a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso.
Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia. Quanto a Enaiatollah Akbari, la sua biografia è nelle pagine di questo libro.

Commento:
Questa è una storia vera, vera, drammatica e bellissima. A raccontarcela, in un dialogo con Fabio Geda, è proprio colui che l'ha vissuta, Enaiatollah, Enaiat.
Quando sua madre lo ha lasciato da solo in Pakistan, in un luogo e con persone sconosciute, Enaiat aveva appena dieci anni, era un bambino intelligente e perspicace, ma comunque un bambino, per giunta solo e mai uscito dal suo paesino dell'Afganistan. Il piccolo Enaiat è spaesato e comincia a chiedere in giro dove sia sua madre; quando gli spiegano cos'è accaduto, ossia che la madre l'ha accompagnato lì per salvargli la vita, e poi l'ha lasciato per tornare dai suoi fratelli, Enaiat prova un dolore sconosciuto, la loro immagine gli si tatua negli occhi, ma sa che non può perdersi d'animo. Comincia a cercare lavoro, tenta sempre di avere un posto dove dormire la notte e cerca di non farsi nemici. Da qui, dalle strade malsicure del Pakistan comincia la sua clandestinità, la sua odissea verso un posto dove fermarsi, una casa, un posto dove stare bene. Ciò che attraversa, le prove che deve superare sono a dir poco indicibili per chiunque, figurarsi per un bambino della sua età. Enaiat deve diventare uomo presto per aiutarsi da solo e far fronte a ciò che lo aspetta, ma non perde, nonostante tutto, la voglia di migliorarsi, di mantenere la sua dignità, di imparare e guadagnarsi da vivere onestamente. Quando giunge in Italia, più di quattro anni dopo essere partito dal Pakistan, non gli sembra vero di potersi fermare, di trovarsi bene e soprattutto di avere finalmente una prima forma di accoglienza.
Questa è una storia commovente perché reale, importante perché sincera, da leggere per capire e non dimenticare. Una lettura consigliata a tutti, perché tutti abbiamo bisogno delle parole di questo ragazzo.

Opera recensita: "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda
Editore: Baldini e Castoldi
Genere: autobiografia
Ambientazione: Afganistan-Pakistan-Iran-Turchia-Grecia-Italia
Pagine: 160
Prezzo: 12,00 €
Voto personale: 8,5.


sabato 21 settembre 2019

RECENSIONE: DON WINSLOW - IL POTERE DEL CANE


Sinossi:
Art Keller è un poliziotto ambizioso, con una mentalità da crociato, deciso a combattere in prima fila la guerra che gli Stati Uniti hanno lanciato contro il traffico internazionale di droga. Miguel Ángel Barrera è il boss della Federación, il cartello che riunisce tutti i narcos messicani, e i suoi nipoti, Adán e Raúl, smaniano all’idea di ereditarne l’impero. Nora Hayden, dopo un’adolescenza complicata, è diventata una prostituta d’alto bordo, sempre in bilico tra il cinismo piú spinto e un insolito senso morale. Padre Parada è un sacerdote cresciuto in mezzo al popolo, potente quanto incorruttibile. Sean Callan è un ragazzo irlandese di Hell’s Kitchen che si è trasformato quasi per caso in un killer spietato, al soldo della mafia. Sono tutti, in modo diverso, coinvolti nel mondo feroce del narcotraffico messicano: una guerra che coinvolge sicari senza scrupoli e politicanti corrotti, i servizi segreti americani e la mafia, tra inganni e vendette spietate. Una guerra dove non esiste innocenza possibile, e dove è sempre in agguato, pronto a esplodere, il male assoluto: quella demoniaca crudeltà di uomini e cose cui una millenaria tradizione ha saputo dare un solo nome, evocativo quanto misterioso. Il potere del cane.

