sabato 30 aprile 2022

RECENSIONE: JANA KARSAIOVA - DIVORZIO DI VELLUTO

Sinossi:

Katarína torna da Praga a Bratislava per trascorrere il Natale insieme alla famiglia. Alle vecchie incomprensioni con la madre, si aggiunge la difficoltà di giustificare l'assenza del marito Eugen. Ma in quei pochi giorni ritrova anche le vecchie compagne di università, soprattutto Viera, che si è trasferita in Italia grazie a una borsa di studio e torna sempre più malvolentieri in Slovacchia. Le due amiche si riavvicinano, si raccontano l'un l'altra gli strappi, le ferite - Viera con Barbara, che era stata la loro insegnante di italiano, Katarína con Eugen, che l'ha abbandonata due mesi prima con un biglietto sul tavolo della cucina. Katarína ripercorre il rapporto con lui, dal primo incontro al matrimonio forse troppo precoce, con le tante difficoltà di integrarsi a Praga, fino al dolore, di cui ancora non riesce a parlare. E tra i ricordi emergono frammenti della vita a Bratislava sotto il governo comunista: l'abolizione delle festività cattoliche, la censura, le code per la carne e per qualsiasi cosa.
Con "divorzio di velluto" si intende la separazione tra Slovacchia e Repubblica Ceca, che nel romanzo riverbera quelle tra Katarína e il marito Eugen, tra Viera e un paese per lei troppo stretto... È una storia di assenze che pesano, di tradimenti, di desideri temuti e mai pronunciati, di strappi che chiedono nuove risorse per essere ricomposti, di sradicamento e di rinascita - una ricerca di sé della protagonista e del suo paese, entrambi orfani di un passato solido.

 

Commento:

Di "Divorzio di velluto" mi ha colpita innanzitutto il titolo che ho trovato veramente evocativo e che – confesso la mia ignoranza in merito – non sapevo essere un'espressione riferita alla separazione della Cecoslovacchia avvenuta tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90. Trovo che l'opera di Jana Karsaiova sia davvero interessante e pregevole per due ragioni: in primis perché affronta la tematica del distacco dagli affetti in modo fine e da una prospettiva decisamente intrigante; in secondo luogo perché ci permette di conoscere uno spaccato di storia europea che la mia generazione e le successive non hanno vissuto e quindi conoscono poco. Ad aggiungere meriti al romanzo c'è poi l'abilità dell'autrice nell'unire le due prospettive creando un parallelo credibile ed a suo modo originale. Sono rimasta colpita favorevolmente da questa lettura scoperta qualche settimana fa per puro caso, perciò mi sento di consigliarla senza riserve, specialmente se amate i romanzi impegnati, con quell'ambientazione nebulosa e decadente tipica dell'Europa dell'Est… mi ha ricordato, per certi versi, i romanzi di Kundera con l'aggiunta – pure questa credibile – dello stralcio di ambientazione italica e dei continui riferimenti al nostro Paese. In conclusione: per me è sì.

 

Opera recensita: "Divorzio di velluto" di Jana Karsaiova

Editore: Feltrinelli, 2022

Genere: narrativa

Ambientazione: Slovacchia, Rep. Ceca, Italia

Pagine: 160

Prezzo: 15,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.

  

venerdì 29 aprile 2022

RECENSIONE: PERCIVAL EVERETT - QUANTO BLU

Sinossi:

Kevin Pace è un artista e lavora da tempo a un dipinto che non lascia vedere a nessuno: non ai figli, non al migliore amico Richard e neppure a sua moglie Linda. Questa enorme tela di quattro metri per sette, interamente ricoperta da strati di vernice blu di diverse sfumature, potrebbe essere infine il suo capolavoro. Kevin non sa ancora dirlo o, meglio, non gli interessa, perso com'è nel suo passato di cui questo quadro sembra essere una sintesi, un'enigmatica e incomprensibile rappresentazione. Perché Kevin custodisce un segreto: dieci anni fa, a Parigi, ha avuto una relazione con una giovane pittrice e, seppur oggi non riesca a spiegarsi cosa lo mosse allora, il fantasma della ragazza e le bugie raccontate per anni non smettono di assediarlo. Mentre combatte con i demoni della sua memoria, Kevin deve difendere i sacrifici fatti in nome dell'arte e proteggere la sua famiglia da ciò che non hai mai avuto il coraggio di rivelare: il suo quadro, che racchiude un'indicibile verità, potrebbe essere la sua salvezza, o la sua condanna definitiva.

