simposio lettori copertina

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venerdì 29 novembre 2019

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - MENTI PERICOLOSE. DODICI STORIE PER NON DORMIRE


Sinossi:
«Deaveriana» è l’aggettivo che meglio descrive questa raccolta dello scrittore americano, dove troviamo Lincoln Rhyme, Kathryn Dance, John Pellam e altri in una veste inedita in Italia. In Menti pericolose i killer, i terroristi, gli psicopatici, i criminali nella loro più variegata accezione prendono forma e corpo, tutti insieme, non come notizia strillata del quotidiano, ma come realtà vicina a ciascuno di noi. Nella paura e nell’angoscia che ci attanagliano, però, l’intelligenza di alcune donne e uomini saprà come farsi largo, usando ogni mezzo lecito della scienza investigativa per assicurare alla giustizia i malvagi. In un mondo dove il caso non esiste, nessuno sfugge alle meticolose trame della scrittura di Deaver. E i personaggi, buoni o cattivi che siano, da maschere di un palcoscenico della fantasia, abiteranno i nostri sogni, perché non saranno più «loro» i protagonisti, ma «noi».

Commento:
Come si suol dire, non tutte le ciambelle riescono col buco… è strano, visto che si tratta del mio scrittore preferito, ma questa raccolta di racconti brevi di Jeffery Deaver non mi ha entusiasmato… anzi, direi che ad un certo punto mi ha persino annoiato. L'idea di fondo era buona, ma la realizzazione meno: gli assassini, i "cattivi" di questa storia sono persone comuni, di quelle che capita di incontrare per strada, menti perverse, disturbate, avide, che uccidono per i motivi più disparati, ma comunque vicini alla quotidianità. Se, tuttavia, l'intento era mettere in luce perversioni od omicidi che fanno poca notizia, il risultato è stato un Deaver sottotono rispetto al solito, almeno per quanto mi riguarda.
Non posso neppure giustificare questa sensazione con il fatto di aver letto tantissimi suoi libri, perché bene o male, il buon Jeffery riesce sempre a stupirmi… qui, su dodici racconti, il colpo di scena, l'inatteso l'ho riscontrato troppo poco spesso per i canoni di Deaver. Mi dispiace… non è una raccolta da bocciare, ma, caro Jeffery, hai fatto di meglio: pur non amando in generale le raccolte di racconti, ho preferito di gran lunga Spirali.


Opera recensita: "Menti pericolose. Dodici storie per non dormire" di Jeffery Deaver
Editore: Rizzoli, 2016
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 571
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7.


lunedì 25 novembre 2019

RECENSIONE: ANDREA CAMILLERI - AUTODIFESA DI CAINO


Sinossi:
Il 15 luglio 2019, alle terme di Caracalla, Andrea Camilleri avrebbe dovuto interpretare il suo monologo Autodifesa di Caino. Un ritorno sul palcoscenico, dopo Tiresia, atteso dal pubblico e fortemente voluto dallo scrittore.
CAINO: Sapete qual è stato il mio vero errore? Quello di non essermi mai difeso, di non avere mai esposto le mie ragioni. Ma ora basta! Questa sera ho deciso di pronunciare la mia autodifesa, immaginando che davanti a me ci sia un’aula di tribunale e che voi, se vorrete ascoltarmi, siate i giurati.
Andrea Camilleri se ne è andato il 17 luglio, ci ha lasciato il suo scritto su Caino che aveva completato e per il quale aveva immaginato tutto: la scena e gli intermezzi musicali, i filmati da proiettare sullo schermo, i testi da interpretare di persona e quelli da far recitare. È il primo libro che pubblichiamo dopo la sua morte, con grande commozione e rimpianto. L’autodifesa di Caino è un testo potente, profondo; risponde alle incessanti domande sul bene e il male e affonda le sue radici nella sterminata cultura di Camilleri, nella sua sensibilità letteraria, artistica, musicale, nella sua passione per il mito. Caino, il primo assassino della storia, l’emblema stesso del Male, è chiamato a giudizio, Camilleri vuole che siano i lettori ad emettere il verdetto, i testimoni a carico sono tanti, ma non mancano quelli che Caino può convocare a suo sostegno. Ma sono soprattutto le parole di autodifesa dell’assassino di Abele a fare il punto e fornirci una nuova versione dei fatti, la sua. Ricorda Camilleri che «nella tradizione ebraica, e in parte anche in quella musulmana, esistono una miriade di controstorie che ci raccontano un Caino molto diverso da quello della Bibbia. In alcune di quelle antiche narrazioni lo scontro tra i due fratelli ne rovescia in qualche modo le posizioni». Camilleri continua a intessere la storia fornendo al lettore altri dati, altri elementi per giudicare, a mostrarci l’altra faccia di Caino: «C’è tutta una parte del mito che è affascinante ma totalmente ignorata: è quella del Caino fondatore di città, inventore dei pesi e delle misure, della lavorazione del ferro, ma soprattutto quella di Caino inventore della musica; “…una volta che me ne stavo disteso in un canneto sentii il vento che entrava e usciva dai buchi delle canne producendo un rumore”». Ecco il flauto, ed ecco il primo tamburo ricavato da una pelle di capra…
«Ho finito. Non voglio che pronunciate il vostro verdetto ora. Riflettete su quanto vi ho raccontato questa sera e poi decidete da voi. Secondo coscienza».

