simposio lettori copertina

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giovedì 31 agosto 2017

RECENSIONE: SUSANNA CASCIANI - MEGLIO SOFFRIRE CHE METTERE IN UN RIPOSTIGLIO IL CUORE


Sinossi:

C'erano una volta un ragazzo e una ragazza. C'erano una volta perché adesso non ci sono più.

"Meglio non aver paura di far girare tutti intorno al cuore. Anche se sembra assurdo, anche se ci rende fragili. Magari ora pensiamo che sia la nostra

rovina, in realtà sarà la nostra salvezza"

Un sabato mattina di fine aprile lui si sorprese a piangere davanti a lei. Non riusciva a parlare. Avrebbe voluto confessarle che era finita, ma sapeva

che poi lei avrebbe iniziato a singhiozzare, e non ne sopportava nemmeno l'idea. Lei alzò lo sguardo dal suo libro come se avesse avvertito una forza nuova

in casa, incontenibile, che l'avrebbe schiacciata contro il muro se non si fosse aggrappata a qualcosa, così si aggrappò al suo orgoglio, o a quello che

ne rimaneva. Chiuse il libro, si alzò dal divano e si diresse verso di lui, si mise sulle punte e gli accarezzò la testa. Gli disse di stare tranquillo.

Lui le faceva del male e lei lo consolava. Gli diede un bacio sulla guancia e uscì di casa senza voltarsi, per non essere costretta a dirgli addio. Quando,

quasi tre ore dopo, tornò a casa, lui non c'era più. Sfinita, si addormentò su quello che era stato il loro letto. Più tardi, si svegliò di soprassalto

e mise a fuoco nel buio quella parte di letto, così vuota, e avvertì un macigno sul petto che non la faceva respirare. Si rese conto di non essere pronta

a lasciarlo andare. Si alzò per cercare un quaderno, come se improvvisamente fosse una questione di vita o di morte. Ne trovò uno. Conosceva le regole:

non chiamarlo, non cercarlo, non seguirlo (!!!), non inviargli messaggi, bloccarlo su ogni social network, non giocarsi la dignità. Conosceva le regole,

ma le stavano strette, perché stavolta, in quella storia, ci aveva creduto talmente tanto da sentirsi quasi adatta a un futuro felice. Per questo, per

la prima volta in ventisette anni, decise di iniziare a tenere un diario segreto, che poi, a voler essere davvero sinceri, altro non era che un modo per

continuare a parlare con lui." Nel raccontarci la storia d'amore di Anna e Tommaso, Susanna Casciani racconta la storia di ognuno di noi. Di chiunque abbia

mai vissuto (e perso) un grande amore. E lo fa con la grazia e la profondità di parole che abbiamo imparato ad amare sulla sua pagina Facebook, capaci

di farci sentire, sentire tutto, anche il male. E di farci tornare a sorridere sempre.

 

Commento:

Ok… avete letto la quarta di copertina, quindi certamente non vi aspetterete un thriller o una commedia divertente. Infatti qui siamo di fronte ad un amore finito, ma finito in modo “tranquillo”, senza scoppi d’ira, porte in faccia, case distrutte, tribunali o simili. E soprattutto finito unilateralmente: sì perché Tommaso ha lasciato Anna perché non la ama più e lei sembra prenderla bene. Però poi, quando lui se ne va e lei capisce di essere di nuovo sola, l’enormità dell’accaduto la sconvolge. Così prende tre giorni di permesso dal lavoro, si isola, dorme, piange calde lacrime e comincia a scrivere un diario. Ed eccolo qua, il suo diario: un anno di riflessioni, critiche, ricordi, pensieri sconnessi o per fino troppo connessi… tutto raccolto in 180 pagine di veri, sacrosanti, dolorosissimi luoghi comuni. E attenzione, non è una critica, è la realtà! Perché ciò che è accaduto ad Anna almeno una volta nella vita l’abbiamo provato tutti, uomini e donne. Chi non è stato lasciato? Chi non ha pianto, sofferto, cambiato vita per amore? Ecco perché i pensieri racchiusi in queste pagine sono luoghi comuni che, però, toccano intimamente ognuno di noi.

Vi dirò la verità senza riserve: la mia parte razionale non vi consiglierebbe questo libro perché non dice nulla che non si sappia già, non apporta nessun contributo originale alla sofferenza né la allevia in alcun modo. Ma poi c’è una parte di me che sa benissimo che leggere di storie finite qualche volta serve, per trarre illusorio conforto, per dire “a me è andata diversamente” o “io mi sarei comportata in un altro modo”. Perciò scelgo la via del compromesso: decidete voi secondo coscienza, ora sapete cosa vi aspetta… se proprio non avete altro da leggere e volete crogiolarvi un po’ nella sofferenza, almeno questo libro è ben scritto e, a suo modo, anche coinvolgente.

 

Opera recensita: “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore” di Susanna Casciani

Editore: Mondadori, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Viareggio

Pagine: 180

Prezzo: 15,00 €

Consigliato: sì/no.

 

RECENSIONE: SHIRIN EBADI - LA GABBIA D'ORO


Sinossi:

Le pigre estati all’ombra dei ciliegi e le sere d’inverno sotto il korsi; il sapore degli halva sfrigolanti di burro e le discussioni sulla moda europea:

sono le consuetudini che scandiscono un’amicizia preziosa, quella tra le famiglie di Shirin e Parì. Ma la rivoluzione islamica cambia tutto, disperde su

strade diverse i tre fratelli di Parì ormai uomini, rendendoli nemici e mettendo a repentaglio la vita delle due amiche. La storia vera della Gabbia d’oro

è quella di molte famiglie iraniane, vittime nel giro di pochi decenni di sconvolgimenti storici e politici che hanno significato la guerra dei padri contro

i figli, dei fratelli contro i fratelli, e che hanno provocato l’emigrazione di milioni di cittadini. In controluce scorre la Storia, dagli ultimi giorni

della monarchia all’ascesa di Ahmadinejad. E la vicenda, densa come un romanzo, è anche un grido di denuncia e di scandalo: la tragedia della famiglia

di Parì, intrecciata alla vicissitudine personale e professionale di Shirin Ebadi, è quella di un intero popolo. Vessato da una monarchia corrotta, rovinato

dalle ingerenze straniere e dalla spregiudicata politica americana, e ancora in balia di un regime teocratico.