Commento:
E' difficile recensire un romanzo così corposo, articolato, ricco di avvenimenti e personaggi… ma bisogna farlo. Bisogna farlo perché, se vi piacciono i thriller d'azione ed in particolare quelli che parlano di criminalità, narcotraffico, cartelli, famiglie ecc. dovreste proprio leggere questo libro, anzi, questa trilogia.
Il potere del cane è il primo, emozionante libro della trilogia di Art Keller scritta da Don Winslow e pubblicata in Italia da Einaudi. La trilogia – che continua con Il cartello e termina con Il confine (Einaudi 2019) – tratta la guerra senza quartiere intrapresa da un agente della DEA, Art Keller, ai cartelli del narcotraffico attivi in Messico dal 1975 al 2000 (almeno per questo primo volume).
Tutto comincia quando, nel 75, un inesperto quanto entusiasta Art Keller aiuta il poliziotto Miguel Angel Barrera (detto Tio) ad abbattere il cartello del Sinaloa. Art non sa ancora che ciò che Tio vuole in realtà è liberarsi di un concorrente e fondare una Federaciòn, un'unificazione dei cartelli della droga del Messico, e diventarne il Patròn, il capo. Il piano gli riesce, ma Art Keller non riesce ad accettare il fatto di averlo aiutato e di essere stato ingannato. Quando Art sta per assestare un duro colpo agli affari di Tio, però, un suo valido collega viene rapito, torturato e ucciso per via di un'operazione architettata da Art. Da questo momento l'agente della Dea non avrà più pace: la sua guerra non conoscerà ostacoli, sarà pronto anche a scendere a pericolosi compromessi pur di dar seguito alla sua ossessione: catturare i Barrera – tutti – e assicurarli alla giustizia… oppure ucciderli.
Tra poliziotti e politici corrotti, gangster dal cuore tenero, prostitute d'alto bordo con più moralità di una suora, parroci coraggiosi e intrepidi, Il potere del cane ci porta in una terra di mezzo in cui non esiste la legalità, la giustizia è quella delle pistole e la legge cambia come cambiano i movimenti di denaro. Un appassionante storia ispirata a figure realmente esistite, il che rende il tutto molto più realistico e grottesco. Davvero un libro da leggere, ma che consiglio solo agli appassionati del genere: più di settecento pagine di dietrologie, sparatorie, inganni, tattiche non sarebbero facili da reggere per chi non ama questo tipo di storie. Per quanto mi riguarda, leggerò prestissimo anche gli altri due libri.


Opera recensita: "Il potere del cane" di Don Winslow
Editore: Einaudi, prima ed. originale 2005, prima ed. italiana 2009
Genere: thriller
Ambientazione: Stati Uniti-Messico-Centro e Sud America
Pagine: 719
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


lunedì 16 settembre 2019

RECENSIONE: SANDOR MARAI - LE BRACI


Sinossi:
Dopo quarantun anni due uomini, che da giovani sono stati inseparabili, tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l’altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null’altro contava, per loro. Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare. Tutto converge verso un «duello senza spade» – e ben più crudele. Tra loro, nell’ombra, il fantasma di una donna. E il lettore sente la tensione salire, riga dopo riga, fino all’insostenibile.

Commento:
Due uomini, un Generale ed un Ufficiale della Guardia, ma prima ancora due amici, due fratelli, due compagni di vita. Tra di loro quarantuno anni di lontananza e tanti conti in sospeso… in primis uno che riguarda una donna.
Amore, tradimento, intrigo, amicizia. Di questo parla, in estrema sintesi, Le braci. E Marai ci mette tutta la maestria di cui è capace nel descrivere i sentimenti, per far immedesimare chi legge al punto da ritrovarsi in quella stessa stanza, ad ascoltare il monologo del padrone di casa, il sussurro dell'ospite che si accomiata, a fissare rapito le braci che rischiarano appena una notte particolarmente buia.
E' carico di suggestioni, Le braci, di pathos, di sentimenti, di curiosa attesa… per questo e per altri mille motivi è considerato un capolavoro della letteratura europea del Novecento.
Però non mi ha preso. Lo so, è incredibile e di certo è colpa mia, credo di non averlo letto al momento giusto… però è così, gli ho preferito di gran lunga La donna giusta, altro bellissimo libro di Marai che, a differenza di questo, mi avvinse da subito.
A voi, però, lo consiglio perché, al netto delle mie impressioni personali, è un'opera che merita ed alcuni passi, specie dopo la metà del libro, sarebbero da copiare ed incorniciare.

Opera recensita: "Le braci" di Sandor Marai
Editore: Adelphi, prima ed. originale 1949
Genere: letteratura europea
Ambientazione: Austria, Ungheria
Pagine: 125
Prezzo: 11,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7.


venerdì 13 settembre 2019

RECENSIONE: MARIA PIA ROMANO - DONNE IN APNEA


Sinossi:
Siamo tutte così diverse, eppure tutte così uguali nel nostro unico, vero inconfessato bisogno: essere accolte. Speriamo che gli altri capiscano, senza che ci sia bisogno di parlare, invece il più delle volte questo non accade e restiamo mute, con il nostro groviglio di dissapori nella pancia, che ci fa male più di un attacco di colite.
C'è la quarantenne che è precaria da una vita e tenta di sfruttare la sua laurea presentandosi al concorso per un Dottorato di Ricerca; la donna fresca di separazione che ritrova la gioia di vivere iscrivendosi all'Associazione podistica del suo paese; la donna che studia per i 24 CFU perché vuole fare il Concorso a Cattedra nel miraggio del posto fisso; quella che trova gli amori in chat e quella che vive accostando parole, di notte, perché la scrittura è salvezza. C'è la madre mancata e quella che soffre, perché il figlio adolescente rimane chiuso nel silenzio della sua cameretta. C'è la donna di cinquant'anni che ha scelto di rifarsi il seno e poi c'è l'estetista che raggiunge il marito muratore in Germania e manda le foto sul gruppo Whatsapp della famiglia. C'è anche la ragazza di diciassette anni che va in vacanza da sola con le amiche per la prima volta nella sua vita. E non solo. Chi arriverà fino in fondo scoprirà dell'altro...

