giovedì 30 giugno 2016

RECENSIONE: ALAN BENNETT - LA SOVRANA LETTRICE


Sinossi:

A una cena ufficiale, circostanza che generalmente non si presta a un disinvolto scambio di idee, la regina d’Inghilterra chiede al presidente francese se ha mai letto Jean Genet. Ora, se il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole arrischia una domanda del genere, qualcosa deve essere successo. E in effetti è successo qualcosa di semplice, ma dalle conseguenze incalcolabili: per un puro accidente, la sovrana ha scoperto quegli oggetti strani che sono i libri, non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus della lettura a chiunque incontri sul suo cammino. Con quali ripercussioni sul suo entourage, sui sudditi, sui servizi di sicurezza e soprattutto sui lettori lo scoprirà solo chi arriverà all’ultima pagina, anzi all’ultima riga. Perché oltre alle irrefrenabili risate questa storia ci regala un sopraffino colpo di scena – uno di quei lampi di genio che ci fanno capire come mai Alan Bennett sia considerato un grande maestro del comico e del teatro contemporaneo.

 

“La sovrana lettrice” è un libro sorprendentemente arguto e divertente, un condensato di ironia e sagacia che nasconde, dietro una storia bella ma inverosimile, un’attenta analisi della psicologia umana.

Per un caso assolutamente fortuito la regina Elisabetta, ormai sulla soglia degli 80 anni, viene a contatto con una biblioteca circolante e con gli strani oggetti che sono al suo interno: i libri.

Per un mero senso del dovere e per non mancare di rispetto al bibliotecario, la regina prende in prestito un libro, non senza incertezze e titubanze nella scelta, nella quale viene aiutata dal giovane Norman. Ben presto quello del mercoledì alla biblioteca circolante diventerà per la regina un appuntamento irrinunciabile: la sovrana scopre il piacere della lettura, della conoscenza del mondo e dei suoi abitanti e si trasforma da nobile distratta ed egoista, abituata a tutti i confort, ad attenta osservatrice ed analista della condizione umana. Questo suo nuovo accanimento per la lettura, però, la distrae dai suoi doveri verso i quali finora era stata irreprensibile e qualcuno a corte ha da ridire: il segretario privato, il primo ministro, il consigliere ufficiale fanno di tutto per “sabotare” le sue letture e distoglierla da questo suo interesse che, peraltro, sta diventando alquanto scomodo per loro. La regina, infatti, non si limita a leggere, ma vuole ad ogni costo che anche gli altri leggano, così comincia a distribuire libri e ad interrogare chiunque le capiti a tiro sugli autori più disparati. Non basta! Ad un certo punto, a furia di annotare i suoi pensieri durante la lettura, la regina passerà allo step successivo: scrivere! Inutile dire che a corte la cosa è ancora più malvista della lettura.

Si tratta, in buona sostanza, di una tardiva presa di coscienza delle tante occasioni perse e della ferma volontà di recuperare il tempo perduto, anche se ciò non è sempre possibile.

Una lettura divertente, scorrevole e senza particolari pretese, ottima per impegnare un pomeriggio con una tazza di thé ed un sorriso.

 

Opera recensita: “La sovrana lettrice” di Alan Bennett

Editore: Adelphi, 2007

Genere: letteratura inglese

Ambientazione: Gran Bretagna

Pagine: 95

Consigliato: sì.

 

mercoledì 29 giugno 2016

RECENSIONE: TIZIANO TERZANI - UN INDOVINO MI DISSE


Sinossi:

Nella primavera del 1976, a Hong Kong, un vecchio indovino cinese avverte Tiziano Terzani: «Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai».
Dopo tanti anni, Terzani non dimentica la profezia, ma la trasforma in un'occasione per guardare il mondo con occhi nuovi; decide davvero di non prendere più aerei, senza per questo rinunciare al suo mestiere di corrispondente. Spostandosi per l'Asia in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il giornalista può osservare paesi e persone da una prospettiva spesso ignorata dal grande pubblico. Il documentatissimo reportage si trasforma così in un'appassionante avventura e in un racconto ora ironico ora drammatico, in cui s'intrecciano vagabondaggi insoliti e incontri fortuiti.

 

Non è facile parlare di questo libro perché si tratta di una lettura assolutamente anomala, di un’esperienza intensa e fuori dagli schemi.

Terzani trasmette, in queste pagine, le tante sensazioni che prova durante il suo viaggio e ci si ritrova, quasi per una costrizione indiretta, a provarle nostro malgrado. Questo libro richiede, anzi ci impone di prenderci il giusto tempo per compiere, insieme all’autore, un viaggio fisico, temporale e soprattutto spirituale senza precedenti.

Tutto nasce da una profezia che un indovino di Hong Kong fa a Terzani nel lontano 1976: nel 1996 il giornalista correrà il rischio di morire perciò non dovrà volare, non dovrà prendere aerei per nessun motivo. Ora, Terzani è ovviamente combattuto tra l’affidarsi alla profezia e il continuare la sua vita regolarmente sfidando la sorte. E se la profezia non fosse vera? E se invece lo fosse? Alla fine Terzani decide di aspettare la fine del 1992 e di decidere sul momento. Allo scoccare del nuovo anno si trova in Laos, una terra in equilibrio precario tra modernità ed antica spiritualità, e decide di non credere troppo alla profezia, ma comunque di non mettercisi contro: non prenderà aerei per quell’anno e sfrutterà la cosa come un gioco, una sfida. Farà i suoi tantissimi viaggi di lavoro spostandosi in macchina, nave, treno, a piedi… così il giornalista si ritrova a percorrere in lungo e in largo un continente, l’Asia, che conosce ed ama profondamente.