 

Commento:

Ci ho messo un po' prima di scrivere il commento a questo libro. E comunque ci ho messo meno di quanto ho impiegato a terminare di leggerlo, questo libro: diversamente dalla prima volta che l'ho incontrato (leggendo Telefono, il suo ultimo romanzo), questa mia seconda esperienza di lettura con Everett è stata alquanto travagliata e, tocca ammetterlo, non per colpa di Everett. Memore del precedente romanzo letto, che era stato per me una piacevolissima scoperta, mi sono approcciata a Quanto blu con aspettative alte e qui ho commesso il primo errore: che Percival Everett fosse un autore poliedrico e capace di scrivere romanzi diversissimi tra loro l'avevo letto, lo sapevo. Beh, per farla breve, mi sono ritrovata di fronte a qualcosa di molto diverso da quel che mi aspettavo, laddove diverso non vuol dire necessariamente brutto, ma ho dovuto abituarmi all'idea. Sono passata, durante la lettura, attraverso fasi diverse: curiosità, delusione, rifiuto, accettazione, di nuovo curiosità, interesse, riflessione (a lettura ormai ultimata), e sono giunta alla banale conclusione che Quanto blu è un'opera mutevole, che cambia a seconda di ciò che noi speriamo di trovarci dentro: sa sorprendere, sa tenere avvinti, ma volendo sa anche annoiare. Parla di arte? Sì, ma meno di quanto si potrebbe supporre leggendo la sinossi; parla d'amore? Sì, molto più di quanto si potrebbe supporre leggendo la sinossi, sebbene in modo diverso da quel che si potrebbe pensare. E nel frattempo parla diffusamente di famiglia, di amicizia, di segreti, di scelte sbagliate e scelte che poi si sono rivelate giuste, di passato. Di tutto questo ci parla Everett senza averci avvisati prima: lo fa in un flusso di coscienza apparentemente disordinato e casuale, ma in realtà metodico, in una sorta di operazione catartica ed interiore di recupero dei ricordi, di accettazione di qualcosa di lontano ma mai superato, alla luce di una vita passata a cercare di relegarlo nei recessi della mente.

Mi è piaciuto, in definitiva, Quanto blu? Sì, non quanto speravo, ma mi è piaciuto, quindi – pur con un giudizio personale non altissimo, lo consiglio.

 

Opera recensita: "Quanto blu" di Percival Everett

Editore: La nave di Teseo, 2020

Traduttore: Massimo Bocchiola

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Stati Uniti, Parigi, El Salvador

Pagine: 325

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 6,5.

  

RECENSIONE: VINCENZO CALò - LA SICUREZZA E IL PENSIERO CARDIOPATICO

Non è mai facile, va da sé, spiegare la poesia, piegarla ai canoni del raziocinio, alle etichette standardizzate della critica. Ancor meno facile è, perciò, recensire un libro di poesie. Se poi l'opera in questione si propone di parlare della società attuale – già complessa di suo – il compito è quantomai arduo. E questo fa "La sicurezza e il pensiero cardiopatico": parla, descrive, critica ferocemente la nostra società. Lo fa con ironia pungente ed amara, opponendole versi grondanti parole che, con la fatica di chi vuole comprenderlo, provano a descrivere questo mondo sbagliato. La guerra, la malattia, i media, i rapporti umani, l'oblio della natura e dei corpi… sono solo alcune delle tematiche affrontate da Vincenzo Calò nelle due sillogi, "La sicurezza" e "Il pensiero cardiopatico" che compongono l'opera omonima. Già il titolo dimostra chiaramente l'intento dell'autore: descrivere le antinomie e le contraddizioni di questa nostra società confusa, spersa e involuta. Ma la strada per dare la giusta lettura a quest'opera la traccia l'autore stesso nel sottotitolare l'opera: "Versi non contemporanei, di più". Descrizione più pregnante non potrebbero trovare questi versi che racchiudono, nello stile – quasi di prosa – e nella scelta delle parole, il coacervo di emozioni che la nostra società suscita in chi, pur vivendoci, la osserva, la scruta e la studia con l'occhio vigile e un po' disilluso di chi comprende ma non accetta.

 

Opera recensita: "La sicurezza e il pensiero cardiopatico" di Vincenzo Calò

Editore: Bertoni, 2020

Genere: raccolta di poesie

Pagine: 146

Prezzo: 14,00 €

 

  

giovedì 28 aprile 2022

RECENSIONE: LAURA DAVE - L'ULTIMA COSA CHE MI HA DETTO

Sinossi:

