simposio lettori copertina

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domenica 30 settembre 2018

RECENSIONE: ANILDA IBRAHIMI - ROSSO COME UNA SPOSA


Sinossi:
Saba viene data in sposa, appena quindicenne, al più maturo Ymer, già vedovo di sua sorella. La giovane, malvista da suocera e cognate, dovrà imparare da sola a gestire marito e figli, specialmente dopo lo sterminio dei suoi fratelli da parte dei nazisti. Nel difficile compito, Saba ha come alleate dapprima le figlie e poi le nipoti, in un'epopea tutta al femminile che attraverserà anche la lunghissima parentesi del comunismo. La fine del comunismo è raccontata dalle sue discendenti, non senza rimpianti, perché per loro, pur tra tanti lati oscuri, la dittatura riuscì a sollevare l'Albania da uno stato di arretratezza feudale. Le vicende più vicine a noi sono raccontate da una nipote di Saba.

Commento:
"Rosso come una sposa" è una storia di donne, madri, mogli, figlie; è una storia di matrimoni sugellati non per amore, ma per debito, di morti che la guerra ha strappato troppo presto alla loro casa, di un Paese, l'Albania, per decenni chiuso nella gabbia dorata della dittatura. La storia di un popolo orgoglioso del proprio Paese e del proprio governo, ma con gli occhi sempre rivolti all'esterno, all'Europa, all'America, un popolo diviso tra l'invidia e la superiorità verso l'esterno. Una storia che abbraccia quasi ottant'anni di vita, e che ci viene raccontata da chi l'ha vissuta in ogni sua fase: le donne. Quella albanese era una società matriarcale e le donne sono sempre state guide temerarie, sacerdotesse sapienti di riti e tradizioni, dispensatrici di saggezza e di creduloneria popolare… tra tutte spicca, presente e vivida, la figura di Saba, moglie-bambina che deve subentrare alla sorella – morta giovane – sia nel letto che nel cuore del marito; poi madre, poi compagna coraggiosa e antesignana, poi nonna anticonformista e custode di segreti e tradizioni. Saba soffre, sopporta, non si lamenta, sa decidere con la sua testa e capisce i cambiamenti del mondo meglio degli altri, interpretando le luci e le ombre del comunismo, i problemi dell'Albania, la crudeltà della guerra, semplicemente dagli accadimenti quotidiani della sua famiglia e del suo villaggio. Consiglierei questo libro anche solo per lei.
Il libro, poi, si divide in due parti, una prima in cui conosciamo Saba e ne seguiamo le vicende per molti anni; una seconda in cui a raccontare è Dora, sua nipote, che ha il compito di ricongiungere generazioni ed epoche in un racconto famigliare ed insieme nazionale. Un libro piacevole – nella prima parte più che nella seconda – che ha il merito di offrirci un punto di vista diverso e originale su un Paese a noi così vicino eppure tanto diverso per vissuto ed identità storico-culturale. Lo consiglio a chi, come me, sia pressoché digiuno di cultura e storia albanese: è un buon modo per avvicinarsi a questo Paese e per cominciare a conoscere il suo popolo.


Opera recensita: "Rosso come una sposa" di Anilda Ibrahimi
Editore: Einaudi, 2008
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Albania, dagli anni 20 ad oggi
Pagine: 260
Prezzo: 16,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


sabato 29 settembre 2018

RECENSIONE: VIRGINIA WOOLF - LA SIGNORA DALLOWAY


Sinossi:
13 giugno 1923. Clarissa Dalloway, una signora dell'alta borghesia londinese, esce a comprare i fiori per la festa che sta organizzando per la sera. Passeggia per le strade di Londra, sfiora la vita di tanti sconosciuti, ma non ha il fare allegro di chi si prepara a qualcosa di lieto, il suo incedere è incerto e continuamente ostacolato da pensieri che le affollano la mente, da ricordi che si intrecciano con la nostalgia di ciò che è sfuggito e mai potrà tornare. Desideri, angosce e paure della solitudine, della morte ma anche della vita, si rincorrono in un flusso incessante di parole che aprono ad altre parole. Con "La signora Dalloway", qui proposta in una nuova traduzione, Virginia Woolf ci regala un grande romanzo lirico, capace di rivelare tutta la precarietà degli esseri umani, feriti dalle circostanze, inermi di fronte alle correnti della sofferenza e della gioia. Introduzione di Antonella Anedda.

Commento:
Quando, al liceo, studiavo letteratura inglese, la mia professoressa diceva sempre che i romanzi della Woolf erano noti per il caratteristico "Stream of conshousness" – flusso di coscienza. Beh, eccone una chiara, lampante dimostrazione: qui la trama è debolissima, quasi inesistente, eppure la Woolf riesce comunque a raccontare lo svolgersi di una giornata ed a darci un'immagine chiara, seppur sommaria, delle vite dei protagonisti. Lo fa passando da un personaggio all'altro, da un pensiero all'altro, con estrema padronanza e, oserei dire, naturalezza. Il "problema" è nostro che dobbiamo seguirla, comprendere ciò che vuol trasmetterci, superare le nostre reticenze e lasciarci guidare, coinvolgere dal flusso, senza star troppo a pensare alla trama. Personalmente non credo d'esserci riuscita completamente: ho apprezzato il romanzo nel complesso, ne intuisco la profondità, ma non mi ci sono calata, non sono riuscita a decodificarlo come avrei voluto. Da qui la mia cautela nel consigliarlo: non è una lettura facile, anche se si è già letto altro della Woolf, però ritengo che sia un'esperienza di lettura da fare. Personalmente credo che lo rileggerò tra qualche tempo, forse tra qualche anno… sono certa che ne comprenderò meglio sfumature ed implicazioni.


Opera recensita: "La signora Dalloway" di Virginia Woolf
Editore: Einaudi, prima ed. originale 1925
Genere: letteratura inglese
Ambientazione: Londra, 1923
Pagine: 196
Prezzo: 10,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7.


venerdì 28 settembre 2018

RECENSIONE: DINO BUZZATI - UN AMORE


Sinossi:
Una Milano che è insieme ritratto della metropoli e simbolo della babele d'ogni tempo. Su questo sfondo si muove il protagonista di "Un amore": un uomo inconsapevole di aver atteso troppo, che è rimasto nell'intimo un giovane e crede che il sentimento possa compiere miracoli. E così il professionista maturo si innamora perdutamente di una donna giovanissima, ma già carica della cinica spregiudicatezza e della stanchezza morale di un'epoca. Unico romanzo erotico di Buzzati, "Un amore" continua l'indagine nelle inquietudini dell'uomo contemporaneo descrivendo la parabola di un amore vero, di esemplare limpidezza, destinato a smarrirsi nella menzogna come in un labirinto.