Grazie a quella profezia Terzani ha l’occasione per conoscere luoghi nuovi e riscoprire posti già visitati, analizzando da vicino un’Asia che cambia, che si evolve verso il progresso perdendo, però, la sua unicità ed i suoi profondi legami con il passato. Il giornalista però è, in questo libro, anche e soprattutto uomo perché si riscopre attraverso un percorso spirituale che lo porta a cercare, in ogni città o villaggio, un indovino, un veggente, un chiromante. Terzani vuole scoprire, vuole capire cosa ci sia dietro questi culti popolari e si ritrova a contatto con una massa di umanità così varia ed eterogenea da essere meravigliosamente tragica. Un anno lontano dalla modernità e velocità degli aerei porta Terzani a riespandere le distanze, a dilatare il tempo ed a guardare tutto con occhi nuovi, quelli degli uomini e delle donne che abitano quei luoghi.

Si tratta, in buona sostanza, di un viaggio introspettivo e spirituale attraverso un continente in continuo cambiamento ed in rapida, precipitosa discesa verso un’entità globale.

Una lettura che va fatta con la mente svuotata e pronta ad immergersi nel groviglio di emozioni che il libro suscita: per apprezzare a pieno quest’opera, a parer mio, bisogna scegliere il momento giusto e prendersi tutto il tempo necessario per assorbire ogni riga.

 

Opera recensita: “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani

Editore: Tea, 1995

Genere: reportage di viaggio, spiritualità

Ambientazione: Asia

Pagine: 428

Consigliato: sì

 

venerdì 24 giugno 2016

RECENSIONE: SVEVA CASATI MODIGNANI - PALAZZO SOGLIANO


Sinossi:

È una sera di maggio quando a Palazzo Sogliano, settecentesca dimora dell'omonima dinastia di corallari a Torre del Greco, squilla il telefono. L'intera famiglia è riunita per il pranzo: Orsola, moglie di Edoardo, i loro cinque figli, la suocera Margherita e le sue due figlie. Stanno tutti aspettando che Edoardo ritorni. È Orsola a rispondere, e apprende dalla voce formale di un poliziotto la morte del marito in un incidente d'auto. Il colpo è tremendo: trent'anni d'amore spazzati via in un istante. Orsola non può sapere che quella morsa di dolore feroce si trasformerà tra breve in un dolore ancora più profondo, nel momento in cui scopre una serie di foto recenti del marito in compagnia di un bel bambino dagli occhi a mandorla, che si firma: "Tuo figlio Steve". Da questo incipit fulminante Sveva Casati Modignani ci conduce a ritroso nel tempo per raccontarci l'amore di Orsola - milanese libera e indipendente, figlia di un ciabattino - e di Edoardo - erede della più importante famiglia di corallari di Torre; ma anche la storia della matriarca Margherita, vera donna del Sud, orgogliosa, appassionata e dal cuore generoso; e di quel bambino comparso dal nulla. Tuttavia, come scoprirà Orsola, Edoardo non era certo l'unico Sogliano a custodire segreti; del resto, lei stessa ne ha conservato gelosamente uno, inconfessato. Dall'autrice italiana più amata, la nuova, appassionante storia di una grande famiglia, tra amori, luci e ombre, gioie e dolori, successi e fallimenti.

 

Quando si apre un romanzo di Sveva Casati Modignani, qualunque esso sia, si sa cosa aspettarsi: ci si immerge in storie di vita quotidiana, di famiglie normali, più o meno ricche, si analizzano le gioie e i dolori di persone comuni, con i loro pregi e le loro debolezze e si dà spazio alle loro emozioni che, in qualche caso, diventano anche le nostre.
“Palazzo Sogliano” non fa eccezione: siamo a Torre del Greco, patria del corallo di cui la famiglia Sogliano è sovrana indiscussa da generazioni.
Dopo l’improvvisa e prematura morte del marito Edoardo Sogliano, Orsola si ritrova a capo di una importantissima azienda con ramificazioni in tutto il mondo; inoltre deve tirare le fila della sua storia familiare, pensare ai figli, così diversi tra loro… e deve fare i conti con un segreto che il marito le ha nascosto fino alla sua morte e che ora, alzato il coperchio del vaso di Pandora, viene alla luce con tutta la sua importanza. Per cercare di superare il trauma Orsola si rifugia a Milano, nella sua vecchia casa natia, nell’affetto intramontabile della sua amica Damiana che conosce da quand’erano piccolissime.
Questo momento di pausa dal bailamme in cui è coinvolta la famiglia, porta Orsola a perdersi nei ricordi e consente a noi di conoscere meglio lei e i suoi affetti presenti e passati.
Sveva Casati Modignani ci ha abituato a donne forti, indipendenti, ma con un grande senso della famiglia; donne e uomini che cadono e si rialzano più forti di prima. Ed è così anche per Orsola ed Edoardo: palazzo Sogliano, con tutto il suo carico di storia e di storie, non delude e ci permette di assaporare per un attimo un mondo sconosciuto ai più, ma affascinante qual è quello, prezioso e delicato, del corallo.
Se, come me, avete letto altri libri di Sveva Casati Modignani, non vi sarà difficile accostare questo romanzo al precedente “Vaniglia e cioccolato”: non si tratta assolutamente di un doppione, intendiamoci, ma ci sono temi comuni quali le relazioni extraconiugali, la malattia, il dubbio, affrontati in modo diverso ma con sempre eguale sensibilità dall'autrice, definita con ragione, la più amata dagli italiani.
Lettura piacevole ed appassionante, adatta all'estate, ben intonata con i colori del corallo che evocano giugno, il mese in cui il libro è ambientato.

 

Opera recensita: “Palazzo Sogliano” di Sveva Casati Modignani

Editore: Sperling & Cupfer, Pandora 2013

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Torre del greco, Milano, Ginevra

Pagine: 517

Consigliato: sì

Consigli correlati:

Libri: Vaniglia e cioccolato della stessa autrice.