È una sera come tante per Hannah Hall, quando all'improvviso sente suonare il campanello. Sulla soglia la aspetta una ragazzina sconosciuta che le porge un biglietto. E Hannah sa che, appena lo leggerà, la sua vita cambierà per sempre. Perché, in realtà, qualcosa di insolito quella sera c'è: Owen, l'uomo che ha sposato da poco più di un anno, per il quale si è trasferita da New York in una casa galleggiante nella baia di San Francisco, non è tornato dal lavoro e non risponde al telefono. Non è da lui. Su quel foglio, però, non c'è nessuna spiegazione. Solo una richiesta: Proteggila . Hannah capisce subito a chi si riferisce: all'altro grande amore di suo marito, la figlia sedicenne Bailey, che non sopporta quella donna arrivata a intromettersi tra lei e suo padre. Il muro di ostilità tra loro sembra insormontabile. E ora sono rimaste sole. Quando, il giorno dopo, si diffonde la notizia dell'arresto del capo di Owen e alla casa galleggiante si presenta l'FBI, tutto si fa ancora più confuso. Solo una cosa è certa: Owen non è chi dice di essere. Ma dov'è finito? E da cosa deve essere protetta Bailey? A poco a poco, unendo gli indizi lasciati indietro da Owen, le due donne si renderanno conto che quello che stanno costruendo non è solo un misterioso passato, ma anche un nuovo futuro che nessuna delle due avrebbe mai potuto immaginare.

 

Commento:

"L'ultima cosa che mi ha detto" è un thriller sorprendente. Ci sono tanti thriller che parlano dell'illusione di conoscere chi abbiamo accanto che molto spesso si rivela fallace e pericolosa, ma in pochi riescono a sorprendere il lettore al punto che, dacché credeva di avere per le mani un libro banale, semplice, normale, "nulla di che", si ritrova a scorrere le pagine in preda all'adrenalina. Ecco, questo è accaduto a me con questo thriller: avevo cominciato la lettura senza aspettative, non troppo incoraggiata da una sinossi abbastanza anonima e da un incipit non proprio folgorante, per poi ritrovarmi ben presto interessata alle vicende delle protagoniste. Hannah, in particolare, ha subito un'evoluzione più che apprezzabile e si è rivelata davvero un personaggio pieno di risorse, in situazioni che mai, all'inizio del libro, avrei sospettato dovesse affrontare. Veramente un'ottima esperienza di lettura che consiglio agli amanti del genere, perché mi ha davvero piacevolmente sorpresa.

 

Opera recensita: "L'ultima cosa che mi ha detto" di Laura Dave

Editore: Piemme, 2022

Traduttore: Giada Fattoretto

Genere: thriller

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 320

Prezzo: 18,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

martedì 26 aprile 2022

RECENSIONE: STINA JACKSON - L'ULTIMA NEVE D'INVERNO

Sinossi:

Tra le mura di una fattoria desolata in un angolo dimenticato della Svezia si celano oscuri segreti che troppo a lungo sono stati tenuti sotto chiave…

Nonostante il calendario dica che la primavera è ormai iniziata, l'inverno si rifiuta di allentare la sua gelida morsa su Ödesmark, piccola comunità del freddo Nord della Svezia. La maggior parte degli abitanti del villaggio non desidera altro che andarsene e in tanti l'hanno fatto: per ogni casa con la luce accesa ce ne sono molte altre abbandonate a un lento degrado. Per questo, chi non è ancora riuscito a lasciare quel posto desolato si chiede perché Liv si ostini a rimanere. Liv che lavora tutto il giorno alla stazione di servizio. Liv che ha un figlio adolescente ma nessuno sa da chi l'abbia avuto. Liv che viene accompagnata ovunque da Vidar, suo padre, l'uomo più ricco della zona. Liv che sa che i pochi vicini rimasti la guardano, sparlano alle sue spalle, si interrogano sulla sua famiglia e sugli affari oscuri di Vidar, un uomo al quale i nemici non mancano... Liv sa perfettamente che a Ödesmark nessuno dimentica mai niente. Per questo, quando la neve si tinge di sangue, Liv stessa finisce nell'elenco dei possibili responsabili. Ma la verità è ben sotto la superficie ghiacciata delle apparenze...
Con una cifra stilistica del tutto personale e una storia tanto fitta quanto commovente, Stina Jackson esplora il lato oscuro dei legami tra persone e tra i luoghi della loro esistenza. E quanto questi legami possano essere ferocemente, spaventosamente indistruttibili.

 

Commento:

Perché leggiamo thriller? Me lo sono chiesta e me lo hanno chiesto spesso… le motivazioni sono le più disparate, ma ce n'è una a cui non pensa mai nessuno, eppure è semplice, banale: per non pensare assolutamente a niente. Ed è questa, in fin dei conti, l'ultima e l'unica motivazione per cui consiglierei questo libro: per chi non vuole perdersi dietro ad elucubrazioni o voli pindarici, per chi ha solo voglia di lasciarsi trasportare da una trama non brillante, non originale, ma proprio semplice e non pensare a niente. D'altro canto, le premesse per una buona storia ci sarebbero pure: ambientazione suggestiva, grandi spazi, natura, un villaggio in cui tutti sanno – o credono di sapere – tutto di tutti… un bel po' di personaggi borderline… ebbene, eccoli qui, in fila, gli ingredienti di questa storia, nessuna sorpresa dietro l'angolo, giusto qualche brivido per non addormentarsi del tutto… L'ultima neve d'inverno è un thriller senza infamia e senza lode, non brutto né bellissimo, una di quelle letture jolly che ogni tanto ci vogliono e servono a staccare la spina.