Commento:
Antonio, rispettato architetto milanese giunto alle soglie dei cinquant'anni, si innamora perdutamente ed irrimediabilmente di Laide, una giovanissima squillo-ballerina-modella fotografica conosciuta nella "discreta" casa d'appuntamenti della signora Ermelina. A dire il vero non si capisce bene – e non lo capisce neppure Antonio – perché egli si innamori proprio di lei: non è la prima prostituta che incontra, non ha una bellezza speciale, non è neppure tra le migliori nel suo mestiere… eppure Antonio ne è avvinto si dal primo incontro, all'inizio non ne è consapevole, ma ben presto si accorge di non riuscire a non pensare a lei. Totalmente perduto dietro a questa ragazzetta tutt'altro che acqua e sapone, Antonio diventa l'ombra di se stesso: si lascia consapevolmente umiliare, raggirare, conquistare, legare sempre più stretto, fa la figura del demente con tutti, non lavora più con passione, è sempre infelice, distratto, in pena… e non riesce a reagire. Sa come dovrebbe comportarsi "un vero uomo", ma la paura di perdere Laide – che intanto se ne approfitta bellamente – lo riporta ogni volta alla silenziosa accettazione di qualunque umiliazione. Il guaio è che Antonio Laide la ama veramente: con il progredire della relazione e con la sua conseguente discesa nella degradazione, si accorge che ciò che lo lega a lei non è più neppure bisogno di sesso, ma bisogno fisico di vederla, anche solo per pochi minuti, poiché ne va della sua salute mentale, ossessionato com'è dal sospetto e dall'infelicità. E, come prevedibile, la svolta finale arriva… spetterà a lui decidere se prendere Laide con tutti i segreti, le bugie, i sotterfugi che si porta dietro e che sembrano l'unica sua barriera per restare in vita, o lasciarla al suo destino infame.
Un romanzo stupendo, che mi ha coinvolta, fatta sentire partecipe e vicina ad Antonio e, ad un certo momento, anche a Laide. Sì, anche a lei, perché si intuisce chiaramente che non è tutto come sembra: Laide è davvero una ballerina, è davvero una prostituta, ma cos'altro c'è dietro questa ragazza così inquieta, ingabbiata da una vita che ha scelto solo in parte? Cosa c'è dietro alle sue bugie, ai suoi artifici, alla sua spavalderia, al suo portamento arrogante e baldanzoso? E si rimane, alla fine, confusi, con queste domande ancora in testa, ma comunque parzialmente pacificati da un epilogo forse troppo frettoloso e poco "spiegato". Libro che consiglio senz'altro a chi non si lascia influenzare dal perbenismo e dalla morale. Per me è stata, di certo, un'ottima lettura.

Opera recensita: "Un amore" di Dino Buzzati
Editore: Mondadori, prima ed. 1963
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Milano
Pagine: 294
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


lunedì 24 settembre 2018

RECENSIONE: IGINO UGO TARCHETTI - FOSCA


Sinossi:
Fosca, la protagonista del romanzo di Igino Ugo Tarchetti, sta per compiere centocinquant’anni d’età, ma non li dimostra: anzi, da quel lontano 1869, quando apparve presso l’editore Treves, ha acquistato un fascino ancor più conturbante. Fosca è difatti uno dei romanzi più significativi della Scapigliatura milanese, anticipatore di sensibilità e atmosfere del Decadentismo. La sua “riscoperta” in epoche a noi più vicine è dovuta a Italo Calvino, che lo ripropose come primo volume di “Centopagine”, la collana da lui curata. Romanzo psicologico raffinato, sviluppa una conturbante vicenda intorno alle personalità di Fosca e Giorgio. La prima, donna di grande sensibilità e fine cultura, ma non certo dai lineamenti aggraziati, si innamora di Giorgio, a sua volta impegnato con Clara. Sembra quindi non esserci alcuna possibilità per una loro storia. E proprio per questo, a poco a poco, Fosca si fa morire per il rifiuto dell’uomo. Ma in realtà Giorgio è emotivamente molto più coinvolto di quanto creda… Il romanzo ha conosciuto diversi adattamenti televisivi e cinematografici, tra cui Passione d’amore, di Ettore Scola, film del 1981.

Commento:
Lettura non propriamente agevole per via della prosa arcaica, Fosca è tuttavia un romanzo tardo-Ottocentesco molto singolare, che si presta ad approfondimenti e riflessioni. Il tema centrale è l'amore, ma guai a pensare che si tratti di un libro sdolcinato! Reso in forma di memorie autobiografiche, questo romanzo racconta la storia di un uomo, Giorgio, conteso da due donne che provano per lui due tipi opposti di amore. La prima, colei che lui corrisponde, è Clara, donna sposata che Giorgio dovrà lasciare perché richiamato dalla vita militare: Clara per lui nutre un amore intenso, fatto di gesti condivisi, di momenti rubati, ma che si rivelerà fungibile e meno profondo di quanto sembrava. Poi c'è la seconda, Fosca, che prova un'ossessione insana, totalizzante, pericolosa per Giorgio che invece la detesta. E più il sentimento di Fosca si fa morboso, più lui vorrebbe rifuggirle, ma purtroppo Fosca soffre di una malattia nervosa che sembra aggravarsi repentinamente quando viene allontanata o respinta… che fare? Come si risolverà quest'enigma? E soprattutto, l'amore di Giorgio sarà stato ben riposto?
Pochi e molto ben delineati i personaggi: Clara, sempre presente, ma quasi distante, fuggevole, in secondo piano; Fosca, la protagonista, l'anima più tetra del romanzo; Giorgio, il personaggio più controverso, secondo me il più egoista, debole, volubile del libro.
Libro che, nonostante la prosa antica, mi è piaciuto molto ed ho letto velocemente, curiosa com'ero di conoscere il finale e l'evoluzione della storia. Lo consiglio a quei lettori romantici, ma non in cerca di un romanzo rosa… a quelli che, pur di leggere una buona storia, mettono in conto qualche piccola difficoltà.

Opera recensita: "Fosca" di Igino Ugo Tarchetti
Editore: Feltrinelli, prima ed. 1869
Genere: letteratura italiana
Ambientazione: non definita
Pagine: 224
Prezzo: 9,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


sabato 22 settembre 2018

RECENSIONE: ANNA DALTON - L'APPRENDISTA GENIALE


Sinossi:
Andrea attraversa il cancello del college correndo, mentre la vista di Venezia si perde all’orizzonte. È in ritardo e ancora più maldestra del solito con il pesante borsone sulle spalle. In tasca stringe tra le mani un fogliettino di carta con su scarabocchiato scrivi, scrivi, scrivi. Tre semplici parole che la madre le ha insegnato quando era una bambina e che le danno sicurezza. Parole che, ancora adesso, la guidano verso il suo sogno: diventare una giornalista. Perché, dal giorno in cui è riuscita a tenere la penna in mano, Andrea ha riempito fogli e fogli scrivendo su tutto. Ora finalmente è entrata in una delle scuole di giornalismo più prestigiose. Ci è riuscita solo grazie a una borsa di studio per i suoi ottimi voti. Ma lì quello che ha imparato non basta. Perché tra quelle aule l’ambizione guida ogni cosa e gli studenti sono pronti a tutto per ostacolarla. Per fortuna, accanto a lei, ci sono tre amici che non si sono fermati davanti alla sua timidezza. C’è Marylin che veste sempre di nero, Andre che le sta dietro come la sua ombra. E soprattutto c’è l’enigmatico ragazzo che si fa chiamare Joker. Dietro il suo enorme sorriso si nasconde un segreto che il cuore di Andrea vorrebbe svelare. Con loro accanto si sente più decisa. Eppure la posta in gioco è molto alta. Diventare una giornalista per lei significa tutto. Adesso deve attaccarsi sempre più forte al suo desiderio. Perché non può deludere chi le fa fatto promettere di difenderlo.