 

Commento:

Shirin Ebadi è una donna forte, è un magistrato che non può esercitare il suo mestiere in favore di funzionari vicini al regime, è un avvocato tenace e combattivo, è una donna che si batte per i diritti dei più deboli in un paese, l’Iran, dove anche i diritti più elementari vengono violati in nome di un’ideologia. Ed è proprio l’ideologia, sia essa di carattere militare, politico, religioso, che imprigiona gli uomini in una gabbia d’oro, che impedisce loro di considerare le idee altrui e di riconoscere anche gli affetti più cari. E’ proprio questo che succede alla famiglia di Pari, la migliore amica di Shirin: i tre fratelli di Pari intraprendono strade diversissime che spaccano la famiglia e incrinano irrimediabilmente i rapporti umani. E in un paese in ginocchio per la corruzione, i tradimenti e l’abuso di potere, neanche la famiglia sembra resistere. Ma infondo c’è ancora una speranza. C’è sempre una speranza.

La storia raccontataci dall’autrice, che per il suo operato ha ricevuto anche un premio Nobel per la pace, è davvero straziante e profonda. Tuttavia la Ebadi la racconta con un distacco, una freddezza sottile ma avvertibile, forse dovuta proprio alla tenacia ed al sangue freddo che le ha permesso di sopportare tutte le ingiustizie e di continuare a combattere per sé e per gli altri mettendo anche a rischio la vita. Se mi è permessa una considerazione personale a margine, dirò che probabilmente proprio questo distacco non mi ha permesso di entrare completamente in sintonia con l’autrice e non mi ha portato il coinvolgimento che speravo e che la storia stessa meriterebbe.

Ma al di là della mia impressione personale, si tratta di un ottimo libro, nato dalla volontà di denunciare la barbarie di una rivoluzione fatta in nome del popolo o della religione, ma in realtà basata solo sull’interesse personale e sull’asservimento a poteri forti. Una lettura, nonostante tutto, consigliata.

 

Opera recensita: “La gabbia d’oro” di Shirin Ebadi

Editore: Rizzoli, 2009

Genere: testimonianza, autobiografia

Ambientazione: Iran

Pagine: 272

Prezzo: 10,00 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 30 agosto 2017

RECENSIONE: GUSTAVE FLAUBERT - MADAME BOVARY


Sinossi:

"Madame Bovary", apparso a puntate sulla "Revue de Paris" nel 1856 e integralmente un anno dopo, incontrò subito un grande successo di pubblico - dovuto

anche al clamore del processo a cui il suo autore, incriminato per oltraggio alla morale e alla religione, fu sottoposto -, imponendosi all'attenzione

della critica come il capolavoro assoluto del romanzo moderno. Incentrato sulla superba figura di Emma Bovary - donna inquieta, insoddisfatta, simbolo

di un'insanabile frustrazione sentimentale e sociale - e giocato su un antiromanticismo ideologico e formale di fondo, "Madame Bovary" come ha scritto

Vladimir Nabokov, "dal punto di vista stilistico è prosa che fa ciò che si suppone faccia la poesia. Senza Flaubert non ci sarebbe stato un Marcel Proust

in Francia, né un James Joyce in Irlanda. In Russia, Cechov non sarebbe stato Cechov".

 

Commento:

La quasi totalità dei classici suscita in me il desiderio di conoscere, di leggere di prima mano le opere tanto osannate e tanto alacremente studiate a scuola. Ovviamente “Madame Bovary” non fa eccezione, perciò ho deciso, finalmente, di colmare questa lacuna. Cos’ho trovato? Un classico della letteratura francese destinato a non tramontare col tempo, una protagonista e dei personaggi memorabili, un intreccio reso magistralmente semplice, nonostante il minuzioso e particolareggiato racconto delle vicende di Emma Bovary.

La storia è arcinota: il medico di provincia Charles Bovary, vedovo giovane di indole pacata, sposa la bella e vivace Emma Rouaut che ben presto si dimostra moglie attenta, graziosa, delicata ed elegante. Sin dall’infanzia, tuttavia, Emma ha sempre dimostrato una certa insofferenza intrinseca: sin da bambina si appassionava con tutta se stessa a qualcosa per poi stancarsene subito e passare ad altro. Quest’attitudine pericolosa è cresciuta nel tempo, fino a riguardare gli oggetti (tra l’altro la signora ha gusto e non vuol privarsi di nulla) e le persone. Questo la condurrà irrimediabilmente all’adulterio, alla dissolutezza e alla rovina morale ed economica. Man mano che si prosegue nella lettura, Emma appare sempre più volubile, insoddisfatta, piena di manie compulsive e vanità, irrimediabilmente persa verso un destino nefasto. Intorno a lei, poi, troviamo la varietà degli abitanti di un villaggio, dallo speziale eccentrico al curato, all’esattore, ai domestici e, ultimo ma non per importanza, al marito. Charles Bovary è l’altro grande protagonista, o meglio vittima, di questo racconto: la sua pacatezza, il suo farsi scivolare le cose di dosso, il suo non voler vedere e giustificare sempre e comunque i capricci della moglie, saranno la concausa dell’epilogo tragico di questa storia.

Un classico della letteratura, questo, che non può mancare fra le letture di ogni lettore che si rispetti. Una trama che oggi non considereremmo originale, ma che all’epoca in cui fu scritta provocò non pochi scandali, è resa scorrevole dalla prosa fluida dell’autore. Lo stile, l’intreccio narrativo, fa di “Madame Bovary” un libro attuale e perfettamente leggibile da chiunque. Lettura altamente consigliata, dunque!

 

Opera recensita: “Madame Bovary” di Gustave Flaubert

Editore: Mondadori, prima ed. 1857

Genere: letteratura francese

Ambientazione: Francia

Pagine: 464

Prezzo: 10,50 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 28 agosto 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - PET SEMATARY


Sinossi:

In una limpida giornata di fine estate, la famiglia Creed si trasferisce in un tranquillo sobborgo residenziale di una cittadina del Maine. Non lontano

dalla loro casa, al centro di una radura, sorge Pet Sematary, il cimitero dei cuccioli, un luogo dove i ragazzi del circondariato, secondo un'antica consuetudine,

usano seppellire i propri animaletti. Ma ben presto la serena esistenza dei Creed viene sconvolta da una serie di episodi inquietanti e dall'improvviso

ridestarsi di forze oscure e malefiche.

 

Commento:

Il dottor Louis Creed si trasferisce con la moglie e i due figli in un paesino del Maine, proprio nei pressi della statale 15: qui dirigerà l’infermeria dell’Università. Sin da subito Hellie, la figlioletta in età scolare, mostra curiosità e timore per un luogo ai confini della loro proprietà nel quale sono seppelliti tutti gli animali del villaggio. In tutta la famiglia, a dire il vero, quel luogo desta un timore profondo che riporta a galla pensieri e ricordi di morte, nonché traumi non ancora superati. Ma è quando, a pochi mesi dal trasferimento, Church, il gatto dei Creed viene investito che Louis, il razionale e controllato dottor Louis, fa una scoperta che cambierà la sua vita e quella della sua famiglia… irreparabilmente.