 

Opera recensita: "L'ultima neve d'inverno" di Stina Jackson

Editore: Longanesi, 2022

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 396

Prezzo: 22,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 7.

  

domenica 24 aprile 2022

RECENSIONE: DELPHINE DE VIGAN - TUTTO PER I BAMBINI

Sinossi:

Parigi, 2019. Moglie e madre modello, Mélanie gestisce un canale YouTube che ha milioni di iscritti, Happy Récré, interamente dedicato ai suoi figli, Sam e Kim, di otto e sei anni. I bambini si esibiscono in una recita ininterrotta davanti alla telecamera: Mélanie ha trasformato le loro identità in un bene di consumo. Ma un giorno i riflettori di Happy Récré fanno cortocircuito. Kim è scomparsa. In questo nuovo, acclamatissimo romanzo Delphine de Vigan si avventura con coraggio nell'universo tanto complesso quanto affascinante dei social network, restituendo il ritratto di una società – la nostra – in cui non c'è niente che non possa essere messo in scena e in vendita. Persino, e soprattutto, la felicità.
Primi anni Dieci del Duemila. Mélanie, che è cresciuta davanti allo schermo della televisione, ipnotizzata dai reality e dalle loro promesse di notorietà, ha un solo obiettivo nella vita: diventare famosa. Quando supera le selezioni per un nuovo show – seppur non tra i piú noti – Mélanie è al settimo cielo. Ma quell'unica esperienza si rivela disastrosa. Il segno del fallimento è una ferita che non si rimargina. 2019. Moglie e madre modello, Mélanie vive in un lussuoso complesso residenziale nei sobborghi di Parigi e ha creato un canale YouTube di grande successo, Happy Récré, interamente dedicato alla vita quotidiana dei suoi figli, Sam, di otto anni, e Kim, di sei. La formula di Mélanie ha conquistato la rete: il prodotto di quest'anonima madre intraprendente è seguito, ammirato, amato da milioni di iscritti. Sponsor, promozioni, campagne: i bambini si prestano alle richieste delle aziende che passano per il filtro materno; Sam e Kim vivono una recita ininterrotta e le loro identità sono ormai un brand. Ma un giorno i riflettori del mondo di Mélanie fanno cortocircuito: Kim è scomparsa. Della squadra di polizia che conduce le indagini fa parte la giovane Clara, che si appassiona subito al caso. La piccola Kim ha lasciato poche tracce: incontro sbagliato, fuga, rapimento? Non si può scartare nessuna ipotesi, e Clara sospetta che la chiave di tutto sia nascosta dietro le quinte di Happy Récré. Scavando nell'universo dei baby influencer, Clara si rende conto allora che la felicità esibita dagli schermi è un'ingannevole illusione. Perché la realtà in cui si muovono i piccoli Sam e Kim, piú che al regno fatato descritto da Mélanie, assomiglia a un vero e proprio inferno autorizzato.

 

Commento:

"Tutto per i bambini" non è un thriller, ma è scritto come se lo fosse. È un romanzo durissimo, disturbante, potente, che ci mette di fronte alle nostre mancanze, nostre inquanto membri e parte di una società che fomenta ed incoraggia certe pratiche. Per pratiche, nel caso specifico, intendo l'uso – anzi, lo sfruttamento – dei bambini per la realizzazione di contenuti social, perpetrato proprio dalle loro famiglie. Bambini la cui vita è perennemente mediatizzata, commentata, osservata, scrutata con fame morbosa da sconosciuti; bambini che non hanno il tempo di avere amici e di vivere le normali esperienze della loro età perché sono sottoposti ad estenuanti turni davanti ad una telecamera; bambini messi in pericolo da chi dovrebbe proteggerli perché le loro immagini vengono guardate anche da malintenzionati. Bambini fatti passare per adulti, per star, per icone pop ammirate ed idolatrate da tutti, ma pur sempre bambini alienati dalla realtà. La vicenda magistralmente raccontata da Delphine De Vigan in questo romanzo fa riflettere anche noi su quelle che sono diventate le nostre abitudini e sul nostro rapporto con i social… perciò, per quanto nauseante, questo libro va letto, assolutamente, a tutte le età, che si abbiano o non si abbiano figli.

