simposio lettori copertina

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mercoledì 30 novembre 2016

RECENSIONE: WULF DORN - PHOBIA


Sinossi:

Londra, una fredda notte di dicembre nell'elegante quartiere di Forest Hill. Sarah sta dormendo quando sente rientrare il marito, che sarebbe dovuto restare

via per lavoro ancora qualche giorno. Ma l'uomo che trova in cucina intento a prepararsi un panino non è Stephen. Eppure indossa gli abiti di Stephen,

ha la sua valigia, ed è arrivato fin lì con l'auto di Stephen, parcheggiata come al solito davanti alla casa. Sostiene di essere Stephen, e conosce particolari

della loro vita che solo lui può conoscere. Elemento ancora più agghiacciante, l'uomo ha il volto deturpato da orribili cicatrici. Per Sarah e per Harvey,

il figlio di sei anni, incomincia un incubo atroce, anche perché lo sconosciuto scompare così come era apparso e nessuno crede alla sua esistenza. Anche

la polizia è convinta che Sarah sia vittima di un forte esaurimento nervoso e che non voglia accettare che il marito sia andato via di casa volontariamente

e che presto tornerà. Sola e disperata, Sarah si rivolge all'unica persona che, forse, può aiutarla, il suo amico d'infanzia Mark Behrendt, psichiatra

che conosce gli abissi dell'animo umano. Insieme Mark e Sarah iniziano a indagare, mentre il misterioso sconosciuto è sempre un passo avanti a loro e sembra

divertirsi a tormentarli, a lasciare piccoli segnali e scomparire. Chi è l'uomo sfigurato? Che cosa vuole da Sarah?

 

E’ il meno psicologico e, a mio parere il meno avvincente fra i thriller di Wulf Dorn che ho letto finora, ma non per questo è meno bello! E’ la storia della giovane Sarah e di suo figlio Harvey, che in una fredda notte di dicembre si ritrovano in casa uno sconosciuto con il viso sfregiato da orribili cicatrici. L’uomo è entrato in casa con le chiavi di Stephen, il marito di Sarah, partito quel pomeriggio per un viaggio di lavoro; l’uomo indossa i suoi vestiti, ha la sua valigia e la sua macchina, dice di essere Stephen e conosce la quotidianità di Sarah ed Harvey come se avesse sempre vissuto con loro. Da questo momento per Sarah cominceranno giorni di terrore, incertezza, paura. E’ proprio questa paura che è al centro dell’intera storia, la paura che viene dal passato e che, dal giorno in cui si è dimessa dalla casa editrice in cui lavorava, segue Sarah come un’ombra: è la paura di fallire, di non essere all’altezza. Ed è proprio questa paura che lo sconosciuto con le cicatrici vuole combattere, anche se Sarah ancora non lo sa. Ora è spaventata per sé e per il figlio e vuole ad ogni costo trovare suo marito. La polizia, però, non le crede e l’unica persona che può aiutarla è il suo amico d’infanzia, lo psichiatra Mark Berendt, che da sempre ha un’attitudine naturale a capire le persone. Casualmente anche lui è a Londra, venuto dalla Germania per il funerale del suo relatore, ma quando Sarah lo cerca per chiedergli aiuto scopre che anche lui ha subito un’esperienza traumatica dalla quale fatica ad uscire. Mark, infatti, può capire benissimo, meglio di chiunque altro, cosa si prova quando uno sconosciuto entra d’improvviso nella tua vita e ti ruba la tranquillità.

Chi ha letto “la psichiatra” ricorderà certamente l’anticonformista dottor Mark Berendt, in servizio alla Walt Klinik; lo ritroviamo in questo romanzo con più esperienze e più turbamenti. Cambio di ambientazione, dunque, per Dorn che dalla grigia Germania si sposta nella piovosa Londra per una storia altrettanto intricata ed apparentemente inspiegabile. Qui, al contrario dei libri precedenti, non abbiamo una vera e propria devianza psichica, ma “solo” l’ossessione di uno sconosciuto che definire “pazzo” sarebbe troppo banale: come ci insegna Dorn, infatti, bisogna sempre chiedersi il perché delle azioni che ci sembrano folli ed indagare nel profondo dell’animo umano per capirne il significato. Ma questo è soprattutto un libro che affronta le paure, quelle ataviche che si annidano dentro ognuno di noi e che inesorabilmente condizionano la nostra vita. E poi ci sono anche le paure sociali, quelle che ci impediscono di guardare con serenità un volto deturpato, quelle che minano la nostra tranquillità, i nostri equilibri sempre precari, quelle che non accettiamo perché sarebbe troppo duro sopportarne le conseguenze…

Anche in “Phobia” Dorn fa un’analisi a tutto tondo della psiche umana e delle sue mille sfaccettature. Sebbene, come anticipavo all’inizio, mi sia sembrato il meno avvincente tra i thriller di quest’autore, probabilmente per alcune lunghe digressioni che avrei evitato, “phobia” non è meno affascinante e profondo: ancora una volta Dorn ci mostra che la verità può essere più complessa di quanto immaginiamo e che dietro ad ogni azione possono celarsi i motivi più disparati, ma comunque un motivo c’è sempre e spetta a noi ricercarlo.

Ad ogni modo, bello… consigliato.

 

Opera recensita: “Phobia” di Wulf Dorn

Editore: Corbaccio, 2014

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: Londra

Pagine: 324

Prezzo: 16,60 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 28 novembre 2016

RECENSIONE: SIMONA AHRNSTEDT - RITRATTO DI DONNA IN CREMISI


Sinossi:

Stoccolma, 1880. È una sera di dicembre e la città è come incantata sotto una coltre di neve bianchissima. Nel foyer luccicante del Teatro dell'Opera,

gremito di dame in abiti eleganti e gentiluomini dell'alta società, tra il profumo delle ciprie e l'aroma dei sigari, un uomo e una donna si incontrano.