Commento:
Andrea, 18 anni, una passione per il fantasy, un'attitudine innata per lo scrivere, una timidezza che la blocca e un grande sogno: quello di diventare una giornalista. E' questo sogno che la guida e la induce a superare qualunque difficoltà, presa in giro, umiliazione. E' questo sogno che la conduce nella laguna veneta, sull'Isola dei Santi, in un prestigioso college che, se lei dimostrerà di meritarlo, la farà diventare una professionista. Non sarà facile: essere brava non basta… bisognerà essere la migliore, bisognerà imparare ad affrontare le difficoltà – anche quelle che ci creiamo noi con le nostre paranoie, anche quelle ataviche che ci frenano da sempre – e cominciare a vivere davvero. E sarà proprio nel college che Andrea scoprirà che cosa vuol dire amicizia, amore, lavoro duro e vita vera. In questo libro frizzante, ma non banale, la chiave di tutto sono i personaggi, o meglio, le persone: Anna Dalton li caratterizza con perizia creando un microcosmo assolutamente realistico che ruota intorno alla protagonista, la arricchisce e la svela prima di tutto a se stessa e poi a noi. Il risultato è una storia semplice, ma d'impatto, specie per chi, come la sottoscritta, ha passato da poco la fase in cui oggi si trovano i protagonisti, ha vissuto in uno studentato e conosce le dinamiche e la competitività dell'ambiente universitario. Ambiente tutt'altro che facile se, come Andrea, non si ha la sfrontatezza necessaria a non lasciarsi sopraffare e veder distrutte autostima e speranze.
Libro consigliato, lettura piacevole che mi ha tenuto molta compagnia in una notte insonne. Buona la prima per questo esordio all'insegna dei sentimenti semplici, ma forti.

Opera recensita: "L'apprendista geniale" di Anna Dalton
Editore: Garzanti, 2018
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Venezia
Pagine: 270
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

venerdì 21 settembre 2018

RECENSIONE: DOMINIQUE LAPIERRE & JAVIER MORO - MEZZANOTTE E CINQUE A BHOPAL


Sinossi:
Alla fine degli anni '50, mentre migliaia di contadini indiani vengono cacciati dalle loro terre da nugoli di insetti assassini, tre entomologi newyorkesi inventano un insetticida miracoloso. La Union Carbide, la multinazionale che lo produce, decide di impiantare una grande fabbrica nel cuore dell'India, nella splendida Bhopal. I lavori hanno inizio negli anni '60 e terminano nel 1980, quando la fabbrica gioiello viene finalmente inaugurata. Ma il sogno ha vita breve: il 2 dicembre 1984 la fabbrica esplode causando la morte di migliaia di persone e compromettendo gravemente la salute di molte altre, a causa delle emissioni di gas nocivi.

Commento:
In un libro che è metà romanzo e metà inchiesta giornalistica, Dominique Lapierre e Javier Moro raccontano, con partecipazione e lucidità, la tragedia immane che il 2 dicembre 1984 travolse la città di Bhopal, in India, provocando miliaia di morti soprattutto nei quartieri più poveri.
Il racconto, com'è consuetudine per Lapierre, parte dalla situazione delle famiglie dei contadini costretti a fuggire dalle campagne e a cercare nuova vita e lavoro in città. Così conosciamo i Nadar, l'Oriabasti con tutti i suoi abitanti, suor Felicity… ma conosciamo anche tutti i protagonisti di quello che avrebbe dovuto essere il miracolo che avrebbe liberato i contadini indiani dagli insetti che rovinavano raccolti e terre: la fabbrica di pesticidi succursale dell'americana Union Carbide. Viviamo passo dopo passo la nascita di questa fabbrica il cui motto principale era "security first", conosciamo chi la dirige, chi l'ha pensata, chi ci lavora, chi ci morirà.
Un racconto straziante, soprattutto nella seconda parte, che fa riflettere e lascia amareggiati. Veniamo qui a conoscenza di un'altra sfaccettatura delle mille contraddizioni e spaccature tipiche dell'India: qui la differenza non coinvolge ricchi e poveri, ma poveri e americani…
Un libro importante, ben scritto e ben documentato. Non è il capolavoro che ho trovato in "La città della gioia", ma è una testimonianza validissima di una tragedia poco conosciuta, scritta da chi conosce ed ama l'India. Ovviamente lo consiglio.

Opera recensita: "Mezzanotte e cinque a Bhopal" di Dominique Lapierre e Javier Moro
Editore: Mondadori, prima ed. 2001
Genere: romanzo-inchiesta
Ambientazione: Bhopal, India
Pagine: 380
Prezzo: 10,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.

mercoledì 19 settembre 2018

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - L'OMBRA DEL COLLEZIONISTA


Sinossi:
Delle sue vittime lui non vuole il corpo, vuole solo la pelle: per marchiarla a morte. È un novembre gelido, a New York, e nelle strade spazzate dal vento e dalla neve si aggira un serial killer. È scaltro, feroce, implacabile. Aggredisce donne e uomini nei seminterrati, li trascina nelle gallerie buie e umide che si allargano labirintiche nel sottosuolo, li tatua con un inchiostro al veleno lasciando loro sulla pelle incomprensibili messaggi fatti di numeri e lettere; poi li abbandona a un'agonia lenta e straziante. Chi è e cosa vuole? E il tatuaggio che porta sul braccio, un centopiedi rosso con zanne e un volto umano, ha un significato? A esaminare i primi indizi, il killer sembra ispirarsi al collezionista di ossa, il famigerato criminale che più di dieci anni prima aveva gettato nel terrore la città e messo a dura prova il brillante talento deduttivo di Lincoln Rhyme. Questa volta, spalleggiato dalla fidata Amelia Sachs e da tutta la squadra, il criminologo più famoso d'America sarà costretto a districarsi in un oscuro ginepraio di false piste e colpi di scena, in lotta contro il tempo per sventare un piano folle e diabolico. Perché il passato non muore mai, e il nemico non è mai così lontano.