 

martedì 21 giugno 2016

RECENSIONE: GIORGIO FALETTI - IO UCCIDO


Sinossi:

Un dee-jay di Radio Monte Carlo riceve, durante la sua trasmissione notturna, una telefonata delirante. Uno sconosciuto, dalla voce artefatta, rivela di essere un assassino. Il fatto viene archiviato come uno scherzo di pessimo gusto. Il giorno dopo un pilota di Formula Uno e la sua compagna vengono trovati morti e orrendamente mutilati sulla loro barca. Inizia così una serie di delitti, preceduti ogni volta da una telefonata a Radio Monte Carlo con un indizio "musicale" sulla prossima vittima, e ogni volta sottolineati da una scritta tracciata col sangue, che è nello stesso tempo una firma e una provocazione: lo uccido... Per Frank Ottobre, agente dell'FBI in congedo temporaneo, e Nicolas Hulot, commissario della Sûreté Publique, inizia la caccia a un fantasma inafferrabile. Alle loro spalle una serie di rivelazioni che portano poco per volta a sospettare che, di tutti, il meno colpevole sia forse proprio lui, l'assassino. Di fronte a loro un agghiacciante dato statistico. Non c'è mai stato un serial killer nel Principato di Monaco. Adesso c'è.

 

La mia ultima lettura è stata un thriller molto conosciuto, il primo, popolarissimo romanzo di Giorgio Faletti. Si tratta, com’è noto ai più, di un thriller, ma di un thriller atipico e difficile da incasellare in un filone preciso: non è un giallo classico, non è un giallo psicologico, non è neppure un noir e non ha il ritmo forsennato di un romanzo di Deaver… eppure, tutto sommato, è un buon libro.

Siamo nella bellissima, ricca e sicura Montecarlo, fra Yacht extralusso, sale da gioco e locali all’ultimo grido. E’ qui che agisce un uomo che è più che altro un’ombra nera e silenziosa, un fantasma che non lascia tracce a parte una scritta, “io uccido” tracciata col sangue delle sue vittime. Omicidi di una crudeltà inaudita, preceduti da telefonate enigmatiche ad una popolare trasmissione radiofonica notturna in onda su Radio Montecarlo. Ad indagare su questo caso ci sono il commissario Nicolas Hullot e il suo amico Frank Ottobre, agente dell’FBI in ripresa da una drammatica vicenda familiare. Gli omicidi si susseguono senza una spiegazione apparente e i poliziotti cercano una traccia, un indizio da decifrare, magari proveniente dalla musica, l’osso che l’assassino lascia ai cani che gli danno la caccia. La pressione esterna si somma ai tanti fantasmi del passato che attanagliano i due agenti e che non accennano ad andarsene. A complicare il tutto arriva Natan Parker, generale dell’Esercito americano cui l’assassino ha ucciso la figlia e che ora vuole vendetta… il generale darà molto filo da torcere all’agente Frank Ottobre che scoprirà intrighi insospettabili, perché non tutto è chiaro e lineare come sembra e a volte le ombre della notte possono essere ancora più scure della notte stessa.

Consiglio questo libro? Infondo direi di sì, perché è scritto bene, con una prosa equilibrata: le descrizioni, sia dei paesaggi che degli avvenimenti, sono inserite in modo perfettamente organico nelle pagine, senza rallentare il ritmo di per sé non eccessivamente serrato della storia. Anche l’ambientazione ha il suo fascino: chi penserebbe mai ad una serie di crimini efferati nella ricca ed elegante Montecarlo? Tuttavia la storia dell’assassino mi ha lasciata parecchio perplessa: la sua scoperta è sì un colpo di scena, ma è forse troppo surreale o irreale. Anche i suoi trascorsi, la sua infanzia e ciò che lo ha portato ad uccidere resta troppo nebuloso. Inoltre l’accattivante rapporto dell’assassino con la musica, che per buona parte del libro costituisce un elemento di interesse nel lettore, poi non trova la giusta finalizzazione nell’epilogo della vicenda.

Insomma, lo consiglio, ma con cautela. Probabilmente potrebbe essere adatto a chi è quasi digiuno del genere o è solo agli inizi e non ha letto (o non ama) thriller dal ritmo molto serrato. Allo stesso modo lo consiglierei a chi non riesce a leggere gialli classici, psicologici o comunque eccessivamente statici. Un’ultima considerazione: non credo che questo thriller possa risultare innovativo nel suo genere, ma è pregevole per i suoi risvolti sociologici. Un posto importante, infatti, è occupato da valori come l’amicizia, l’amore come cura dei momenti bui, la fratellanza portata all’estremo.
In fin dei conti vale la pena di leggerlo anche perché la lettura è scorrevole e piacevole.

 

 

Opera recensita: “io uccido” di Giorgio Faletti

Editore: Baldini & Castoldi, 2002

Genere: thriller

Ambientazione: Montecarlo, Francia

Pagine: 682

Consigliato: sì.

 

sabato 18 giugno 2016

RECENSIONE: ANNELI SCHINKEL - FIGLIA DELLA SETA


Sinossi:

"La lettera è arrivata a marzo: è stato un miracolo che sia arrivata, visto che era indirizzata al vecchio recapito di Colonia dove non abitiamo più da tredici anni. Lo Stato coreano offre la possibilità a trenta ragazzi adottati in tutto il mondo di visitare il loro Paese d'origine e di familiarizzare con la sua cultura." Anneli Schinkel ha 21 anni quando questa lettera le offre la possibilità di compiere un viaggio in Corea, il suo Paese natale e dove fu abbandonata appena nata sui gradini di un orfanotrofio. Per lei si realizza un sogno, e così, con le poche notizie che ha a disposizione - un nome assegnatole dalle autorità coreane e una data di nascita vaga - decide di sfruttare l'occasione per mettersi alla ricerca dei propri genitori. Una ricerca che la porta non soltanto a conoscere l'incredibile verità sul suo passato, ma anche a ritrovare una famiglia numerosa e ansiosa di riabbracciarla. 0