Lei è Beatrice Löwenström, dai meravigliosi capelli rosso fuoco e il viso spruzzato di lentiggini, una ragazza volitiva e ribelle che mal sopporta le rigide

convenzioni borghesi degli zii con cui vive. Lui è Seth Hammerstaal, lo scapolo più discusso della capitale, con un debole per le donne belle e per le

regole da infrangere. Un incontro fuggevole, eppure destinato a cambiare per sempre due vite. Perché quella sera nasce la più travolgente passione che

la fredda Stoccolma abbia conosciuto: da allora le strade di Seth e Beatrice si incrociano più volte, per caso, nelle mille occasioni mondane dei salotti

bene della città. Seth è incantato dall'intelligenza di Beatrice, una donna che non assomiglia a nessun'altra, e Beatrice spaventata e insieme sedotta

da quest'uomo affascinante e inaffidabile, che non ha mai vissuto secondo gli schemi. Lungo le vie scivolose per la brina, dinanzi alla baia ghiacciata

scintillante di luci, tra convegni notturni e passeggiate in carrozza, si consuma così un amore segreto, e per questo ancor più bruciante. Ma su Beatrice

sono già stati fatti progetti e conclusi accordi che non includono né la libertà, né la felicità e tantomeno Seth...

 

“Ritratto di donna in cremisi” è ambientato nel passato, tra il 1880 e il 1882, ma non è un romanzo storico; racconta una storia d’amore, ma non è un semplice romanzo rosa; contiene scene d’amore molto esplicite per l’epoca in cui è ambientato, ma non è un romanzo erotico. Cos’è? E’ tutte queste cose insieme! E’ una fiaba dal sapore antico, ma scritta da un’abile penna moderna.

Beatrice è una diciottenne di una bellezza non perfetta, ma esuberante, dalla chioma rosso fiammante e dal viso tempestato di efelidi. Ma oltre che bella, la ragazza è soprattutto colta, di un’intelligenza vivace ed incontenibile; è poco incline a rispettare le regole e le convenzioni sociali ed a lasciare che altri decidano per lei.

Seth è uno degli scapoli più ambiti di Stoccolma, ha buon gusto, ama le belle donne e sa come farle felici, è passionale, virile, ma anche estremamente sensibile.

Beatrice e Seth vivono a Stoccolma, in una Svezia che attraversa, come tutta Europa, un periodo di profondi cambiamenti culturali: esistono le classi sociali e le distinzioni tra aristocrazia e fasce meno abbienti, ma il confine non è così netto come in altri romanzi di qualche decennio prima. Ci sono uomini che considerano le donne come oggetti da usare e commerciare e uomini che ne apprezzano l’intelligenza e la vivacità. Sono sostanzialmente questi i cardini della struttura di questo romanzo: la concezione della donna, la distinzione di classe, il matrimonio combinato e quello d’amore.

Beatrice e Seth si incontrano per caso all’Opera, ma l’attrazione tra loro è immediata ed irresistibile. A quell’incontro fugace ne seguiranno molti altri, più o meno fortuiti, e il legame tra i due cresce fino a diventare travolgente ed inevitabile. Ma Beatrice, la sagace, intelligente, ribelle Beatrice deve sposare un altro uomo, molto diverso dal suo amato Seth. Lei non lo sa ancora, ma alle sue spalle è stato concluso un accordo, firmato un contratto che la consegna al suo aguzzino in cambio di un posto nell’alta società per la sua famiglia adottiva: Beatrice, infatti, non ha più i genitori e vive in casa di uno zio che dovrebbe darle affetto, invece non vede l’ora di sbarazzarsi di lei e la consegna al miglior offerente come fosse merce di scambio. La ragazza non ha scelta: le condizioni che le vengono poste sono terribili, ma lei è obbligata ad accettarle. Da questo momento si aprirà una serie di malintesi ed ostacoli che impediranno a Seth e Beatrice di amarsi come vorrebbero.

Rabbia, orgoglio, passione, umiliazione, amore si mescolano in queste pagine creando un mix di sensazioni esplosivo: la profonda tristezza ed apprensione per le sorti dei due amanti si contrappone alla passione elettrica e bruciante irradiata dagli incontri proibiti tra i due che attraversa le pagine investendo il lettore come una scarica di adrenalina. Il lieto fine sembra non arrivare mai, perciò quando finalmente il cielo si rischiara su Stoccolma la gioia è ancora più intensa e pervasiva.

A volerle trovare, ci sarebbero tante lacune da riscontrare in questo libro… qualche esempio? La storia in sé risulta un tantino troppo fantasiosa ed a tratti poco verosimile; inoltre è un po’ strano che una ragazza di buona famiglia in quegli anni avesse così tante occasioni (seppur fortuite) di intrattenersi da sola con un uomo… Inoltre, le descrizioni delle scene d’amore, che pure ho molto apprezzato, potrebbero risultare fuoriposto in un romanzo ambientato a fine Ottocento e mettono in risalto il fatto che l’opera è stata scritta in tempi moderni. C’è chi paragona quest’autrice a Jane Austen, solo più provocante. In parte concordo con questo paragone, ma bisogna tener conto del fatto che si tratta di un’autrice dei giorni nostri: Jane Austen, sebbene fosse anticonformista ed innovatrice, non si sarebbe mai sognata di descrivere il sesso in modo tanto esplicito.

Veniamo alle considerazioni personali… Mi è piaciuto? Sì, molto! Sarà anche molto fantasiosa, a tratti non proprio fedele al periodo storico, sarà anche estremamente triste, ma questa storia è bellissima! E’ bello, ogni tanto, tuffarsi in una fiaba, far finta che sia vera e sognare che tutto possa finire bene! E’ bello emozionarsi leggendo, rivivere le vicende dei protagonisti, piangere, ridere, indignarsi e gioire con loro al punto che non vorresti più separartene! Ognitanto ci vogliono anche queste belle storie per allontanarsi un po’ dal mondo reale e rifugiarsi in un mondo parallelo, diverso.

Mi sento di consigliare questo libro a chi abbia voglia di una lettura non impegnativa, lunga, spesso triste, ma di certo appassionante.

P.S. Una considerazione molto soggettiva: non linciatemi, mi piacciono diversi romanzi della Austen, ma il fuoco sprigionato da certe pagine della Ahrnstedt mi ha emozionato troppo!

 

Opera recensita: “ritratto di donna in cremisi” di Simona Ahrnstedt

Editore: Sperling & Cupfer, 2011

Genere: romanzo

Ambientazione: Svezia, Normandia 1880

Pagine: 433

Prezzo: 19,90 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 23 novembre 2016

RECENSIONE: ELENA STANCANELLI - LA FEMMINA NUDA


Sinossi:

Anna è una donna intelligente, bella, con un lavoro interessante, ma di colpo tutto questo non serve più. Dopo cinque anni la sua storia d'amore con Davide

affonda in una palude di tradimenti, bugie, ricatti. E la sua vita va in pezzi. Si trasforma in un'isterica, non dorme, non mangia, fuma e si ubriaca ogni

sera per riuscire ad addormentarsi. Compulsivamente inizia a frugare nel telefonino di lui nelle chat, sui social. Non sa cosa sta cercando, non sa perché

lo sta cercando. Per un anno rimarrà prigioniera di quello che lei stessa chiama il regno dell'idiozia, senza riuscire a dirlo a nessuno. Questo racconto

è la sua confessione, sotto torma di lettera, a Valentina, la sua più cara amica, che l'ha vista distruggersi sera dopo sera. Anna dice tutto, senza pudore.