Commento:
Veloce, preciso, disturbante, ossessionato. E' il tatuatore, l'uomo del sottosuolo, il collezionista della pelle. E' lui il killer con cui Rhyme e Sachs dovranno misurarsi in questo appassionante caso. Come il collezionista di ossa, il primo caso congiunto di Rhyme e Sachs, aveva l'ossessione per le ossa, questo killer adora la pelle, la pizzica, la saggia, la riempie di significati… non necessariamente positivi. Una serie di omicidi tutti volti ad un unico obiettivo: sterminare l'incarnazione del male. Ma chi è davvero il killer? Agisce da solo o dietro di lui c'è qualcuno? E sarà forse qualcuno che conosciamo?
Un thriller fantastico, adrenalinico ed avvincente. Mi è piaciuto molto il finale… che non svelerò. Ovviamente lo consiglio, ma non prima di aver letto i precedenti dieci libri della saga di Lincoln Rhyme!

Opera recensita: "L'ombra del collezionista" di Jeffery Deaver
Editore: Rizzoli, 2014
Genere: thriller
Ambientazione: New York
Pagine: 492
Prezzo: 13,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


lunedì 17 settembre 2018

RECENSIONE: SILVIA ZUCCA - IL CIELO DOPO DI NOI


Sinossi:
Alberto, il padre di Miranda, è scomparso. Da dodici anni lei non ha contarti con la famiglia e quella notizia è come un fulmine in un cielo che si è sempre rifiutata di guardare e che, adesso, la chiama a sé con prepotenza. Così, frugando tra le carte del padre, trova una lettera datata 18 novembre 1944: è una lettera d'amore destinata alla nonna, Gemma. Ma chi è l'uomo che promette a Gemma di tornare da lei e da Alberto? Possibile che quel mistero sia collegato all'improvvisa scomparsa del padre? C'è solo un modo per scoprirlo: andare a Sant'Egidio dei Gelsi, il paese in cui lui e Gemma si erano rifugiati durante la guerra. E, sotto il cielo idilliaco della campagna piemontese, Miranda raccoglierà i frammenti di una storia solo apparentemente dimenticata; la storia di un ragazzino senza padre, costretto a crescere troppo in fretta, e di una donna obbligata a prendere una decisione terribile, che segnerà la sua vita per sempre. Una storia che la condurrà infine da Alberto, ma che soprattutto le permetterà di alzare gli occhi e capire che il futuro - il cielo dopo di noi - si rasserena solo se si ha il coraggio di cancellare le nubi del passato e di aprirsi all'amore.

Commento:
"Il cielo dopo di noi" è un romanzo intenso e corposo, dal sapore antico, di terra, di bosco, ma senza essere troppo dolce, proprio come un buon vino. E di vino, di terra, di storia, di ricordi, di guerra, d'amore, parla questo libro che ci regala un intenso bouquet di emozioni e sensazioni da assaporare con la giusta tranquillità.
E' la storia di Miranda, una figlia incapace di affrontare il proprio risentimento; di Alberto, suo padre, che cova nel passato ricordi che non riesce a decifrare; di nonna Gemma, così amata ma così poco conosciuta; di Francesco, Elvira, Luce, Antonio che rischiano di perdersi senza essersi parlati col cuore… E' la storia di un paesino che si è rialzato dopo aver vissuto l'orrore della guerra, che è andato avanti, ma non ha dimenticato niente. E' una vicenda che riporta a galla orrori troppo forti da mandar giù e amori mai vissuti davvero e per questo mai dimenticati. E' una storia che si sviluppa in due tempi, il 1944 e i giorni nostri, apparentemente lontani, ma in realtà intrecciati indistricabilmente nella memoria e nel vissuto di una comunità.
E ritrovare l'origine del dolore, guardarlo in faccia, affrontarne conseguenze e implicazioni, può aiutare a ritrovare se stessi.
Quella che troviamo in questo libro è una Silvia Zucca diversa dal suo precedente "Guida astrologica per cuori infranti", qui certamente più sicura, consapevole e pronta a tirar fuori dal cuore e dalla penna storie più forti, complesse, mature e forse più sentite.
Ed il sentimento, l'importanza di una storia vissuta prima che scritta, qui si sente tanto: i personaggi, i luoghi, le storie non restano eterei nelle pagine, ma assumono una dimensione reale, terrena. Consiglio senza riserve questo libro: davvero un'ottima, appassionante lettura.

Opera recensita: "Il cielo dopo di noi" di Silvia Zucca
Editore: Nord, 2018
Genere: narrativa italiana-romanzo storico
Ambientazione: Milano-Piemonte
Pagine: 468
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


domenica 16 settembre 2018

MOLTO PERSONALE: LA MIA ESPERIENZA AL CAMPIELLO 2018... RESOCONTO DI UN'EMOZIONE.