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Il libro di cui vi parlo oggi è un’autobiografia. E’ la storia di Anneli, una ragazza nata in Corea, ma tedesca d’adozione.
Anneli, così l’hanno chiamata i suoi nuovi genitori tedeschi, è arrivata a Colonia quando aveva appena quattro mesi; Ha trovato ad accoglierla una famiglia molto aperta, disponibile a sostenerla ed accompagnarla in tutto. I suoi genitori adottivi ci sono anche quando Anneli riceve, come molti altri giovani adottati, la lettera del governo coreano che la invita a trascorrere un periodo in Corea, a Seul, per conoscere di più sul suo Paese d’origine, sulle tradizioni, gli usi, la lingua.
Anneli accetta l’invito sia per una sorta di curiosità, di ricerca di risposte a cose semplici e banali che l’hanno accompagnata nei primi 21 anni di vita (un naso e dei lineamenti diversi per esempio), sia perché in cuor suo spera di riuscire a scoprire qualcosa in più sulle sue radici e sulla sua famiglia naturale. Per questo, una volta in Corea, Anneli partecipa ad una trasmissione Tv molto seguita, che si occupa di riunire famiglie divise e nel suo caso la ricerca va a buon fine. Anneli riesce a trovare la sua famiglia naturale e comincia una lunga e cauta opera di conoscenza tra la ragazza e le sue due famiglie. Finalmente Anneli troverà tante risposte ai tanti interrogativi sui primi mesi della sua vita e scoprirà di essere sempre stata desiderata e di esserlo ancora. In particolare Anneli stringerà un legame affettivo fortissimo con la sua madre naturale, che va al di là della diversità linguistica e culturale ed anche al di là della distanza fisica. Ecco perché Anneli soffrirà molto quando la vita la metterà di fronte all’ennesima separazione.
L’autrice racconta la sua storia di ragazza adottata, di figlia di due famiglie e lo fa con estrema semplicità e linearità. Anneli Schinkel ci mette davanti alle sue emozioni con assoluta umiltà, senza remore o filtri di sorta. Credo che questo sia il modo giusto di trattare un argomento spinoso e delicato come l’adozione, difficile soprattutto per chi lo vive in prima persona: non è facile scoprire i misteri del proprio passato, non è facile accettare le decisioni altrui, specialmente se condizionano la nostra vita. Bisogna darsi tempo di riflettere, di capire se davvero si vuole sapere e di metabolizzare ciò che si scoprirà. Mi ha molto colpita il rapporto tra Anneli e il fratello adottivo, anche lui coreano ed adottato dalla famiglia tedesca di Anneli. Entrambi partecipano al soggiorno offerto dal governo coreano, ma lo fanno con spirito diverso: lei va alla ricerca della sua famiglia naturale, lui invece non è ancora pronto a sondare questo campo e preferisce interessarsi al Paese natio, alle tradizioni ed alla lingua, tanto che tornando in Germania comincia a studiare coreanistica. Entrambi sono, a mio parere, comportamenti accettabili e condivisibili.
Ciò che ho apprezzato di più è stata, in queste pagine, la delicatezza e semplicità dell’autrice che ha deciso di raccontare la sua storia per lasciare una testimonianza di vita a chi voglia informarsi sull’adozione e a chi la vive o l’ha vissuta in prima persona.
Una lettura da consigliare, magari per un week-end estivo: impegnativa, ma non troppo.

Opera recensita: “figlia della seta” di Anneli Schinkel

Editore: Tea, esperienze, 2009

Genere: romanzo autobiografico, narrativa internazionale

Ambientazione: Germania, Corea del Sud

Pagine: 247

Consigliato: sì.

 

martedì 14 giugno 2016

RECENSIONE: NINO DI MATTEO, SALVO PALAZZOLO - COLLUSI


Sinossi:

Da oltre vent'anni Nino Di Matteo è in prima linea nella lotta a Cosa nostra. Titolare di un'inchiesta che fa paura a tanti - quella sulla trattativa Stato-mafia,

che si sviluppa nel solco del lavoro di Chinnici, Falcone e Borsellino - è lui il magistrato più a rischio del nostro Paese. Le indagini che ha diretto

e continua a dirigere, ritenute scomode persino da alcuni uomini delle istituzioni, lo hanno reso il bersaglio numero uno dei boss più influenti: Totò

Riina e Matteo Messina Denaro. Le parole del pm, raccolte dal giornalista Salvo Palazzolo, offrono una testimonianza diretta e autorevole sulle strade

più efficaci per contrastare lo strapotere dei clan. E lanciano un grido d'allarme: Cosa nostra non è sconfitta, ha solo cambiato faccia. È passata dal

tritolo alle frequentazioni nei salotti buoni, facendosi più insidiosa che mai; anche se le bombe tacciono, il dialogo continua: tra politica, lobby, imprenditoria

e logge massoniche si moltiplicano i luoghi franchi in cui lo Stato è assente. Con una semplicità unica, Di Matteo condivide con il lettore la propria

profonda comprensione del fenomeno mafioso di oggi. Così, tra denunce e proposte, questo libro permette di gettare uno sguardo ai meccanismi con cui Cosa

nostra si è insinuata nelle logiche economiche, sociali e politiche del nostro Paese. Un'opera che si rivolge a tutti, perché è dalle azioni di ciascuno

che deve partire il contrasto alla criminalità...

 

Sin dal primo giorno vi ho promesso recensioni oneste, nel bene e nel male. Perciò anche stavolta, mio malgrado, sarò il più sincera possibile: questo libro non mi è piaciuto. Confesso che, date le firme più che autorevoli, avevo aspettative alte per questo libro. Tuttavia, alla fine di una lettura rapida ma vuota, devo ricredermi: sono delusa, mi aspettavo altro.

Ho letto svariati libri con argomento la mafia e l’antimafia, per lo più scritti da testimoni diretti delle stragi del 1992 e del grande lavoro che c’è stato prima e dopo quell’estate. Anche in questo caso il libro porta la firma di un magistrato antimafia, il Pubblico Ministero Nino Di Matteo, che si propone di spiegare i rapporti tra mafia e potere, tra Cosa nostra e la politica e l’imprenditoria.

Credo di non sbagliare se affermo che non c’è, al momento, in Italia una persona più titolata di lui per affrontare quest’argomento spinoso: il giudice, infatti, è stato titolare dell’inchiesta relativa alla trattativa Stato-mafia. Attraverso le domande del giornalista Salvo Palazzolo, Di Matteo ripercorre gli ultimi vent’anni analizzando i rapporti tra l’organizzazione mafiosa e i vari stadi del potere e dell’imprenditoria in un’analisi dettagliata e ragionata.