 

Opera recensita: "Tutto per i bambini" di Delphine De Vigan

Editore: Einaudi, 2022

Traduttore: Margherita Botto

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Francia 2019-2031

Pagine: 296

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

RECENSIONE: LISA SEE - LE MADRI DI VENTO E DI SALE

Sinossi:

Le giovani Mi-ja e Young-sook sono nate e cresciute sull'isola di Jeju, in Corea, e fin dal loro incontro sono state inseparabili. È il 1938 e sull'isola incombe la minaccia della guerra sino-giapponese. La madre di Young-sook è la guida delle pescatrici del villaggio, che per giornate intere si tuffano in acqua e riemergono con il frutto della loro pesca in apnea, unico sostegno delle loro famiglie. Perché a Jeju sono le donne a lavorare, mentre gli uomini si occupano della casa e dei bambini più piccoli. Mi-ja è la figlia di un collaborazionista giapponese e sarà sempre associata all'imperdonabile scelta del padre. Quando le ragazze cominciano la loro formazione come haenyeo – questo è il nome coreano delle pescatrici – sanno che stanno per iniziare una vita emozionante, ricca di responsabilità, di onori, ma anche di pericoli. Quello che non sanno è che il futuro ha in serbo per loro qualcosa di diverso da ciò che sognavano e che non basteranno le centinaia di immersioni fianco a fianco a tenerle unite. L'irruzione della Storia nella tranquilla Jeju, che rimarrà intrappolata per decenni nello scontro tra le due grandi potenze, accrescerà le differenze e plasmerà le vite delle due donne, che affronteranno ogni avversità senza mai arrendersi. Calata in un'antichissima comunità matriarcale, un'amicizia femminile che si dipana nell'arco di quasi un secolo, in un Paese sconvolto dalla guerra e dalle rivolte. Due donne coraggiose e forti, che affrontano la vita con determinazione e senza mai perdersi d'animo. Una storia potente ed evocativa, un grande esempio di emancipazione femminile che viene da un mondo lontano, ma che si rivela più attuale che mai.

 

Commento:

"Le madri di vento e di sale" è un romanzo storico affascinante che ci porta a conoscere una realtà poco nota ed estremamente interessante, quella delle Haenyeo, le donne coreane dell'isola di Jeju che per generazioni hanno retto l'economia della loro società matrifocale attraverso il loro lavoro in mare. Definirle "pescatrici" è riduttivo: queste donne hanno un rapporto intimo e personalissimo con il mare e le creature che lo abitano. Il mare è la loro casa e permette loro di sostentarsi e mantenere le loro famiglie: qui sono gli uomini a prendersi cura dei figli, in una sorta di inversione di ruoli rispetto alla società cui noi siamo abituati. Se a questa particolare realtà uniamo le storie che, con grande maestria e sensibilità, Lisa See imbastisce per noi, scopriremo un romanzo che è una piccola perla. Seguiamo, infatti, due Haenyeo per tutta la loro vita, fatta di amicizia, famiglia, guerra, gioia e dolore. Le loro vite si intrecceranno con la storia del loro Paese, la Corea, e la loro amicizia apparentemente indistruttibile subirà molte e molte prove. Una storia intensa che, nonostante le molte scene dolorose, è un piacere leggere.

 

 

Opera recensita: "Le madri di vento e di sale" di Lisa See

Editore: Longanesi, 2022

Genere: romanzo storico, saga familiare

Ambientazione: Corea, 1938-2008

Pagine: 408

Prezzo: 22,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

sabato 23 aprile 2022

RECENSIONE: MARILù OLIVA - L'ENEIDE DI DIDONE

Sinossi:

Didone ha conquistato con l’astuzia una terra per il suo popolo, i Fenici, sulle coste africane. Regina senza re, ha fondato Cartagine, l’ha cinta di mura, l’ha dotata di leggi. Ma è assediata dall’avidità dei capi nomadi, stanca delle quotidiane fatiche diplomatiche, preoccupata per il futuro e si sente sola. Un giorno approdano le navi degli stranieri: sono fuggiti da Troia in fiamme e li guida un eroe di cui lei ha udito cantare le gesta, Enea.

Comincia così una delle più grandi storie d’amore, tradimento e disperazione mai raccontate, immortalata nell’Eneide di Virgilio. Ma c’è una voce da cui non l’abbiamo mai sentita narrare: quella della protagonista, Didone stessa, donna forte e sopravvissuta a mille traversie che pure si uccise per amore. O almeno, questo è ciò che sappiamo. Ma come sono andate «davvero» le cose? Qual è la versione al femminile dietro alla partenza di Enea da Cartagine e al suo viaggio verso la penisola italica, che portò alla fondazione di Roma? Meglio di chiunque altra lo sanno forse due dee, Giunone e Venere: l’una è la guida agguerrita di Didone, l’altra è l’amorevole protettrice di Enea. E un conflitto divino farà da sfondo a una sorprendente avventura umana sulle due sponde del Mediterraneo, che cambierà le sorti del mondo.

