martedì 31 agosto 2021

RECENSIONE: GIUSEPPE CULICCHIA - A VENEZIA CON UN PICCIONE IN TESTA. STORIA TRAGICOMICA DEGLI ITALIANI IN FERIE

                         

Sinossi:    

Dalla fine della primavera molti italiani entrano in una strana agitazione e non solo per le scadenze fiscali: è il momento di affrontare la questione delle vacanze estive, almeno per gli imprevidenti che non si sono organizzati prima e al netto di restrizioni pandemiche e mascherine varie. Sbiadito il mito del low-cost, bisogna fare i conti col carovita e in qualche caso ricorrere al mutuo balneare, pur di non apparire «sfigati» sui social, dove postare le foto delle vacanze è ormai un obbligo. Ma come evitare lo stress, la noia, e naturalmente le fregature non di rado in agguato tra i pixel dei siti specializzati e i fotomontaggi di tanti dépliant? Giuseppe Culicchia ci accompagna in un esilarante viaggio attorno al grande rito italiano della vacanza: un grand tour da Venezia a Lanzarote, dalle Alpi al Kazakistan, passando per autogrill, presunti ristoranti stellati, boutique folkloristiche, toilette introvabili, sagre di paese e scene fantozziane. Una radiografia impietosa del Paese in cuffie e infradito che ci aiuta a capire quanto siamo cambiati dalle prime vacanze degli anni del Boom. E perché, sempre più spesso, al ritorno abbiamo bisogno di una vacanza più di quando siamo partiti.

 

Commento:

Non avevo mai letto nulla, prima d'ora, di Giuseppe Culicchia e devo dire che questo suo "A Venezia con un piccione in testa" è stato una piacevole scoperta. È un breve e simpatico compendio di tutte le recenti abitudini, fissazioni, manie degli italiani in vacanza, o meglio dalla fase preparatoria fino al ritorno a casa, quando si ha bisogno di una vacanza dalla vacanza. Ma come si arriva a stressarsi persino nel periodo universalmente dedicato al relax? Quali sono gli atteggiamenti, generalizzati ed ormai automatici, che trasformano la vacanza in un lavoro? I social, va da sé, hanno un ruolo importante in queste nuove dinamiche di cui tutti noi siamo, volente o nolente, diventati vittime: abbiamo smesso di guardare ciò che abbiamo intorno se non attraverso l'occhio elettronico di una fotocamera; ci siamo disabituati a vivere i momenti di relax in un modo naturale che non abbia il filtro del giudizio dei followers… Su questa ed altre circostanze riflette e fa riflettere Giuseppe Culicchia, con un piglio a metà tra l'ironico e l'interesse antropologico, in questo libro che risulta una lettura piacevole, gradevole ed a tratti illuminante. E non preoccupatevi se, in qualche pagina sentirete di provare un pizzico di sano disagio nel riconoscervi in qualche bislacca abitudine fra quelle descritte: sono convinta che, leggendo, capiterà a tutti… è capitato pure a me..

 

Opera recensita: "A Venezia con un piccione in testa" di Giuseppe Culicchia

    Editore: Solferino, 2021

Genere: narrativa italiana

Pagine: 192

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

 

lunedì 30 agosto 2021

RECENSIONE: JANELLE BROWN - PICCOLE COSE PREZIOSE

Sinossi:

Nina vive a Los Angeles. Cresciuta con la madre, un'esperta truffatrice, da sempre osserva le vite dei ricchi come uno spettacolo a lei precluso. Neanche la laurea in Storia dell'arte, ottenuta nonostante numerose difficoltà, le è valsa il riscatto che si aspettava. Ma ora che la madre si è ammalata, Nina ha bisogno di soldi. E così trova, finalmente, il modo di sfruttare quel pezzo di carta e il tempo passato a guardare quelle sfavillanti vetrine. Del resto, sono gli stessi ricchi di L.A. a fare sfoggio del lusso di cui sono circondati. E quella che sembra solo una foto su Instagram, per Nina diventa una finestra da cui identificare mobili, quadri, pezzi d'antiquariato di enorme valore. Dopodiché, per lei e il fidanzato Lachlan è fin troppo facile intrufolarsi nelle vite − e nelle case − delle vittime, e portare via oggetti da cui ricavare milioni di dollari. Eppure c'è un profilo che Nina, da tempo, si limita a osservare: quello di Vanessa Liebling, ereditiera e influencer. Quando Nina scopre che la ragazza si è ritirata a Stonehaven, la sua magione sulle fredde rive del lago Tahoe, capisce di aver trovato la vittima perfetta. Ma l'incontro tra Nina e Vanessa porterà a galla un passato comune e mai risolto, sepolto per anni nei meandri di Stonehaven. E la stessa Nina, così esperta delle vite altrui, dovrà riconoscere che in fondo anche la propria non è che una sequela di abili finzioni.

 

Commento:

Consigliato da praticamente tutte le riviste di gossip che quest'estate hanno elaborato liste di libri da leggere sotto l'ombrellone, Piccole cose preziose di Janelle Brown è un thriller psicologico gradevole, lento e mai troppo adrenalinico, che ha un grande pregio: parla dei social, del loro impatto sulle nostre vite e lo fa con cognizione di causa. Analizza tutto attraverso un parallelo vecchio quanto il mondo, quello fra la scaltra ed intelligente Nina Ross che per vivere tra mille difficoltà cede ai guadagni facili truffando ignari ricchi con la mania del selfie artistico e la ricca ereditiera influencer Vanessa Liebling, che per vivere ha bisogno dell'approvazione effimera dei suoi followers. Il risultato dell'incrocio di queste due vite sarà un confronto impietoso per entrambe e forse anche per noi che non siamo esenti dalla social mania. E vengono naturali tante domande: quante vite abbiamo o crediamo di avere? In quanti mondi viviamo, tanti quanti i profili che apriamo sui social? E in quale dei tanti profili viviamo? Quale vestito indossiamo? Chi finiamo per essere, davvero, noi? E cosa genera questa mania di postare, documentare, dare in pasto a sconosciuti ogni momento della nostra vita? Forse dal bisogno spasmodico di piacere, di sentirsi apprezzati, di sentirsi qualcuno… E poi c'è l'altra faccia della medaglia: chi ci guarda, ci osserva, ci segue, ci studia, cosa vede in noi? Cosa vuol vedere o crede di sapere? Quale potere crede di poter esercitare su di noi? Tanti, troppi interrogativi sui quali, se non trova proprio una risposta, questo libro ci induce a riflettere nella nostra dimensione più personale.