Tuttavia a me questo libro, al contrario di altri, non ha trasmesso nulla: l’ho trovato piatto, privo di quella verve che invece ho riscontrato in Ayala o nel capitano Pellegrino. Forse il problema è che le vicende, sebbene molto dettagliate, mancano della giusta contestualizzazione fattuale che attira e spinge alla lettura. O forse il problema è solo mio, magari non era il momento giusto per leggere questo libro… non saprei! Ecco perché non mi sento di bocciarlo completamente, magari ad altri piace… perciò lo inserirò nei libri sì/no, non eccellente, ma neppure da bocciare… accidenti, stiamo sempre parlando di un magistrato eccellente!

 

 Opera recensita: “Collusi. Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia” di Nino Di Matteo con Salvo Palazzolo

Editore: Rizzoli, Bur, (Futuro passato), 2015

Genere: saggistica

Ambientazione: Sicilia, Italia

Pagine: 186

Consigliato: sì/no

 

lunedì 13 giugno 2016

RECENSIONE: FRED UHLMAN - L'AMICO RITROVATO


Sinossi:

Nella Germania degli anni Trenta, due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L'uno è figlio di un medico ebreo, l'altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un'amicizia del cuore, un'intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. "L'amico ritrovato" è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in Inghilterra, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Germania, Israele, Portogallo. Introduzione di Arthur Koestler.

 

Un romanzo breve, ma intenso; una storia semplice, ma profonda come profonda è l’amicizia fra Hanz e Conradin, due ragazzi molto diversi eppure molto simili.

Entrambi sono studenti in un buon liceo, entrambi sono tedeschi, ma uno è figlio di un medico ebreo, mentre l’altro è il rampollo di una nobile casata tedesca. Hanz invita Conradin a casa sua e gli fa conoscere i suoi genitori; Conradin invita Hanz solo quando i suoi non sono in casa e quando si incontrano a teatro fa finta di non conoscerlo. Conradin è rispettato da tutti i compagni; Hanz è deriso ed insultato da compagni e docenti. Ma Hanz è l’unico amico di Conradin e Conradin è l’unico amico di Hanz; tutta la scuola lo sa, eppure ad un anno di distanza dall’inizio della loro amicizia, il legame si spezza. Perché? Perché la storia entra irruenta nelle loro vite: Hanz parte per l’America e Conradin resta in Germania… non si rivedranno più.

Queste poche pagine trasmettono valori forti e dall’importanza smisurata, primo fra tutti l’amicizia vera, poi il rispetto degli altri, l’uguaglianza e la coerenza nelle proprie idee. Un libro scritto con semplicità e chiarezza, che si legge in un pomeriggio e che tutti dovrebbero leggere, dagli adolescenti agli anziani, dagli snob alle persone semplici.

 

Opera recensita: “l’amico ritrovato” di Fred Uhlman

Editore: Feltrinelli 1986

Genere: letteratura internazionale

Ambientazione: Germania, 1932

Pagine: 96

Consigliato: sì.

 

domenica 12 giugno 2016

RECENSIONE: TERRY HAYES - PILGRIM


Sinossi:

Una donna senza volto uccisa in uno squallido albergo di Manhattan. Un padre decapitato davanti al figlio nella luce accecante di un pomeriggio in Arabia Saudita... Un filo rosso lega questi orrori. C’è solo un uomo in grado di districarlo. Il suo nome è Pilgrim.
Una missione impossibile, un delitto senza colpevoli, un nemico inafferrabile: giallo, avventura e spionaggio si fondono nel caso più complesso che Pilgrim – nome in codice di uno degli agenti più abili dei servizi segreti americani – abbia mai affrontato. Pilgrim è giovane, ma dopo l’11 settembre il suo mondo è così profondamente cambiato da indurlo a uscire di scena. Impossibile. Richiamato in servizio per sventare il rischio che un’arma biologica spaventosa venga innescata negli Stati Uniti e da lì esploda in tutto il mondo, si troverà di fronte all’avversario più astuto ed elusivo che abbia mai incrociato, un uomo che come lui agisce per ragioni profonde e come lui reca profonde ferite nell’anima: il Saraceno. Uno scontro di mondi, di tecniche, di personalità che darà un nuovo senso al mestiere di Pilgrim.

 

Suspense allo stato puro in questo romanzo d’esordio dello scrittore e sceneggiatore Terry Hayes. Un thriller che è anche spy story, un libro avvincente la cui trama si snoda tra storia, arte, politica, religione, medicina.
Il libro racconta la storia di Pilgrim, uno tra i migliori agenti segreti dell’Intelligence americana, più in alto della C.I.A., molto più in alto dell’FBI. Il suo vero nome? E chi può saperlo, c’è solo l’imbarazzo della scelta! Il suo nemico più grande? Il Saraceno, il più temibile perché il più elusivo ed inafferrabile: praticamente un fantasma. La sua fede incrollabile è radicata in lui almeno quanto la rabbia, una rabbia antica, che viene da una piazza di Gedda, in Arabia Saudita, nella quale fu giustiziato suo padre. Una rabbia che lo porterà a combattere i russi sulle montagne dell’Afganistan, a cambiare identità ed infine ad elaborare un piano perfetto per provocare la “Morbida morte dell’America”.

E la minaccia è così forte e così reale da costringere i vertici dell’Intelligence statunitense a richiamare sul campo il migliore dei suoi agenti segreti, Pilgrim, che aveva deciso di ritirarsi dalla scena. E così, nella folle ricerca del Saraceno, Pilgrim ci porta con sé in Turchia, in Bulgaria, in Arabia e di nuovo in Turchia. E’ una corsa contro il tempo, contro un avversario arguto ed estremamente determinato, con un piano meticoloso perseguito per anni. E’ uno scontro al cardiopalma tra i rappresentanti di due mondi, quello occidentale, moderno, sicuro ed ipertecnologico e quello arabo, devastato, ferito, legato al passato eppure capace di crescere a velocità sorprendente per perseguire un obiettivo.