I dettagli umilianti e ridicoli, l'ossessione, la morbosità. Anna somiglia a tutti noi, che combattiamo questa guerra paradossale che chiamiamo amore.

Ogni tanto vinciamo, più spesso perdiamo. L'unica cosa su cui possiamo sempre contare, l'unica capace di indicarci i nostri confini, i nostri bisogni,

è il corpo. E sarà al corpo che Anna si aggrapperà per sconfiggere il dolore.

 

Anna e Davide sono fidanzati e vivono insieme. Lei architetto, lui meccanico, lei intelligente, lui più banale… una coppia sulla quarantina, normali tutto sommato. Dopo cinque anni la storia è in crisi: litigi continui per banalità, recriminazioni, “è colpa mia”, “è colpa tua” e via discorrendo. Ma una sera, dopo una telefonata, Davide dimentica di chiudere la comunicazione ed Anna scopre di essere tradita. Davide è quello che definiamo un traditore-mentitore seriale, tradisce Anna costantemente con qualunque donna gli passi davanti. Ma una, in particolare, al momento sembra prenderlo seriamente, tanto da indurlo ad andar via di casa.

Da quella fatidica telefonata Anna cade in quello che lei stessa definisce come “il regno dell’idiozia” e per un anno imbocca un tunnel buio ed apparentemente senza sbocchi, che la porta a precipitare inesorabilmente verso il fondo. Si ritrova diversa, nel corpo e nello spirito, stenta a riconoscersi, fa cose che prima non avrebbe mai pensato di fare, scopre una parte di sé, vile e terribilmente meschina, che non conosceva.

Inventa ogni stratagemma possibile per spiare il suo ex ragazzo e la sua nuova amante e quando trova, nell’account di Davide, delle foto hard dell’altra donna la situazione precipita definitivamente: il centro, il fulcro ditutti i suoi problemi diventa il sesso. Il mondo allucinato di Anna ruoterà intorno al sesso ed al corpo, il suo e quello della rivale, fino al punto di architettare un piano per incontrarla.

Questa è la storia che, a sei mesi di distanza da quell’annus horribilis, Anna racconta in prima persona in una lunga lettera-confessione indirizzata a Valentina, l’amica paziente che le è stata accanto in questo lungo inferno. E’ una storia forte, estrema, ma verosimile e, soprattutto, incredibilmente comune a tante persone nei suoi tratti essenziali. Il tema, l’avrete capito, è il tradimento, ma soprattutto le conseguenze cui può portare la fine di una storia importante, la rottura di un equilibrio, la perdita di una sicurezza. Vedendosi strappar via il suo uomo, Anna si ritrova spaesata, disorientata, compie azioni che sa essere inutili e dannose, si abbrutisce, si trascura, fino a ritrovarsi solo con il suo corpo, croce e delizia, un corpo che nonostante tutto non muore e che, alla fine, la salverà.

Trattandosi di una lettera privata (anche se è solo una fictio letteraria), il linguaggio usato dalla protagonista è diretto, forte, a tratti scurrile e potrebbe sembrare esagerato, ma contribuisce allo scopo: aiuta a far capire come ci si può ridurre, cosa può diventare l’uomo quando perde il controllo di sé.

Esattamente come Anna, l’autrice racconta questa storia senza pudore né remore, con irriverenza, disincanto, ironia, ma anche in modo preciso e concreto. Interessanti, inoltre, gli spunti su temi minori, ma pure importanti come l’incidenza di internet e dei social nelle nostre relazioni interpersonali o l’importanza del sesso per gli uomini: tutte riflessioni e valutazioni, più o meno condivisibili, che attraverso Anna siamo indotti a fare anche noi.

Mi è piaciuto questo libro? Beh, direi di sì, sebbene talvolta il linguaggio sia un po’ troppo forzato e la seconda parte sia un po’ meno credibile della prima. Il mio giudizio è positivo, ma devo fare una precisazione: questo non è un libro adatto a tutti. Non è adatto agli adolescenti perché è troppo forte per poter essere capito a pieno; non è adatto a perbenisti e moralisti perchè rimarrebbero sconvolti da Anna (sebbene dovrebbero proprio leggerlo per capire come va il mondo). Ecco perché lo consiglio, ma con la dovuta cautela.

 

Opera recensita: “la femmina nuda” di Elena Stancanelli

Editore: La nave di Teseo, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roma

Pagine: 156

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì/no.

 

martedì 22 novembre 2016

RECENSIONE: LARS KEPLER - L'ESECUTORE


Sinossi:

Dall'autore de L'Ipnotista un nuovo avvincente thriller che ha per protagonista l'ispettore finlandese Joona Linna. Un viaggio allucinato nella profondità

dei nostri incubi.

Si chiama Joona Linna ed è di origini finlandesi, ma da anni ormai Stoccolma è la sua casa. È stato in ogni vicolo, viale e piazza. Ma Joona Linna non

è mai stato in quell'appartamento elegante e lussuoso, da cui proviene una musica struggente e rarefatta. Un brano di violino suonato da un esecutore impareggiabile.

Joona Linna non è mai stato nel salottino dell'appartamento: è l'unica stanza totalmente spoglia,priva di arredamento, senza soprammobili, insolitamente

vuota. A parte il corpo.

L'uomo è come sospeso a pochi centimetri dal pavimento e sembra ondeggiare nell'aria seguento il placido suono del violino, mescolato al ronzio indolente

delle mosche. Aveva ragione il collega che l'ha chiamato sulla scena del delitto: c'è qualcosa di inspiegabile. Il cadavere sembra fluttuare nel nulla.

Omicidio o suicidio? Da ispettore della squadra omicidi di Stoccolma, Joona Linna sa che le apparenze sono soltanto il velo ingannatore dietro cui si nascondono

i crimini. E i crimini nascono da una cosa sola: i desideri. Quello che Joona Linna non sa è che anche i desideri più ambiziosi, anche i sogni più sfrenati

possono realizzarsi. Quello che Joona Linna non sa è che la paura può trasformare qualunque sogno in un orribile incubo. Quello che l'ispettore Joona Linna

non sa è che dai nostri incubi peggiori non ci può sottrarre nemmeno la morte.