 

Opera recensita: "Piccole cose preziose" di Janelle Brown

Editore: Piemme, 2021

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 478

Prezzo: 19,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

venerdì 27 agosto 2021

RECENSIONE: MICHEL HOUELLEBECQ - SOTTOMISSIONE

    Sinossi:

A Parigi, in un indeterminato ma prossimo futuro, vive François, studioso di Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera universitaria. Perso ormai qualsiasi entusiasmo verso l'insegnamento, la sua vita procede diligente, tranquilla e impermeabile ai grandi drammi della storia, infiammata solo da fugaci avventure con alcune studentesse, che hanno sovente la durata di un corso di studi. Ma qualcosa sta cambiando. La Francia è in piena campagna elettorale, le presidenziali vivono il loro momento cruciale. I tradizionali equilibri mutano. Nuove forze entrano in gioco, spaccano il sistema consolidato e lo fanno crollare. È un'implosione improvvisa ma senza scosse, che cresce e si sviluppa come un incubo che travolge anche François. "Sottomissione" è il romanzo più visionario e insieme realista di Michel Houellebecq, capace di trascinare su un terreno ambiguo e sfuggente il lettore che, come il protagonista, François, vedrà il mondo intorno a sé, improvvisamente e inesorabilmente, stravolgersi.
Siamo nel 2022, in una Francia in piena campagna elettorale, ma a vincere le presidenziali è sorprendentemente il rappresentante moderato di un partito musulmano. In Sottomissione, romanzo di Michel Houellebecq già discusso ancor prima di uscire nelle librerie, ci troviamo di fronte alle paure occidentali e allo spauracchio di una rivincita del mondo arabo. Nel romanzo dello scrittore d’oltralpe il protagonista è un professore universitario quarantaquattrenne, misantropo e incapace di amare una donna. In un mondo e in un’atmosfera privata nichilista si fa largo l’universo politico che cambierà le vite di tutti i cittadini francesi. Il vincitore delle elezioni che riesce a sconfiggere la destra di Le Pen è Mohammed Ben Abbes, personaggio all’apparenza rassicurante, ma tutt’altro che moderato, che promette di nominare il centrista Francois Bayrou primo ministro. La Francia ben presto si trasforma però in un Paese islamizzato dove le donne non indossano più vestitini e gonne, ma il velo, e dove la sharia e la poligamia la fanno da padrone. Parigi si trasforma così nella capitale di uno stato patriarcale e lo stesso Francois, narratore protagonista del libro, si converte all’Islam per riavere il suo lavoro alla Sorbona. In fondo, sostiene lui stesso, l’islamismo non è così male visto che ben presto potrà concedersi anche più mogli. La situazione paradossale e inverosimile descritta da Houllebecq in Sottomissione è una critica aperta alla politica che si fa comprare e che cede alle lusinghe di chi offre di più e ovviamente al mondo arabo e all’Islam e forse, più in generale, a tutte le convinzioni religiose. Il mondo di Francois infatti viene stravolto e tutto sembra un incubo. Dopo qualche tempo, il protagonista scopre che la sua vita era molto meglio prima: senza scossoni e senza emozioni. E’ questo il mondo in cui viviamo secondo Houllebecq? Il lettore lo scoprirà pagina dopo pagina in un romanzo sublime, provocatorio e con un bizzarro senso dell’umorismo.

 

Commento:

Sottomissione è il primo romanzo che leggo di Michel Houellebecq, questo scrittore francese così discusso e così controverso sul quale, solo da queste pagine, non sono riuscita a farmi un'opinione chiara. Sottomissione è un romanzo apparentemente ordinario, apparentemente normale, apparentemente tante cose… cosa sia in realtà, io non l'ho ben capito. Di sicuro il suo protagonista, per quanto voglia apparire ordinario ed integrato in una società di suoi simili, è tutt'altro che un uomo come tanti. François è un professore universitario quarantaquattrenne, studioso di Huysmans, misantropo, apparentemente cinico e sicuro di sé; in realtà è un uomo in balia degli eventi, delle proprie pulsioni e degli eccessi di una mente intellettualoide convinta di rimuginare sui massimi sistemi ma che si arrovella e si avvita incessantemente su se stessa. È un uomo solo, le cui relazioni si sostanziano in qualche bevuta coi colleghi, in qualche incontro sessuale senza impegno con giovani studentesse. È un uomo che, nel mezzo del cammin della sua vita, nel momento fatale in cui deve decidere se legarsi a una donna (concetto inconcepibile, puro abominio), o morire suicida per mancanza di altri stimoli, viene – se così si può dire – salvato dagli sconvolgimenti politici, economici e sociali derivanti dalla vittoria elettorale del candidato islamico. I progetti di islamizzazione del Paese, apparentemente moderati, dolci, poco invasivi ma in realtà radicali e pregnanti, coinvolgono tutto e tutti, a cominciare proprio da Miriam, l'unica giovane donna con cui, ipoteticamente, forse in una vita successiva, François avrebbe potuto legarsi. Il momento di decidere procrastinato fino ad allora e che possibilmente avrebbe rimandato all'infinito gli viene così strappato dal futuro, bruscamente, con un taglio netto, un velo nero, un sipario calato su una delle poche cose che davvero contano per François, il sesso e il piacere fisico. Ed è singolare che, con tutto ciò che di assurdo, sconvolgente, folle gli sta accadendo intorno, sia questo il primo – e forse unico – vero momento in cui lo vediamo provare emozioni. "Sottomissione" scorre specularmente alla vita del suo protagonista, con andamento discontinuo ed a singhiozzo, fra pagine di stasi e riflessioni sterili e fini a se stesse e pagine dinamiche, febbrili in cui si percepisce addirittura una contenuta tensione. Non mi sento di esprimere un giudizio definitivo su questo libro, peraltro molto criticato prima, durante e dopo la sua uscita nel 2015; non mi sento di bocciarlo né di consigliarlo, perciò a voi la scelta, se vi incuriosisce anche un pochino, dategli una possibilità… magari vi innamorerete di un autore che, attraverso queste pagine, vorrebbe parlarci forte e chiaro, anche se non è altrettanto chiaro cosa voglia veramente dirci. Probabilmente, per quanto nella sua boria sia convinto del contrario, non lo sa bene neanche lui, troppo preso dalla propria autoreferenziale genialità che lo porta a guardarci dall'alto in basso, ad indottrinarci ed illuminarci per puro atto d'indulgenza… ma questa è solo una mia impressione: leggendo altro potrei ricredermi. Chissà che non mi sbagli e Houellebecq geniale lo sia davvero…

 

Opera recensita: "Sottomissione" di Michel Houellebecq

Editore: Bompiani, 2015

Genere: distopico

Ambientazione: Francia

Pagine: 252

Prezzo: 17,50 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 6,5.