Commento:
Dieci donne, un solo respiro che sa di coraggio. Sono le donne raccontate da Maria Pia Romano, con la sua penna sinuosa, ammiccante, lucida; sono quelle donne che, provate dalla vita, hanno trovato in se stesse il coraggio di rialzarsi, di riprenderne in mano le redini. Da questi racconti accorati in cui è impossibile non ritrovare una parte di sé, è evidente lo sforzo, il sacrificio… perché è più facile mollare, lasciarsi andare e più dura alzare la testa e rimboccarsi le maniche. Però si vede ancor di più la volontà di farcela per se stesse, di non smettere mai di affondare i denti nelle opportunità che si presentano. Dieci donne come tante, dieci voci eccezionali si raccontano in prima persona in questa raccolta che sa di casa, di poesia, di sacrificio, di vita vera. Maria Pia Romano racconta qui le donne, le loro sfaccettature, la loro essenza… parla di noi, di tutte noi. Da leggere… per le donne.

Opera recensita: "Donne in apnea" di Maria Pia Romano
Editore: Il grillo, 2019
Genere: raccolta di racconti
Pagine: 104
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


giovedì 12 settembre 2019

RECENSIONE: MARIA DUEñAS - LE FIGLIE DEL CAPITANO


Sinossi:
New York, 1936. Sulla Quattordicesima Strada, nel cuore della comunità spagnola della Grande Mela, viene inaugurato il piccolo ristorante El Capitán. La morte accidentale del proprietario, Emilio Arenas, costringe le sue tre figlie ventenni a lasciare la Spagna per prendere le redini dell’azienda di famiglia. Catapultate nella nuova realtà americana, le indomite ragazze saranno costrette a combattere per riuscire a integrarsi in una terra straniera piena di contraddizioni: inizia così l’avventura di Victoria, Mona e Luz Arenas, giovani coraggiose, determinate a farsi strada tra grattacieli, compatrioti, avversità e amori, spinte dal desiderio di trasformare in realtà il sogno di una vita migliore. Vero e proprio fenomeno editoriale in Spagna, questo romanzo conferma lo straordinario talento di María Dueñas: Le figlie del Capitano racconta la storia meravigliosa di tre giovani ragazze costrette ad attraversare un oceano per trovare la propria strada. Un omaggio indimenticabile a tutti coloro che hanno dovuto abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro migliore e al coraggio di quelle donne che non si arrendono mai.

Commento:
Quattro donne – una madre e tre figlie – con altrettante storie di comune, quotidiana, straordinaria sopravvivenza. Sono loro le protagoniste di questo nuovo romanzo di Maria Dueñas, tutto al femminile. La spaurita e provata Remedios e le sue altezzose figlie sono da poco arrivate a New-York da Malaga quando Emilio Arenas, il loro marito e padre, muore in seguito ad un incidente. Completamente spaesate e sole in una terra straniera, senza saper parlare una parola di inglese e senza conoscere niente del mondo, le donne sono combattute tra tornare in Spagna, alla relativa sicurezza di ciò che conoscono, e restare lì, negli States, a cercare un'opportunità. Ma quando, grazie alla loro intraprendenza, le cose sembrano sul punto di svoltare, la cupidigia e la cattiveria di qualcuno che cerca vendetta le fa precipitare di nuovo in un baratro. Ma è proprio quando la sorte si presenta più avversa che le sorelle Arenas devono dimostrare il loro valore e soprattutto devono tornare ad essere unite, anche nella sventura.
Le figlie del capitano è un romanzo sull'immigrazione, su chi lascia la propria terra per cercare fortuna, per reinventarsi da un'altra parte; ma questa è soprattutto una storia di resilienza, quella capacità di sopravvivere agli urti e rimettersi in marcia più forti di prima che solo le persone coraggiose hanno. Maria Dueñas ci conduce in un mondo lontano per epoca storica, ma vicino, vicinissimo per tematiche e difficoltà che i suoi personaggi devono affrontare. Difficile non appassionarsi all'intraprendenza di Mona, alla scaltra sicurezza di Tony il bolitero, alla presenza importante di Luciano Barona, alle lagnanze immotivate di Remedios, ai colpi di testa di Luz… sfogliare queste pagine è come tuffarsi nell'album fotografico di una grande famiglia, capace di attraversare momenti di profonda sventura e di ritrovarsi ancora più unita e pronta per una nuova battaglia. Un romanzo per chi ha paura di lasciarsi dietro una situazione pesante, perché ne tragga il coraggio e la forza di affrontare ciò che sarà.