Una storia ben congegnata,  con un livello di tensione narrativa in costante crescita; un libro che apre molti spunti di riflessione su argomenti non facili come la morte, la fede, il paranormale e soprattutto l’eterna diatriba tra chi crede che la vita sia già scritta da un piano imperscrutabile e chi afferma che tutto può cambiare in base alle nostre scelte. Il punto di vista di King in merito sembra chiaro: le nostre scelte influiscono su ciò che può accaderci, ma il destino gioca la sua parte importante, ad esempio mettendo sulla nostra strada persone che potrebbero influenzare quelle scelte.

 Insomma, “Pet sematary” non è solo una storia ben scritta e molto macabra, ma è un’occasione andare al di là e riflettere su ciò in cui crediamo. Ovviamente consiglio questo libro, ma sappiate che, proprio perché sembra così normale… fa abbastanza spavento!

 

Opera recensita: “Pet sematary” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, prima ed. 1983

Genere: horror, paranormale

Ambientazione: Maine, Stati Uniti

Pagine: 424

Prezzo: 16,47 €

Consigliato: sì.

 

sabato 26 agosto 2017

RECENSIONE: DAVID LAGERCRANTZ - QUELLO CHE NON UCCIDE (MILLENNIUM 4)


Sinossi:

Da qualche tempo "Millennium" non naviga in buone acque e Mikael Blomkvist, il giornalista duro e puro a capo della celebre rivista d'inchiesta, non sembra

più godere della popolarità di una volta. Sono in molti a spingere per un cambio di gestione e lo stesso Mikael comincia a chiedersi se la sua visione

del giornalismo, per quanto bella e giusta, possa ancora funzionare. Mai come ora, avrebbe bisogno di uno scoop capace di risollevare le sorti del giornale

insieme all'immagine - e al morale - del suo direttore responsabile. In una notte di bufera autunnale, una telefonata inattesa sembra finalmente promettere

qualche rivelazione succosa. Frans Balder, un'autorità mondiale nel campo dell'intelligenza artificiale, genio dell'informatica capace di far somigliare

i computer a degli esseri umani, chiede di vederlo subito. Un invito che Mikael Blomkvist non può ignorare, tanto più che Balder è in contatto con una

super hacker che gli sta molto a cuore. Lisbeth Salander, la ragazza col tatuaggio della quale da troppo tempo non ha più notizie, torna così a incrociare

la sua strada, guidandolo in una nuova caccia ai cattivi che punta al cuore stesso dell'Nsa, il servizio segreto americano che si occupa della sicurezza

nazionale. Ma è un bambino incapace di parlare eppure incredibilmente dotato per i numeri e il disegno a custodire dentro di sé l'elemento decisivo per

mettere insieme tutti i pezzi di quella storia esplosiva che Millennium sta aspettando.

 

Commento:

Che dire? Quando ho cominciato la trilogia “Millennium” sapevo che Stieg Larsson era morto dopo aver terminato il terzo libro e pensavo che Lisbeth Salander, Blonkvist, la stessa Millennium sarebbero morti con lui. Perciò ho esitato molto prima di leggere il quarto volume, “Quello che non uccide”, scritto da un altro autore, David Lagercrantz… capirete che non mi ha fatto una buona impressione sapere che lo stesso autore aveva anche scritto la biografia del calciatore Zlatan Hibrahimovic… Beh, sono lieta di annunciare che non è morto proprio nulla, Lisbeth e gli altri sono vivi e vegeti e ci emozioneranno ancora.

Avevamo lasciato la nostra amata, complicata aker alle prese con l’eredità sconfinata del padre e lì la ritroviamo, più agguerrita che mai: pur di scoprire qualcosa sui suoi nemici Lisbeth è pronta ad akerare uno dei server più protetti del mondo, quello del NSA, nel cuore della sicurezza statunitense. E’ così che si imbatte nel professor Valder e, incidentalmente, nel figlio autistico che, a quanto pare è in pericolo di vita. La cosa sorprendente è che il pericolo è costituito proprio dagli stessi nemici di Lisbeth: è così che le strade di questi due geni si incontrano, scamperanno a molti agguati e faranno faville.

Siamo di fronte, in “quello che non uccide” ad una delle tipiche, complicate e contorte indagini in cui Lisbeth e Mickael Blomkvist si ritrovano invischiati, stavolta siamo al cospetto di complesse formule matematiche, ricerche scientifiche, intelligenze artificiali, akeraggio internazionale per fini poco ortodossi. Un quarto volume tendenzialmente all’altezza dei primi tre, dunque, sebbene sia impossibile non notare qualche differenza di scrittura, soprattutto all’inizio, quando la storia sembra faticare a decollare. Una volta ingranata la marcia, però, Lagercrantz va come un treno portando la tensione ai livelli consueti per questa saga stupenda. Il finale, poi, è aperto e fa chiaramente riferimento ad un prossimo libro. Ebbene, ora lo sappiamo, il quinto volume uscirà il 7 settembre 2017 e si intitolerà “l’uomo che inseguiva la sua ombra”, sempre pubblicato da Marsilio. Beh, a questo punto io non vedo l’ora di leggerlo!

 

Opera recensita: “Quello che non uccide. Millennium #4” di David Lagercrantz

Editore: Marsilio, 2015

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 503

Prezzo: 22,00 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 24 agosto 2017

RECENSIONE: WILKIE COLLINS - LA PIETRA DI LUNA


Sinossi:

La Pietra di Luna, prezioso e antico diamante giallo originario dell'India, dopo una serie di avventurose vicissitudini nel corso dei secoli, arriva infine

in Inghilterra e viene donato a una giovane nobildonna di nome Rachel Verinder nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Il gioiello, di valore inestimabile,

scompare in circostanze misteriose quella notte stessa e un famoso investigatore, il sergente Cuff, viene incaricato di risolvere il caso. L'indagine,

per quanto accurata, non porta a nessun risultato e causa, anzi, sgomento e confusione sia tra i membri della famiglia che nella servitù. A fare da sfondo

a questo giallo c'è una romantica storia d'amore.

 

Commento:

Un diamante indiano prezioso, grande e splendente su cui gli indù gettarono una maledizione secoli orsono, una giovane donna caparbia ed innamorata che nulla sa della storia, una congiura indiana per recuperare la pietra, un medico, un sergente intelligente e scaltro, un maggiordomo zelante… sono solo alcuni degli elementi che costituiscono uno dei migliori gialli classici che io abbia mai letto.