      

martedì 24 agosto 2021

RECENSIONE: EMILY HENRY - ROMANZO D'ESTATE

    Sinossi:

Augustus Everett è un autore amato dalla più intransigente critica letteraria. January Andrews invece scrive deliziose commedie romantiche che scalano regolarmente le classifiche. Lui è uno scrittore serio, ma non riesce a parlare di sentimenti. Lei è una sostenitrice dell'amore per sempre e del lieto fine. Non hanno niente in comune. A parte che per i prossimi tre mesi saranno vicini di casa. January ha infatti deciso di rifugiarsi nel cottage del padre sul lago Michigan e pensa di trascorrere l'estate raccogliendo le idee e scrivendo un romanzo pieno della felicità che non sa più immaginare: ha da poco scoperto un segreto sui suoi genitori e non crede più nell'amore. Nella veranda accanto alla sua c'è però un vicino di casa inaspettato: Augustus Everett, suo ex compagno di college e soprattutto autore di fama. Anche lui colpito da un paralizzante blocco dello scrittore. Da sempre i due non si sopportano, ma decidono di lanciarsi una sfida per cercare di darsi una mano, o più probabilmente di punzecchiarsi. Si scambieranno il romanzo. E così Augustus dovrà dimostrare di saper scrivere anche un lieto fine e January di sapersi cimentare nella scrittura del Grande Romanzo Americano. E questa scommessa cambierà inevitabilmente tutti i finali... Emily Henry ci regala una storia poetica ed effervescente che ha conquistato lettori e librai indipendenti. Romanzo d'estate è un'irresistibile e sofisticata commedia indie sugli opposti che si attraggono e sulle seconde occasioni, che regala leggerezza e buonumore e che ha scalato per mesi la classifica del «New York Times».

 

Commento:

"Romanzo d'estate", un titolo che, senza promettere troppo, è stato capace di suscitare curiosità. È proprio grazie al titolo – non ho neanche letto prima la trama – che mi sono ritrovata a leggere questa tutto sommato gradevole "commedia indie sofisticata", come giustamente la definisce la quarta di copertina: un romanzo leggero, soft, che però ha qualcosa in più del classico, stereotipato romanzo rosa. Che sia il fatto che i protagonisti siano due giovani scrittori bloccati nel loro genere narrativo, che siano a loro modo credibili in una trama già segnata, che siano i riferimenti ad argomenti che normalmente non ci si aspetta in un romance… sta di fatto che questo romanzo d'estate è riuscito a sorprendermi ed intrigarmi. È ambientato sul lago Michigan, nel Midwest americano, appunto in estate, parla anche di libri oltre che di sentimenti… perché non leggerlo? Non sarà il capolavoro della vita, ma una possibilità, sotto l'ombrellone, la merita.

 

Opera recensita: "Romanzo d'estate" di Emily Henri

Editore: Harper Collins, 2021

Genere: romance, romanzo rosa

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 416

Prezzo: 16,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7.

      

domenica 22 agosto 2021

RECENSIONE: KATRINE ENGBERG - ALI DI VETRO

    Sinossi:

    Nella fontana più antica di Copenaghen galleggia il cadavere nudo di una donna: è morta altrove, dissanguata, e le telecamere di sorveglianza della zona hanno registrato una figura incappucciata che all'alba la scaricava nell'acqua da una bici da carico. Le indagini vengono affidate a Jeppe Kørner, al quale spetta il difficile compito di ricostruire come l'assassino sia riuscito a portare a termine un omicidio tanto scenografico in piena area pedonale. Tanto più che questa volta non c'è Anette Werner al suo fianco: la collega sta tentando di imparare a convivere con il suo nuovo e inatteso ruolo di mamma, nonostante l'istinto della poliziotta non la lasci in pace. È proprio lei a spingerlo a esplorare gli angoli più bui della capitale danese e a penetrare il cuore del suo sistema sanitario, fino al confronto con responsabili e collaboratori di un istituto rivolto a giovani con problemi psichici, che porta l'armonioso nome di "Residenza La farfalla". Gente che sembra avere un'idea molto personale di cosa significhi dare assistenza a chi ne ha bisogno. Ma Jeppe avrà anche l'occasione di entrare in contatto con chi sta dall'altra parte: quelli che la società non è in grado di accogliere, i "malati" che nessuno vuole perché rovinano l'immagine di comunità ordinata a cui i "sani" aspirano. Ragazzi non integrati in grado di dimostrargli che la fragilità può nascondere una grande forza, e che anche con le ali spezzate è possibile volare.

 

Commento:

Secondo, atteso episodio della serie con il tormentato Jeppe Korner e la scoppiettante ed irrequieta Anette Werner, ambientata nella bella ed elegante Copenaghen. Stavolta l'assistente di polizia Jeppe Korner dovrà confrontarsi con una serie di omicidi particolarmente truculenti, legati a doppio filo ad un istituto chiuso da anni, la Residenza La farfalla. Dovrà occuparsene da solo, visto che Anette, la sua compagna di squadra, non è in servizio perché ha appena partorito una bimba. Ma gli altri membri della sua squadra non sono Anette e per lei la bimba, per quanto desiderata, è difficile da gestire… le manca troppo il lavoro. Così, mentre Jeppe annaspa in un'indagine che lo condurrà in un vicolo cieco, lei indaga per conto proprio. Entrambi, per vie parallele, incontreranno una realtà tanto avvilente quanto realistica, quella dei ragazzi con problemi psichici, quella dei reparti in cui vengono – o dovrebbero essere – curati, quella degli interessi che ruotano attorno ad un paziente dal futuro compromesso.

Ali di vetro poteva essere un thriller migliore, se ci fosse stato maggior approfondimento sui personaggi e se si fosse andati un po' più a fondo nella trama… ma è un libro che fa riflettere, fa pensare, perciò lo consiglio, nell'attesa di un terzo capitolo di questa saga che ha molto potenziale ma che ancora non decolla.