Beh, cari amici, ho mantenuto il segreto per quasi nove mesi, roba che neanche una gravidanza, ma ora posso dirlo: sono stata fra i giurati anonimi del Premio Campiello 2018 ed oggi sono felice, perché, come ho detto a mia madre appena alzata, "ha vinto il libro che volevo ioooo!".
Gioia incontenibile (espressa in modo infantile) a parte, è un'esperienza che si può fare una sola volta nella vita, quindi mi sembra giusto condividerla con voi.
Partiamo da lontano. Tutto è cominciato nel febbraio 2017, quando ho appreso della collaborazione tra la fondazione Il Campiello e l'Unione italiana ciechi e ipovedenti (di cui sono socia), grazie alla quale ogni anno un determinato numero di persone non vedenti può far parte della giuria dei 300 lettori anonimi che - insieme ad una giuria di letterati – concorre all'assegnazione del prestigioso riconoscimento letterario. La lista da cui ogni anno il comitato del Campiello attinge, al febbraio 2017 era esaurita quindi c'era la possibilità di candidarsi per gli anni successivi… come non cogliere quest'opportunità al volo? E' doveroso fare una precisazione: non c'è nulla di meritocratico nella scelta dei nominativi; bisognava semplicemente possedere dei requisiti generali, candidarsi ed aspettare.
E non ho neppure dovuto attendere troppo: nel gennaio 2018 sono stata contattata dal comitato di gestione del Premio che mi invitava a far parte della giuria per quest'edizione… Somma gioia, pura felicità che, però,  non potevo condividere con nessuno, pena l'esclusione, fino alla chiusura delle votazioni. A luglio, come previsto dalla convenzione, ho ricevuto la versione audio delle cinque opere finaliste, registrate dal Centro Nazionale del Libro Parlato, ma è stata comunque un'emozione grandissima tenere tra le mani il pacco con i libri cartacei, saggiarne lo spessore, sentire l'odore delle pagine, avvicinarli con curiosità fantasticando sui possibili scenari e i risvolti delle storie… ora sono conservati nella mia libreria insieme ai Cd audio, come ricordo tangibile di questa bella manifestazione.
Ma veniamo ai libri, unico neo dell'intera esperienza, che, però, attiene solo ed esclusivamente ai miei gusti personali: tra i cinque finalisti selezionati dalla giuria dei letterati, purtroppo tre non li ho apprezzati, uno l'ho trovato interessante ed uno l'ho amato. Confesso che non è stato facile leggere i libri che non ho apprezzato e che più volte mi sono chiesta - più perplessa che polemica - se fossero davvero queste le opere migliori pubblicate da autori italiani tra maggio 2017 ed aprile 2018… ma il giudizio della giuria dei letterati è insindacabile, le loro competenze sono indiscutibilmente maggiori delle mie… quindi nulla quaestio… sono una semplice lettrice e mi terrò questa perplessità.
Il risvolto positivo, però, è che è stato facile votare! Il libro che ho scelto è stato, senz'ombra di dubbio, "Le assaggiatrici" di Rosella Postorino. Sì, i più attenti di voi ricorderanno che l'avevo letto e molto amatoben prima che fosse selezionato tra i finalisti e che ve lo consigliavo già a febbraio. Capirete, quindi, la gioia che ho provato ieri, quando proprio questo libro è risultato vincitore dell'ambito riconoscimento. Trovo che la vittoria sia stata meritatissima, al netto dei miei gusti personali, perché questo romanzo storico racconta, unendo delicatezza, passione ed energia, un aspetto poco conosciuto e poco discusso della Seconda guerra mondiale: il ruolo delle donne, anche di quelle molto vicine – loro malgrado – al Fuhrer. Sto consigliando questo libro a tutti, da mesi, e non smetterò di farlo perché mi ha emozionato come non mi capitava da tempo.
Tornando al Campiello, per concludere, sono davvero lieta di aver potuto vivere quest'esperienza unica ed irripetibile che, per un lettore, vuol dire molto. Ringrazio di cuore, pertanto, sia l'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, sia la Fondazione Il Campiello per questa preziosa opportunità.
Viva la lettura, i lettori, gli scrittori, i libri, i premi letterari e chi, in qualunque modo, permette che queste occasioni di incontro e conoscenza abbiano luogo.

venerdì 14 settembre 2018

RECENSIONE: STEFAN ZWEIG - L'IMPAZIENZA DEL CUORE


Sinossi:
Alla vigilia della Grande guerra, Anton Hofmiller, ufficiale dell'esercito austro-ungarico, conosce Edith, figlia di un ricco aristocratico ungherese. La ragazza, affetta da paralisi, provoca in Anton un ambiguo senso di pietà che lo spinge a farle visita quasi tutti i giorni. Scambiando questo sentimento per amore, Edith, aiutata dal potere persuasivo del padre, convince Anton a chiederla in sposa. Pentito, ma schiacciato dal senso di colpa, il protagonista scivola in comportamenti sempre più incoerenti, mentre sul loro destino si profila l'ombra della tragedia. Stefan Zweig compose questo suo primo romanzo tra il 1936 e il 1938, anni cruciali di cui la storia fatale e drammatica tra Anton e Edith rispecchia, come in una profezia, il tumultuoso e inarrestabile crescendo europeo, la rovina dell'intelligenza e dei sentimenti che in poco tempo avrebbe travolto l'intero continente.

Commento:
Questo romanzo, il primo che leggo di Zweig, mi ha toccato particolarmente, sia perché sono toccata da vicino dai temi che affronta, conosco la compassione che tanto indispettisce Edith, sia perché Zweig dimostra una sensibilità e insieme un'arguzia non comuni: non giudica mai apertamente i comportamenti dei protagonisti, non li assolve né li condanna definitivamente… e tuttavia riesce a trasportarci nell'atmosfera piena di pregiudizi dell'Austria fiera ed imponente del periodo precedente alla prima guerra mondiale. La vicenda si apre, però, all'indomani di una serata di gala nel 1938, a Vienna, quando un uomo (che introduce il racconto e poi sparisce) ha modo di conoscere un militare decorato con l'Ordine di Maria Teresa, tale Anton Hofmiller, che invece di vantarsi del riconoscimento, sembra detestarlo. La ragione di tale attitudine sta nelle circostanze che l'hanno portato a riceverlo.
«Ci sono due tipi di compassione. l'una, quella debole e sentimentale, che è soltanto impazienza del cuore, vuole solo sbarazzarsi il più in fretta possibile della penosa commozione prodotta dall'altrui infelicità; non è affatto una con-passione, ma solamente un'istintiva reazione di difesa del proprio animo di fronte alla sofferenza del prossimo. E poi c'è l'altra, l'unica che conti: la compassione non sentimentale, ma fattiva, quella che sa ciò che vuole, quella decisa a sopportare tutto con pazienza e comprensione, fino allo stremo delle proprie forze e anche oltre.". Così comincia il racconto dettagliato e straziante di Anton Hofmiller che, alle soglie della prima guerra mondiale, si ritrovò invischiato in una storia di compassione, isterismi, fidanzamenti forzati e tradimenti. Per caso il sottotenente Hofmiller si conobbe la giovanissima Edith Kekesfalva, paralizzata e incapace di accettare serenamente la propria condizione; la giovane scambiò ben presto la pura pietà dell'ufficiale per qualcosa di più e se ne innamorò perdutamente. Le vicende che seguirono dimostrarono da un lato l'irrequietezza di lei, suffragata dai sensi di colpa del padre che avrebbe fatto di tutto per accontentarla, e dall'altro l'inadeguatezza di Anton che si dimostra incapace di crescere, di imparare dagli errori, di maturare, di prendersi delle responsabilità.
Non ho amato nessuno dei personaggi, al contrario di Zweig io sì che li giudico… in particolare Anton, se prima mi era parso solo ingenuo, con l'andare della storia l'ho trovato assolutamente detestabile: uno smidollato che un momento si sente Dio in terra ed il momento dopo usa il proprio lavoro per giustificare la propria codardia. Ho amato, tuttavia, il romanzo in sé e il modo mirabile con cui Zweig ci ha regalato questa storia sofferta. Non posso, quindi, far altro che consigliare questa lettura della quale, per non svelare troppo, ho solo tracciato i punti salienti… quanto a riflessioni psicologiche, storiche, culturali e persino religiose, c'è molto di più.