Come in altre sue eminenti opere, Collins racconta la vicenda usando l’espediente stilistico della narrazione corale: ad alcuni personaggi chiave della storia viene chiesto, a posteriori, di redigere un racconto dettagliato e il più possibile fedele ai fatti conosciuti all’epoca dello vicenda. Così apprendiamo, con dovizia di particolari e varietà di punti di vista, come un diamante di grande valore sia stato rubato nottetempo, di come la sua proprietaria sia stata ingannata e di com’è possibile ristabilire, mediante un esperimento e dei buoni amici, la dignità d’un uomo.

Probabilmente superiore a “la donna in bianco”, il suo giallo più noto, “La pietra di luna” consacra Wilkie Collins fra i maggiori giallisti dell’Ottocento e fra i miei autori preferiti del genere. Perciò ritengo di poter consigliare questa lettura senza alcuna remora: non lasciatevi scoraggiare dalla lunghezza o dall’apparente staticità della narrazione, questo libro merita il vostro tempo!

 

Opera recensita: “La pietra di luna” di Wilkie Collins

Editore: Garzanti

Genere: giallo classico

Ambientazione: Inghilterra, 1848-1849

Pagine: 533 (ed. 2002)

Prezzo: 12,50 €

Consigliato: sì.

 

martedì 22 agosto 2017

RECENSIONE: FERZAN OZPETEK - SEI LA MIA VITA


Sinossi:

Un’auto lascia Roma di primo mattino. Alla guida, c’è un affermato regista. Sul sedile accanto, l’uomo che da molti anni ama di un amore sconfinato. Dove

stanno andando? Mentre la città si allontana e la strada comincia a inerpicarsi dentro e fuori dai boschi, il regista decide di narrare al compagno silenzioso

il suo mondo «prima di lui»: «La mia vita è la tua e ora te la racconterò, perché domani sarà solo nostra». Inizia così un viaggio avanti e indietro nel

tempo: i primi anni in Italia, dove era giunto dalla Turchia non ancora diciottenne con il sogno di studiare e fare cinema, le persone che hanno lasciato

il segno, gli amici, gli amori, le speranze, le delusioni, i successi. Storie che conducono ad altre storie, popolate da figure indimenticabili e bizzarre:

una trans egocentrica sul viale del tramonto, un principe cleptomane, un centralinista con il rimpianto della recitazione, una cassiera tradita dalle congiunzioni

astrali, una bellissima ragazza dallo spirito inquieto. E poi, raffinati intellettuali, inguaribili romantiche, noti cinefili, amanti respinti e madri

niente affatto banali. Sullo sfondo, il palazzo di via Ostiense dove tutto accade, crocevia di solitudini diverse, ma anche di intense amicizie e travolgenti

passioni. Il palazzo che nel tempo si è trasformato, conservando però intatti i suoi più intimi segreti. E, soprattutto, la città di Roma, come nessuno

l’ha mai raccontata. Gli anni Settanta-Ottanta e la contagiosa atmosfera di libertà senza freni, le lunghe estati nel segno della trasgressione, il femminismo,

la progressiva presa di coscienza di sé della comunità gay, la solidarietà che cementa i legami, gli incontri folgoranti con alcuni protagonisti del cinema

italiano, le stagioni, i luoghi e le voci di un passato ormai perduto per sempre. Tante storie, esilaranti eppure commoventi, che compongono «la Storia»

di un’esistenza che si annulla in un’altra come estremo dono d’amore. Un Amore che non si arrende, un sentimento assoluto capace di resistere a qualsiasi

prova. Con sguardo irresistibile, lieve e toccante al tempo stesso, al suo secondo libro Ferzan Ozpetek, il regista che più di ogni altro sa parlare di

sentimenti, ci rivela un mondo sospeso tra lacrime e risate, fiction e realtà, fino all’epilogo, struggente e inaspettato. Un mondo che pare fatto della

stessa materia dei suoi film. E che, pagina dopo pagina, ci incanta e ci colpisce. Proprio come la vita.

 

Commento:

“Sei la mia vita”. E’ questo il testo del messaggio che tanti anni prima il regista Ferzan Ozpetek riceve dal suo compagno dopo una lite. Quelle parole gli sono entrate dentro, gli si sono impresse nel cuore ed è per questo che ora, proprio quando il suo compagno vede la vita scivolargli via, lui gli racconta la sua. Lo fa durante un viaggio dal quale non si sa se e quando torneranno, così il silenzio dell’auto si riempie di ricordi, di vita, di tante vite, di risate, di bagordi, di perdite, d’amore.

Una dose smisurata d’amore è ciò che resta a Ferzan per combattere una malattia arrivata troppo presto e che gli sta portando via l’uomo che ama. Presto assisterlo diventerà troppo gravoso, “insopportabile” ha detto il medico: potrebbe portarlo in una struttura attrezzata, potrebbe farla finita con lui, ma no, il regista fa una scelta diversa, una scelta d’amore.

E’ il secondo libro di Ferzan Ozpetek, dopo il bellissimo “Rosso Istanbul”, e, come il primo, è bellissimo. Ferzan Ozpetek ha un dono particolare nel raccontare e nel descrivere: leggendo si ha l’impressione di vedere, di vivere le situazioni descritte, come se si stesse guardando uno dei suoi film. Così le pagine scorrono, come il paesaggio circostante nel viaggio descritto, dense di ricordi, colori, profumi, chiacchere. E ci ritroviamo al finale, struggente ed impietoso, di questa storia piena di umanità. Nonostante spesso gli episodi raccontati siano divertenti o bizzarri, il sentimento dominante è la tristezza, l’ineluttabilità… e non potrebbe essere altrimenti. Nonostante ciò, lo consiglio caldamente: è un libro che, a suo modo, dà conforto e descrive una grandissima prova d’amore.

Lettura consigliata, dunque, e seconda prova narrativa superata per Ozpetek.

 

Opera recensita: “Sei la mia vita” di Ferzan Ozpetek

Editore: Mondadori, 2015

Genere: romanzo autobiografico

Ambientazione: Roma-Italia

Pagine: 218

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 18 agosto 2017

RECENSIONE: HARUKI MURACAMI - A SUD DEL CONFINE, A OVEST DEL SOLE


Sinossi:

Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere

fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere

mai lì dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un'abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe

la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c'è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo

incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che

non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un'altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende

conto troppo tardi - è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l'esperienza - quando ormai la vita l'ha separato da lei. Come il dolore di

un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza

che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell'altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito,

a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà.