 

Opera recensita: "Ali di vetro" di Katrin    e Engberg

Editore: Marsilio, 2021

Genere: thriller, seriale

Ambientazione: Copenaghen, Danimarca

Pagine: 368

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

  

sabato 21 agosto 2021

RECENSIONE: ORHAN PAMUK - LA CASA DEL SILENZIO

Sinossi:

Fatma, insieme al nano Recep, figlio illegittimo del suo defunto marito, vive ancora nella casa in cui si trasferì con il suo sposo - un medico fallito, attivista politico e alcolista - quando decisero di abbandonare Istanbul agli inizi della rivoluzione del 1908. Nella cadente villa in legno Fatma, altezzosa e bisbetica, trascorre i giorni e le notti assorta nei ricordi, a rodersi in un cupo sentimento. I suoi figli sono morti, ma i suoi tre nipoti ogni estate vanno a trovarla per un breve soggiorno. Faruk, il maggiore, è uno storico che, abbandonato dalla moglie, ha trovato nell'alcol un efficace palliativo alla noia; Nilgün è un'affascinante studentessa progressista che sogna una rivoluzione sociale che non arriva mai; il giovane Metin è un genio della matematica che vuole emigrare negli Stati Uniti per arricchirsi. Tutti e tre, per motivi diversi, desiderano che la nonna venda la casa.

 

Commento:

Orhan Pamuk è un autore complesso, sfaccettato, che ama dire le cose a modo suo, con i suoi tempi, con i suoi non detti, senza preoccuparsi troppo di ciò che potrebbe piacere o non piacere al lettore. I suoi libri, perciò, sono tutti diversi fra loro e non tutti incontrano il mio personale gusto… ma c'è una cosa che li accomuna tutti: la Turchia, patria amata e dannata dell'autore che non perde occasione per raccontarla, analizzare come l'evoluzione storica riverbera sulla società, interpretarne i mutamenti culturali, sociali, finanche spirituali. In La casa del silenzio, romanzo del 2007, un Pamuk fresco di Nobel racconta le tante facce del suo Paese attraverso un romanzo corale, una saga familiare che in sé racchiude le anime di Fatma, una novantenne altezzosa che vive di ricordi e rancori mai sopiti, e dei suoi tre nipoti, Faruk, Metin e Nilgun, a loro modo tutti diversi ma fra loro isolati e slegati. A congiungere questa famiglia con il resto del mondo circostante c'è Recep, il cameriere di Fatma, il nano figliastro di suo marito Selahattin. Ciascuno, con la propria voce e il proprio sentire, racconta ciò che non va nella sua vita e – di riflesso – nella Turchia, dimenticando di considerare i problemi o i bisogni degli altri, come se ciascuno sprofondasse nella propria insoddisfazione. È naturale che, alla lunga, mondi così distanti eppure così prossimi finiscano per cozzare l'uno contro l'altro creando un cortocircuito.

La casa del silenzio non è un libro facile – nessuno dei libri di Pamuk lo è – e l'estrema introspezione e malinconia dei personaggi potrebbe scoraggiare; tuttavia a me non è dispiaciuto leggerlo perché a suo modo è uno spaccato di vita e di storia di un Paese affascinante, controverso ed ingannevole come la Turchia. Lo consiglio, anche se tra quelli che ho letto non è il miglior libro di Pamuk.

 

Opera recensita: "La casa del silenzio" di Orhan Pamuk

Editore: Einaudi, 2007

Genere: narrativa straniera, saga familiare, romanzo corale

Ambientazione: Turchia

Pagine: 376

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7.

  

giovedì 19 agosto 2021

RECENSIONE: DJAILI AMADOU AMAL - LE IMPAZIENTI

    Sinossi:

Camerun, Regione del Nord: tre donne, tre matrimoni, un unico destino. Ramla ha diciassette anni ed è costretta dal padre a lasciare gli studi e a sposare un uomo di cinquanta. Crede che sua cugina Hindou sia più fortunata di lei, perché il suo promesso sposo Moubarak di anni ne ha solo ventidue, e non è brutto, tutt’altro. Ma sbaglia, perché Hindou sa bene di che pasta è fatto suo cugino e qualsiasi sorte sarebbe per lei meglio che essere data in sposa a lui. Safira, trentacinque anni, per ventidue è stata la prima e unica moglie di Alhadji Issa, l’uomo più importante della città. Fino al giorno in cui Ramla non entra in casa sua come «co-sposa», e i suoi occhi cominciano a consumarsi dalla gelosia.

Per nessuna di loro c’è una via di fuga, una strada diversa che non le consegni all’istante alla riprovazione sociale, alla gogna pubblica. L’unico antidoto alla sofferenza, alla violazione, l’unica soluzione che viene loro additata, il basso continuo delle loro esistenze interrotte, è la pazienza, nel nome di Allah. La capacità senza limiti di sottomettersi, nascondere, accettare di buon grado, senza un pianto, un lamento, un grido. In questa prova sta il valore di una donna, su questa scala si misura la sua virtù. Grazie alla pazienza si può sopravvivere. Grazie alla pazienza di tante come loro, tutto un sistema sociale può sopravvivere.

Con questo romanzo polifonico Djaïli Amadou Amal ci riporta a un universo sommerso, tribale, in cui la femminilità non ha diritti e il rapporto fra i sessi è fondato sulla prepotenza. Scortica, disseziona, riduce all’osso i meccanismi di una cultura patriarcale progettata per schiacciare le donne, mostrandoci i danni irreparabili che produce, la sua intrinseca violenza. Una violenza cui le donne stesse si condannano, nel momento in cui rinunciano ai sogni per abbracciare i doveri, insegnando alle proprie figlie a fare lo stesso. Così Amal ci insegna a guardare con sospetto, sempre e ovunque, chi ci chiede di «pazientare » a ogni costo, mettendoci in guardia contro la subdola minaccia che in questo invito si annida.

 

Commento:

Ramla, Hindou, Safira. Tre donne, tre vite, tre storie intrecciate ed accomunate da un destino già segnato e indipendente dalla loro volontà: il matrimonio con un uomo che non hanno scelto, l'essere sottomesse, schiave di quell'uomo, doverlo rispettare, assecondare, venerare. E chi non ci sta? Chi si ribella? Viene punita, insultata, ricondotta alla ragione dalla sua stessa famiglia, da quel padre che ha deciso per lei, da quelle donne che l'hanno cullata da piccola e preparata per l'uomo a cui sarebbe andata in moglie.