Opera recensita: "Le figlie del capitano" di Maria Dueñas
Editore: Mondadori, 2019
Genere: romanzo storico
Ambientazione: New York, 1936
Pagine: 588
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


lunedì 9 settembre 2019

RECENSIONE: MALIN PERSSON GIOLITO - SABBIE MOBILI. TRE SETTIMANE PER CAPIRE UN GIORNO


Sinossi:
«C’è puzza di uovo marcio. L’aria è grigia e densa di fumo di polvere da sparo. Hanno tutti almeno una pallottola in corpo, a parte me. Io non ho neanche un livido».
Stoccolma, il quartiere più elegante. Nella classe di un liceo cinque persone sono a terra, colpite da una raffica di proiettili. Accanto a loro, Maja Norberg: diciotto anni appena compiuti, brava studentessa, popolare, ragazza di buona famiglia. Tra le vittime ci sono il suo fidanzato, Sebastian Fagerman, il figlio dell’imprenditore più ricco di Svezia e la sua migliore amica, Amanda.
Nove mesi dopo, il processo sta per cominciare. Maja è accusata della strage e ha trascorso un lungo periodo in custodia cautelare. I giornali non le hanno dato tregua, nessuno crede alla sua innocenza, la ragazza della porta accanto si è trasformata nella teenager più odiata di Svezia. Peder Sander, l’avvocato difensore, ha il difficile compito di mettere in discussione quello che ormai sembra scontato per tutti, la colpevolezza della ragazza, e di fare emergere la verità di Maja. Che cosa ha fatto? O, forse, è quello che non ha fatto ad averla condotta a questo punto? Attraverso la voce di Maja, irriverente, dura, unica, ripercorriamo i fatti fino ad arrivare a quel terribile giorno. L’incontro con Sebastian, un amore malato e totalizzante, feste, tradimenti. E, mentre il racconto prosegue, si sgretola la facciata rassicurante di una comunità agiata in cui gli adulti si voltano dall'altra parte per non vedere i loro figli che – tra violenza, tensioni razziali e problemi di droga – affondano sempre di più nelle sabbie mobili. Un crime avvincente e fuori dagli schemi, ma non solo. Sabbie mobili è un romanzo che dipinge con cruda acutezza i risvolti più bui della società occidentale di oggi.
Dopo il grande successo in Svezia, verrà presto pubblicato in 28 Paesi. Da questo romanzo è stata tratta la serie televisiva Netflix, Quicksand.

Commento:
C'è stata una sparatoria in una classe di un liceo di Stoccolma. L'insegnante e tre ragazzi sono morti, uno è ferito e privo di conoscenza, un'altra è illesa. E' Marja Norberg, Maja, in mano ha un'arma. Nove mesi dopo, il processo che stabilirà se Maja è colpevole di aver organizzato la sparatoria e di aver istigato il suo fidanzato Sebastian a farlo con lei sta per cominciare, ma Maja è già stata condannata. L'hanno condannata i giornali che su di lei hanno scritto articoli su articoli ogni giorno; l'ha condannata la gente che non c'era e che non sa, ma parla, influenzata dai media e convinta di sapere tutto; l'ha già condannata il procuratore "Chiamami Lena" che, insieme alla polizia, ha rovistato nella sua vita, fin nell'intimo, senza chiedere permesso e che per questo crede di conoscere tutto di lei. Hanno parlato e scritto tutti, tutti tranne lei, Maja l'assassina, Maja la stronza ragazzina ricca, l'egoista, insoddisfatta, drogata, viziata Marja Norberg che tutti etichettano, additano, accusano, ma che nessuno conosce. Nessuno conosce cos'è stato, per lei, innamorarsi del ragazzo più perfetto ed esserne ricambiata; nessuno sa cos'è stato averlo accanto mentre stava male per la droga e l'alchool, vederlo spavaldo e sbruffone con tutti e completamente sottomesso ad un padre detestabile. Nessuno sa cos'ha voluto dire, per Maja, non poter fuggire dalla trappola che le è scattata intorno. Tutti dicono che la cosa più grande è l'amore, che Maja ha ucciso per amore di Sebastian… ma non sanno che non è così. E Maja è qui per raccontarlo, per parlare, finalmente. La sua voce è dura, adulta, lucida, scava e lacera nelle nostre certezze preconfezionate, pianta dubbi duri come chiodi nelle menti di chi preferisce non guardare, girare la testa, non farsi domande; ferisce, affilata come una lama chi si erge a giudice implacabile di ciò che non ha mai voluto conoscere. Con chirurgica accuratezza ed sicurezza di chi conosce ciò di cui parla, l'ex avvocatessa scrittrice Malin Persson Giolito lancia una bomba contro una società perbenista, rassicurante, ipocrita. E la deflagrazione squarcia la cortina di indifferenza e satura l'aria. Un legal thriller da brivido che scardina ogni preconcetto su temi importanti come l'adolescenza, l'amore, l'approccio dei genitori nella società occidentale dei giorni nostri, troppo improntata all'apparenza, troppo impegnata a ben pensare e a fare la cosa giusta per preoccuparsi davvero di ascoltare e capire gli altri.
Sabbie mobili è un libro che non si dimentica, scritto magistralmente, duro, sincero, un muro contro le scappatoie e le scusanti. Assolutamente da leggere.