 

Commento:

Non so perché, ma quando penso ai libri ambientati in Giappone, mi viene sempre in mente l’immagine della pioggia scrosciante. E infatti in molti libri di Muracami la pioggia viene citata frequentemente, anche in questo. E’ nelle sere di pioggia che, solitamente, in uno dei locali gestiti dal trentasettenne Hajyme, ricompare Shimamoto, la sua antica compagna di scuola che Hajyme non vede da quando entrambi avevano dodici anni e che non è mai riuscito a dimenticare. E’ con Shimamoto, infatti, che Hajyme ha provato il legame più vero ed importante, quello di due amici che passavano i pomeriggi ad ascoltare dischi, quello della prima, innocente, stretta di mano. Nonostante gli amori, i dolori, la bella vita, Hajyme non ha mai scordato Shimamoto e, pur essendo apparentemente soddisfatto della vita che ha, non può far a meno di pensare a come sarebbe potuto essere con lei. Quando la rivede, Hajyme capisce che, nonostante i suoi misteri, neanche Shimamoto lo ha mai dimenticato. Non sarà facile, però,  riuscire a recuperare ciò che sembrava perduto.

Questo libro mi è piaciuto, senza se e senza ma. E’ certamente lento per i canoni occidentali, ma è il meno lento ed il più “occidentale” tra i libri giapponesi che io abbia letto. Hajyme è un ragazzo normale, non troppo brillante, ma nemmeno un inetto; Shimamoto è… è raffinata, ma eterea… è un personaggio enigmatico, da scoprire. Ma ciò che ho apprezzato maggiormente in questo libro è l’interrogativo che pone fra le righe: quanto le nostre scelte condizionano la nostra vita? Una domanda apparentemente semplice, ma la risposta è tutt’altro che scontata.

Lettura consigliata, dunque, a chi ha già letto qualcosa di Muracami, ma anche a chi non lo conosce: questo è uno dei suoi libri meno visionari.

 

 

Opera recensita: “A sud del confine, a ovest del sole” di Haruki Muracami

Editore: Einaudi, 2013

Genere: romanzo

Ambientazione: Giappone

Pagine: 204

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 16 agosto 2017

RECENSIONE: ROBERTO COSTANTINI - IL MALE NON DIMENTICA (TRILOGIA DEL MALE 03)


Sinossi:

Libia, 31 agosto 1969. La madre di Mike, Italia Balistreri, precipita da una scogliera, e quella notte Muammar Al Gheddafi rovescia la monarchia prendendo

il controllo del Paese. Suicidio o delitto? Per oltre quarant'anni la risposta a quella domanda rimarrà nascosta al centro di una rete inestricabile di

menzogne, tradimenti e lotte per il potere. Roma, estate 2011. Mentre la Primavera araba scuote il Medio Oriente e la Libia precipita nella guerra civile,

il feroce omicidio della giovane Melania Druc e di sua figlia fa rincontrare Michele Balistreri, ora commissario capo della Omicidi, e la giornalista Linda

Nardi, cinque anni dopo la conclusione della caccia all'Uomo Invisibile. Ma l'indagine, che Linda vuole e Michele no, finirà per travolgere la parvenza

di serenità conquistata da un uomo stanco di vivere, costringendolo ad affrontare un passato mai veramente sepolto. E questa finale discesa agli inferi,

che lo riporterà in una Tripoli devastata dalle bombe della Nato, sarà per Balistreri l'ultima occasione per guardare finalmente negli occhi il ragazzo

che era stato e una verità che ha inseguito e sfuggito per tutta la vita.

 

Commento:

“Il male non dimentica” è il terzo volume della “Trilogia del male” di Roberto Costantini, con protagonista il commissario Michele Balistreri. Dopo “Tu sei il male” nel quale si racconta la vita del commissario nel 1982 e del 2006 e “Alle radici del male” nel quale si racconta la sua infanzia in Libia, la giovinezza e la fuga verso l’Italia nonché i primi anni in polizia, in questo terzo libro il cerchio si chiude. L’occasione è fornita dal conflitto libico che portò alla morte di Gheddafi nel 2011, una guerra che riporta a galla un passato che Balistreri ha fatto di tutto per dimenticare. Ritroviamo, però, un personaggio chiave del primo volume, la giornalista Linda Nardi, che con Balistreri ha avuto un rapporto tormentato e troppo complesso, interrottosi bruscamente cinque anni prima. E’ proprio Linda, insospettabilmente, l’anello di congiunzione tra passato, presente e futuro e Michele (o Mike) Balistreri avrà delle grosse sorprese nel finale… e noi con lui.

Articolato, complesso, ben strutturato, anche questo terzo volume della “Trilogia del male” non delude. Il finale inaspettato poi è assolutamente ad effetto e, per la verità, difficile da metabolizzare. Ad ogni modo consiglio questo libro, ma consiglio la lettura dell’intera trilogia, dal primo all’ultimo volume: si tratta di thriller complessi e non banali, in cui vengono affrontate collusioni fra poteri forti e storie personali toccanti. Una lettura non facile, ma consigliata.

 

Opera recensita: “Il male non dimentica” di Roberto Costantini

Editore: Marsilio, 2014

Genere: thriller

Ambientazione: Libia-Roma

Pagine: 525

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì.

 

martedì 15 agosto 2017

RECENSIONE: ANTONIO TABUCCHI - SOSTIENE PEREIRA. UNA TESTIMONIANZA


Sinossi:

Agosto 1938. Un momento tragico della storia d'Europa, sullo sfondo del salazarismo portoghese, del fascismo italiano e della guerra civile spagnola, nel

racconto di Pereira, un testimone preciso che rievoca il mese cruciale della sua vita. Chi raccoglie la testimonianza di Pereira, redatta con la logica

stringente dei capitoli del romanzo, impeccabilmente aperti e chiusi dalla formula da verbale che ne costituisce il titolo: Sostiene Pereira? Questo non

è detto, ma Pereira, un vecchio giornalista responsabile della pagina culturale del "Lisboa" (mediocre giornale del pomeriggio) affascina il lettore per

le sue contraddizioni e per il suo modo di "non" essere un eroe.

 

Commento:

Lisbona, estate 1938. La città portoghese non è oppressa solo dall’afa e dal caldo, ma anche da un clima di crescente instabilità politica: gli echi della guerra civile spagnola, del fascismo italiano, delle proteste e delle ribellioni intaccano la tranquilla quotidianità dei portoghesi e la libertà della stampa. E’ con questo clima di incertezza e di sospetto che si scontra Pereira, il protagonista di questa storia. Egli è un giornalista vedovo, cardiopatico, abitudinario ed amante degli scrittori francesi dell’Ottocento; cura la pagina culturale del Lisboa, un modesto giornale del pomeriggio e proprio in relazione al suo lavoro viene a contatto con Francesco Monteiro Rossi, un giovane che lo indurrà a mettersi nei guai e gli cambierà la vita. Pereira è proiettato nel passato, vive per e nei suoi ricordi, non riesce ad entrare a pieno nel presente, perciò stenta a comprendere ciò che gli accade intorno, non mette a fuoco le conseguenze delle sue azioni, non ha chiari i cambiamenti del mondo che lo circonda, finché questi non si abbattono su di lui costringendolo a fare i conti con la realtà e, finalmente, ad agire per salvarsi.