 

Il primo libro della serie che ha per protagonista Joona Linna, “l’ipnotista”, mi era piaciuto moltissimo. Beh, in questo secondo episodio, “l’esecutore” gli scrittori che si nascondono dietro lo pseudonimo di Lars Kepler si sono a dirittura superati: questo thriller, a mio parere, è assolutamente stupendo!

Il direttore generale dell’autorità svedese per il controllo sull’esportazione di armi viene inspiegabilmente ritrovato impiccato nel suo appartamento; una barca viene rinvenuta alla deriva nell’arcipelago di Stoccolma con all’interno il corpo di una donna uccisa. E’ la sorella di Penelope Fernandez, una pacifista che risulta scomparsa insieme al fidanzato; contemporaneamente l’appartamento del ragazzo è distrutto da un incendio e qualcuno si introduce nell’appartamento della giovane con la chiara intenzione di distruggerlo allo stesso modo. Tutti questi crimini sono commessi da un esecutore, un killer freddo ed implacabile che sta cercando qualcosa. Ma cosa? E perché?

Il sostituto commissario Joona Linna, stavolta affiancato dalla giovane “fatina” Saga Bauer, commissario dell’Intelligence svedese, dovrà risolvere questo caso ingaggiando una vera e propria lotta contro il tempo tra lui e l’esecutore prima, e tra lui e il suo mandante poi. Il piano dell’esecutore sembra compiersi inesorabilmente, come una musica per violino suonata da un virtuosista, fatta di picchi, volate, adagi e fughe, che volge precipitosamente al termine. Una volta catturato il tempo è impossibile fermarsi, la musica (o il piano criminale) si porta a termine, anche a costo di dover lottare con desideri, paure ed incubi.

Questo thriller ha un livello di tensione assurdo: pagina dopo pagina Lars Kepler ci tiene costantemente con il fiato sospeso, aiutato anche dallo stile stringatissimo, freddo ed asettico, fatto di frasi brevi che rendono il ritmo forsennato come un pezzo di Paganini. Perché tutti questi riferimenti alla musica? Perché il violino e Paganini in particolare hanno un ruolo fondamentale nel libro… anzi, visto che ci sono, vi consiglierei di ascoltare tutti i brani citati perché saranno un’ottima colonna sonora alla lettura.

Tra intrighi internazionali, trafficanti senza scrupoli, desideri ed incubi reconditi questo avvincente thriller si conclude lasciandoci con la voglia di altre storie, di altre pagine. Arrivata alla fine non avrei voluto staccarmi da Joona Linna, dalla sua efficienza e dalla sua calma rassicurante… e questa sensazione, secondo me, fa di questo thriller un Buonissimo libro. Un piccolo consiglio: leggete prima “l’ipnotista” e poi “l’esecutore”. I due libri sono indipendenti, ma leggendo il primo potrete conoscere già Joona e concentrarvi direttamente sulle vicende del secondo.

 

Opera recensita: “L’esecutore” di Lars Kepler

Editore: Longanesi, 2010

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 573

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: assolutamente sì!

Consigli correlati:

Libri: il precedente della stessa serie, dal titolo “l’ipnotista”

Musica: tutta quella citata nel libro, con l’aggiunta di “Living in Darfour” dei Mattafix.

 

venerdì 18 novembre 2016

RECENSIONE: ROBERTO COSTANTINI - TU SEI IL MALE


Sinossi:

Roma, 11 luglio 1982. La sera della vittoria italiana al Mundial spagnolo Elisa Sordi, giovane impiegata di una società immobiliare del Vaticano scompare

nel nulla. L'inchiesta viene affidata a Michele Balistreri, giovane commissario di Polizia dal passato oscuro. Arrogante e svogliato, Balistreri prende

sottogamba il caso, e solo quando il corpo di Elisa viene ritrovato sul greto del Tevere si butta a capofitto nelle indagini. Qualcosa però va storto e

il delitto rimarrà insoluto. Roma, 6 luglio 2006. Mentre gli azzurri battono la Francia ai Mondiali di Germania, Giovanna Sordi, madre di Elisa, si uccide

gettandosi dal balcone. Il commissario Balistreri, ora a capo della Sezione Speciale Stranieri della Capitale, tiene a bada i propri demoni a forza di

antidepressivi. Il suicidio dell'anziana donna alimenta i suoi rimorsi, spingendolo a riaprire l'inchiesta. Ma rendere finalmente giustizia a Elisa Sordi

dopo ventiquattro anni avrà un prezzo ben più alto del previsto. Balistreri dovrà portare alla luce una verità infinitamente peggiore del cumulo di menzogne

sotto cui è sepolta, e affrontare un male elusivo quanto tenace, che ha molteplici volti uno più spaventoso dell'altro.

 

“La verità è un cerchio”. Ecco la citazione che sintetizza meglio la trama e la struttura di “Tu sei il male”, primo libro della trilogia del male, con protagonista il commissario Michele Balistreri.

La storia si apre domenica 11 luglio 1982, a poche ore dalla finale del Mundial di Spagna disputata da Italia e Germania e molto attesa dagli italiani. Mentre il commissario Balistreri guarda la partita e pregusta una serata di bagordi, il suo amico Angelo Dioguardi riceve una telefonata dal cardinale per cui lavora. Il potente prelato gli annuncia la scomparsa della giovane Elisa Sordi, una dipendente di Dioguardi. Sia in quella circostanza che nei giorni successivi all’accaduto, il commissario Balistreri, troppo preso da se stesso e convinto di possedere un istinto infallibile, sottovaluta la scomparsa della giovane finchè questa non si rivela ben più che una bravata giovanile, ma un barbaro omicidio con tanto di annegamento nel Tevere. A questo punto l’impetuoso ed arrogante Balistreri è convinto di avere il colpevole in tasca, ma le sue azioni innescano una serie di bugie e disgrazie alla luce delle quali il caso risulterà irrisolto. Ventiquattro anni dopo, il ben più assennato e tormentato commissario è a capo di un’importante sezione della polizia, quella che si occupa dei reati in cui sono coinvolti stranieri. E’ per questo che Balistreri si ritrova ad indagare su un’escalation di omicidi di giovani donne, nei quali sono coinvolti degli immigrati rom e rumeni,  tutti legati tra loro e, come si scoprirà poi, con origini proprio in quel lontano 1982, fra i palazzi della Roma bene, tra un’aristocrazia in apparente declino ma in realtà molto influente, e la benevola ala protettrice del Vaticano. Tutto, alla fine, si concluderà in un cerchio di intrighi, vendetta, brama di potere, morte ed ineluttabilità. La stessa ineluttabilità di cui è pervaso tutto il romanzo, quel senso di impotenza che sente Balistreri di fronte ad un piano già scritto, geniale, ad un’ombra sfuggente che osserva e tesse la sua tela, ad un uomo invisibile, al male personificato.

