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martedì 6 agosto 2019

RECENSIONE: HAKAN OSTLUNDH - L'INVERNO DEL PROFETA


Sinossi:
Un hotel di lusso a Sarajevo. Una missione di pace e una cena di gala. Una relazione clandestina, come tante altre, tra due diplomatici svedesi. Un attentato nella hall dell’albergo. Tra le vittime c’è il padre di Elias, studente svedese di ventiquattro anni. Nel giro di pochi giorni tutto il suo mondo crolla: non solo il padre è morto, ma deve anche convivere con la terribile possibilità di un tumore al cervello. È in questo frangente drammatico che il giovane conosce Ylva, capo nonché amante di suo padre, decisa tanto quanto lui a far luce sui misteri di quella morte violenta. Così i due uniscono le loro forze per scoprire i responsabili, e si ritrovano in mezzo a un intrigo internazionale che coinvolge partiti politici, forze diplomatiche e ricche aziende private in un vortice di interessi personali e sete di potere. Un thriller carico di suspense, che contraddice l’immagine tradizionale della Svezia come paese “virtuoso”, mostrando che lo scandalo e la corruzione esistono, spesso celati e protetti anche dal governo. Håkan Östlundh immerge i suoi lettori nel vivo dell’azione e li accompagna fra colpi di scena e rivelazioni, proiettili e codici cifrati, mantenendo alta la tensione con la sua abilità di scrittore affilato come un coltello.

Commento:
C'è qualcosa nei thriller nordici che mi affascina in modo particolare e che distingue questo sottogenere dal resto dei thriller rendendolo peculiare. Sarà il freddo, il rigore e la chirurgica precisione con cui tutti gli ingranaggi girano nel modo giusto, dalle cose piccole e quotidiane agli affari di Stato, sarà che diffido sempre delle cose troppo perfette perché spesso è solo apparenza e quando si scopre la prima falla poi si finisce per restare spiazzati, ma trovo che i thriller ambientati nei Paesi nordici, in particolare in Svezia, abbiano in sé una percentuale di mistero e imprevedibilità più alta del normale. Questa spy-story non fa eccezione.
Che la Svezia non sia il Paese fantasmagorico che tutti millantano lo sapevamo già, basti pensare alla Trilogia Millennium in cui Stieg Larsson ce ne rende oltremodo edotti. Ma se Larsson si dilunga in discorsi tecnici usando periodi lunghi e talvolta tortuosi, qui troviamo un'immediatezza che rende tutto molto più crudo: l'autore, con frasi brevi e taglienti come stilettate, ci conduce attraverso un intricato reticolo di agenzie, società, sedi staccate, organismi più o meno segreti, tutti afferenti alle alte sfere statali, in cui nessuno sembra chi dice di essere. L'antefatto è semplice: è esplosa una bomba in un hotel di Sarajevo; un uomo, Anders Krantz, un funzionario dell'ambasciata svedese in missione diplomatica è rimasto ucciso; Ylva Grey, sua amante nonché suo capo presso la SIDA – organismo per la cooperazione internazionale – era presente, è spaesata, ma molte cose non le tornano, così comincia ad indagare. Anche Elias, il figlio ventiquattrenne del funzionario, non è persuaso di come stiano procedendo le indagini sulla morte del padre: troppe cose non dette, troppi punti oscuri. Appena Ylva torna in Svezia è inevitabile che i due si uniscano nell'indagine parallela, ma non possono neppure immaginare quanto grande e pericoloso sia il vespaio che stanno per smuovere. Un thriller adrenalinico e incisivo, una bella spy-story che, mettendo a nudo l'ambizione e l'avidità umana, ancora una volta ci rivela che dietro la maschera di rigida perfezione c'è ben più di uno scheletro da nascondere. Consigliata, ottima come lettura d'evasione, per qualche brivido in quest'estate torrida.


Opera recensita: "L'inverno del profeta" di Hakan Ostlundh
Editore: SEM-Società editrice milanese, 2019
Genere: thriller
Ambientazione: Stoccolma-Sarajevo-Bruxelles
Pagine: 383
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


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