“Sostiene Pereira” è la testimonianza precisa e puntuale resa posteriori dal giornalista, attraverso la quale viviamo l’incertezza che precede un conflitto, l’ansia e il sospetto crescente, la necessità di agire e di scegliere. Con questo libro, scritto in modo chiaro ed accessibile a tutti, Tabucchi ci pone davanti all’importanza di fare scelte consapevoli e di sviluppare una coscienza critica. Ciò che più sottolinea l’atmosfera del romanzo, tranquilla ma sospettosa, è proprio la prosa di Tabucchi: il racconto scorre liscio, ma quando stiamo per abituarci alla narrazione, quando stiamo per accettare come oro colato ciò che Pereira ci dice, l’autore inserisce un “sostiene” che insinua il dubbio e non ci permette di abbassare la guardia. Un espediente stilistico, questo, estremamente azzeccato. Ho apprezzato questo romanzo breve, perciò lo consiglio: è uno di quei libri che si leggono in poco tempo, ma che forniscono spunti per riflettere a lungo.

 

 

Opera recensita: “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi

Editore: Feltrinelli, prima ed. 1994

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Portogallo, estate 1938

Pagine: 207

Prezzo: 9,00 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 14 agosto 2017

RECENSIONE: MARGARET MITCHELL - VIA COL VENTO


Sinossi:

Rossella O'Hara è la viziata e capricciosa ereditiera della grande piantagione di Tara, in Georgia. Ma l'illusione di una vita facile e agiata si infrangerà

in brevissimo tempo, quando i venti della Guerra Civile cominceranno a spirare sul Sud degli Stati Uniti, spazzando via in pochi anni la società schiavista.

Il più grande e famoso romanzo popolare americano narra così, in un colossale e vivissimo affresco storico, le vicende di una donna impreparata ai sacrifici:

la tragedia della guerra, la decimazione della sua famiglia, la necessità di dover farsi carico della piantagione di famiglia e di doversi adattare a una

nuova società. E soprattutto la sua lunga, travagliata ricerca dell'amore e la storia impossibile con l'affascinante e spregiudicato Rhett Butler, avventuriero

che lei comprenderà di amare solo troppo tardi...

 

Commento:

Un classico della letteratura americana, un pregevole romanzo storico, una storia d’amore e di guerra tra le più appassionate ed appassionanti che abbia mai letto. Tutto questo è “Via col vento”: un romanzo di oltre mille pagine che catturerebbe e coinvolgerebbe anche il lettore più smaliziato.

Si potrebbe sostenere che la protagonista di questo romanzo è l’affascinante ed egoista Rossella O’Hara e senz’altro è così: su di lei è incentrata la storia raccontata in questo libro. Ma Rossella, la sua famiglia, la sua amata piantagione distrutta e poi ricostruita, la città di Atlanta che cambia sotto i suoi occhi a causa della guerra, sono solo lo strumento che Margaret Mitchell usa per raccontare un periodo della storia americana che è insieme doloroso ed affascinante: quello della guerra di secessione fra Nord e Sud degli Stati Uniti, tra i meridionali schiavisti ed attaccati ai privilegi della casta e gli Yankees che vengono dipinti come sanguinari, spregiudicati, ignoranti ed arrivisti. Le due anime dell’America di fine Ottocento si fronteggiano aspramente in questo libro ed arrivano a noi attraverso le storie dei tanti personaggi, alcuni più affascinanti (come Rhett Butler o Melania) altri odiosi come le donne della “Vecchia guardia”, ma tutti appassionati nel difendere strenuamente le loro idee ed il loro piccolo mondo. Queste pagine ci mostrano una società in continuo mutamento, privata dei suoi agi e sconvolta da una guerra che pochi comprendono veramente, ma che tanti combattono per lealtà; qui si parla di un popolo fiero, quello dei meridionali, legato alle proprie radicate tradizioni e fermo nelle proprie convinzioni. Questo popolo si scontra ogni giorno con l’oppressione e la minaccia di ciò che non comprende e perciò allontana da sé. Una menzione particolare va poi riservata a Rossella: si tratta di un personaggio ambiguo perché durante la lettura si avrebbe spesso la voglia di odiarla, per via del suo egoismo, della sua scaltrezza priva di scrupoli, della sua cecità e mancanza di empatia di fronte ai sentimenti altrui; ma poi ci si rende conto che in realtà è solo una bambina che ha dovuto crescere in fretta ed affrontare da sola carichi indicibili. Personalmente non riesco ad assolverla, ma neppure a condannarla completamente… rimane un po’ un enigma. Posso invece affermare senza dubbi che il mio personaggio preferito è Rhett Butler, l’odioso, beffardo, ardente Rhett che rivela tutta la sua tempra di adamantio ma anche una grande umanità nascosta sotto un abito elegante e dei modi irridenti.

Se consiglio questo libro? Indubbiamente sì: è una lettura adatta a chiunque ed a tutti i periodi dell’anno, poiché è scritta in modo scorrevole e coinvolgente: nonostante il gran numero di pagine sarà difficile staccarsene per chiunque. Per quanto mi riguarda, credo proprio che leggerò anche il seguito.

 

Opera recensita: “Via col vento” di Margaret Mitchell

Editore: Mondadori

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Stati Uniti, 1861-1871

Pagine: 1128 (ed. 2016)

Prezzo: 18,00 € (ed. 2016)

Consigliato: sì.