Opera recensita: "Sabbie mobili. Tre settimane per capire un giorno" di Malin Persson Giolito
Editore: Salani, 2017
Genere: legal thriller
Ambientazione: Svezia
Pagine: 449
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.


sabato 7 settembre 2019

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - IL GIOCO DEL MAI (COLTER SHAW 01)


Sinossi:
Colter Shaw non è un poliziotto né un militare. È un tracker, un localizzatore, uno che per vivere cerca persone scomparse, a bordo di un furgone, da una parte all'altra degli States. Allenato dal padre fin da bambino a contare solo su se stesso quando lì fuori si mette male, Shaw è un vero talento nel seguire gli indizi, anche i più indecifrabili. Sa come sopravvivere in ogni situazione, anche la più estrema, perché sa quali regole rispettare e quali comportamenti non assumere. Mai. Oggi il nuovo ingaggio lo porta in California: è sparita una studentessa universitaria. Colter si mette sulle tracce del rapitore e dei suoi inquietanti messaggi che si rifanno a quelli di un popolare videogioco. Fuggi, se puoi è il primo. Ma sul sentiero di caccia cade più di una vittima e Colter viene risucchiato nel cuore nero della Silicon Valley, che non è solo ricchezza, potere, modernità scintillante. È anche un tritacarne, un ingranaggio programmato per sbriciolare chi non sa tenere il passo. È solo qui che qualcuno potrebbe concepire il gioco sadico e mortale in cui le vittime vengono lasciate in un luogo isolato, con cinque oggetti per salvarsi. Un rebus che, se non viene risolto, porta con sé l'ultimo messaggio dell'Uomo che Sussurra: Muori con dignità.

Commento:
E' già da un po' che noi fans di Deaver attendiamo qualcosa di nuovo: negli ultimi anni lo scrittore statunitense ha scritto qualche stand-alone e portato avanti le sue serie già avviate, in testa quella di Lincholn Rhyme; pur apprezzandole, da più parti serpeggiava un po' di insoddisfazione per il mancato rinnovamento di un autore tanto prolifico quanto poliedrico. Ebbene, Deaver ci ha accontentati: Il gioco del Mai è il primo libro di una nuova serie, il cui protagonista è Colter Shaw.
Solitario, enigmatico, riservato, anticonformista, Colter Shaw è un cercatore di ricompense, uno che si guadagna da vivere cercando persone scomparse in cambio di denaro. Non è, però, un cacciatore di taglie o un mercenario, Colter Shaw ha una sua morale, delle regole di comportamento e di vita che lo rendono peculiare ed unico. Molte di queste regole gli derivano dagli insegnamenti dei genitori, in particolare del padre Ashton Shaw, un survivalista convinto che ha addestrato i propri figli a sopravvivere in ogni situazione. Ecco perché Colter sa scalare, combattere, sparare, individuare pericoli, conosce la natura, rispetta gli animali, è il miglior segugio della famiglia (questo però lo diceva sua madre). La famiglia ha un peso importante nella vita di Shaw, specie nel suo passato: deve dissipare alcune ombre, alcuni misteri che gli tolgono la serenità. E' per questo che si trova in California, nella Silicon Valley, quando intercetta la richiesta d'aiuto – con relativa ricompensa – di Frank Mulliner: la figlia, Sophie, è scomparsa e la polizia non sembra star compiendo alcuna ricerca. Non sarà difficile per Colter capire che la ragazza è stata rapita e che chi l'ha sequestrata non si fermerà. E' un individuo pericoloso che sta tentando di riprodurre nella realtà i livelli di un gioco online che consiste proprio nel lasciare solo un soggetto con cinque oggetti, una sola possibilità di segnalare la propria posizione e due alternative: provare a fuggire o morire con dignità. E' L'uomo che sussurra, un videogioco prodotto da una piccola azienda della Silicon Valley. Ma chi è il misterioso giocatore che sta mettendo a repentaglio tante vite? E cosa c'è dietro a questo gioco infernale? Per scoprirlo, Shaw e la detective Standish si inoltreranno in un mondo a loro semisconosciuto, quello del gaming online, quello delle missions finte e della competizione vera, e apprenderanno che la tecnologia non è solo virtuale, ma ha tante ripercussioni nel mondo reale. Come in un gioco serrato, se non stai al passo potresti soccombere.
Deaver torna con questa nuova serie e soprattutto con questo nuovo personaggio… interessante, ma ancora contornato da troppe ombre. Sono perplessa, mi aspettavo qualcosina in più da Shaw, è ancora troppo ibrido… ma il mio non è assolutamente un giudizio negativo, è piuttosto un'attesa cauta e carica di aspettative. Vedremo come evolverà nei prossimi casi.