Ramla, diciassette anni, sposa un cinquantenne che ha già una moglie, Safira, che crede di vedere in lei una nemica e fa di tutto per scacciarla, per riavere il suo matrimonio che credeva felice. Hindou sposa un cugino di ventidue anni, un violento che la umilia, la tradisce, la picchia e quando lei va a chiedere aiuto trova ad attenderla una porta in faccia.

Incomprensioni, dissidi, risentimento, grida d'aiuto inascoltate… e su tutto una parola, ripetuta fino allo sfinimento, salmodiata come un mantra… Munyal. Munyal significa pazienza, padronanza di sé, sottomissione. È questo che viene richiesto, o per meglio dire imposto, alle donne. E poco importa se soffrono, piangono, vengono maltrattate, picchiate, ferite, umiliate: sono in tutto e per tutto schiave del loro padrone, che sia il loro padre o il marito, l'uomo che il padre ha scelto per loro. Tutto ciò che di malvagio accade loro – le percosse, i tradimenti, le mancanze di rispetto – è colpa loro. E non c'è confidenza che tenga, perché molto spesso le nemiche delle donne sono proprio le altre donne. È proprio questo continuo fare appello alla pazienza che finisce per logorare ed annientare. E per chi si ribella, beh, la vita può diventare ancora peggiore.

 Quella raccontata in queste pagine è una storia di fantasia, basata però su fatti reali. L'autrice, DJAÏLI Amadou Amal, è stata a sua volta data in sposa ad un cinquantenne quando lei di anni ne aveva diciassette. È riuscita a liberarsi del primo ed anche del secondo marito fuggendo lontano, nella capitale ricostruendo la sua vita ed aiutando le altre donne. Sa di cosa parla, dunque. È per questo che Le impazienti è così toccante: è un romanzo vero in cui le donne, le vite, le storie escono dalle pagine ed arrivano dritte al cuore.

 

Opera recensita: "Le impazienti" di Djaili Amadou Amal

Editore: Solferino, 2021

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Camerun

Pagine: 224

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

      

lunedì 16 agosto 2021

RECENSIONE: BORIS VIAN - LA SCHIUMA DEI GIORNI

Sinossi:

Colin è un giovane parigino ricco e annoiato. Passa il tempo dedicandosi a ricette inverosimili, strimpellando bizzarri strumenti di sua invenzione, bighellonando con Chick - il suo migliore amico - un ingegnere spiantato e sperperone che ha uno strano pallino: collezionare le opere di Jean-Sol Partre. Poi, nella vita del signorino entra, in modo esplosivo, l'amore. L'incontro con la bella Chloé è un colpo di fulmine: decidono di sposarsi nel giro di pochi giorni. Al ritorno dal viaggio di nozze, Chloè si ammala. Nei suoi polmoni si annida un male terribile, fatica a respirare. Mentre il tempo va sempre più veloce, e l'appartamento dove vivono, inizialmente di dimensioni faraoniche, si fa sempre più stretto...

 

Commento:

Quando, attirata dal titolo e dalla fama, ho deciso di leggere La schiuma dei giorni non conoscevo Vian e non avevo idea di cosa aspettarmi. Quello che ho trovato ad attendermi è un romanzo profondamente surreale, strano, buffo, grottesco, eppure geniale. La schiuma dei giorni è un romanzo unico nel suo genere, è così bislacco che sembra quasi un non senso, invece di senso ce n'è da vendere. Racconta una storia d'amore, in fin dei conti, ma lo fa in un modo tutto suo, con metafore ed invenzioni – linguistiche e non solo – veramente originali. Forse non vi conquisterà al punto da definirlo un capolavoro – com'è successo a me – o forse sì, ma di certo è un libro che bisogna leggere, anche solo per lo stile così peculiare ed imperdibile… senza contare che certe immagini nate dalla mente di Vian sono pura ed autentica poesia (la ninfea malefica che si combatte con altri fiori, giusto per citarne una, e il pianocktail per citarne un'altra). In una parola, leggetelo.

 

Opera recensita: "La schiuma dei giorni" di Boris Vian

Editore: Marcos y Marc    os, prima ed. originale 1947

Genere: letteratura francese, distopico

Ambientazione: Parigi

Pagine: 268

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7.

  

sabato 14 agosto 2021

RECENSIONE: NICCOLò AMMANITI - IO NON HO PAURA

            Sinossi:

In questo romanzo Niccolò Ammaniti va al cuore della sua narrativa, con una storia tesa e dal ritmo serrato, un congegno a orologeria che si carica fino a una conclusione sorprendente: e mette in scena la paura stessa. Michele Amitrano, nove anni, si trova di colpo a fare i conti con un segreto cosi grande e terribile da non poterlo nemmeno raccontare. E per affrontarlo dovrà trovare la forza proprio nelle sue fantasie di bambino, mentre il lettore assiste a una doppia storia: quella vista con gli occhi di Michele e quella, tragica, che coinvolge i grandi di Acqua Traverse, misera frazione dispersa tra i campi di grano. Il risultato è un racconto potente e di assoluta felicità narrativa, dove si respirano atmosfere che vanno da Clive Barker alle Avventure di Tom Sawyer, alle Fiabe italiane di Calvino. La storia è ambientata nell'estate torrida del 1978 nella campagna di un Sud dell'Italia non identificato, ma evocato con rara forza descrittiva. In questo paesaggio dominato dal contrasto tra la luce abbagliante del sole e il buio della notte, Ammaniti alterna, a colpi di scena sapienti, la commedia, il mondo dei rapporti infantili, la lingua e la buffa saggezza dei bambini, la loro tenacia, la forza dell'amicizia e il dramma del tradimento.