Commento:
Niente da fare… Il corpo di Andrea Camilleri potrà aver lasciato questo mondo, lui non vedrà mai pubblicati questo e i successivi libri che usciranno, ma la sua anima per fortuna non ci lascerà mai, trasuderà da ogni pagina, riga, parola che ha scritto. Qui, mentre leggiamo Caino che racconta la sua versione dell'omicidio di Abele, il primo della storia del mondo, ci sembra di sentire il Maestro che spiega, declama, insegna, tramanda il suo sapere e i suoi studi. Leggere Autodifesa di Caino, pubblicato pochi giorni fa da Sellerio e quindi postumo, è un'esperienza di reviviscenza: rivive Caino nelle parole scritte per lui, rivivono le storie antiche, le immagini create dalla suggestione narrativa; rivive Camilleri nelle nostre orecchie, nella testa, nel cuore.
Questo è un libro – o più precisamente un monologo teatrale – sulla possibilità di scegliere, sull'importanza della scelta: Abele avrebbe voluto uccidere Caino, ma ha scelto di non farlo. Caino, invece, non avrebbe voluto farlo, ma ha scelto di compiere il crimine estremo: è qui il fulcro, la condanna divina, ma quali sono le ragioni che hanno condotto a quella scelta e, prima ancora, allo scontro? Qui ne leggiamo svariate… a noi la scelta su cosa credere. Come aveva ampiamente dimostrato in altri romanzi e sommamente in Conversazione su Tiresia, Camilleri riesce ad entrare nella mente dei personaggi cui dà voce e lo fa mettendo anche molto di se stesso e del suo modo di concepire la vita. Il risultato è sempre un'esperienza interessante ed entusiasmante.


Opera recensita: "Autodifesa di Caino" di Andrea Camilleri
Editore: Sellerio, 2019
Genere: monologo teatrale
Pagine: 96
Prezzo: 8,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


domenica 24 novembre 2019

RECENSIONE: CATENA FIORELLO - PICCIRIDDA


Sinossi:
Cosa può mai accadere a una picciridda che nei primi anni Sessanta vive in un minuscolo villaggio di pescatori, Leto, lungo la costa tra Messina e Catania?
Può accadere, ad esempio, che i genitori si trovino costretti a emigrare in Germania in cerca di fortuna e che decidano di portare con sé solo il più piccolo dei due figli, affidando "la grande", pur sempre picciridda, alla nonna paterna. È quello che accade a Lucia, l'irriverente protagonista di questo romanzo, che vive la sua condizione di figlia di emigrati sentendosela addosso come un marchio negativo. È consapevole, Lucia, che per lei - e per tutti coloro che non hanno fortuna, che sono "figli della gallina nera" - la necessità implica sacrificio e rinunce. Lo sa bene. Lo dicono tutti. Lo ripete la nonna, così burbera e austera. Ma col passare dei mesi, tra feste di paese e pomeriggi in riva al mare, l'esistenza di Lucia si popola di persone e di affetti: le zitelle Emilia e Nora, la professoressa Aida, la compagna di classe Rita. Ci sono anche gli uomini, misteriosi e taciturni, un mondo da cui stare alla larga (come dice sempre la nonna) o tutto da scoprire (come sente Lucia). E proprio uno di quegli uomini nasconde un terribile segreto a cui Lucia si avvicina sempre più, ignara di ciò a cui andrà incontro...

Commento:
Lucia è figlia della gallina nera, perciò come tale ha diritto a una vita di privazioni, bocconi amari, guai che bussano alla porta un giorno sì e l'altro pure e gioie piccole come il latte appena munto la mattina o la sensazione liberatoria di mettere i piedi nella sabbia del suo mare. Sono queste magre consolazioni che danno a questa bambina, a questa picciridda di appena undici anni che ancora deve iniziare le medie, la forza di affrontare i primi dieci mesi lontana dai suoi genitori. Loro, insieme al fratellino Pietro, sono partiti per la Germania in cerca di un lavoro che a Leto, il loro paesino siciliano, non si trova; sono lontani, scrivono e telefonano quando possono, si arrabattano per guadagnare quei soldi che permettano loro di costruire una casa, una tanto agoniata casa di proprietà. Lucia intanto è affidata alla nonna, l'austera, umorale, incontentabile, rigida Maria Amoroso, la "generala" da tutti temuta e rispettata e a cui tutti chiedono consigli e sostegno. Una donna coraggiosa da sempre, sua nonna, una che ha affrontato i guai della vita con fierezza e decisione, le stesse che, inconsapevolmente, cova anche la piccola e tenace Lucia. Irriverente, ribelle, buona come il pane, questa bambina che piange sommessamente per non farsi sentire ne affronterà di cose in quei mesi difficili… conoscerà persone nuove, prenderà le misure al dolore, affronterà la morte di persone care al cuore e troppo giovani, davvero, per andarsene. E, proprio prima di ricongiungersi felicemente coi suoi per un breve periodo, conoscerà da vicino l'esistenza del male, quello con la M maiuscola, quello taciuto, nascosto, insidioso, che si annida nei silenzi e nelle maldicenze.
Una storia realistica e struggente, quella raccontata con passione e semplicità da Catena Fiorello, una storia che racconta in modo immediato e vivido la Sicilia e l'Italia dei primi anni Sessanta, una storia fatta di storie, di partenze, di sogni, speranze, disillusioni, madri, padri, figli, famiglie, lavoro, vita. La scrittura di Catena Fiorello crea qui immagini vive, semplici, quotidiane di rara bellezza, destinate a restare dentro a lungo. Una lettura consigliata a tutti, in particolar modo a chi, per un difetto di memoria, dovesse aver dimenticato il nostro passato di emigranti.