Opera recensita: "L'impazienza del cuore" di Stefan Zweig
Editore: Elliot, prima ed. 1939
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Austria
Pagine: 374
Prezzo: 14,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 13 settembre 2018

RECENSIONE: JOHN WILLIAMS - STONER


Sinossi:
William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l'autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. (Dalla postfazione di Peter Cameron)

Commento:
Ci sono libri che ti tramortiscono, ti scuotono, ti investono scaricandoti addosso il loro carico di emozioni, sentimenti, situazioni; poi ci sono libri che, come fa l'acqua con la roccia, ti lambiscono con moto delicato e incessante e, senza che te ne accorga, ti scavano dentro andando a toccare proprio quel punto, in profondità, dove si annidano le emozioni più vere e inconfessate. "Stoner" per me è stato uno di questi.
Il suo pregio più grande non è la trama, ma la scrittura che rende la semplice lettura un'esperienza da fare: trovo che "Stoner" sia stato scritto in modo perfetto. Parte in sordina, quando cominci la lettura non sai cosa troverai alla fine, quindi per molte pagine rimani in attesa che succeda qualcosa, che arrivi l'agognata svolta… e ti distrai, ti crogioli nell'indifferenza dell'attesa… finché, senza neppure sapere come, ti ritrovi avvinta dall'incedere lento e stolido di Stoner nella sua ordinaria, triste, mediocre vita. E ti ritrovi a sperare che, una volta tanto, ne prenda le redini, che abbia il coraggio di ribellarsi energicamente allo strapotere di Lomax, che scuota quella moglie insopportabile che sarà la sua nemesi, che stringa al petto la figlia e la salvi dallo sfacelo della monotonia e dallo sgretolarsi dei giorni. E non hai neanche la forza di arrabbiarti con lui, attirata come sei nel torpore della sua rassegnazione. E quando già pensavi che non ci sarebbe stata speranza per lui, ti sorprende perché una cosa positiva, infondo, gli accade… un incontro gli dà, per un po', quella gioia di svegliarsi la mattina che è il motore primordiale di ciascuno e forse ciò a cui tutti, allaa fine della fiera, aspiriamo. Ma no, le forze avverse esterne a lui e la sua stessa mancanza di coraggio lo portano a lasciar andare anche quella fonte di gioia… e in fin dei conti chi è Stoner se non l'emblema della mediocrità dell'uomo che non ha il coraggio di distinguersi, di affermare i propri bisogni, di migliorare la propria condizione? E gli si può davvero, in coscienza, fare una colpa di questo? William Stoner è un uomo che ha ceduto la propria personalità agli eventi, che ha avuto tutto ciò che si può desiderare, (un matrimonio, il lavoro che voleva, una figlia, un amore), ma non ha saputo o potuto godersi nulla pienamente, bloccato dall'atavica convinzione di non desiderare un'emancipazione, di non meritare di più.
Un libro magistrale che prende una vita ordinaria e ne analizza le dinamiche così da vicino da farle risultare amplificate, quasi eroiche. Sta al lettore, poi, riportarle alla loro dimensione naturale ed adattarle, peraltro senza troppa fatica, alla sua vita o magari a ciò che non vorrebbe che diventasse.
Formalmente lo consiglio, è ovvio, ma in realtà vorrei dirvi:"Leggetelo solo se siete coraggiosi, se avete la voglia e la forza di confrontarvi con ciò che è dentro di voi".


Opera recensita: "Stoner" di John Williams
Editore: Fazzi, prima ed. originale 1965, ripubblicato in Italia nel 2012
Genere: narrativa americana
Ambientazione: Stati Uniti, tra il 1910 e gli anni 50
Pagine: 332
Prezzo: 17,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.


mercoledì 12 settembre 2018

RECENSIONE: NIKOS KAZANTZAKIS - ZORBA IL GRECO


Sinossi:
"Lo conobbi al Pireo... Parole, risate, balli, ubriacature, preoccupazioni, quiete conversazioni al tramonto, occhi sgranati che mi fissano con tenerezza e disprezzo, come se mi dessero ad ogni istante il benvenuto, come se ad ogni istante mi dicessero addio, per sempre". Zorba il greco è il romanzo di Nikos Kazantzakis da cui venne tratto il fortunato film con Anthony Quinn e Irene Papas, proposto ai lettori italiani in traduzione dal greco e in versione integrale. "Sicuramente il cuore dell'uomo è una fossa chiusa di sangue, e quando si apre corrono ad abbeverarsi e a riprendere vita tutte le inconsolabili ombre assetate... Corrono a bere il sangue del nostro cuore, perché sanno che altra risurrezione non esiste. E più avanti di tutti corre oggi Zorba con le sue grandi falcate, e scansa le altre ombre, perché sa che è per lui oggi la commemorazione. Facciamo tutto quanto è in noi perché riviva ancora per un po' questo crapulone, beone, lavoratore instancabile, donnaiolo e zingaro. L'anima più grande, il corpo più saldo, il grido più libero che abbia mai conosciuto in vita mia".

Commento:
Chi può dire cosa siano veramente la passione, la spiritualità, la fede, la patria, la libertà…? Sono ideali o sentimenti nel nome dei quali ci immoliamo, o sono forse ulteriori catene con le quali rafforzare la nostra schiavitù? E chi è, poi, il nostro padrone? E' Dio o è forse il diavolo? E' il corpo o lo spirito?
Su queste dicotomie si fonda – e ci fa riflettere – questo romanzo meraviglioso, e lo fa mettendo a confronto due uomini, il padrone più incline alla rettitudine, alla spiritualità, alla lettura e alla meditazione, e Zorba che… beh Zorba non si può descrivere compiutamente: è un uomo saggio, scapestrato, beone, donnaiolo impenitente, irrequieto, passionale, mutevole, arguto, instancabile, irruento… è molto altro ancora.
Nella convivenza forzosa per ragioni di lavoro in un villaggio di Creta, queste due anime imparano a conoscersi e a comprendersi, prendendo l'una qualcosa dell'altra e dandosi molto a vicenda. Kazantzakis costruisce un protagonista memorabile e riesce a far riflettere ed interrogare le coscenze usando un'"arma infallibile": la leggerezza, la simpatia, l'umorismo. "Zorba il greco" è un libro stupendo che consiglio spassionatamente: non ve ne pentirete, è letteratura.

Opera recensita: "Zorba il greco" di Nikos Kazantzakis
Editore: Crocetti, prima ed. 1946
Genere: narrativa europea
Ambientazione: Creta-Grecia
Pagine: 382
Prezzo: 15,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.


venerdì 7 settembre 2018

RECENSIONE: ALESSANDRO D'AVENIA - COSE CHE NESSUNO SA


Sinossi:
Margherita ha quattordici anni e sta per varcare una soglia magica e misteriosa: l'inizio del liceo. Un mondo nuovo da esplorare e conquistare, sapendo però di poter contare sulle persone che la amano. Ma un giorno, tornata a casa, ascolta un messaggio nella segreteria telefonica: è di suo padre, che non tornerà più a casa. Margherita ancora non sa che affrontando questo dolore si trasformerà a poco a poco in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell'ostrica per l'attacco di un predatore marino. Accanto a lei ci sono la madre, il fratellino vivace e sensibile e l'irriverente nonna Teresa. E poi Marta, la compagna di banco sempre sorridente, e Giulio, il ragazzo più cupo e affascinante della scuola. Ma sarà un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri, a indicare a Margherita il coraggio di Telemaco nell'"Odissea": così che il viaggio sulle tracce del padre possa cambiare il suo destino.