Se proprio vogliamo trovare una minuscola pecca a questo romanzo, dovremmo dire che la linea temporale è… come dire… complicata? In realtà, consentitemi l’espressione, è davvero un kasino! Hayes comincia a raccontare da un punto al centro della storia: un omicidio in una camera d’albergo a New York. Da qui il protagonista (che si è già ritirato dalla scena) ci porta indietro nel tempo, nelle sue missioni precedenti, per spiegarci chi è, qual è il suo lavoro, come ha conosciuto l’amico Ben Bradley. Poi torniamo all’omicidio in albergo e da lì, molte pagine dopo, Pilgrim ci spiega come e perché è stato richiamato in campo, raccontandoci la storia del Saraceno in modo tanto preciso che sembra di vederlo mentre sintetizza il vaccino, uccide un membro della polizia segreta siriana, mentre è in treno da Francoforte a Carlsrue.

E poi comincia la fase più emozionante: la partenza di Pilgrim per la Turchia, l’indagine sotto copertura, il modo in cui scopre i collegamenti con il Saraceno e, come nei migliori film d’azione, ci mostra su due binari paralleli le mosse compiute dai due uomini in contemporanea, senza che l’uno sappia dell’esistenza dell’altro, fino al combattimento finale nell’arena del teatro della morte. Solo un sentimento sarà più forte della rabbia, della fede, della determinazione del Saraceno e Pilgrim sa qual è, ha imparato la lezione tanti anni prima, davanti ad un dirigente di una banca svizzera. Sarà quella lezione a salvare la sua vita e quella di tanti ignari cittadini dell’America e del mondo.

Una considerazione a margine: il ruolo delle donne. Nel suo libro Hayes ci mostra donne musulmane ed americane, donne con veli e lunghi abiti neri e donne con tacchi altissimi e minigonne da sballo; ma la cosa che le accomuna a prescindere da quale sia il loro lato della barricata è solo una: l’intelligenza, l’arguzia, la capacità di rischiare, il loro ruolo determinante per stabilire il corso degli eventi.

Scritto in modo magistrale, questo libro tiene incollati alle pagine dall’inizio alla fine, è avvincente, originale e pieno di colpi di scena, con personaggi ben costruiti e ben inseriti nel romanzo. E’ davvero un peccato arrivare alla fine e doversene separare. Le 889 pagine scorrono via senza mai un calo di attenzione, un intoppo, una parte più noiosa… è davvero bellissimo! Lettura assolutamente consigliata!

 

Opera recensita: “Pilgrim” di Terry Hayes

Editore: Rizzoli, 2013

Genere: thriller/spionaggio

Ambientazione: mezzo mondo!

Pagine: 889

Consigliato: assolutamente sì.

 

mercoledì 8 giugno 2016

RECENSIONE: CRISTINA CABONI - LA CUSTODE DEL MIELE E DELLE API


Sinossi:

Angelica non è mai riuscita a mettere radici. Non ha mai voluto legarsi a niente e nessuno, sempre pronta a fuggire da tutto per paura. C'è un unico posto dove si sente a casa, ed è tra le sue api. Avvolta dal quieto vibrare delle loro ali e dal profumo intenso del miele che cola dalle arnie, Angelica sa di essere protetta e amata. È un'apicultrice itinerante e il miele è la sola voce con cui riesce a far parlare le sue emozioni. Perché il miele di lavanda può calmare un animo in tempesta e quello di acacia può far ritrovare il sorriso. E Angelica sa sempre trovare quello giusto per tutti, è il suo dono speciale. A insegnarglielo è stata Margherita, la donna che le ha fatto da madre durante l'infanzia, quando viveva su un'isola spazzata dal vento al largo della Sardegna. Dopo essere stata portata via da lì, Angelica ha chiuso il suo cuore e non è più riuscita a fermarsi a lungo in nessun luogo.
Ma adesso il destino ha deciso di darle un'altra possibilità. C'è un'eredità che la aspetta là dove tutto è cominciato, su quell'isola dove è stata felice. C'è una casa che sorge fra le rose più profumate, un albero che nasconde un segreto prezioso e un compito da portare a termine. E c'è solo una persona che può aiutarla: Nicola. Un uomo misterioso, ma che conosce tutte le paure che si rifugiano nei grandi occhi di Angelica. Solo lui può curare le sue ferite, darle il coraggio e, finalmente, farle ritrovare la sua vera casa. L'unico posto dove il cuore può essere davvero libero.
Dopo lo strabiliante successo del Sentiero dei profumi, un bestseller adorato dai lettori e dalla stampa, venduto in tutto il mondo e che ha conquistato la vetta di tutte le classifiche italiane e straniere, Cristina Caboni ci regala un nuovo prezioso gioiello. Un romanzo emozionante e pieno di vita. Una storia che ci prende la mano e ci porta dove i nostri sogni possono aprire la porta all'amore.

 

Come promesso, eccomi qui a parlarvi de “La custode del miele e delle api”, secondo romanzo della scrittrice sarda Cristina Caboni. Ho appena terminato la lettura e sono ancora immersa nelle tante emozioni che queste pagine così intense mi hanno lasciato. Il primo romanzo, “il sentiero dei profumi” mi era piaciuto per l’interesse suscitato in me dal tema (i profumi, appunto) e perché era ambientato tra Firenze e Parigi, due città che mi affascinano; questo secondo libro, invece, mi ha colpito perché l’ho sentito più vivo, più reale. Se ricordate, infatti, avevo descritto “il sentiero dei profumi” come una bella fiaba perché la storia di Elena era bellissima, ma forse troppo fiabesca, appunto, per essere vissuta nei nostri giorni. In “La custode del miele e delle api”, invece, si sente tutta l’amarezza della realtà del nostro mondo, quello fatto di abusi, interessi economici e logiche di potere contro cui bisogna lottare ogni giorno per impedire che prevalgano sulle nostre radici, sulla storia del nostro territorio, qualunque esso sia. La storia di Angelica, infatti, è ambientata ad Abbadulche, un piccolo villaggio su un’isola della Sardegna, nelle cui vicissitudini possiamo vedere ciò che accade, purtroppo, in tanti posti della nostra bella Italia.