Opera recensita: "Picciridda" di Catena Fiorello
Editore: Baldini e Castoldi 2006-Giunti 2017
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Sicilia
Pagine: 256
Prezzo: 16,00 € (Ed. Giunti)
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


venerdì 22 novembre 2019

RECENSIONE: MARIOLINA VENEZIA - MALTEMPO (IMMA TATARANNI 02)


Sinossi:
Piove. In una primavera ritardataria, il Pm Tataranni è di pessimo umore. Mentre è in corso la campagna elettorale per le Regionali si ritrova fra i piedi una ragazza troppo intraprendente, troppo ingenua, forse mitomane.
Quando la giovane scompare, Imma Tataranni comincia a vedere tutto sotto un’altra luce: se stessero tentando di incastrarla? Eccola tirar fuori gli aculei, mentre si aggira per una Basilicata che sembra la Transilvania, impantanandosi in tutti i sensi.
All’inseguimento di una verità che affonda le radici nel passato si spingerà fino a Roma: fra il Colosseo e piazza di Spagna sfreccerà in scooter stretta all’appuntato Calogiuri, e finirà col cadere in tentazione. Ma anche sul suo prediletto si allunga qualche ombra. Nell’indagine sembrano spuntare i fantasmi, una vecchia parla di malocchio.
Dagli studi di Cinecittà in via di dismissione al petrolio della Val d’Agri, da Montecitorio ai vicoli deserti di Craco, il paese abbandonato, solo la testardaggine di una donna che non teme i chili di troppo e rifugge i buoni sentimenti potrà venire a capo dell’enigma.
Dissacrante nella sua normalità, forse Imma imparerà a fidarsi un po’ di piú di se stessa e degli altri, forse il frutto proibito si potrebbe cogliere, forse il Belpaese non è del tutto da rottamare.
La città guarda la provincia e la provincia guarda la città nel racconto scoppiettante di un’Italia in caduta libera verso i suoi anni peggiori, e di energie pulite che si annidano dove meno te l’aspetti. «Rosso di sera buon tempo si spera», sospirerà Imma alla prima schiarita.

Commento:
Secondo, intenso appuntamento con Imma Tataranni, sostituto Procuratore alla Procura di Matera che abbiamo già conosciuto in Come piante tra i sassi.
La nostra non certo ben voluta PM si ritrova tra capo e collo, stavolta, la morte di una ragazza, Donata Miulli, che pochi giorni prima era venuta a cercarla: voleva rivelarle informazioni che riteneva cruciali, riguardanti un onorevole molto noto, nonché un affare losco riguardante il petrolio che già da tempo si estraeva in Val d'Agri. Credendo che fosse la classica mitomane in cerca di visibilità, Imma l'aveva snobbata senza troppi convenevoli ed ora che è morta un po' se ne pente, soprattutto quando comincia ad appurare che alcune delle cose che le aveva detto la ragazza sono effettivamente vere. Ma chi era veramente Donata Miulli? Un'arrivista senza scrupoli in cerca di fama a tutti i costi? Una giovane martire dei nostri tempi che voleva salvare la sua terra dagli approfittatori? O semplicemente una giovane donna tenace e intraprendente con la voglia di farcela restando al Sud, nella sua Basilicata, e che aveva incontrato un amore sbagliato? E com'era morta Donata? Si era effettivamente suicidata come dicevano tutti o c'era dell'altro? Molte cose non quadravano, molte piste, anche troppi elementi che finivano per fuorviare, sviare, indirizzare in un senso piuttosto che in un altro… Con le indagini impantanate come la sua macchina, Imma procede a tentoni ma non è serena, proprio come il cielo che di primaverile ha ben poco. Pensa a se stessa, alla sua vita, a come avrebbe potuto essere diversa se da ragazza non avesse pensato solo a studiare; pensa a Pietro, a Valentina, a Calogiuri… soprattutto lui le dà molto da pensare… e da sognare.
Nonostante non si possa dire che sia simpatica, Imma Tataranni conquista per il suo essere normale e confrontarsi con problemi normali – tolti, chiaramente, quelli legati alle indagini -, per i suoi modi bruschi che a volte fanno scappare qualche sorriso, per il suo stile unico e inimitabile… che poi davvero c'è qualcuno che lo vorrebbe imitare?
Conquista, la Tataranni, per la passione e la tenacia che mette nel suo lavoro, per ciò che pensa e come lo pensa, per i temi che affrontano le sue indagini, così forti e controversi, per l'amore per quella sua terra bella e martoriata. La ritroveremo nel prossimo romanzo, molto, molto  presto.

Opera recensita: "Maltempo" (Imma Tataranni 02) di Mariolina Venezia
Editore: Einaudi, 2013
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Basilicata-Roma, 2005
Pagine: 256
Prezzo: 17,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 21 novembre 2019

RECENSIONE: CHRISTINE LEUNENS - IL CIELO IN GABBIA


Sinossi:
Il cielo in gabbia racconta l’inesauribile fertilità della bugia attraverso la vertiginosa ambiguità dei suoi protagonisti, ma riflette anche sul labile confine tra volontà di possesso e amore. Christine Leunens rivela uno stile ironico, pungente, pronto a cambiare repentinamente prospettiva per offrirci un nuovo scorcio di libertà “da un cielo in gabbia”
Nel 1938, anno dell’annessione austriaca al Reich, Johannes Betzler è un timido adolescente. Il ragazzo, dopo anni di propaganda a scuola, sedotto dal fascino del Führer, abbraccia l’ideale nazista. Diventa un membro della Gioventù hitleriana, ma a soli diciassette anni, sfigurato da un’esplosione, è costretto a ritirarsi.
Nella sua grande casa a Vienna fa una scoperta devastante. I suoi genitori, fervidi antinazisti, nascondono dietro a un finto muro Elsa, una giovane donna ebrea. Johannes, feroce antisemita, comincia a spiarla, eccitato dall’idea di poter controllare il destino di chi ha imparato a odiare. Elsa, costretta nella soffitta, dipinge e sogna a occhi aperti guardando un angolo di cielo dalla finestra. Ben presto l’astio iniziale di Johannes si trasforma in interesse, poi amore e infine ossessione.
Tra i due si instaura una sorta di “gioco amoroso”, fatto di brevi battute e lunghi silenzi, slanci d’affetto, dispetti e accese discussioni. Elsa è prigioniera del suo nascondiglio e delle attenzioni di lui, ma la sua mente è libera di viaggiare. Johannes, invece, per quanto libero, si scopre sempre più prigioniero dell’ossessione per lei.
Improvvisamente la guerra finisce, Vienna si trasforma, e Johannes si accorge che, caduto il nazismo, Elsa non ha più motivo di rimanere lì. Così, per non perdere quella particolarissima relazione, che spazia tra passione e follia, dipendenza e indifferenza, decide di non farle scoprire la verità, manipolandola a suo favore.