Commento:
Di solito mi tengo lontana dai libri che parlano di adolescenza: non li amo, difficilmente trovo qualcuno che sappia parlare di quel periodo facendomelo sentire vicino, guardandolo con i miei occhi. Però questo libro lo ha scritto D'avenia, ormai una garanzia per me, infatti l'ho divorato: mi ha fatto sorridere, commuovere, emozionare e, soprattutto, mi ha fatto immedesimare nella storia di questi ragazzi così coraggiosi eppure così fragili, che ancora non sanno come affrontare la vita, ma provano comunque a intraprendere il loro viaggio rischiando tutto. E mi sono immedesimata anche nella vicenda di questo giovane professore, immerso, quasi soffocato dall'amore per i suoi libri, che però non riesce a lasciarsi leggere e trovare dalla vita vera. Perché la vita "è nu filu", ci stiamo in bilico avanzando ogni giorno a piccoli passi; uno sbaglio rischia di farci precipitare, ma sta a noi cercare la forza per risalire la china e trovarla dentro di noi e nell'affetto delle persone che ci circondano. Bellissimi i riferimenti all'Odissea e, in particolare, alla storia di Telemaco, figlio che intraprende il suo personale viaggio alla ricerca del padre per mezzo del quale imparerà a conoscere se stesso. In definitiva, un ottimo libro che, più che di adolescenza, parla di vita, di relazioni sociali, familiari, di coppia, generazionali… e parla della sfida di vivere ogni giorno, secondo le proprie possibilità, imparando dai propri errori. Consigliatissimo, come tutti i libri di Alessandro D'avenia che, oltre ad essere piacevolissimi da leggere, sono anche molto istruttivi, dati i tantissimi riferimenti letterari, musicali e cinematografici che vi si trovano.


Opera recensita: "Cose che nessuno sa" di Alessandro D'Avenia
Editore: Mondadori, 2011
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Milano-Genova e limitrofi
Pagine: 332
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 6 settembre 2018

RECENSIONE: ALICE MUNRO - LA VITA DELLE RAGAZZE E DELLE DONNE


Sinossi:
La vita delle ragazze e delle donne , pubblicato per la prima volta in Canada nel 1971, è l'unica incursione di Alice Munro nella forma-romanzo, seppure declinata secondo il metodo e lo stile inconfondibile dell'autrice. In principio Del ha nove anni, l'età delle curiosità complesse di un bambino che anticipa la propria pubertà. Sono gli anni Quaranta: da qualche parte è in corso una guerra i cui echi contaminano anche l'egloga rude di un Ontario lontanissimo dal precipizio della Storia. Quali e quanti sono i riti di passaggio dall'infanzia alla giovinezza, dall'inesperienza all'ingresso nel solco della vita? Non esiste un'età edenica per le ragazze e le donne di Alice Munro: la bambina Del fiuta il pericolo senza saperlo nominare; l'adolescente Del gioca con il sacro animata dal desiderio di contraddire la laicità di sua madre e dallo zelo di un sentimento acerbo e acceso come ogni primo amore. Del rifiuta e insieme difende le stravaganze della madre che illuministicamente si ostina a vendere enciclopedie nel medioevo fanatico di religione di una campagna inospitale. Ha nostalgia di Dio, ma registra il Suo eterno scacco nella vita degli uomini e degli animali. A quattordici anni Del è attratta dai languidi misteri del sesso fantasticato, conosce l'agrodolce di una complicità tradita con l'amica Naomi, e nel fervore con cui anno dopo anno un'insegnante si dedica ad allestire la recita della scuola, intuisce il seme tragico di una vita senza sbocchi. Poco dopo Del è pronta per un privato rito di iniziazione sessuale, come la Gerty MacDowell di James Joyce, una Nausicaa corrotta dal desiderio di sapere, vedere, piacere. L'Eden che non c'è mai stato è ora comunque inesorabilmente alle spalle; è tempo di battesimi, di vere e proprie deliberate rinascite. Del ha diciassette anni e già intravede anche il concludersi dell'adolescenza. Sperimenta la perdita e l'amore; si tuffa nel delirio di una relazione senza ossigeno. E infine accetta per sé la necessità della scrittura e si congeda con la promessa di un'integrità scintillante che rimanda i lettori al dono di storie radiose, credibili, sublimi.

Commento:
Pallido, smorto, sciapito… se dovessi descrivere questo romanzo userei questi aggettivi. Vi si raccontano le vicende e i turbamenti di una ragazza, Del, che passa dall'infanzia alla pubertà, all'adolescenza, all'età adulta e deve confrontarsi con la volontà di staccarsi dal modello offerto dai genitori, con i dubbi sulla fede, con la curiosità del sesso.
Un libro che, sebbene tratti un argomento a me caro qual è la condizione femminile e sebbene sia ben scritto, con uno stile tutto sommato inconsueto ed originale, non mi ha lasciato assolutamente nulla. Ho concluso la lettura senza scossoni né entusiasmi; non è assolutamente brutto, ma, per citare Dante, senza infamia e senza lode, perciò non mi sento di consigliarlo. Unica figura appena interessante eppure, a mio parere, incompiuta è la madre di Del, una donna non convenzionale, dura, combattiva, della quale però abbiamo solo un ritratto parziale. Tutto, in questo romanzo, mi dà l'idea di incompiuto, slegato, non omogeneo… perciò mi dispiace, ma non incontra il mio gusto.


Opera recensita: "La vita delle ragazze e delle donne" di Alice Munro
Editore: Einaudi, 1971-2018
Genere: narrativa americana
Ambientazione: Kanada
Pagine: 293
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: no
Voto personale: 5.


martedì 4 settembre 2018

RECENSIONE: LARS KEPLER - IL PORTO DELLE ANIME


Sinossi:
Jasmin è una donna, una madre, un soldato dell’esercito svedese di stanza in Kosovo. Vive per l’amore del figlio Dante, che ha avuto da un suo commilitone, un uomo poco affidabile che cerca di affogare nell’alcol e nella droga gli orrori della guerra. Jasmin in Kosovo è stata ferita gravemente, e durante il ricovero in ospedale, mentre lottava tra la vita e la morte, la sua anima si è trovata per qualche giorno in un’affollata e misteriosa città portuale dove tutti i cartelli sono scritti in cinese e dove ha visto imbarcarsi, per non tornare mai più, uno dei suoi uomini. Ma Jasmin è forte e sa come tornare dalla città misteriosa, sa che si deve stare molto attenti a non farsi rubare la targhetta d’argento che ti mettono al collo quando arrivi nella città misteriosa, perché è il lasciapassare per il ritorno. Due anni dopo la prima esperienza nella città dei morti, Jasmin ci ritorna di nuovo con il figlio: hanno avuto un incidente d’auto e solo lei riesce ad allontanarsi per tornare di nuovo nel mondo dei vivi, lontano dal porto delle anime. Dante è molto più grave, dev’essere operato, e Jasmin non può abbandonarlo nella città misteriosa: deve tornare, lottare per quello che ha di più caro, in un terribile gioco di morte che rischia di vederla sconfitta.