 

giovedì 10 agosto 2017

RECENSIONE: ELIZABETH VON ARNIM - UN INCANTEVOLE APRILE


Sinossi:

In un club della Londra anni Venti due signore inglesi scoprono di essere accomunate da una vita amorosa insoddisfacente, molto diversa da quella che avevano

sognato il giorno del matrimonio. Mrs Wilkins, timida e repressa, è sposata con un avvocato ambizioso che «lodava la parsimonia tranne quando si trattava

del cibo che finiva nel suo piatto»; Mrs Arbuthnot, estremamente religiosa, è sposata a uno scrittore di biografie sulle amanti dei re: per una donna come

lei, una cosa davvero sconveniente. Insieme decidono di rispondere a un annuncio per l’affitto di un castello a San Salvatore, piccola cittadina della

Liguria, per tutto il mese di aprile. A loro si uniscono Mrs Fisher, un’anziana signora che incarna appieno la morale vittoriana nel portamento, nelle

amicizie e nella rigida etichetta che esige sia rispettata, e Lady Caroline, giovane ereditiera di una bellezza sopraffina in cerca di requie dalla vita

mondana e dagli innumerevoli spasimanti. Le quattro donne, che si conoscono a malapena, si lasciano così alle spalle la grigia e piovosa Inghilterra per

godersi un mese di vacanza in Italia. Immergendosi nel calore della primavera italiana e nella bellezza placida del luogo, avvolte nei profumi dei glicini

e dei narcisi che aiutano a mettersi a nudo, le signore imparano ad apprezzarsi, mentre ognuna, a turno, sboccia e ringiovanisce, riscoprendo l’amore e

l’amicizia, ritrovando la speranza. Un delizioso e irriverente romanzo al femminile che, uscito per la prima volta nel 1922, fu subito un bestseller. Da

Un incantevole aprile, uno dei romanzi di maggior successo dell’autrice, sono stati tratti due film.

 

Commento:

Mah… che dire… la trama ve l’ha raccontata la quarta di copertina. Il mio commento a caldo è che forse mi sarei aspettata di più. Quattro donne tra loro semisconosciute si ritrovano catapultate dalle loro stanche e noiose vite inglesi ad un’anticamera del Paradiso che è questo castello medioevale fra mare e montagna, immerso in una flora lussureggiante. Complice la pace del luogo, tutte pian piano ritrovano se stesse ed il loro equilibrio tanto agoniato, al punto da essere disposte a riammettere l’amore nelle loro vite. E’ una storia tutto sommato piacevole, ma con personaggi femminili interessanti ma sin troppo stereotipati; inoltre è poco verosimile e scritta con una prosa lenta che toglie brio e dinamismo alle immagini vivide e colorate. Forse è proprio questa lentezza narrativa che mi porta a non consigliare a pieno questo libro, ma a lasciarlo nel limbo. Se dovessi dare una valutazione numerica, darei un 6, appena sufficiente dunque.

 

 

Opera recensita: “Un incantevole aprile” di Elizabeth Von Arnim

Editore: Fazzi, prima ed. 1922

Genere: narrativa internazionale

Ambientazione: Londra-San Salvatore

Pagine: 287 (ed. 2017)

Prezzo: 15,00 €

Consigliato: sì/no.

 

mercoledì 9 agosto 2017

RECENSIONE: YUKIO MISHIMA - LA VOCE DELLE ONDE


Sinossi:

Senza mai chetarsi, ora infuriata ora implacabile, la voce delle onde ci accompagna durante tutta la lettura di questo romanzo. Si tratta di una storia

d'amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e

di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d'amore

di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall'alto del monte domina l'Isola del canto - Uta-jima - come armoniosamente

la chiamano i suoi abitanti.

 

Commento:

Una piccola isola del Giappone, circondata dall’immenso oceano Pacifico, un villaggio di pescatori in cui tutti si conoscono a vicenda, una coppia di giovani alle prese con i primi turbamenti amorosi. Sono questi gli ingredienti di questo romanzo breve, scorrevole ed intenso, una piccola perla proprio come quelle pescate dalle donne di questo libro.

Tutto sull’isola è legato al mare: i giorni e le notti, le vite degli abitanti sono cadenzate secondo la pesca, le donne sono tuffatrici e pescatrici di perle, gli uomini sono abili pescatori e marinai. E’ in quest’ambiente che sboccia l’amore puro, tenero, incrollabile tra Shinji ed Hazue, un amore capace di resistere alle maldicenze ed agli attacchi impietosi del mare in tempesta.

Mishima ha una prosa semplice, quasi didascalica, eppure estremamente evocativa e ricca di dettagli. L’autore ci conduce attraverso la storia di questi due ragazzi con dolcezza, ondeggiando proprio come un barcaiolo conduce la sua barca attraverso il mare in un giorno di bonaccia. Ciò che più mi ha colpito in questo romanzo, al di là della trama, è proprio la levità, la leggerezza delle pagine, delle parole, delle suggestioni: tutto contribuisce a creare intorno al lettore un senso di leggiadria, di equilibrio, di perfezione, di pace. Ovviamente consiglio questa lettura, che tra l’altro mi sembra proprio adatta al periodo estivo… magari da leggere di sera, in riva al mare.

 

 

Opera recensita: “La voce delle onde” di Yukio Mishima

Editore: Feltrinelli, prima ed. 1982

Genere: letteratura giapponese

Ambientazione: Giappone

Pagine: 176

Prezzo: 9,00 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 7 agosto 2017

RECENSIONE: SILVIA AVALLONE - DA DOVE LA VITA è PERFETTA


Sinossi:

C’è un quartiere vicino alla città ma lontano dal centro, con molte strade e nessuna via d’uscita. C’è una ragazzina di nome Adele, che non si aspettava

nulla dalla vita, e invece la vita le regala una decisione irreparabile. C’è Manuel, che per un pezzetto di mondo placcato oro è disposto a tutto ma sembra

nato per perdere. Ci sono Dora e Fabio, che si amano quasi da sempre ma quel “quasi” è una frattura divaricata dal desiderio di un figlio. E poi c’è Zeno,

che dei desideri ha già imparato a fare a meno, e ha solo diciassette anni. Questa è la loro storia, d’amore e di abbandono, di genitori visti dai figli,

che poi è l’unico modo di guardarli. Un intreccio di attese, scelte e rinunce che si sfiorano e illuminano il senso più profondo dell’essere madri, padri

e figli. Eternamente in lotta, eternamente in cerca di un luogo sicuro dove basta stare fermi per essere altrove.Silvia Avallone ha parole come sentieri

allungati oltre un orizzonte che davamo per scontato. Fa deflagrare la potenza di fuoco dell’età in cui tutto accade, la forza del destino che insegue

chi vorrebbe solo essere diverso. Apre finestre, prende i dettagli della memoria e ne fa mosaici. Sedetevi con lei su una panchina e guardate lontano,

per scoprire che un posto da dove la vita è perfetta, forse, esiste.

 

Commento:

Una periferia squallida dalla quale si ha sempre voglia di scappare, ma dalla quale non si andrà mai via; una città dai mille volti dove c’è posto per tutti, ma dove qualcuno fa fatica a trovare il suo posto; tante storie di vita che si intrecciano, si sfiorano e si modellano seguendo scelte e strade tortuose. Questo troviamo in quest’ultimo libro di Silvia Avallone che, fra i tre da lei scritti, è quello che ho apprezzato di più.