Con audacia e talento, Marilù Oliva entra nei pensieri e nei sentimenti di una delle più appassionate e tragiche eroine della letteratura d’ogni tempo. Arricchendone la vicenda non solo di sfumature e intuizioni, ma di avvincenti e inattese svolte narrative, dimostra ancora una volta l’inesauribile potenza del mito. E delle donne.

 

 

Commento:

La scrittrice bolognese Marilù Oliva ha saputo ritagliarsi uno spazio tutto suo nella narrativa italiana degli ultimi anni perché, con maestria, intelligenza e lungimiranza, ci racconta i poemi epici da un punto di vista inedito, quello delle donne che ne sono state protagoniste, sia che abbiano natura umana che divina. Nel suo ultimo romanzo, pubblicato da Solferino a febbraio 2022, il poema prescelto è l'Eneide virgiliana, narrata seguendo la prospettiva di ben tre donne: Didone, Giunone e Venere. Ciascuna di loro ha i propri interessi in gioco, il proprio temperamento, la propria indole, ma tutte e tre hanno in comune due caratteristiche: sono donne e la loro voce, nonostante fossero attrici in prima linea nella storia, è rimasta inascoltata. Virgilio narra l'incontro tra Enea, il capo dei troiani figlio di Venere e Anchise, e la bella e valorosa regina fenicia Didone. Ci racconta anche, il poeta antico, che nel constatare la frettolosa partenza delle navi troiane dalle rive cartaginesi, la prode Didone, afflitta e straziata dall'amore per un uomo che l'ha abbandonata senza neanche un addio e dall'onta di aver tradito il suo popolo e la memoria del marito morto per giacere con un condottiero straniero, si sia uccisa. Ma questa narrazione, nel tempo, è apparsa innegabilmente strana e incongrua a molti e a molte: com'è possibile che una regina che fino ad allora aveva dimostrato tutt'altra tempra e ben altro coraggio, abbia compiuto un gesto così lontano dal suo essere? E se le cose fossero andate diversamente? È questa la versione, avvincente e credibile, che ci racconta Marilù Oliva. E lo fa, come al solito, con la perizia che viene dallo studio, dalla conoscenza, dall'approfondimento dei testi classici; non manca, tuttavia, l'inventiva e l'audacia sempre nuova di chi si interroga su possibili direzioni differenti, su altri modi di interpretare le storie, su finali e sviluppi alternativi. Ancora una volta quest'autrice ha reso egregiamente omaggio non solo ai testi classici troppo spesso accantonati e trascurati, ma anche – e soprattutto – alle voci inascoltate delle donne di altre epoche e al loro coraggio, nel quale non è difficile ritrovare quello di tante donne venute dopo, che hanno affrontato ed affrontano ogni giorno nuove battaglie.

 

Opera recensita: "L'Eneide di Didone" di Marilù Oliva

Editore: Solferino, 2022

Genere: narrativa italiana

Pagine: 272

Prezzo: 16,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

sabato 16 aprile 2022

RECENSIONE: GABRIELLA GENISI - TERRAROSSA (LOLITA LOBOSCO - 09)

Sinossi:

Sullo sfondo di una città stravolta e quasi irriconoscibile, eppure pervasa come ogni estate dal profumo della salsa di pomodoro, la tenace commissaria barese torna con un nuovo caso da risolvere - intricato come la sua relazione con Caruso -, lottando ancora una volta per far trionfare la giustizia.

Bari, primi giorni di agosto. Mentre Lolita Lobosco cerca di godersi le ferie, nella rimessa dell'azienda agricola Terrarossa viene ritrovato il cadavere di Suni Digioia, giovane imprenditrice, attivista per i diritti dei braccianti ed ecologista convinta. Sul portone d'ingresso, scritta a lettere scarlatte, campeggia la frase: «Entrate, mi sono impiccata.» Ma la pista del suicidio, da subito la più battuta, non convince affatto la commissaria Lobosco, che torna in servizio decisa a vederci chiaro. Quando l'autopsia conferma che la ragazza è stata strangolata, la sua vita privata viene rivoltata come un calzino: era troppo bella, libera e indipendente per non suscitare invidie e maldicenze. Lolita, però, non si accontenta dei pettegolezzi e non esita a immergersi nelle acque torbide del caporalato per cercare di far affiorare la verità.