Commento:
Claustrofobia. È questa la sensazione prevalente che ho provato leggendo questo libro sul quale non è facile esprimere un giudizio.
Il cielo in gabbia è ciò che, dal cubicolo in cui era nascosta, vedeva Elsa, una giovane donna ebrea che la famiglia Betzler ha protetto durante la seconda guerra mondiale. Il figlio dei Betzler, Johannes, giovane ed insicuro che trova forza ed identificazione negli insegnamenti nazisti, la scopre e, se dapprima è diviso tra la vergogna di ospitare un'ebrea in casa sua e l'eccitazione di poter decidere la vita di una nemica, in seguito si innamora di colei che gli hanno insegnato ad odiare, fino a divenirne ossessionato. E quando la guerra, dopo aver cambiato completamente le sorti dei Betzler e dell'intera Vienna, finisce, Johannes capisce che se le dice che il nazismo è stato sconfitto e che è libera, Elsa se ne andrà e lui la perderà per sempre. Forse è proprio da qui, da questa scelta cruciale, che comincerà la sua carriera di mentitore seriale. Mentire divverà per Johannes un'abitudine oltre che una necessità, la sua mente produrrà menzogne in modo quasi autonomo, indipendente dal suo raziocinio. E l'ossessione per Elsa non tramonterà, non gli passerà mai. Ma quali conseguenze hanno prodotto le sue bugie? Cosa prova, pensa, vede, sa, sente Elsa? È sicuro, Johannes, di conoscere davvero la donna per cui prova un amore così turbolento e morboso? Una storia di fantasia che, per quanto è assurda e folle, potrebbe tranquillamente essere vera: Christine Leunens riesce ad imbastire, senza mai tralasciare la cura e l'attenzione per i fatti storici, una trama verosimile e devastante, con una prosa in grado di far sentire il lettore davvero "in gabbia". La drammaticità della mistificazione con cui Johannes viene in contatto da piccolo, i concetti e gli allenamenti della Gioventù Hitleriana contrapposti a quelli dei suoi genitori, l'identificazione del Fuhrer come figura paterna, l'odio inconsistente e superficiale eppure totalizzante per l'altro che gli fa vedere Elsa come "un'eccezione", il crescendo della sua confusione interna e del dramma esterno, la sorte di quella giovane costretta a nascondersi, le manie e gli egoismi di lei, la vecchia nonna che sembra una regina decaduta… tutto questo genera un crescendo di emozioni, un vortice inesauribile che condurrebbe chiunque alla follia. E l'epilogo non può che essere desolazione, stanchezza, apatia, incapacità di riportare tutto alla normalità. Un libro non facile da giudicare, dicevo, che va interiorizzato piano, analizzato, lasciato lì a decantare nella riflessione. Un libro che consiglio perché, al di là delle vicende narrate, fa riflettere soprattutto sulla potenza del desiderio di possesso spinto agli estremi e sulle conseguenze della menzogna come abitudine di vita.


Opera recensita: "Il cielo in gabbia" di Christine Leunens
Editore: SEM-Società Editrice Milanese, 2019
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Austria, 1938-1969
Pagine: 408
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


RECENSIONE: DIMITRI DELIOLANES - COLONNELLI


Sinossi:
Assalti squadristici, brogli elettorali, assassini politici, attacchi terroristici e stragi di civili sono i meccanismi di governo nella Grecia degli anni Cinquanta e Sessanta. Questo clima di terrore fa da sfondo al colpo di Stato dei colonnelli del 21 aprile 1967. Una delle pagine più nere della storia del dopoguerra europeo. Qual è stata l’influenza del regime militare greco sulla fragile democrazia italiana degli anni Sessanta? Quali i legami fra le diverse correnti politiche? Quale il ruolo dei militari nella sanguinosa stagione degli anni di piombo? A queste e altre numerose domande risponde con Colonnelli Dimitri Deliolanes, autore da sempre interessato alle relazioni, presenti e passate, dei paesi di cui si sente cittadino: Grecia e Italia. Non solo un libro di storia, quindi. Accanto alla disamina delle cause e delle conseguenze dell’ascesa dei militari in Grecia, Deliolanes tratteggia i fili dei rapporti tra i gruppi di estrema destra greci e quelli italiani e la costruzione del meccanismo spionistico e terroristico del regime in Italia. Nel libro sono state raccolte, arricchite e collocate in un preciso contesto strategico le testimonianze sul coinvolgimento greco nella strage di piazza Fontana: le mire aggressive del regime – si scopre – vanno oltre la reazione all’espulsione della Grecia dei colonnelli dal Consiglio d’Europa decretata da Moro il 12 dicembre 1969. Impressionante la rivelazione di una serie di attacchi terroristici ordinati da Atene, proprio per il 12 dicembre, contro le basi britanniche a Cipro. In un mondo dove il fascismo e l’autoritarismo sembrano riaffacciarsi prepotentemente, Colonnelli ci aiuta a non dimenticare un passato fin troppo recente, che però sembra essere stato sepolto da anni di revisionismo.