In “tu sei il male” siamo di fronte ad una trama intricatissima che, più si va avanti nella lettura, più sembra irrisolvibile e si ha come l’impressione di girare intorno ad una verità inafferrabile. Ma alla fine, sebbene dopo molte peripezie, tutti i nodi vengono al pettine, tutti i tasselli vanno al loro posto e si ottiene un quadro triste, dove gli attori si usano l’un l’altro per soddisfare la loro malefica sete di vendetta e di potere. E poi ci sono i buoni: ci sono Corvu e Piccolo, i due vice di Balistreri, pazienti, efficenti, coraggiosi ed anche un po’ folli; c’è Linda Nardi, la giornalista inavvicinabile che dentro ha una storia tutta da scoprire; ci sono Angelo ed Alberto, così vicini a Balistreri eppure così diversi… e poi c’è proprio lui, il commissario con un passato oscuro, prima così superficiale, arrogante e così insopportabilmente pieno di sé e poi così prudente, controllato e profondamente tormentato dai fantasmi di un passato sempre troppo presente.

Davvero un buon thriller, questo di Costantini: vale decisamente la pena di leggere queste 668 pagine fitte di intrighi, crudeltà, razzismo, pregiudizi e segreti. Vale la pena sopportare il primo, presuntuoso Balistreri per scoprire chi ha ucciso Elisa, Samanta, Nadia e le altre donne; per capire se i preconcetti si possono superare e per risolvere il rebus delle lettere incise sulla pelle… Ma non vi svelo di più: dovete leggerlo! Un merito va a Roberto Costantini che ha costruito una storia labirintica ed ingarbugliata in grado di tenere incollati alle pagine senza mai cadere nel banale e senza mai far calare l’attenzione del lettore. Davvero una bella lettura!

 

 Opera recensita: “Tu sei il male” di Roberto Costantini

Editore: Marsilio, 2011

Genere: thriller

Ambientazione: Roma

Pagine: 668

Consigliato: sì.

 

martedì 15 novembre 2016

RECENSIONE: MICHEL FABER - SOTTO LA PELLE


Sinossi:

Una macchina percorre più volte al giorno una statale deserta nelle Highlands scozzesi. Alla guida c'è una donna, Isserley. Sembra che stia cercando qualcosa.
All'improvviso nota sul ciglio della strada un giovane robusto seduto sul suo zaino, gli fa cenno di salire a bordo. Il ragazzo la ringrazia del passaggio,
non ha motivo di diffidare di una bella ragazza dall'apparenza inoffensiva. La fattoria in cui Isserley lo conduce è una base sotterranea, un labirinto
di cucine, camere frigorifere e gabbie in cui altre prede attendono di essere macellate. Isserley appartiene a un'altra specie, che si definisce umana
per distinguersi da quella dei "vodsel", la razza inferiore che riempie le strade e le città e che il suo popolo usa come cibo. I Vodsel siamo noi.

 
 
Ogni giorno Isserley fa su e giù per l’autostrada A9, sia che piova, nevichi o ci sia un sole rovente. E’ il suo lavoro: lei va alla ricerca di autostoppisti. Ma non carica autostoppisti qualunque: devono essere maschi, robusti, tanti muscoli e poco grasso, meglio se disoccupati e senza familiari che li aspettano a casa. Durante il tragitto Isserley conversa con loro, ne sonda le abitudini ed i legami e, se superano l’esame, preme un pulsante situato vicino al volante della sua Toyota ed i malcapitati si addormentano. Al loro risveglio si ritroveranno alle viscere della terra, nei sotterranei di una fattoria sulla costa scozzese, mutilati e chiusi in un recinto in attesa di essere macellati. In breve tempo saranno il cibo prelibato di un popolo superiore, gli umani, di cui Isserley fa parte. Il suo corpo è stato mutilato e modificato chirurgicamente per darle sembianze simili a quelle dei Vodsel, gli animali che caccia, le bestie che ogni giorno cerca sulle strade del mondo, di un mondo che non è il suo, ma che è il premio per il suo enorme sacrificio.

Questa è la storia che l’olandese Michel Faber cerca di raccontare nel suo primo libro, edito da Einaudi nel 2000. In realtà questo è decisamente un libro strano e sono molto indecisa su come giudicarlo. Il modo in cui gli autostoppisti vengono “raccattati” da questa “donna”-mutante è assolutamente inquietante ed anche abbastanza realistico e questo potrebbe essere un merito, se non fosse che la descrizione dei vari casi si trascina per più di metà libro. Questo mi ha reso la lettura particolarmente noiosa, ma di quella noia rassicurante, alla quale alla fine ci si abitua, non so se mi spiego… Il messaggio che Faber vorrebbe trasmettere è che “sotto la pelle siamo tutti uguali” e proviamo tutti le stesse emozioni, siamo affascinati dalle stesse bellezze ed abbiamo grossomodo tutti le stesse esigenze. Per capirlo, però, bisogna arrivare quasi a fine libro, superando oltre centocinquanta pagine di racconto della quotidianità di un essere (Isserley) del quale non si capisce bene la natura. In questo romanzo vi è, infatti, un’inversione tra umano ed alieno, tra uomo ed animale, tra predatore e preda, ma anche questo diventa chiaro se si supera la metà del libro. In definitiva, immaginando una moderna fattoria degli animali, Faber avanza una critica all’opulenza della società, al degrado degli ideali e del rispetto per il mondo che ci circonda e per gli esseri viventi, siano essi simili o diversi da noi. Alla fine di questo mio commento, non ho ancora deciso se consigliarvelo o no… decidete voi, se vi ispira leggetelo… in fin dei conti, a dispetto di uno stile sin troppo lineare, il messaggio intrinseco è pregevole. Per quanto mi riguarda, se prima non mi attraeva l’idea di fare l’autostop, ora di sicuro ci penserò cento volte prima di farmi dare un passaggio da sconosciuti!