Opera recensita: "Il gioco del mai" (Colter Shaw 01) di Jeffery Deaver
Editore: Rizzoli, 2019
Genere: thriller, seriale
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 496
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


giovedì 5 settembre 2019

RECENSIONE: DAVID LAGERCRANTZ - LA RAGAZZA CHE DOVEVA MORIRE (MILLENNIUM #6)


Sinossi:
isbeth Salander è scomparsa. Ha svuotato e venduto il suo appartamento in Fiskargatan, a Stoccolma, e nessuno sa dove si nasconda. Neppure dal suo computer arrivano segnali di vita, e ora Mikael Blomkvist, alle prese con una deludente inchiesta sul crollo delle borse destinata al prossimo numero di Millennium, ha bisogno del suo aiuto. Sta cercando di risalire all’identità di un senzatetto trovato morto in un parco, a Tantolunden, con in tasca il suo numero di telefono. Per quale ragione quel barbone alcolizzato che non compare in alcun registro ufficiale voleva mettersi in contatto con lui? E perché farneticava ossessivamente di Johannes Forsell, il discusso ministro della Difesa, al centro di una feroce campagna mediatica? Lisbeth, però, ha ben altro per la testa: la ragazza che odia gli uomini che odiano le donne è sulle tracce di Camilla, la sorella gemella con cui vuole regolare i conti una volta per tutte. Ma mentre cerca di chiamare a raccolta il desiderio di vendetta che l’anima da sempre, il passato torna a mettersi in mezzo, con il suo seguito di violenza e distruzione.
Nell’ultimo, folgorante capitolo della saga Millennium, in una caccia dove le parti continuano a invertirsi e, tra sorprendenti scoperte genetiche e misteriose fabbriche di troll, un filo di fuoco unisce le vette dell’Everest agli abissi della rete criminale russa, l’indomita hacker con il drago tatuato sulla schiena intende mettere finalmente a tacere quelle ombre, e bruciare il male alla radice.


Commento:
Mettere la parola fine, in qualunque modo, una volta per tutte. E' questo che vuole ora Lisbeth Salander: ha fatto perdere le sue tracce perché deve concentrarsi su una missione, trovare ed uccidere Camilla, sua sorella. Ma anche Camilla, animata dallo stesso obiettivo, è pronta ad accoglierla. Qualcosa, però, rimanda lo scontro e Lisbeth, sempre più braccata, decide di mettere le sue competenze di hacker al servizio del suo amico Mikael Blomkvist, giornalista d'inchiesta della rivista Millennium, impegnato in una strana vicenda che coinvolge il ministro della difesa svedese – vittima di una campagna d'odio e disinformazione – e un mendicante morto con in tasca il suo numero di telefono. Inaspettatamente, però, i suoi interessi e quelli di Blomkvist sembrano convergere prendendo una piega pericolosa e definitiva. Lo scontro – familiare, di intelligenza, di rabbia – sarà devastante, ma inevitabile e Lisbeth scoprirà, ancora una volta, qualcosa di sé che non sa, una caratteristica positiva che lei non vede, ma pochi altri – Blomkvist in testa – sì.
L'ultimo, avvincente volume della saga Millennium, cominciata da Stieg Larsson ed egregiamente proseguita da David Lagerkrantz, chiude i tanti conti in sospeso con l'appassionante storia di questa ragazza dal carattere a dir poco difficile, dai modi bruschi e dalla vita complicata. Si possono avere perplessità sul finale, ma, per quanto non lo volessimo, era necessario chiudere la serie: proseguire ancora le avrebbe fatto perdere di epicità. Quel che è certo è che Lisbeth, Mikael e tutti gli altri occuperanno un posto d'onore nella nostra memoria e nel nostro immaginario per molto, molto tempo.