Commento:
Sì, magari saranno complicati da leggere, non immediati da comprendere e metabolizzare, ma i saggi – ne sono convinta – sono molto utili a chi non si accontenta di vivere in modo passivo e vuole, invece, informarsi, quale che sia l'argomento. Quelli storici, come quello di cui parliamo qui, servono a capire meglio le dinamiche politiche, sociali, culturali, economiche che hanno portato al presente. Dimitri Deliolanes analizza in questo saggio il golpe militare dei Colonnelli, attuatosi il 21 aprile 1967, una delle pagine più nere della storia europea del Novecento. Con precisione, metodo e competenza, l'autore chiarisce le origini del golpe, la condizione politica che vi ha condotto la Grecia, le ingerenze straniere e i tanti legami che i greci avevano con l'Italia, il nostro Paese, legami cruciali per gli anni di piombo e la cosiddetta strategia del terrore.
Un saggio, Colonnelli, non proprio immediato soprattutto per via della presenza di moltissimi nomi di politici, militanti e personaggi di varia collocazione, ma interessantissimo e tutto sommato scorrevole. La lettura, per quanto l'argomento sia specifico, appassiona e non annoia, certo, a patto che si sia realmente interessati ad approfondire questa importante pagina storica.
A chi lo fosse, io non posso che consigliare quest'opera: trarrete certamente spunti interessanti anche per letture successive o raffronti con altre opere. Per i riferimenti storici, i collegamenti con la politica e la militanza di altri Stati, Colonnelli sarà molto utile a chi voglia approfondire, in modo trasversale, sia il secondo dopoguerra che gli Anni di Piombo.

Opera recensita: "Colonnelli" di Dimitri Deliolanes
Editore: Fandango, 2019
Genere: saggio
Ambientazione: Grecia-Italia
Prezzo: 22,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


mercoledì 20 novembre 2019

RECENSIONE: GIANRICO CAROFIGLIO - LA MISURA DEL TEMPO


Sinossi:
Tanti anni prima Lorenza era una ragazza bella e insopportabile, dal fascino abbagliante. La donna che un pomeriggio di fine inverno Guido Guerrieri si trova di fronte nello studio non le assomiglia. Non ha nulla della lucentezza di allora, è diventata una donna opaca. Gli anni hanno infierito su di lei e, come se non bastasse, il figlio Iacopo è in carcere per omicidio volontario.
Guido è tutt’altro che convinto, ma accetta lo stesso il caso; forse anche per rendere un malinconico omaggio ai fantasmi, ai privilegi perduti della giovinezza.
Comincia cosí, quasi controvoglia, una sfida processuale ricca di colpi di scena, un appassionante viaggio nei meandri della giustizia, insidiosi e a volte letali.
Un romanzo magistrale. Una scrittura inesorabile e piena di compassione, in equilibrio fra il racconto giudiziario – distillato purissimo della vicenda umana – e le note dolenti del tempo che trascorre e si consuma.

Commento:
Meraviglioso. Semplicemente magistrale. È difficile essere obiettivi quando si è passato tutto il tempo (breve) della lettura pensando "Wow! Ma cosa sto leggendo?". Perciò no, non sarò obiettiva: questo è, tra i libri di Carofiglio che ho letto e tra tutti i casi dell'avvocato Guerrieri, a mio parere il migliore, di gran lunga. È stato un piacere ritrovare Guido Guerrieri, la sua ironia, le sue insicurezze, le sue passioni; è stato un grande piacere ritrovare, soprattutto, la narrazione intimista ed intrisa di quotidianità di Carofiglio che quando scrive sembra aprirci un portone direttamente affacciato sul suo mondo. È stato un enorme piacere farsi rinfrescare la procedura penale da cotanto insegnante, peraltro con una prosa degna del miglior professore di diritto, capace di configurare trame, disegni, esempi concreti e comprensibili a tutti, perfettamente inseribili nella vita reale e utili a far entrare chiunque nei meccanismi di un processo. Un libro troppo breve: non ci si stanca della bellezza, se ne vorrebbe ancora e ancora. Perciò, oltre a sperare in una nuova uscita in tempi brevi, mi sa che andrò a rileggermi tutti i casi di Guido Guerrieri… mi è proprio venuta voglia di ripercorrere la sua evoluzione.

Opera recensita: "La misura del tempo" di Gianrico Carofiglio
Editore: Einaudi, 2019
Genere: legal thriller, seriale
Ambientazione: Bari
Pagine: 288
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


sabato 16 novembre 2019

RECENSIONE: MARCELLO D'ORTA - IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO


Sinossi:
Colorati, vitalissimi, spesso sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario i temi fatti dai bambini della scuola elementare di Arzano e raccolti dal maestro D'Orta sono ormai diventati un caso letterario e sociologico. Una cronaca che rappresenta meglio di tanti trattati la realtà sconcertante del nostro paese.

Commento:
Stamattina avevo voglia di sorridere, quindi ho scelto la mia lettura a colpo sicuro. Avevo già letto Io speriamo che me la cavo e ricordavo alcune immagini tratte dai temi anche a distanza di anni. Rileggerlo è stato di nuovo un piacere: sebbene facciano - aappunto - sorridere, alcuni temi sono davvero profondi e sorprendenti. Penso che proseguirò con gli altri due volumi, Dio ci ha creato gratis e Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso, che non ho ancora mai letto.

Opera recensita: "Io speriamo che me la cavo" di Marcello D'orta
Editore: Mondadori, prima ed. 1990
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: provincia di Napoli
Pagine: 154
Prezzo: 11,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 14 novembre 2019