 

Opera recensita: “Sotto la pelle” di Michel Faber

Editore: Einaudi, prima ed. 2000

Genere: fantascienza

Ambientazione: Scozia

Pagine: 268

Prezzo: 13,50 €

Consigliato: sì/no.

 

sabato 12 novembre 2016

RECENSIONE: JAMES ELLROY - DALIA NERA


Sinossi:

Non si muovono certo in un mondo di illusioni Lee e Dwight, poliziotti, pugili, amici. Eppure il pericolo più grave per loro non arriva dalla folla di

relitti umani e delinquenti che li circondano, né dalla violenza e dalla corruzione di Los Angeles, né da Kay, la donna di cui entrambi sono innamorati.

È un orrido delitto a sconvolgere per sempre la loro vita: il massacro di Elizabeth Short, la "Dalia Nera", ragazza leggera, allegra, imprudente, prostituta

a tempo perso. Una delle tante vittime consenzienti dello show business e soprattutto di sé stessa. E quando Lee scompare misteriosamente, per Dwight le

indagini si trasformano in una tremenda ossessione.

 

Elizabeth Short, aspirante attrice e prostituta per necessità, viene barbaramente uccisa e ritrovata su un prato in un quartiere malfamato di Los Angeles. Fra le centinaia di investigatori coinvolti al caso ci sono anche Lee Blanchard e Dwight (detto Bucky) Bleichert, poliziotti, ex pugili, “soci” sul lavoro ed amici al di fuori.

Mentre Bucky non vuole lasciarsi coinvolgere, Lee viene particolarmente colpito dal caso “dalia nera” e per una serie di circostanze concomitanti finisce per perdere il controllo e fugge inspiegabilmente in Messico facendo perdere le sue tracce. Suo malgrado, Bucky si ritrova coinvolto nella vicenda della Dalia nera che, contrariamente alle apparenze, si dimostra sempre più articolata, misteriosa ed inestricabile. Quando il caso, irrisolto, viene chiuso dopo numerosi colpi di scena, Bucky viene rimandato a pattugliare i quartieri malfamati di Los Angeles, ma non riesce a staccarsi dal ricordo di Betty Short, la dalia, nemmeno quando è con Key, l’enigmatica compagna del suo ex collega ed amico Lee, diventata nel frattempo sua moglie. Così, fra un matrimonio naufragato, una vita piena di bugie ed una carriera costantemente in bilico, Bucky torna sulle tracce dell’assassino della dalia e scopre un’intrigo familiare molto più sordido e squallido di quanto potesse immaginare.

Questa, per sommi capi, la trama. Ora, per dovere di obiettività, vi dirò che si tratta, tutto considerato, di un buon libro… a me, comunque, non è piaciuto troppo: l’ho trovato soprattutto lento! Sebbene il numero di pagine non sia per nulla proibitivo, la lettura mi è risultata stancante, con pochi picchi di suspense e sostanzialmente monocorde. Probabilmente questa sensazione è stata acuita dal fatto che a raccontare tutto è la voce narrante di Bucky in prima persona e l’autore spesso si sofferma troppo su circostanze, fatti, sensazioni del poliziotto che rallentano lo svolgersi dell’intreccio.

In definitiva, la storia in sé è gradevole, ma non ho apprezzato lo stile usato dall’autore nel raccontarla. Perciò, se vi piacciono i libri lenti potrete facilmente avere un parere contrario al mio a fine lettura. Se invece siete abituati a thriller incalzanti e costantemente al cardiopalma questo libro potrebbe non piacervi.

Considerazioni personali a parte, “dalia nera” è salutato dai più come un ottimo libro, uno tra i migliori di quest’autore noto fra gli estimatori del genere noir. Tra l’altro “dalia nera” basato su un caso realmente accaduto e dal quale è stato tratto anche un film omonimo, è il primo della tetralogia di Los Angeles o “L. A. quartet”, ambientata nella Los Angeles degli anni 40 e 50. Perciò, se dovesse piacervi questo primo libro, sappiate che il ciclo si compone, nell’ordine, di “dalia nera”, “Il grande nulla”, “L. A. Confidential” e “White jazz”. Beh, non mi resta che augurare buona lettura a chi vorrà provarci!

 

Opera recensita: “Dalia nera” di James Ellroy

Editore: Mondadori, prima ed. originale 1987, in Italia nel 2006

Genere: Noir

Ambientazione: Los Angeles (U.S.A.)

Pagine: 349

Prezzo: 9,50 €

Consigliato: sì/no.

 

mercoledì 9 novembre 2016

RECENSIONE: PAULO COELHO - VERONIKA DECIDE DI MORIRE


Sinossi:

Il giorno 11 novembre del 1997 Veronika, ventiquattro anni, slovena, capisce di non voler più vivere e assume una forte dose di sonniferi. Salvata per

caso, si risveglia tra le mura dell'ospedale psichiatrico di Villete, con il cuore stanco e sofferente per il veleno che lei gli ha somministrato. In pochi

giorni a Villete Veronika scopre un universo di cui non sospettava l'esistenza. Conosce Mari, Zedka, Eduard, persone che la gente "normale" considera folli,

e soprattutto incontra il dottor Igor, che attraverso una serie di colloqui cerca di eliminare dall'organismo di Veronika l'Amargura, l'Amarezza che la

intossica privandola del desiderio di vivere. Veronika spalanca così le porte di un nuovo mondo, un mondo che, attraversato con la consapevolezza della

morte, la spinge, sorprendentemente, alla consapevolezza della vita. Fino alla conquista del dono più prezioso: sapere vivere ogni giorno come un miracolo.

In questo romanzo, nella storia della giovane Veronika, Paulo Coelho riversa la sua personale esperienza, i ricordi di tre anni consecutivi di ricovero

in un ospedale psichiatrico, dove lo scrittore venne rinchiuso solo perché considerato "diverso". E riesce ancora una volta a mostrare al lettore come

il miracoloso e inafferrabile dono della serenità possa essere conquistato in qualsiasi luogo, anche in quelli apparentemente più improbabili. Perché il

dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi.

 

“Mantenetevi folli, e comportatevi come persone normali”. Questa frase, con cui Coelho apre questo libro, è insieme un monito chiaro e diretto ai lettori ed una sintesi perfetta del messaggio che vuole trasmetterci con queste pagine.