Opera recensita: "La ragazza che doveva morire" (Millennium #6) di David Lagerkrantz
Editore: Marsilio, 2019
Genere: thriller
Ambientazione: Svezia-Nepal
Pagine: 409
Prezzo: 19,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


RECENSIONE: ALDO SIMEONE - PER CHI è LA NOTTE


Sinossi:
Mentre la seconda guerra mondiale si avvia verso la fase più cruenta, tra i monti della Garfagnana c’è un paese che sembra rimasto escluso dalla Storia e in cui la vita è scandita da antiche leggende. Per gli abitanti di Bosconero è più forte il divieto di entrare nel bosco del timore della guerra e delle terribili notizie che arrivano dal fronte. In paese si racconta che tra gli alberi si nascondano inquietanti creature: gli streghi, spiriti che, dopo il tramonto, si aggirano con un cero in mano, il loro indice che arde e non si consuma, in un’infinita processione. Chi sono? Qual è la risposta alla loro oscura domanda: «Per chi è la notte?». Francesco, di undici anni, vive con la madre, malinconica e distaccata, e con la nonna che nutre le sue fantasie con i racconti popolari. Il ragazzino non ha amici e vive isolato perché, secondo le dicerie paesane, è figlio di un disertore. Ma quel marchio infame non è la sua unica vergogna. Ancora più inconfessabile è il richiamo del bosco, nonostante la paura di ciò che in esso si annida. All’arrivo dei nazisti, e dopo l’apparizione di strane luci nel fitto degli alberi, sarà Tommaso, un ragazzino dagli occhi verdi e dai capelli rossi, giunto misteriosamente da solo in fuga dalla città, a convincere Francesco a violare quell’estremo confine, oltre il quale bisogna scegliere da che parte stare.
Un esordio nitido e visionario che guarda al dramma della Storia con gli occhi candidi e coraggiosi di un bambino. Un romanzo di formazione dallo stile evocativo, suggestivo come il paesaggio magico e incantato dei monti della Garfagnana. Un racconto, tenero e straziante, sulla fine dell’infanzia.

Commento:
Giugno 1943. Francesco vaga da solo, al crepuscolo, le spalle al paese di Bosconero, negli occhi il folto del bosco, quel limite che non riesce a superare. Tra poco scatterà l'oscuramento, Francesco sa che deve affrettarsi, ma non riesce a distogliere lo sguardo: il bosco, il luogo proibito dove nessuno può entrare tranne i custodi, lo attira irresistibilmente, ci pensa sempre, ma deve farlo in segreto: glielo dice sempre la nonna che dal bosco bisogna tenersi lontani, anche col pensiero. E proprio mentre sta lì incantato a rimirarlo, le vede, le luci iridescenti che si muovono in file incorporee. Sono gli streghi, gli spiriti che abitano il bosco. Se gli chiedessero "Per chi è la notte?" lui non saprebbe la risposta, il babbo se n'è andato senza dirgliela, perciò Francesco scappa, atterrito, senza voltarsi. Ci vorrà il coraggio di Tommaso, il bambino dai capelli rossi venuto da fuori e avvolto in un alone di mistero, a fargli varcare la soglia delle sue paure, affrontarle e crescere. Francesco ha undici anni, è ancora un bambino che porta su di sé il disprezzo del paese per ciò che ha fatto suo padre, ossia tradire il Duce, e Francesco non sa nemmeno se sia davvero morto. Sarà grazie all'amicizia – l'unica – con Tommaso che scoprirà che possono esistere altre risposte e altre verità dietro al non detto, che la paura si può superare e i rischi si possono correre se non si è soli… e che piuttosto che accontentarsi di storie fantasiose, vale sempre la pena di andare a vedere di persona. Francesco, Tommaso, Secondo, la Ione, Don Dante impareranno a caro prezzo quanto dolore può portare la guerra, quanta distruzione può portare un incendio, quanto duro può diventare ricostruire tutto.
Per chi è la notte è un romanzo suggestivo, intenso, duro com'è dura la guerra, ma che al suo interno nasconde gesti teneri e rarissimi come una pezza bagnata e una mano stretta più forte nel terrore della notte. E' un romanzo sulla guerra e sull'amicizia, sull'importanza di prendere una posizione e di seguirla fino a combattere per difenderla. E' un invito a restare umani, a rispettare gli altri e la loro cultura. E' davvero una lettura importante, utile e consigliata.



Opera recensita: "Per chi è la notte" di Aldo Simeone
Editore: Fazi, 2019
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Garfagnana, Toscana, 1943
Pagine: 284
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