RECENSIONE: FRANCESCA MARZIA ESPOSITO - CORPI DI BALLO


Sinossi:
Anita e Miriam sono le due ballerine di punta di un’importante compagnia di danza classica. Hanno lo splendore e l’energia dei vent’anni, ma hanno qualcosa in più delle loro coetanee: la leggerezza, la capacità di spiccare il volo. E qualcosa in meno: la danza fagocita le loro vite e spazza via tutto il resto. Si allenano molte ore al giorno, e il tempo che rimane è dedicato alla cura del corpo e alla ricerca di nuovi modi per rendersi impermeabili al cibo. Le uniche incursioni del mondo esterno nel loro appartamento sono le visite notturne del ragazzo di Miriam e di un suo amico strambo con la fissa per la scrittura, oltre ai messaggi degli ammiratori che Miriam ha collezionato sui social network pubblicando le sue foto. Anita considera Miriam talentuosa e carismatica, è convinta che sia una ballerina migliore di lei, ne è sedotta e al tempo stesso non può fare a meno di invidiarla, di sentirsi sottilmente in competizione con lei. L’estate è appena cominciata, insieme alle prove per Ondine, il nuovo balletto che la direttrice della compagnia – un’ex ballerina ossessionata dalla perfezione e dalla magrezza delle sue allieve – ha deciso di mettere in scena. Gli allenamenti sono massacranti, Anita è sempre più stanca, sotto pressione, gelosa della palese predilezione dell’insegnante per Miriam. Un giorno che sembra uguale agli altri, mentre le ragazze fanno la spesa dopo una lunga sessione di prove, Miriam si accascia al suolo e perde i sensi.
Questo evento è destinato a cambiare per sempre la vita di Anita, mandando in frantumi tutte le sue certezze, a cominciare dal rapporto col proprio corpo. È l’inizio, per lei, di un cammino accidentato di ricostruzione della propria identità.
Nel mondo della danza le leggi che valgono là fuori si annullano, la parola perfezione ha un significato diverso, che si avvicina molto al concetto di sparizione: “Quando si balla si azzera la distanza tra la vita e la morte, ci si innalza al di sopra dell’ovvio e del normale, e per farlo occorre ridursi a meno corpo possibile”. È quello che Francesca Marzia Esposito riesce a fare con la sua scrittura leggera, plastica, delicata – a tratti cruda, feroce: ci porta lì dentro con sé, e di quel mondo ci fa sentire la fame, la violenza, l’assoluta vertigine.

Commento:
La perfezione si avvicina molto al concetto di sparizione. Ecco, questa è stata l'idea che più mi ha colpita in un libro già di per sé destabilizzante. Mi sono chiesta, leggendo, come si arrivi ad incanalare un'idea di perfezione così avulsa rispetto a quella comune, canonica. Come si arriva a pensare che, per amore della danza, il proprio corpo va cambiato, rimpicciolito, annientato, reso invisibile? Come si arriva a "nutrirsi" di un frutto seguito da bustine di lassativo o dita in gola… perché diversamente non si può danzare? Perché il proprio corpo è sbagliato, non va bene per la scena? Basta un'insegnante con l'ossessione per la perfetta magrezza? Io ne dubito, ma non giudico, non posso né voglio farlo e neppure Francesca Marzia Esposito – che questo mondo lo conosce molto più di me – lo fa mai. Lei si "limita" a raccontarci il viaggio infernale di due danzatrici, due ragazze, verso la perfezione e quindi, paradossalmente, verso la sparizione. Non servono giudizi qui, serve cercare di capire e, magari, di cambiare qualcosa, se possibile. Anita e Miriam, brave, belle, più amiche di quanto sappiano, sempre in apparente competizione, sempre messe a confronto, sono l'emblema dei sacrifici durissimi che si fanno per ciò che si ama; ci mostrano dove possono arrivare tenacia e abnegazione che non sarebbero di per sé negative, se non spingessero a mettersi a rischio. Miriam, la perfetta, instancabile, inarrivabile Miriam, non regge e Anita, che fino ad allora la odiava e l'amava, la detestava e l'ammirava, si ritrova a dover fare i conti con se stessa, il suo corpo, la sua incredibile somiglianza a Miriam, la direzione da dare al resto della sua vita.
Non vi dirò se questo libro è bello o brutto… ciò che so io è che ho apprezzato molto la scrittura di Francesca Marzia Esposito, così cruda, pregnante, adatta al pathos continuo di questa storia; la storia in sé è un pugno nello stomaco, è troppo difficile da assorbire così, su due piedi e di sicuro non si può giudicare in due parole affrettate. Tutto il resto di questo libro importante, perciò, lo dovrete scoprire da voi… è soggettivo… a me non resta, in tutta sincerità, che invitarvi davvero a farlo.


Opera recensita: "Corpi di ballo" di Francesca Marzia Esposito
Editore: Mondadori, 2019
Genere: narrativa italiana
Pagine: 216
Prezzo: 18,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

RECENSIONE: VICTORIA SHORR - L'ORA DEL DESTINO


Sinossi:
Nel 1802, all'età di ventisei anni, Jane Austen è povera e senza marito. Non ha una casa, ma ha già in mente i suoi futuri, splendidi romanzi. Proprio in questo momento difficile, Jane riceve un'offerta di matrimonio molto vantaggiosa da parte di un uomo ricco, verso il quale però non nutre alcun sentimento. Può scegliere la sicurezza economica, con le regole immutabili della buona società. Oppure può scegliere d'essere libera. Quando la sedicenne Mary Godwin inizia il suo straordinario viaggio d'amore e di formazione attraverso l'Europa, il suo compagno è già una stella del firmamento letterario. Si chiama Percy Bysshe Shelley e anima, insieme con gli amici Lord George Byron e John Keats, il suo tempo. Mary e Percy con la loro esistenza libera e scandalosa sfidano le convenzioni sociali. E anticipano il futuro di molte generazioni ispirate da ardenti ideali libertari. Per un lungo, interminabile anno, in catene nel buio di una cella, Giovanna d'Arco coltiva con ardente fermezza la sua fede. "Abbi coraggio, figlia di Dio, sarai salvata" le ripetono le voci di Santa Caterina e Santa Margherita, che l'accompagnano fin dall'infanzia. Per un anno, ogni giorno, Giovanna si trova di fronte alla più difficile tra le scelte. L'ora del suo destino coincide con l'abiura. O con la morte sul rogo. In questo libro Victoria Shorr dipinge il ritratto intimo e profondamente umano di tre giovani donne alle prese con il proprio destino. Jane, Mary e Giovanna sono state ragazze ribelli e sono oggi, nel vibrante racconto di Shorr, tre donne eccezionali che hanno saputo piegare la loro esistenza verso il mito.