Ma “La custode del miele è delle api” racconta la storia di tante donne tenaci, che con coraggio riescono ad emergere dal loro buio interiore, lottando contro la prevaricazione che viene da fuori e l’ombra più grande e minacciosa che viene dal loro interno. E’ questo che fanno Angelica, Maria, Sofia, Pina, Gigliola e tutte le protagoniste di questo splendido libro. Ed è quello che fa anche Nicola, bello e tormentato, che deve ritrovare il suo equilibrio e fare ordine nei suoi sentimenti. Ci riusciranno lui ed Angelica? Riusciranno a guardare al passato senza paura, a dissipare le ombre e sciogliere il ghiaccio che imprigiona il loro cuore? Sarà più forte il loro legame o gli ostacoli, le incomprensioni, l’orgoglio?

Ci sono, a ben guardare, dei punti in comune con il primo romanzo: le due protagoniste, per esempio, si somigliano. Entrambe sono restie a fidarsi degli altri, a lasciarsi amare; entrambe hanno problemi con il loro passato: non vorrebbero affrontarlo, ma non riescono a lasciarselo alle spalle. E poi sia in “il sentiero dei profumi” sia in “la custode del miele e delle api” si sente il legame con il passato, con la tradizione, le radici, la storia. E tutto è condito da un profumo di fiori, di acqua, di terra. Nei suoi romanzi Cristina Caboni ci dona il suo, personale, amore per la natura che ci avvolge, cura e protegge e che, allo stesso tempo, va amata e salvaguardata. In questo romanzo, in particolare, l’autrice ci porta nella sua Sardegna e nel suo mondo, quello delle api e del miele, ci guida alla scoperta dei poteri di questo nettare dolce che dà coraggio, forza, sostegno, felicità. Cosa dire di più? Leggetelo, è bellissimo!

 

Opera recensita: “la custode del miele e delle api” di Cristina Caboni

Editore: Garzanti, narratori moderni, 2015

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Sardegna

Pagine: 360

Consigliato: sì.

 

 

martedì 7 giugno 2016

RECENSIONE: SVEVA CASATI MODIGNANI - COME STELLE CADENTI


Sinossi:

Intorno a un indimenticabile personaggio femminile ruota la storia avventurosa e tormentata di una ricchissima famiglia milanese le cui vicende si intrecciano su uno scenario internazionale nell'arco di un secolo. L'ombra di un incesto, la creazione di un grande impero industriale, i colori cruenti della guerra, il mondo sfavillante della moda, il languore della sensualità e i segreti inconfessabili dei potenti sono gli elementi di questo romanzo violento e romantico che affascina e coinvolge profondamente il lettore.



Oggi vi parlo di “Come stelle cadenti”, romanzo scritto da una delle mie autrici preferite, Sveva Casati Modignani. Beh… che dire?E’ un romanzo semplicemente stupendo! Ricco di colpi di scena, intrecci, corsi e ricorsi storici... un reticolo di emozioni forti strettamente legato alla storia di una importante famiglia milanese, i Letizia, ma indirettamente alla storia dell'Italia del Novecento, tra povertà, emigrazione, voglia di rivalsa, guerra. In questo libro c'è tutto, amore (in tante forme), morte, vita, potere, inganno, sensualità, sogni di grandezza e di libertà, il tutto magistralmente raccontato dalla penna infallibile ed esperta di Sveva Casati Modignani. Mi è piaciuto moltissimo, in particolare mi ha colpito il fatto che l'autrice, pur parlando di temi importanti come l'omosessualità, l'amore contrastato, l'incesto, non prenda mai posizioni nette ed assolute, ma preferisca affidare idee e commenti ai suoi personaggi con il risultato che l'opinione cambia a seconda della prospettiva da cui si guarda! In questo modo il libro offre più spunti di riflessione al lettore che può valutare a quale posizione si sente di volta in volta più vicino.

Quella raccontata in “come stelle cadenti” è certamente una storia articolata, complessa e controversa, ma è altrettanto affascinante e coinvolgente.
Consigliatissimo a chi, come me, ama immergersi (e talvolta perdersi) in una storia dai tanti volti e dalle tinte forti quanto le emozioni che suscita.

 

Opera recensita: “Come stelle cadenti” di Sveva Casati Modignani

Editore: Sperling & Cupfer, 2008

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Milano

Pagine: 528

Consigliato: sì.

 

 

domenica 5 giugno 2016

RECENSIONE: SARA RATTARO - NON VOLARE VIA


Sinossi:

Per essere straordinari non è necessario nascere perfetti.
Matteo ama la pioggia, adora avvertire quel tocco leggero sulla pelle. È l'unico momento in cui è uguale a tutti gli altri, in cui smette di sentirsi diverso. Perché Matteo è nato sordo.
Oggi è giorno di esercizi. La logopedista gli mostra un disegno con tre uccellini. Uno vola via. Quanti ne restano? La domanda è continua, insistita. Ma Matteo non risponde, la voce non esce, e nei suoi occhi profondi c'è un mondo fatto soltanto di silenzio. All'improvviso la voce, gutturale, dice: «Pecché vola via?».
Un uccellino è volato via e Matteo l'ha capito prima di tutti. Prima della mamma, Sandra. Prima della sorella, Alice. È il padre a essere volato via, perché ha deciso di fuggire dalle sue responsabilità.
All'inizio non era stato facile crescere il piccolo Matteo. Eppure tutti si erano fatti forza in nome di un comandamento inespresso: restare uniti grazie all'amore. Ma è stato proprio l'amore a travolgere Alberto, un amore perduto e sempre rimpianto. Uno di quei segreti del passato che ti sconvolgono la vita quando meno te l'aspetti. Lo fa quando credi di essere al sicuro, perché sei adulto e sai che non ti può succedere. E poi ti trascina nell'impeto di inseguire i tuoi sogni.
Ma adesso Alberto ha una famiglia che ha bisogno di lui. Sandra, la donna che ha sacrificato tutto per il figlio. Alice, la figlia adolescente che sta diventando grande troppo in fretta. Ma soprattutto ha bisogno di lui Matteo, che vorrebbe gridare: «Papà, non volare via».