 

Commento:

Michele ha nove anni, vive con i genitori e la sorellina Maria nel minuscolo paesino di Acqua Traverse. La madre è una casalinga bellissima e il padre è sempre in viaggio con il camion. Michele passa le sue giornate estive giocando con i suoi coetanei, Il teschio, Salvatore, Remo e Barbara, gli unici bambini presenti, i figli delle uniche famiglie di quel paese fatto di quattro case di conto e poi colline e distese di campi di grano. È proprio durante uno di questi giochi che Michele, eseguendo una penitenza, scopre un segreto, un segreto vero, enorme, spaventoso, molto più grande di lui. E se non fosse bastato quello shock, se ne aggiunge subito un altro più forte e profondo: suo padre, quell'uomo mitizzato, quel riferimento da non contrariare mai, ha molto a che fare con quel segreto. Io non ho paura è un libro forte, scritto benissimo, che racconta una storia dura dal punto di vista di un bambino, un bambino che si sente grande, ma che sempre bambino rimane, con le sue paure, l'incoscienza, la difficoltà di capire cose che risultano difficili da comprendere anche per gli adulti. Uno splendido romanzo di formazione in cui un ragazzino di nove anni fa i conti con i primi, grandi colpi della vita: la paura che va trasformata in coraggio a tutti i costi, la delusione che viene dal mondo degli adulti e spesso dei genitori, il tradimento degli amici, la consapevolezza che non si deve aver paura dei mostri creati dalla nostra fantasia, ma degli uomini che ci circondano e talvolta possono essere molto peggiori di qualunque prodotto dell'immaginazione. Bellissima lettura, non avrei voluto che finisse.

 

Opera recensita: "Io non ho paura" di Niccolò Ammaniti

Editore: Einaudi, 2001

Genere: narrativa italiana, romanzo di formazione

Ambientazione: Sud Italia, estate 1978

Pagine: 230

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 9.

  

giovedì 12 agosto 2021

RECENSIONE: ISAKA KOTARO - I SETTE KILLER DELLO SHINKANSEN

    Sinossi:

Ōji ha la faccia innocente di uno studente per bene, in realtà è un pericoloso psicopatico. È lui ad aver mandato in ospedale il figlio di Kimura, che ora si trova sullo Shinkansen – il treno proiettile – per vendicarsi. Ma Kimura e Ōji non sono gli unici passeggeri pericolosi. Nanao, a suo dire l'assassino piú sfigato del mondo, e la letale coppia formata da Mikan e Lemon sono sullo stesso treno. Chi o che cosa li ha riuniti in una manciata di vagoni? E chi arriverà vivo all'ultima stazione?

 

Commento:

Un giallo a suo modo originale, questo di Isaka Kotaro, ambientato su un treno giapponese ad alta velocità. Un giallo tutto sommato gradevole, che non si prende troppo sul serio e che tiene compagnia sotto l'ombrellone. Un giallo che, tuttavia, desta qualche perplessità. Tra i punti a favore c'è, senza dubbio, il fatto che il punto di vista considerato sia sempre e solo quello del killer – anzi dei killer – e mai delle vittime. Di questo raduno improvvisato di addetti ai lavori, qui, non viene esaltata – come si potrebbe pensare – l'intelligenza, l'acume, la perspicacia, tutt'altro: l'immagine che vien fuori da queste pagine è ben lontana dal killer come siamo abituati ad immaginarlo… i killer qui sono maldestri, goffi, sfigati, lamentosi, magari anche efficienti, ma imprecisi, profondamente "umani" e perciò fallibili. Tra i punti a sfavore, invece, c'è il fatto che la storia sembra non decollare mai, non ci sono grandi climax di tensione, è tutto molto piatto se non fosse per i continui colpi di scena che dopo un po' sfiancano perché paiono deviare il percorso della trama e distogliere il lettore dall'obiettivo finale, dal senso ultimo del libro, sempre ammesso che ce ne sia uno, s'intende. In sostanza I sette killer dello Shinkansen è un libro da leggere senza troppe aspettative, giusto per vedere cosa ci riserverà la pagina dopo. E chissà che, letto con questo spirito, non finisca per sorprendere.

 

Opera recensita: "I sette killer dello Shinkansen" di Isaka Kotaro

Editore: Einaudi, 2021

Genere: thriller

Ambientazione: Giappone

Pagine: 552

Prezzo: 21,00 €

Consigliato: sì

Voto personale: 7,5.

  

martedì 10 agosto 2021

RECENSIONE: PATRICK MODIANO - DORA BRUDER

Sinossi:

31 dicembre 1941, sul "Paris-Soir" appare un annuncio: si cercano notizie di una ragazza di quindici anni, Dora Bruder. A denunciarne la scomparsa sono i genitori, ebrei emigrati da tempo in Francia. Quasi cinquant'anni dopo, per caso, Patrick Modiano si imbatte in quelle poche righe di giornale, in quella richiesta d'aiuto rimasta sospesa. Non sa niente di Dora, ma è ugualmente spinto sulle sue tracce. Modiano cerca di ricostruirne la vita, i motivi che l'hanno spinta a scappare e segue l'ombra di Dora per le vie di una città che conosce e ama, nei luoghi che hanno vissuto la guerra e l'occupazione, fino al drammatico epilogo ad Auschwitz. Qui, dove comincia la Storia degli uomini, si chiude per sempre la storia privata di Dora in mezzo a quella di un milione di altre vittime.

 

Commento:

"Dora Bruder" non è un vero romanzo perché è l'autore che racconta la sua esperienza nel ricercare una giovane donna ebrea partendo da un annuncio di cinquant'anni prima, ma è come se lo fosse. È come se fosse un romanzo per quanto è intensa e coinvolgente, se pur breve – o forse per questo – l'esperienza di lettura. In poco più di cento pagine, Modiano riesce a calarsi e a calarci negli anni bui della Seconda Guerra mondiale, nell'inverno freddo tra il 41 e il 42, in quel senso di orrore sublimato e perpetuato che sempre si prova nel leggere le testimonianze più toccanti relative a quel periodo. La ricerca di una giovane donna sconosciuta da parte dell'autore è un modo, quasi un pretesto, per ripercorrere quegli anni, ma anche per provare a trovare un senso ad alcune vicende successive, personali, legate alla vita ed alla famiglia dell'autore. Mi ha colpito, in modo particolare, un passo in cui Modiano cita I miserabili e racconta le sensazioni che ha provato leggendo quelle pagine e trasponendole nella realtà… mi ha colpito perché ho ritrovato esattamente i miei stessi pensieri, le stesse identiche cose che ho provato io leggendo l'opera di Hugo… un déjà-vu fortissimo che mi ha molto avvicinata a Modiano. Tornando a Dora Bruder, un libro che certamente consiglio, aiutato probabilmente dalla sua brevità: con una scrittura asciutta e mirata, Modiano condensa emozioni diverse e contenuti di grande interesse mostrando una sensibilità trattenuta a stento e un animo introverso e pronto a recepire nel profondo le impressioni della realtà circostante e ad immedesimarsi nel vissuto e nel dolore altrui. Un bellissimo libro, davvero.