 

Commento:

Ebbene sì, è tornata Lolita Lobosco e la cosa non può che farmi felice. È tornata dopo il lockdown forzato, incavolata e desiderosa di ferie – un po' come tutti noi – e sempre più presa (e perciò in lotta) dalla relazione con Caruso. Quando la telefonata di Marietta, la sua amica Procuratrice, la coglie nel bel mezzo dell'estate barese e la costringe ad interrompere le ferie, Lolita non è felice, se poi ci aggiungiamo la madre e la sorella che la pressano perché le aiuti a fare la salsa… beh, la commissaria – che già non è donna pacata – comprensibilmente potrebbe esplodere. Sarà forse per questo che affronta con piglio ancor più deciso del solito il caso che le piomba tra capo e collo in pieno agosto, quello di una giovane imprenditrice agricola, Suni Digioia, che sembra essersi suicidata. Tutto, almeno, farebbe pensare ad un suicidio da ricondurre all'ambito sentimentale, pista che sembra permanere – anzi acquistare forza – anche quando si acclara che c'è molto che non torna nella messinscena spettacolare che qualcuno ha imbastito ad arte. Ma come, perché e per mano di chi è morta Suni Digioia? Nell'indagare, Lolita si imbatte in una piaga sociale, il caporalato, che attanaglia il Sud da tempo immemore e che è davvero difficile da debellare per varie ragioni, compreso il disinteresse di molti, dalle istituzioni ai comuni cittadini che fanno la spesa al supermercato. La nostra commissaria la approfondisce, questa piaga, con l'umiltà di chi non sa e la curiosità che denota vivo interesse, senza trascurare né dimenticare le vittime e la giustizia che meritano e che viene dalla verità. Anche Terrarossa, il nono giallo con protagonista Lolita, è un libro da leggere, perché abbiamo bisogno di gialli che approfondiscano questioni sociali importanti, ma che lo facciano con la giusta leggerezza.

 

Opera recensita: "Terrarossa" di Gabriella Genisi

Editore: Sonzogno, 2022

Genere: giallo, seriale

Ambientazione: Puglia

Pagine: 208

Prezzo: 15,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

venerdì 15 aprile 2022

RECENSIONE: MATTIAS EDVARDSSON - TROPPO VICINI

Sinossi:

La casetta nella placida, profonda Svezia del sud, dove Micke e Bianca e i loro due figli si trasferiscono lasciandosi alle spalle l’animata Stoccolma, sembra un posto perfetto per ricominciare. Un’apparenza che s’incrina, però, quando la coppia inizia a frequentare i nuovi vicini: Jacqueline, ex fotomodella con conclamate difficoltà a far correre la vita su un binario stabile; Fabian, suo figlio, un quindicenne dal comportamento spiazzante; Ola, impiegato di banca con una condanna per aggressione e un’ossessione strisciante per la messa in sicurezza del quartiere; Åke e Gun-Britt, pensionati e sentinelle di vicinato, alacremente impegnati a tenere d’occhio i movimenti altrui. Quando Bianca viene investita davanti a casa, la prima conclusione è che si sia trattato di un incidente. Ma mentre lei combatte tra la vita e la morte in un letto di ospedale, ombre prima invisibili cominciano ad affiorare sulla patina scintillante di quel lindo quartiere, tradendone il lato più segreto, oscuro e violento. Edvardsson ha costruito un thriller psicologico come si intesse una ragnatela, usando fili sottilissimi e tenaci per distorcere le percezioni e capovolgere ogni certezza. Una tela dell’inganno che avvolge la mente del lettore in un’unica, assillante domanda: chi di noi può dire di conoscere davvero i propri vicini?

 

Commento:

Un paesino da fiaba che si tramuta in un luogo claustrofobico ed infido; una famiglia che esteriormente appare modello, in cui fragilità e crepe rischiano di incrinare un equilibrio raggiunto e tenuto insieme duramente; un vicinato apparentemente accogliente e affabile, ma in realtà ficcanaso ed invadente; un generale senso di diffidenza e sospetto… Un incidente, una donna investita - davanti al cortile di casa – dall'auto di una vicina… e tutto deflagra. Vengono a galla le voragini sentimentali, le solitudini, i vizi, le debolezze, il passato che si era cercato di superare… E i rapporti si guastano irreparabilmente, i sensi di colpa si annidano insieme ai dubbi e il nero dell'ira e dello sconforto prende il sopravvento. È la cronaca di un fallimento annunciato, è parte della quotidianità di tanti, è la storia raccontata in questo thriller di Mattias Edvardsson. Una storia ingigantita, certamente inverosimile, impossibile in un cortile di un paesino del sud della Svezia, ma di certo una storia che, se ridimensionata, è plausibile almeno in alcune delle sue parti. Perché? Perché parla di problemi con cui tutti siamo – o siamo venuti – in contatto, problemi sociali, problemi che affliggono la nostra società, quella in cui viviamo, quella di cui siamo parte. Certo, la storia fa ancora più senso se pensiamo che è ambientata in Svezia, il Paese preso a modello di benessere e qualità della vita (che in realtà così bene non sta), ma anche noi non siamo esenti dalla riflessione. "Troppo vicini" parla dei rapporti familiari e di vicinato, del conoscere o credere di conoscere gli altri e noi stessi, delle piaghe dei giovani e di quelle degli adulti. Sì, forse non sarà originale, ma è di certo un thriller gradevole che tiene alta l'attenzione. Da leggere, quantomeno per riflettere un po'.