Questa è una storia che parla di tutti noi, che parla di un amore grande e imperfetto.
Questo è il romanzo di un bambino coraggioso, di un padre spaventato e di una ragazza con i piedi per terra. Ma anche quello di una madre che non ha dimenticato di essere una donna.

 
Ogni scrittore ha un suo stile narrativo, ognuno a suo modo cerca di trasmettere qualcosa al lettore attraverso le sue parole… ma sono pochi gli autori che riescono a far passare le emozioni attraverso le parole creando altre, nuove, emozioni. E Sara Rattaro è una di questi. E lo fa in modo semplice, naturale, diretto… lei racconta storie normali eppure straordinarie, di quelle che colpiscono dritto al cuore.
Questa, per esempio, è la storia di una famiglia normale, come ce ne sono tante, che si trova alle prese con una situazione inaspettata ed ineluttabile: la sordità di uno dei suoi componenti: Matteo, il figlio minore di Alberto e Sandra, il fratellino di Alice.
Con sorprendente empatia, Sara Rattaro ci racconta la paura di Alberto che si sente sempre inadeguato e si rifugia in un amore passato, ma mai dimenticato; ci parla di Sandra, forte e combattiva, in grado di essere madre premurosa, ma anche donna lucida e spietata quando scopre il tradimento; e poi ci presenta Alice, che nonostante la giovane età è una donna intelligente, controllata e responsabile, molto più dei suoi genitori.
“Non volare via” racconta la storia di una famiglia che è sull’orlo del baratro, ma trova la forza per incollare i cocci; parla di due persone, Sandra ed Alberto, che riescono a riprendere le redini delle loro vite uscendo più forti da un tunnel buio ed insidioso; e poi ci mostra come due ragazzi, Alice e Matteo, riescano ad insegnare molto più di qualunque medico, psicologo, logopedista o terapeuta, perché la crescita può avvenire solo insieme, alla continua ricerca di se stessi, della propria identità familiare e del proprio equilibrio.
Perché come ci dice l’autrice, “non volare via” è soprattutto la storia di Matteo, un ragazzino che ci insegna che per essere straordinari non è assolutamente necessario nascere perfetti, ma che si ha bisogno di avere accanto qualcosa o qualcuno di cui essere fieri.
Un libro da leggere d’un fiato, immedesimandosi il più possibile nei personaggi, nelle loro incertezze e paure, proprio come fa Sara Rattaro in modo tanto magistrale e sorprendente.
Lettura assolutamente consigliata.

 

Opera recensita: “non volare via” di Sara Rattaro

Editore: Garzanti 2014

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: una città italiana, Parigi;

Pagine: 224

Consigliato: decisamente sì

Consigli correlati:

Libri: “niente è come te” di Sara Rattaro

Film: “la criptonite nella borsa” (non so perché, ma mi è venuto in mente leggendo)

Consiglio musicale: “a bocca chiusa” di Silvestri.

 

venerdì 3 giugno 2016

RECENSIONE: MATTHEW PEARL - IL CIRCOLO DANTE


Sinossi:

Boston, 1865. In un'America appena uscita dalla guerra civile, un gruppo di letterati, tra i quali il poeta Longfellow, lavora alla traduzione inglese della "Divina Commedia". Il comitato direttivo dell'università di Harvard, di ferrei principi protestanti e conservatori, cerca di ostacolare la diffusione delle superstizioni "papiste" di Dante, ma quando la città viene insanguinata da una serie di efferati delitti, i membri del Circolo Dante saranno gli unici in grado di scoprire il colpevole. Sembra infatti che l'assassino si ispiri alle torture e alle pene descritte nell'"Inferno" per martoriare le sue vittime.

 

Avrete certamente notato che in questa settimana non sono stata molto presente con le recensioni… me ne scuso, ma sono stata impegnata con la lettura del libro di cui vi parlo oggi.

Si tratta del primo romanzo dello scrittore americano Matthew Pearl, intitolato “il circolo Dante”, una lettura tutt’altro che facile. Leggendo la trama ci si aspetterebbe un thriller d’azione con spunti letterari. In realtà gli spunti letterari ci sono e pure tanti e di qualità, ma non si può proprio parlare di un romanzo d’azione

Di cosa parliamo? Nel 1865, in una Boston scossa dalla guerra di secessione, vengono commessi alcuni efferati delitti che le cui vittime sono alcuni personaggi molto in vista in città: un giudice e un reverendo fra i primi. Un gruppo di illuminati letterati bostoniani che si sta occupando della prima traduzione in inglese della Commedia di Dante si rende conto che c’è un legame tra i delitti e le punizioni inferte da Dante nell’inferno. Da qui partono le indagini, quelle quasi segrete dei letterati (che hanno paura di infangare Dante rivelando il collegamento con i crimini) e quelle più o meno ufficiali svolte non senza ostacoli da Nicolas Rey, il primo agente nero della storia di Boston.

Ora, la trama non è affatto male, anzi fornisce spunti storici e letterari molto interessanti, ma ciò che può essere d’ostacolo alla lettura è proprio la prosa dell’autore. Il suo stile narrativo, soprattutto all’inizio del libro, è estremamente lento e prolisso ed affatica chi voglia entrare nella lettura. Nonostante questo gap stilistico, però, si tratta di un buon libro, punto di partenza per chi voglia approfondire le questioni storiche dell’America della seconda metà dell’800 e per chi voglia leggere Dante sotto un’ottica diversa.

Non posso definirlo un libro trascendentale, ma nemmeno mi sento di bocciarlo… quindi “nì”! .

Opera recensita: “il circolo Dante” di Matthew Pearl

Editore: Rizzoli, 2003

Genere: thriller

Ambientazione: Boston, 1865

Pagine: 538

Consigliato: sì/no