I personaggi di questa storia corale sono tanti e tutti insieme formano un quadro variegato e multiforme che rappresenta bene l’amalgama della quotidianità: la professoressa in gamba che tiene in piedi a fatica la sua vita privata, la ragazzina non ancora diciottenne sola e con una famiglia complicata alle spalle, un bambino in arrivo, un altro che proprio non vuole saperne di arrivare, un diciottenne geniale che deve badare a se stesso ed alla madre malata… e poi povertà, delinquenza, voglia di riscatto. Gli elementi per una buona storia ci sono tutti e Silvia Avallone ce ne regala una realistica, ben scritta e ben articolata, che ci mostra, con sguardo obiettivo e talvolta impietoso, la dura realtà delle nostre strade, delle nostre case, delle nostre famiglie. Lettura coinvolgente, gradevole, consigliata.

 

Opera recensita: “Da dove la vita è perfetta” di Silvia Avallone

Editore: Rizzoli, 2017

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Bologna

Pagine: 384

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì.

 

domenica 6 agosto 2017

RECENSIONE: IDRA NOVEY - LA DONNA CHE SPARì CON UN LIBRO


Sinossi:

È l’ora di pranzo in un piccolo parco della periferia di Copacabana. Una donna rotondetta con i capelli grigi legati sulla nuca si ferma sotto un mandorlo.

In mano ha una valigia e in bocca un sigaro. Sale su un ramo dell’albero e lentamente si inerpica fino in cima. Questa è l’ultima volta che Beatriz Yagoda,

famosa scrittrice brasiliana, è stata vista. Di lei non c’è più traccia. Emma Neufeld però, la sua traduttrice americana, non è convinta. La scena della

scomparsa ricorda troppo da vicino uno dei primi racconti della sua autrice. Una donna che non lascia mai niente al caso. Beatriz è per lei una seconda

madre, una maestra di vita. Non può essere semplicemente sparita. Deve trovarla, e l’unico modo è prendere il primo aereo per Rio de Janeiro e mettersi

sulle sue tracce. Lei è l’unica che può decifrare tutti gli indizi. Quando arriva in Brasile però Emma scopre di non essere sola. Alla disperata ricerca

di Beatriz ci sono anche i suoi due figli, Raquel e Markus, e Rocha, il suo editore, deciso ad approfittare il più possibile dell’attenzione dei media.

Trascinata dall’imprevedibile corso degli eventi, l’improbabile brigata si trova ben presto riunita in un albergo a Salvador de Bahia. Ma cercare di decifrare

le tracce che Beatriz ha disseminato nei suoi libri si rivela più pericoloso del previsto. Perché anche un pericoloso aguzzino sta cercando la famosa scrittrice

per un debito di gioco. E trovarla potrebbe anche significare ucciderla… La donna che sparì con un libro è l’esordio sublime di una voce unica nel suo

genere. Appena uscito negli Stati Uniti è stato celebrato come uno dei libri più originali e innovativi dalla critica più prestigios,a e il «New York Times»

l’ha definito la scoperta dell’anno. Idra Novey, scrittrice e poetessa, sa regalarci un’avventura letteraria densa e originale che mescola magia e mistero

con calibrate pennellate di stile. Un romanzo sui libri e chi ama scrivere, ma ancora di più per chi ama leggere.

 

Commento:

Prima prova romanzesca per una scrittrice e poetessa brasiliana, Idra Novey. “La donna che sparì con un libro” è un giallo che induce alla riflessione: è la storia di Beatriz, una scrittrice piena di debiti di gioco che decide di scomparire e lo fa in modo spettacolare, seguendo le scene descritte nei suoi libri.

La cercano in tanti e non tutti hanno fini pacifici: c’è anche chi, infatti, è disposto a uccidere per vedere soddisfatto il suo credito… perciò non è solo Beatriz ad essere in pericolo.

Il mio giudizio? Beh, questo libro prometteva bene, ma poi, a lettura ultimata, devo dire che mi ha un po’ delusa. Lo definirei un libro in fieri, un libro che forse avrebbe meritato qualche pagina in più, qualche dettaglio, approfondimento… andava reso più organico. La mia opinione, infatti, è che sia un libro potenzialmente ricco di contenuti che però restano accennati, nebulosi. Che sia una scelta dell’autrice? A me quest’aspetto non è piaciuto, perciò non lo consiglio né lo boccio… resta nel limbo. Un appunto di pregio deve essere fatto all’ambientazione: è il primo poliziesco ambientato in Brasile che mi capita di leggere e devo dire che mi ha incuriosita, mi piacerebbe saperne di più di questo Paese con tutte le sue controversie.

 

Opera recensita: “La donna che sparì con un libro” di Idra Novey

Editore: Garzanti, 2017

Genere: narrativa internazionale

Ambientazione: Brasile

Pagine: 246

Prezzo: 17,60 €

Consigliato: sì/no.

 

sabato 5 agosto 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - DOLORES CLAIBORNE


Sinossi:

Raccontata in prima persona la tormentata vicenda e insieme la confessione di Dolores Claiborne, una donna di fatica del Maine: la misteriosa scomparsa

del diabolico marito, le angherie inflittele da una proprietaria terriera senza cuore, le violenze subite dalla giovane figlia e inoltre una sorpresa finale,

in puro stile King.

 

Commento:

Nell’arco di una notte, davanti alla polizia, Dolores Claiborne ripercorre con lucida follia la storia della sua vita: ha 66 anni, è vedova da trenta e madre di tre figli e fino al giorno prima lavorava a servizio da MRS Vera Donovan. Solo che ora la vecchia datrice di lavoro è morta e Dolores era lì con lei quand’è accaduto. E’ per questo che si ritrova a raccontare agli agenti particolari inediti e surreali della sua vita. Racconta, in particolare, del rapporto controverso con il defunto marito e di come questo sia giunto al termine una notte, la notte della famosa eclissi del 1963… e quella notte è legata in qualche modo a quella appena trascorsa in cui Vera Donovan è morta… ma no, non è stata Dolores ad ucciderla.

Cosa dire di questo libro? Direi che è visionario, folle e fuori dall’ordinario proprio alla maniera di King. Tuttavia, probabilmente perché ormai ne ho letti tanti, non mi ha particolarmente impressionata. Direi che, sebbene gli episodi raccontati non scorrano proprio a cuor leggero, è una lettura di media difficoltà, resa più gradevole dal modo in cui la donna racconta la sua storia, pieno di modi di dire, verbi coniugati male, diretto e sincero.

Un buon libro, nel complesso, che consiglio.

 

Opera recensita: “Dolores Claiborne” di Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer, prima ed. 1993

Genere: horror

Ambientazione: Maine, Stati Uniti

Pagine: 288 (ed. 2010)

Prezzo: 9,90 € (ed. 2010)

Consigliato: sì.