Veronika, la protagonista di questa storia, è una bella ragazza slovena di 24 anni, con una laurea in legge con il massimo dei voti, un impiego in biblioteca, un’infinità di spasimanti e una passione repressa per la musica ed il pianoforte. E’ una ragazza normale, anche troppo normale per i suoi gusti. E’ proprio perché non sopporta questa normalità, questa vita già scritta, che tenta il suicidio ingerendo una massiccia dose di sonniferi. Salvata per il rotto della cuffia, si sveglia nell’ospedale psichiatrico di Villete dove il direttore, il dottor Igor, la informa che il suo cuore, in seguito alle compresse ed al coma indotto dai barbiturici, è stato danneggiato e che le restano 5 o 7 giorni da vivere. Felice per non aver del tutto fallito nel suo intento, Veronika si rassegna ad aspettare la morte in quel luogo di matti, senza contatti con il mondo esterno. Ma proprio tra questi matti si nascondono alcune persone che le faranno comprendere quanto poco conosca di se stessa e quanto poco abbia vissuto fino a quel momento.

Così Veronika conosce Zedka, Mari ed Eduard, e finalmente, per la prima volta, prova sentimenti tanto comuni quanto sconosciuti ed intensi come l’odio, la paura, l’amore. E’ proprio mentre suona il pianoforte alla luce della luna, con la consapevolezza della morte che acquisisce la consapevolezza della vita, di quello che può e vuole ancora fare nel tempo che le resta. Così, per la prima volta, prende le redini delle poche ore che le rimangono da vivere e decide come e con chi vuole trascorrerlo. Ed è così che scopre che a volte i miracoli possono accadere.

Questo libro mi è piaciuto, anche se nella prima parte l’ho ritenuto un po’ troppo vago e scontato. Questa valutazione, però, viene dal fatto che negli ultimi mesi ho letto svariati libri, anche molto diversi tra loro, sulla follia, tutti più approfonditi e specifici.

Tuttavia mi sento di consigliare questa storia a chi non ha mai letto nulla sulla follia e voglia avvicinarsi al tema con un approccio soft: Coelho, molto bravo nel dosare le emozioni, racconta la storia di Veronika in un crescendo di sentimenti contrastanti: la paura, l’angoscia, il baratro e la possibilità di liberarsi. Inoltre non va sottovalutato il fatto che lo stesso Coelho abbia vissuto per tre anni in un ospedale psichiatrico, conosca ciò di cui parla ed abbia voluto scrivere questo libro proprio per raccontare la sua storia e quella di tante donne e uomini incompresi perché diversi da ciò che altri hanno definito “normale”. Questa circostanza non fa altro che imprimere maggiore veridicità a quanto narrato.

Non è un capolavoro, dunque, non è un’opera trascendentale, ma di certo è una lettura godibile che induce alla riflessione. Consigliato.

 

Opera recensita: “Veronika decide di morire” di Paulo Coelho

Editore: Bompiani, 1998

Genere: narrativa internazionale

Ambientazione: Villete, Slovenia

Pagine: 186

Prezzo: 14 €

Consigliato: sì.

 

martedì 8 novembre 2016

RECENSIONE: HORACE WALPOLE - IL CASTELLO DI OTRANTO


Sinossi:

Si suppone che gli avvenimenti si svolgano nel Duecento. Manfredo, signore di Otranto, nipote dell'usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il legittimo

sovrano, vive sotto l'incubo di una profezia, secondo cui la stirpe dell'usurpatore continuerà a regnare, finché il legittimo sovrano non sia divenuto

troppo grosso per abitare il castello e finché discendenti maschi dell'usurpatore lo occupino. Quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo atterrito

confessa il modo dell'usurpazione e si ritira in un monastero con la moglie. Il romanzo fu pubblicato nel 1764 e, nella prima edizione, era descritto come

una versione dall'italiano.

 

Il risvolto di copertina di questa edizione non rende giustizia alla trama del romanzo: scritto nel 1764 ed ambientato presumibilmente nel XII secolo, si tratta di quello che è considerato il padre dei romanzi gotici e noir. L’ambientazione (fittizia) è il castello di Otranto, nel quale un’antica profezia sta per avverarsi e molti sono i segni premonitori della sventura che sta per abbattersi su Manfredo e la sua casata.

Il romanzo si apre con l’attesa delle nozze tra Corrado, figlio di Manfredo, principe di Otranto, ed Isabella, figlia del marchese di Vicenza. Quando il giovane non si presenta, il padre manda un servo a chiamarlo ed è così che si scopre l’inquietante presenza, nel cortile del castello, di un gigantesco elmo ricoperto da piume nere sotto il quale giace il corpo martoriato del giovane Corrado. Nello sconcerto generale, un giovane contadino fa notare al principe Manfredo che l’elmo in questione è estremamente simile (con le dovute differenze di proporzioni) a quello posto sul capo della statua del defunto principe Alfonso, antico principe buono del castello, la cui tomba si trova proprio nella Chiesa adiacente. Manfredo si adira, condanna inspiegabilmente a morte il giovane e lo fa rinchiudere sotto l’elmo perché non possa fuggire. A questo primo misfatto ne segue un altro: il principe Manfredo convoca la giovane promessa sposa Isabella per comunicarle la sua intenzione di ripudiare la devota moglie Ippolita e di sposare lei per assicurare una discendenza al suo popolo. Atterrita, la giovane Isabella fugge nelle segrete del castello e tenta di raggiungere la vicina Chiesa per trovarvi rifugio. Dall’incontro fortuito che Isabella farà durante la sua fuga avrà inizio una serie di vicissitudini familiari, corredate da strani segni premonitori mandati da forze soprannaturali, che condurranno ad un destino sventurato per Manfredo e la sua famiglia che, come si scoprirà, avevano usurpato il castello al legittimo proprietario con l’inganno. In un’atmosfera alquanto apocalittica la profezia a lungo nascosta si avvererà e il principe legittimo potrà tornare in possesso del suo regno, sebbene la sua anima sia troppo provata per gioirne.

Una lettura breve, scorrevole e coinvolgente che fin dalle prime righe ci trasporta in un’altra epoca, tra castelli, intrighi, forze soprannaturali ed oscure perversioni umane. Al di là dell’ambientazione pregevole, dei personaggi ben descritti e della trama coinvolgente ma in sé inverosimile, i messaggi che questo libro vuole trasmettere sono due: il concetto che le colpe dei padri ricadono sui figli e che l’ambizione può condurre alla rovina. Perché? Lo capirete solo leggendo la storia che, peraltro, si legge in un giorno!