Commento:
Jane, Mary, Giovanna. Tre donne, due vissute nell'Ottocento, una nel Quattrocento. Tre giovani che, ciascuna a suo modo, si sono distinte; tre anime forti, tra loro diverse per vissuto, condizione, contesto, ma accomunate da tante cose, più di quante se ne notino in apparenza. Cosa le unisce? Qual è il filo rosso che le lega? Il coraggio di disobbedire, di ribellarsi alla vita che altri avevano tracciato per loro, la capacità di fare una scelta difficile, non convenzionale, di differenziarsi, di seguire un sogno, una passione, un'ispirazione, una missione e di portare avanti quella scelta fino alle estreme conseguenze. Tre giovani donne giudicate severamente, col metro implacabile del pregiudizio e dell'ottusità, vittime del fatto che nessuno abbia dato loro una chance, una seconda possibilità, condannate apriori solo per aver avuto l'ardire di scegliere. Pecore nere, anticonformiste, mal viste, rinnegate… ma poi il tempo ha dato loro ragione: tutte e tre sono poi diventate – a loro modo – eroine, icone di coraggio, innovazione, ardimento, sacrificio, lotta. Jane che rinuncia alla sicurezza del matrimonio per aggrapparsi con tutta se stessa alla sua scrittura e che, grazie a questa scelta, ci regala la descrizione di un mondo che conosce bene corredata dalla sua inconfondibile, pungente ironia e dal senso di giustizia che le viene dall'esperienza di vita; Mary, vittima della passione per un uomo geniale, affascinante e incostante, che ha pagato un prezzo carissimo per la sua scelta; Giovanna, la più eroica di tutte, quella che ha seguito la fede e l'amore per il suo Paese ed è stata ripagata con la morte peggiore, quella sul rogo.
L'ora del destino, in cui sono raccolte le storie di queste tre donne vittoriose, è un libro bellissimo perché unisce i fatti e il cuore: con un mirabile lavoro di documentazione, studio, ricerca, Victoria Shorr modula la storia, aggiunge la passione e ripaga tardivamente queste donne dell'ingiustizia che hanno subito in vita regalandoci un romanzo accorato e di valore che è un piacere leggere. La storia che ho preferito tra le tre è stata senza dubbio quella di Giovanna D'arco in cui – secondo me – la Shorr si è superata, ma so anche che, dopo questo libro, rileggerò Jane Austen con occhi diversi.
Davvero un'ottima lettura.

Opera recensita: "L'ora del destino" di Victoria Shorr
Editore: SEM-Società editrice Milanese, 2019
Genere: narrativa straniera
Pagine: 285
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


martedì 12 novembre 2019

RECENSIONE: GRéGOIRE DELACOURT - DANZANDO SULL'ORLO DELL'ABISSO


Sinossi:
Emma, quarant’anni, felicemente sposata, tre figli, incontra lo sguardo di uno sconosciuto nella brasserie della cittadina in cui vive. E in un istante, capisce. Capisce che per quell’uomo è disposta a rischiare ogni cosa. Il matrimonio. La sicurezza. La serenità di coloro che ama più di se stessa. Quando lui dimostra di ricambiarla, Emma chiude gli occhi, spalanca il cuore e fa il grande salto. Danzando sull’orlo dell’abisso è il racconto di quel salto. Di cosa accade quando l’amore, la consuetudine, le fondamenta stesse di un’esistenza, vacillano sull’orlo di un abisso che tutto promette e tutto minaccia di inghiottire. Con precisione chirurgica e straordinaria sensibilità poetica, Grégoire Delacourt mette in scena la vertigine del desiderio, le conseguenze della libertà e l’intensità del momento in cui capisci che “il presente è l’unica eternità possibile.”

Commento:
Inutile girarci intorno: Danzando sull'orlo dell'abisso è un libro struggente e difficile da leggere. Non perché sia brutto, tutt'altro! Quella racchiusa in queste pagine è una storia tanto bella quanto triste, sia per le vicende in sé, sia per la sensibilità con cui vengono raccontate. Esistono, infatti, qui due dimensioni: quella della storia, della narrazione, e quella della scrittura. La storia è quella di Emma che alla soglia dei quarant'anni, pur non avendo nulla da recriminare, con un marito e una famiglia presente, inciampa per caso in un gesto sobrio e insignificante compiuto da uno sconosciuto e si perde completamente per lui. Emma non era infelice, ma da sempre – e se ne rende conto quando lo trova in quell'uomo al tavolo di una brasserie – cercava qualcosa, qualcosa che le mancava: non un'avventura, non un amante, ma una vertigine. Soccombere al desiderio e lasciare famiglia e sicurezza o distogliere lo sguardo e barricarsi contro gli attacchi del proprio io? Una scelta dura, resa durissima dagli accidenti che il destino, il fato, Dio o il diavolo mette sul cammino di Emma. Una storia di scelte, desiderio, dolore, amore, famiglia, incidenti, amicizia, vita, morte. Poi c'è la dimensione della scrittura: sì, perché una storia diventa tanto più bella quanto più chi la racconta sa far emozionare. E Grégoire Delacourt qui non solo emoziona, ma crea empatia, crea poesia. Tutto il libro è venato di un lirismo profondo, intenzionale e intrinseco, naturale, mai spocchioso o contraffatto. E tra un bicchiere di vino, un'ostrica e un'antidolorifico tutto diventa più intenso, anche la sofferenza ci sembra più vivida se raccontata così. E perciò è ovvio che, anche se è difficile da leggere perché non distoglie lo sguardo davanti ai sentimenti e al dolore, io ve lo consiglio lo stesso questo libro… perché la vita va affrontata sempre, qualsiasi calice ci ponga davanti.