 

Opera recensita: "Dora Bruder" di Patrick Modiano

Editore: Guanda, 2011

Genere: narrativa francese

Ambientazione: Parigi

Pagine: 136

Prezzo: 14,50 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8,5.

  

lunedì 9 agosto 2021

RECENSIONE: CATENA FIORELLO - CINQUE DONNE E UN ARANCINO

            Sinossi:

Ogni trasloco è una fine. O un inizio. Ma sempre e comunque un intreccio di emozioni. Lo sa bene Rosa, che dopo la morte del marito decide di lasciare Milano per tornare nella sua terra di origine, lo sperduto paesino siciliano di Monte Pepe. Qui si rende ben presto conto che le donne del luogo (perfino le più giovani!) sembrano rassegnate a un monotono tran-tran. Eppure ci deve essere un modo per ravvivare le giornate e risvegliare le ambizioni delle signore di Monte Pepe. Così, una mattina, si alza punzecchiata da un’idea: aprire una rosticceria che offra i migliori arancini della regione, in un ambiente ospitale che attiri turisti e buongustai. Forte del suo passato di cuoca, Rosa tenta di coinvolgere quattro amiche: Giuseppa, vedova con qualche anno in più, le gemelle Maria e Nunziatina, appassionate di cucina dell’antica tradizione, e la bellissima Sarina, giovane in cerca della sua vocazione. Ma fin da subito si scontreranno con una difficoltà insormontabile: il paese è troppo isolato fra le montagne e i clienti scarseggiano. In mezzo a questi guai, nuovi amori nascono, altri finiscono, e altri ancora stentano a farsi strada. E proprio quando le cinque amiche cominciano a darsi per vinte, il loro destino sarà stravolto dall’apparizione di una misteriosa donna che le trasporterà in un’incredibile avventura a New York. Già, perché la vita non è scritta soltanto dalle nostre intenzioni. Talvolta può accadere che il caso ci metta lo zampino, sorprendendoci con la sua generosità…

 

Commento:

Catena Fiorello è un'autrice che apprezzo. Mi piace il suo modo di scrivere, le storie che racconta, la sua sensibilità, le ambientazioni e i personaggi dei suoi romanzi, molto spesso luoghi del cuore e donne volitive e coraggiose. Tuttavia questo suo Cinque donne e un arancino non è riuscito a conquistarmi… sebbene sia scritto discretamente, l'idea della storia sia interessante e i messaggi siano pregevoli, la storia non mi ha appassionata ed i personaggi – le cinque donne protagoniste soprattutto – non mi hanno conquistata, non ho empatizzato con nessuna di loro. Il tutto mi è sembrato poco originale, alquanto insipido ed estremamente prevedibile… sarà che di romanzi "al femminile" ne ho letti tanti, ma questo non è riuscito a distinguersi in nulla. Mi dispiace, ma sebbene abbia dei pregi indiscutibili (l'ambientazione, la scrittura), non mi sento di consigliarne la lettura.

 

Opera recensita: "Cinque donne e un arancino" di Catena Fiorello

Editore: Giunti, 2020

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Sicilia

Pagine: 336

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: no

Voto personale: 6.

  

domenica 8 agosto 2021

RECENSIONE: VALENTINA VANZINI - MIA SUOCERA è UN MOSTRO

Sinossi:

Lexie Woods è una fashion victim, vive a New York, lavora come giornalista per una rivista di tendenza e si muove con disinvoltura tra inaugurazioni e feste esclusive. Potrebbe sembrare una vita perfetta se non fosse che le sue relazioni sentimentali sono un vero disastro. Ecco perché, quando incontra Mr Perfect, un bellissimo giovane italiano emigrato di successo, è disposta a tutto pur di far funzionare le cose. Persino partire senza preavviso alla volta della Sicilia, per conoscere quella che, se tutto andasse secondo i piani, potrebbe diventare presto la sua adorabile suocera. Non è forse vero che per conquistare il cuore di un uomo italiano bisogna piacere a sua madre? Quello che Lexie non sa è che la donna che la aspetta oltreoceano non è la dolce mamma da commedia all’italiana che aveva immaginato, tutta preghiere, manicaretti e complimenti, ma una perfida manipolatrice determinata a ostacolare il loro, eventuale, matrimonio. Tra segreti di famiglia, una ex agguerrita e un futuro cognato decisamente irritante, Lexie dovrà schivare la potenziale catastrofe e dimostrare di aver diritto al suo romantico futuro.

 

Commento:

Con questo caldo e dopo una lettura decisamente impegnativa, cercavo un romanzo che non mi desse troppo da pensare, leggero, godibile, non per forza originale, ma comunque piacevole. Tra i libri in attesa ho ritrovato Mia suocera è un mostro, romanzo rosa di Valentina Vanzini pubblicato da Newton Compton nel 2020. Leggo pochi romanzi rosa, ma questo mi aveva attirata già quando uscì, così ho cominciato a leggerlo ed ho smesso solo poche ore dopo, a lettura terminata: le trecentoventi pagine sono davvero volate. Le mie aspettative non solo non sono state deluse, ma anzi sono state superate: questo romanzo è riuscito a farmi ridere, ma non un sorrisetto accennato così, random: ho proprio riso spesso ed apertamente man mano che la guerra tra Lexie, la newyorchese fashion victim e la temibile Rosaria, suocera e madre sicula prendeva forma a colpi di dispetti piccoli e grandi. Ho empatizzato con Lexie, ma mi sono anche incavolata con lei, ho detestato Mr Perfect e avrei voluto farmi un bicchiere con Cettina e la zia super glam… e anche i manicaretti di quella peste di Vito decisamente non li avrei disdegnati. Ma soprattutto, cosa che decisamente mi ci voleva, mi sono divertita. Abbiamo tutti bisogno – e voglia – di leggerezza ogni tanto, no? Mia suocera è un mostro non è il più originale dei romances, ma è ironico, frizzante, divertente e per questo, decisamente, lo consiglio.

 

Opera recensita: "Mia suocera è un mostro" di Valentina Vanzini

Editore: Newton Compton, 2020

Genere: romanzo rosa

Ambientazione: New-York, Sicilia

Pagine: 320

Prezzo: 9,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.