Per dovere di onestà vi dirò che questo libro è considerato, come scrivevo all’inizio, il primo romanzo gotico e noir, ma non aspettatevi niente di paragonabile all’horror o ai noir moderni, sebbene si provi più di qualche brivido, specialmente nella parte iniziale del libro.

Un’altra curiosità: leggete la prefazione dell’autore! Io l’ho trovata genialmente arguta perché fa passare il libro per la sua traduzione di un’opera italiana rinvenuta nel 1500 e fa i complimenti al fantomatico autore per lo stile e la trama dell’opera da lui appena tradotta… astuto! Direi, però, che i complimenti sono meritati, quindi gli si potrà perdonare questa vanità!

 

Opera recensita: “il castello di Otranto” di Horace Walpole

Editore: Bur, biblioteca universale Rizzoli, 1999 (prima ed. originale nel 1764)

Genere: romanzo gotico

Ambientazione: Otranto (fittizia)

Pagine: 167

Prezzo: 9,50 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 7 novembre 2016

RECENSIONE: JANE AUSTEN - MANSFIELD PARK


Sinossi:

"MANSFIELD PARK", UNO DEI ROMANZI PIÙ NOTI E DISCUSSI DI JANE AUSTEN, NARRA LA STORIA DI FANNY PRICE. ADOTTATA, ANCORA BAMBINA, DAGLI ZII SIR THOMAS E LADY BERTRAM, FANNY VIENE ACCOLTA E ALLEVATA NELLA LORO LUSSUOSA PROPRIETÀ DI MANSFIELD PARK. QUI CRESCE, PARENTE POVERA IN UN AMBIENTE D'ÉLITE, E MISURA TUTTA LA DISTANZA FRA IL PROPRIO MODELLO EDUCATIVO - FONDATO SUL SENSO DEL DOVERE, L'ABNEGAZIONE, LA VIRTÙ - E QUELLO, IN PARTICOLARE, DELLA SPREGIUDICATA MARY CRAWFORD. ALLA FINE LA PROTAGONISTA SPOSERÀ IL CUGINO EDMUND, FIGLIO DI SIR THOMAS, E CON LUI SI STABILIRÀ DEFINITIVAMENTE A MANSFIELD PARK. AL DI LÀ DELL'APPARENTE TRIONFO DELLA MORALE TRADIZIONALE, LA NARRAZIONE CONTIENE UN'IMPLICITA E CORROSIVA CRITICA DELLA CULTURA DOMINANTE DEL PRIMO OTTOCENTO: FANNY - SUGGERISCE L'AUTRICE - REALIZZA, INFATTI, L'ASCESA SOCIALE AL PREZZO DELLA NEGAZIONE DELLA PROPRIA LIBERTÀ E SPONTANEITÀ.

 

Quando si apre un romanzo di Jane Austen si sa bene cosa aspettarsi: ci si tuffa nell’ambientazione di campagna e case gentilizie dell’Inghilterra del primo Ottocento, intrisa di moralità, regole di condotta e convenzioni sociali radicatissime. Questo romanzo non fa eccezione e, a parer mio, esprime più di altri la critica di Jane Austen verso i costumi della società del suo tempo, contrapponendo ideali di svagatezza, egoismo e faciloneria a principi morali basati sul rispetto, la lealtà e la bontà d’animo.

Protagonista indiscussa di quest’opera è la giovane Fanny Price: per un atto di gentilezza verso i suola madre della ragazza, ridotta in povertà, le sue sorelle che hanno ottenuto matrimoni migliori, decidono di ospitare presso la casa di Mansfield la piccola Fanny che, all’età di nove anni e mezzo, si ritrova catapultata dalla sua modesta casa ad una nobile dimora di campagna in cui l’eleganza, gli ossequi e le buone maniere la fanno da padrone. Di indole timida, gentile, modesta ed altruista, la ragazza non riuscirà mai a liberarsi dal senso di inferiorità e profonda gratitudine che la lega alla famiglia ospitante. Così, quando riceve un’inaspettata e, per la verità, insperata proposta di matrimonio da parte di un giovane gentiluomo non può fare a meno che rifiutarla, spinta dall’incredulità, dalla vergogna e dal sospetto di essere ingannata, oltre che dai suoi fermissimi principi morali. Questo, però, scatena reazioni contrastanti in famiglia provocando nella ragazza ulteriori turbamenti: non può rivelare la ragione del suo rifiuto perché essa metterebbe in cattiva luce altre persone, ma, motivo ancor più importante, non può ammettere neanche a se stessa che il suo cuore è già impegnato. Ma, come nei migliori romanzi, dopo tante peripezie l’amore vince sempre ed anche per Fanny arriverà la tanto ambita serenità.

Questo libro mi è piaciuto. Confesso che la cosa non è scontata quando si tratta dei romanzi di Jane Austen: non ho amato “Emma”, mentre ho molto apprezzato “persuasione”, quindi nel cominciare questa lettura non sapevo cos’aspettarmi. Tuttavia sono bastate poche pagine per entrare nella vicenda di Fanny, della famiglia Bertram e dei Crawford ed appassionarsi alle vicissitudini di tutti i personaggi.

In modo particolare, poi, non si può non adorare la giovane, dolcissima Fanny! Una ragazza amabile per la quale non si può non parteggiare sin da subito. Le ingiustizie, le umiliazioni, l’abnegazione, le accuse ed i rimproveri ingiustificati la rendono il personaggio più amabile del libro. Una menzione particolare va poi fatta per Edmund, il giovane cugino che diventerà un ecclesiastico, ed a MR Thomas, il gentiluomo capofamiglia che, dopo una vita passata ostentando durezza ed autorità, si accorge di quanti errori ha compiuto nell’educazione delle figlie e di quanto male il suo comportamento repressivo ha provocato loro.

Davvero un bel classico, dunque, la cui trama è appassionante, sebbene lo stile sia spesso prolisso e ridondante, soprattutto per via delle lunghe conversazioni tra i protagonisti, riportate fedelmente, che servono all’autrice proprio ad esprimere adeguatamente quella critica all’educazione, alle convenzioni, alla morale della società inglese cui si accennava.

Ad ogni modo, “Mansfield park” si può considerare una piacevole lettura invernale, utile per rilassarsi e riflettere.

 

Opera recensita: “Mansfield Park” di Jane Austen

Editore: Bur, biblioteca universale Rizzoli, 2010 (prima ed. 1814)

Genere: letteratura inglese

Ambientazione: Inghilterra, primo Ottocento

Pagine: 620

Consigliato: sì.