martedì 3 settembre 2019

RECENSIONE: PAOLO RUMIZ - IL FILO INFINITO

Sinossi:
Che uomini erano quelli. Riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza della fede. Con l’efficacia di una formula: ora et labora. Lo fecero nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell’Impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Li cristianizzarono e li resero europei con la sola forza dell’esempio. Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio devastato e in preda all’abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione.
Sono i discepoli di Benedetto da Norcia, il santo protettore d’Europa. Paolo Rumiz li ha cercati nelle abbazie, dall’Atlantico fino alle sponde del Danubio. Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le abitano vivono secondo una Regola più che mai valida oggi, in un momento in cui i seminatori di zizzania cercano di fare a pezzi l’utopia dei padri: quelle nere tonache ci dicono che l’Europa è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. Una terra “lavorata”, dove – a differenza dell’Asia o dell’Africa – è quasi impossibile distinguere fra l’opera della natura e quella dell’uomo. Una terra benedetta che sarebbe insensato blindare.
E da dove se non dall’Appennino, un mondo duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva venire questa portentosa spinta alla ricostruzione dell’Europa? Quanto c’è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal materialismo? Sapremo risollevarci senza bisogno di altre guerre e catastrofi?
All’urgenza di questi interrogativi Rumiz cerca una risposta nei luoghi e tra le persone che continuano a tenere il filo dei valori perduti, in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore.
“Cosa hanno fatto i monaci di Benedetto se non piantare presidi di preghiera e lavoro negli spazi più incolti d’Europa per poi tessere tra loro una salda rete di fili?”

Commento:
"Cosa hanno fatto i monaci di Benedetto se non piantare presidi di preghiera e lavoro negli spazi più incolti d’Europa per poi tessere tra loro una salda rete di fili?” E' da quest'assunto, iniziale e conclusivo, che lo scrittore e giornalista triestino Paolo Rumiz intraprende il suo viaggio alle radici d'Europa: è per ritrovare e ripercorrere questo filo infinito che ricerca l'autenticità di Benedetto da Norcia, Santo protettore d'Europa, nelle abbazie che seguono la sua regola. Tutto nasce da un viaggio, nell'aprile 2017, nei luoghi del terremoto, nell'Appennino a cavallo tra Lazio, Umbria e Marche. E' osservando la piana di Norcia e la statua del Santo, che Rumiz decide di partire, di capire quale può essere la soluzione contro la divisione, l'odio, la paura dell'altro. Come ha fatto l'Europa a mantenersi in vita passando indenne crisi peggiori di questa? Attraverso la preghiera e il lavoro continuo, fisico, reale, e attraverso rispetto, ascolto e condivisione che hanno indotto tutti ad aprirsi, a sentirsi parte di una comunità, di un micromondo nel mondo, quale è proprio un'abbazia.
Un libro affascinante e molto toccante, anche per chi non abbia una fede fervente. Un libro interessante e profondo che serva da monito all'Europa di oggi, con molti più problemi che in passato, ma tutta completamente divisa e individualista.


Opera recensita: "Il filo infinito" di Paolo Rumiz
Editore: Feltrinelli, 2019
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Europa
Pagine: 176
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.



domenica 1 settembre 2019

RECENSIONE: ANDREA CAMILLERI - CONVERSAZIONE SU TIRESIA


Sinossi:
«Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di Moby Dick. Oppure Tiresia sono, per dirla alla maniera di qualcun altro.
«Zeus mi diede la possibilità di vivere sette esistenze e questa è una delle sette. Non posso dirvi quale.
«Qualcuno di voi di certo avrà visto il mio personaggio su questo stesso palco negli anni passati, ma si trattava di attori che mi interpretavano.
«Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio».
«Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario.
«Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne».
La Conversazione su Tiresia scritta e interpretata da Andrea Camilleri è stata messa in scena per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa l’11 giugno 2018 nell’ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico.

Commento:
Appena 64 pagine di Cultura con la C maiuscola. In un monologo denso e suggestivo, Andrea Camilleri racconta la storia di Tiresia, colui che per punizione di Zeus divenne cieco e preveggente, colui che da persona fu mutato in personaggio, che visse sette vite e fu osannato e criticato da storici e poeti. Tante cose sono state dette nei secoli su di lui, poche vere e molte inventate al solo scopo di denigrarlo... perché ciò che non si conosce, ciò che non si può spiegare razionalmente, fa paura e va distrutto, anche solo con le parole. Camilleri, divenuto cieco all'età di novant'anni, si sente affine a Tiresia, quasi fosse attualmente l'ultima sua incarnazione, perciò riesce con collaudata maestria a raccontarne la storia, la damnatio memoriae, la riabilitazione avvenuta solo nel Novecento. E come Tiresia, Camilleri ha sempre dimostrato una lungimiranza che non è ciarlataneria, ma deriva dalla lucida e attenta analisi del mondo e delle dinamiche che lo muovono. Attraverso il teatro, il Maestro ci dona ancora un po' del suo sapere, ci parla di autori classici e moderni, ci indica una via verso la conoscenza e l'approfondimento.
Non ho avuto modo di vedere la mise en scène di quest'opera in teatro, ma non mancherò di recuperarla alla prossima replica televisiva: leggerla è stata un'esperienza arricchente, ma sentirla declamare dalla voce di Camilleri deve essere ancor più emozionante.

Opera recensita: "Conversazione su Tiresia" di Andrea Camilleri
Editore: Sellerio, 2019
Genere: opera teatrale
Pagine: 64
Prezzo: 8,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.