Opera recensita: "Danzando sull'orlo dell'abisso" di Grégoire Delacourt
Editore: Dea Planeta, 2019
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Francia
Pagine: 240
Prezzo: 17,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


lunedì 11 novembre 2019

RECENSIONE: MARIOLINA VENEZIA - COME PIANTE TRA I SASSI (IMMA TATARANNI 01)


Simpatica o antipatica? Odiosa forse. Scomoda, spudorata, sorprendente. Come la verità, certe volte. È Imma Tataranni, sostituto procuratore a Matera. Anni 43, alta un metro e uno sputo, capelli crespi e gusti improbabili: dorato, serpentato. E tacco 12.
Se le signore bene, e sua suocera, la guardano a muso stretto, lei non si dà pensiero. Ma se qualcosa non va la vuole raddrizzare. Scarsa in fantasia e in colpi di genio, punta sulla memoria, facendo tremare i potenti e perseguitando i furbi e i cretini.
In una Basilicata arcaica sotto la sua patina di modernità, il caso di un ragazzo morto accoltellato si allarga – per Imma e il bell’appuntato Calogiuri – come la smagliatura di una calza, riportando alla luce un passato sepolto che scombussola le carte del presente.
Al suo secondo romanzo dopo Mille anni che sto qui (Premio Campiello 2007), Mariolina Venezia si confronta col giallo, giocando col genere per raccontare i vizi e le virtù dell’Italia di oggi.

Commento:
Bassa, bruttarella, incazzosa, Imma Tataranni non è proprio la persona più facile con cui avere a che fare: è un osso duro che, con le sue manie e le sue tecniche di persuasione quantomeno poco ortodosse, sta eufemisticamente poco simpatica a molti, specialmente in Procura. La tollerano poco soprattutto gli ipocriti, gli aficionados del galateo e del bonton, quelli che amano fare i furbi, forzare o aggirare la legge pur essendone tutori: Imma la legge la conosce a memoria e non si fa scrupoli ad usarla come arma per perseguire chi non le garba. È tenace, questa sostituta procuratrice, non fa sconti neppure a se stessa. Impariamo a conoscerla qui, tassello dopo tassello, in un caso complicato, dalle implicazioni importanti: un ragazzo, Nunzio Festa, viene ritrovato accoltellato in un campo proprio nel giorno del suo compleanno. Perché è stato ucciso? Droga? Rissa finita male? Gelosia? Ha visto qualcosa che non doveva vedere? Ha esagerato nel voler arraffare? Lo scoprirà, Imma Tataranni, ma non senza difficoltà. Per fortuna che può contare su Calogiuri, il giovane appuntato con cui si capisce al volo… malelingue a parte, Imma gli vuole bene davvero. Sì, perché dietro quella scorza dura, anche lei ha una sensibilità tutta sua… nascosta molto in fondo, ma ce l'ha. Una conoscenza controversa, quella con Immacolata Tataranni: è una procuratrice che ho apprezzato per tanti motivi, ma non è facile abituarsi allo stile – bello, ma particolarissimo – di Mariolina Venezia. Mi servirà un altro libro per farmi un'idea più definita… lo leggerò quanto prima. Intanto questo primo giallo ve lo consiglio.


Opera recensita: "Come piante tra i sassi" – Imma Tataranni 01, di Mariolina Venezia
Editore: Einaudi, 2009
Genere: giallo, seriale
Ambientazione: Basilicata, 2003
Pagine: 256
Prezzo: 17,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


venerdì 8 novembre 2019

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - PROMESSE


Sinossi:
Due gioielli perfetti dalla penna di un maestro del thriller, questi racconti trascinano il lettore in un entusiasmante giro sulle montagne russe, tra colpi di scena e geniali svolte narrative.
Come per il principio di Locard, secondo cui in ogni crimine si verifica un trasferimento di prove, per Lincoln Rhyme e Amelia Sachs sembra valere la legge per cui ovunque si trovino li aspetta un enigma che mette alla prova il loro talento da detective. La coppia ha scelto Bellagio, sul lago di Como, per sposarsi, insieme a un gruppo scelto di ami¬ci, ma la luna di miele si trasforma immediatamente in una investigazione privata con un finale sorprendente. Allo stesso modo in Florida, dove Rhyme ha appena finito un ciclo di lezioni di tecniche forensi, i due vengono coinvolti nel caso di un aereo inabissato nell’Oceano Atlantico per cause tutte da chiarire. Incidente tecnico o attentato? E cosa può inventarsi un criminologo se le eventuali prove giacciono, irraggiungibili, nella Fossa di Porto Rico, a otto chilometri di profondità? E una tempesta di quelle che si vedono solo in Florida ha spazzato via dalla pista di decollo ogni traccia? Due gioielli perfetti dalla penna di un maestro del thriller, questi racconti trascinano il lettore in un entusiasmante giro sulle montagne russe, tra colpi di scena e geniali svolte narrative. Nella misura breve Jeffery Deaver porta al virtuosismo la sua abilità di costruzione di trame e personaggi, con cui ha conquistato il cuore di milioni di lettori.

Commento:
Due "gioiellini", come dice la quarta di copertina, in cui Deaver ci dà un assaggio – semmai ce ne fosse bisogno – della sagacia e dell'arguzia di Lincoln Rhyme, il suo personaggio più famoso e longevo. Nel primo racconto Rhyme e Sachs si sono appena sposati a Bellagio, in provincia di Como, quando una donna – un'altra americana – chiede loro aiuto perché è preoccupata da alcuni comportamenti insoliti del marito… Nel secondo racconto, invece, siamo in Florida, in un hangar dal quale è partito un aereo privato che poi è esploso. Toccherà a Rhyme capire chi ha piazzato l'ordigno a bordo… senza analizzare l'aereo che si trova a otto chilometri di profondità nell'Atlantico, quindi… senza prove. Promesse non è il libro migliore di Deaver, questo è ovvio, ma per me è stato un ottimo modo di passare un pomeriggio in compagnia dei personaggi della mia saga preferita.

Opera recensita: "Promesse" di Jeffery Deaver
Editore: Solferino, 2019
Genere: raccolta di racconti
Ambientazione: Italia-Stati Uniti
Pagine: 119
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.