 

Opera recensita: "Troppo vicini" Mattias EdVardsson

Editore: Rizzoli, 2021

Traduttore: Samanta K. Milton Knowless

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: Svezia

Pagine: 384

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

mercoledì 13 aprile 2022

RECENSIONE: GIUSEPPE FESTA - UNA TRAPPOLA D'ARIA

Sinossi:

Isole Lofoten, Norvegia, 1995. Marcus Morgen ha una pistola in mano. È ora di farla finita. In fondo, che cosa gli è rimasto? Ha perso sua madre troppo presto. Ha perso l'amore della sua vita. Ha perso una gamba e nello stesso incidente ha perso anche il suo amato lavoro di ispettore della polizia criminale di Oslo. Lì, in quell'arcipelago remoto, tra montagne antiche e fiordi artici, Marcus non ha nessun obiettivo, nessuna piccola speranza che lo convinca a vivere un solo giorno in più. Sta per premere il grilletto quando Ailo, collega e amico, irrompe in casa sua: c'è stato un omicidio e le modalità con cui è stato commesso sono tanto inusuali quanto crudeli. La mente brillante di Marcus si rimette in moto. E presto l'intuito gli suggerisce che quella morte non è un caso isolato. Che quella è soltanto la prima vittima. Ma non appena la sua ipotesi trova conferma e nelle isole avvengono nuovi omicidi, comprende di dover dare la caccia non a un semplice assassino seriale, bensì a un autentico enigma vivente. Un latore di morte che sembra emanazione della natura selvaggia. E che giustizia chi la ferisce. Per identificare e fermare quelle mani assassine, Marcus ha bisogno di qualcuno che conosca l'arcipelago alla perfezione: Valentina Santi, ricercatrice italiana esperta di animali marini che si trova sulle Lofoten per studiare le balene. Tuttavia, per porre fine alla scia di sangue, non basta seguire degli indizi. Marcus e Valentina devono fare i conti con il proprio passato e soprattutto con quello di un assassino che è stato anche una vittima, un predestinato del male.  

 

Commento:

Ok, non ci girerò troppo intorno: questo thriller non mi è piaciuto. E preciso che non sono mai felice quando un libro non mi piace, specie se si tratta di un thriller. Forse – devo dirlo – è stata anche un po' colpa mia perché mi sono fiondata su questo thriller senza leggere la trama, attirata com'ero dal titolo e dal fatto che l'autore fosse italiano e che questo fosse il suo esordio nel genere. La curiosità, per una volta, non è stata premiata. Intendiamoci, il libro in sé non è malvagio, ma l'ho trovato sin troppo prevedibile e finanche – a tratti – ingenuo, troppo anche per un esordio. Molte scene, prese singolarmente, erano scritte bene e sortivano anche un certo effetto, ma c'era sempre qualcosa di "già letto", un colpo di scena che finiva per smorzarsi là dove prevedevo che finisse… e questo non è stato un bene per la mia curiosità. Inoltre, a margine, devo dire che non ho empatizzato con nessuno dei personaggi, il che non è certo necessario, ma comunque contribuisce al – seppur personalissimo – giudizio finale. Ulteriore nota che mi ha infastidito: ma perché un autore italiano ha deciso di ambientare il suo thriller d'esordio all'estero? Lo so, è un'annotazione irrazionale, non è neanche una critica, ci sono fior di libri ambientati in Paesi diversi da quello dell'autore, ma è stata una delle prime cose che mi sono chiesta leggendo… forse sarà colpa dell'aspettativa delusa (mi aspettavo qualcosa che fosse ambientato in Italia), ma, ripeto, la cosa mi ha alquanto infastidito. Bene, ho voluto motivare approfonditamente il mio giudizio non proprio positivo su questo libro, ma resta il fatto che questo è solo il mio parere. Se le mie considerazioni non vi sembrano condivisibili o le trovate superabili, leggete il libro. Leggetelo anche se, nonostante questo mio commento, qualcosa in questa storia vi ha incuriosito… se vi va, dategli una chance!

 

Opera recensita: "Una trappola d'aria" di Giuseppe Festa

Editore: Longanesi, 2022

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: isole Lofoten, Norvegia

Pagine: 320

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: no

Voto personale: 6.