          

sabato 7 agosto 2021

COMMENTO: LEV TOLSTOJ - GUERRA E PACE

    Sinossi:

Sette anni occorsero a Tolstoj (dal 1863 al 1869) per comporre uno dei capolavori della letteratura ottocentesca. L’ossatura del romanzo, sullo sfondo delle guerre napoleoniche - dal 1805 alla travolgente insurrezione di tutto il popolo russo nel 1812 - è data dalle vicende di due grandi famiglie dell’alta nobiltà, i Rostov e i Bolkonskij, depositari dei valori autentici e genuini, intrecciate a quelle dei corrotti e dissoluti Kuragin. Spiccano, nella moltitudine di personaggi, le figure di Nataša, fanciulla e poi donna di straordinaria purezza e d’indole forte e impetuosa; del principe Andrei, che porta il suo orgoglio nella guerra, nella prigionia e nell’infelice amore per Nataša; dell’enigmatico e complesso Pierre Bezuchov, capace di autentica adesione al «dolore del mondo». Grandiosa epopea, toccante esplorazione dei lati oscuri e luminosi dell’animo umano, Guerra e pace si ripropone, di generazione in generazione, con immutata immediatezza e rara capacità di avvincere nel profondo.

 

Commento:

Ci sono, nell'immaginario di ogni lettore, libri mitologici che tutti sognano, un giorno o l'altro, di leggere e soprattutto di concludere. Per me Guerra e pace è sempre stato uno di questi. L'ho cominciato, armata di coraggio, a marzo scorso insieme ad un gruppo di lettori. La prima parte, scorrevole e leggera, mi aveva appassionata, ma all'aumentare della difficoltà trovavo mille scuse, letture più urgenti, impegni reali e sempre meno voglia di leggere. Ho riprovato a proseguire a più riprese, ma evidentemente non era ancora giunto il momento. Ormai, però, nella mia mente si era piantato il seme della sfida, così per questo agosto in cui sapevo di avere più tempo e la mente più libera, me lo sono posto come obiettivo e sorprendentemente ce l'ho fatta prima del previsto: l'ho finito, in solitaria, in appena cinque giorni. Obiettivo raggiunto, dunque, ma so già che la mia storia con questo libro non finisce qui: non lo recensirò, non ne sono in grado, per lo meno in questo momento. Sarebbe facile per me buttare lì quattro cose lette e rilette sull'analisi storica della guerra, sulle peculiarità dei personaggi… ma non voglio farlo, né tantomeno ho intenzione di gridare al capolavoro, non perché non lo sia, ma perché per dirlo dovrei averlo compreso ed assimilato completamente e mi rendo conto che per farlo avrei bisogno almeno di un altro paio di letture. Francamente, non è una cosa che farò presto, tuttavia posso dire di averlo apprezzato, di essermi appassionata alle storie raccontate, un po' meno alla parte saggistica e prettamente argomentativa che Tolstoj – ricordando vagamente Hugo nei Miserabili – inframmezza alla narrazione. Lo rileggerò, magari fra molti anni, perché so cosa aspettarmi e soprattutto perché sento che quest'epopea così complessa eppure appassionante ha ancora molto da darmi. Per ora sono soddisfatta, ma solo per ora.

 

Opera recensita: "Guerra e pace" di Lev Tolstoj

Editore: Garzanti, 2007 (prima ed. italiana 1891)

Genere: romanzo storico, saggio

Ambientazione: Russia, 1805-1820

Pagine: 1472

Prezzo: 16,00 €Consigliato: sì

Voto personale: 9.

 

      

martedì 3 agosto 2021

RECENSIONE: GUADALUPE NETTEL - LA FIGLIA UNICA

Sinossi:

Scritto con una semplicità solo apparente, La figlia unica è la storia di tre donne e dei legami d’amore e d’amicizia che intessono mentre si confrontano con le differenti forme che la famiglia può assumere al giorno d’oggi.

«La figlia unica di Guadalupe Nettel è un romanzo che mette in scena tre maniere di essere donna al di là dei tabù sociali e tre diversi rapporti con la maternità: rifiutata, desiderata, subita» - Raffaella De Santis, Robinson

Poi ho pensato che l’amore si rivela spesso illogico, incomprensibile. Molti di noi fanno così quando si innamorano di una persona molto malata; di una persona che vive lontano; di una persona impegnata in una storia precedente, nella quale non c’è posto per noi. Chi non si è tuffato in un amore abissale pur sapendo che non avrebbe avuto futuro, aggrappato a una speranza fragile come un filo d’erba?

Laura e Alina si sono conosciute a Parigi quando avevano vent'anni. Ora sono tornate in Messico. Laura ha affittato un piccolo appartamento e sta finendo la tesi di dottorato mentre Alina ha incontrato Aurelio ed è rimasta incinta. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando un'ecografia rivela che la bambina ha una malformazione e probabilmente non sopravvivrà al parto. Inizia così per Alina e Aurelio un doloroso e inatteso processo di accettazione. Non sanno ancora che quella bambina riserva loro delle sorprese. È Laura a narrarci i dilemmi della coppia, mentre anche lei riflette sulle incomprensibili logiche dell'amore e sulle strategie che inventiamo per superare le delusioni. E infine c'è Doris, vicina di casa di Laura, madre sola di un figlio adorabile ma impossibile da gestire.

 

Commento:

"La figlia unica" è un libro che si legge d'un fiato, in poche ore, ma che è capace di fare una gran buona compagnia, di far riflettere e di toccare il cuore. Qual è il suo segreto? Parlare di cose normali, quotidiane, che potrebbero accadere a qualunque donna, e farlo con grande semplicità, franchezza, normalità. L'autrice riesce ad accostarsi a problemi comuni, per quanto grandi ed apparentemente insormontabili, con estrema naturalezza e questo non può che indurre anche noi ad adottare pressocché lo stesso atteggiamento di apertura mentale. È in questo stato di grazia che, condotte sapientemente da Laura, conosciamo le storie di Alina e Doris, riusciamo ad entrare nelle loro sofferenze, a capire i loro blocchi, le reticenze, i loro "no". Sono donne normali con figli speciali, donne che come tante non avrebbero voluto diventare madri, o che una volta diventate madri vorrebbero tornare indietro, donne ancora, insospettabilmente, capaci di amare e di pensare a se stesse. Un bel libro, non un capolavoro, ma un libro da leggere e, perché no, da regalare a chi attraversa un periodo difficile.

 

Opera recensita: "La figlia unica" di Guadalupe Nettel

Editore: La nuova frontiera, 2020

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Messico

Pagine: 224

Prezzo: 16,90 €

Consigliato: sì

Voto personale: 8.