Commento:
Dove andiamo quando moriamo? Al di là delle convinzioni religiose di ciascuno, nessuno può veramente dirlo con certezza. Tuttavia coloro che sono stati in coma o hanno subito un arresto cardiaco non fatale raccontano di luci, persone, luoghi mai visti.
E' da questi racconti che prende le mosse "Il porto delle anime", il primo thriller di Lars Kepler non appartenente alla saga di Joona Linna. E' la storia di Jasmin che, per varie ragioni, ha avuto contatto più volte con la "città portuale", il luogo di transizione dove approda chi si trova tra la vita e la morte. Quando ritorna in sé e racconta ciò che ha visto, però, Jasmin viene creduta pazza, internata, allontanata temporaneamente dal figlio Dante. Tuttavia, proprio in occasione di un pauroso incidente stradale che rischia di costare la vita al figlio, Jasmin riesce a dimostrare – prima a se stessa e poi ad altri – che ciò che vede nel coma è reale, esiste davvero e non è un semplice sogno o il frutto di una psicosi. Anche il mondo intermedio, però, presenta i suoi misteri, al contrario di ciò che immaginiamo essere un luogo idilliaco e di pace assoluta. Spetterà a Jasmin risolverne alcuni se vorrà riportare alla vita suo figlio.
Soffermandoci per un momento sulle questioni stilistiche, questo libro è diverso da ciò a cui ci ha abituato Lars Kepler: freddezza, razionalità, colpi di scena… Eppure si trovano, nel corso della storia, elementi famigliari come il ritmo serrato, la tattica militare, la padronanza delle armi, l'elevata capacità descrittiva.
Passando ora alle considerazioni personali… beh, sono confusa. Mai come in questo caso non so dire se questo libro mi sia piaciuto o meno: non mi piace la scarsa aderenza con la realtà, non mi piace l'atmosfera surreale che pervade tutte le pagine, sono stata tentata di abbandonarlo ancor prima di arrivare a metà… però poi l'incalzare della storia mi ha coinvolta mio malgrado, mi sono ritrovata immersa in un thriller a quelli cui sono abituata, sebbene ambientato in un mondo incorporeo e irragiungibile se non con una morte temporanea (almeno stando a quanto si dice qui, poi chi può dire quale sia la realtà?). Quindi… non mi sento, in coscienza, di consigliarlo, ma se questa storia in qualche modo vi ha incuriosito… perché no? Non è brutto o mal scritto… è solo un po' troppo inverosimile per i miei gusti. Magari non lo è per i gusti di qualcun altro!


Opera recensita: "Il porto delle anime" di Lars Kepler
Editore: Longanesi, 2015
Genere: thriller
Ambientazione: Svezia-"città portuale"
Pagine: 360
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 6,5.


lunedì 3 settembre 2018

RECENSIONE: GAIL HONEYMAN - ELEANOR OLIPHANT STA BENISSIMO


Sinossi:
"Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo.
Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto.
E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo.
O così credevo, fino a oggi.
Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene. Anzi: benissimo".
 
Gail Honeyman ha scritto un capolavoro. Un libro che a detta di tutta la stampa internazionale più autorevole rimarrà negli annali della letteratura. Un romanzo che per i librai è unico e raro come solo le grandi opere possono essere. I numeri parlano da soli: venduto in 35 paesi, per mesi in vetta alle classifiche, adorato sui social dalle star del cinema più impegnate, vincitore del Costa First Novel award, presto diventerà un film. Una protagonista in cui tutti possono riconoscersi. Perché spesso ci si rifugia nella propria realtà per non vivere quello che c’è veramente fuori. In quel riparo si crede di stare benissimo, ma basta una folata di aria fresca per capire che troppo è quello che si sta perdendo.

Commento:
Non è facile descrivere questo romanzo. D'istinto direi che non è una storia d'amore, eppure l'amore – o la sua assenza – gioca un ruolo fondamentale in questa storia e nella vita di Eleanor, la protagonista. Eleanor non sa cosa sia l'amore, nessuno gliene ha mai dimostrato, così quando qualcuno le rivolge la parola senza ostilità, dimostra una minima apertura verso di lei, le fa dono di un piccolo gesto gentile, il suo mondo si scuote e le si schiudono davanti possibilità che finora non ha mai considerato. Avere un amico, prepararsi per andare a una festa o ad un concerto o ad un funerale, occuparsi della casa, ricevere un ospite per un thè… cose che a noi sembrano normalissime, ma per chi non le ha mai vissute, per chi è sempre stata sola, sono sfide insormontabili. E capita che, per inesperienza nei sentimenti e nelle relazioni, si commettano errori che, in una condizione di instabilità pregressa, ci portino a sentirci sopraffatti. E' quello che succede ad Eleanor che inciampa, ma per fortuna ora – anche se lei non si spiega come – c'è chi la tira fuori da se stessa, c'è chi si preoccupa per lei. Sarà questo che la spingerà a fare, una volta per tutte, i conti con quel passato che l'ha segnata – fisicamente ed emotivamente – e che la terrorizza… perché quando il male viene da tanto vicino, da chi ti ha dato la vita e dovrebbe proteggerti, è tanto più difficile da accettare.
Un libro non facile, di certo, ma che trasmette un messaggio importante di forza e di positività. Scrittura sicura, lettura scorrevole ed intensa: un buon libro destinato a far parlare ancora di sé.

Opera recensita: "Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman
Editore: Garzanti, 2018
Genere: narrativa internazionale
Ambientazione: Glasgow, Scozia
Pagine: 352
Prezzo: 17,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


domenica 2 settembre 2018

RECENSIONE: MILAN KUNDERA - IL VALZER DEGLI ADDII


Sinossi:
In una cittadina termale dal fascino démodé, otto personaggi si stringono sull’onda di un valzer sempre più vorticoso: una graziosa infermiera; un ginecologo dai molti talenti; un ricco americano (insieme santo e dongiovanni); un trombettista famoso; un ex prigioniero politico, vittima delle purghe, e prossimo a lasciare il suo paese... Un «sogno di una notte di mezza estate». Un «vaudeville nero». Le domande più serie vengono poste con una leggerezza blasfema che ci fa capire come il mondo moderno ci abbia sottratto anche il diritto alla tragedia.
«C.S.: Lei non ha parlato quasi per nulla del Valzer degli addii.
M.K.: Eppure è il romanzo che in un certo senso mi è più caro. Come Amori ridicoli, l’ho scritto con più divertimento, con più piacere degli altri. In un altro stato d’animo. Anche molto più in fretta.
C.S.: Ha solo cinque parti.
M.K.: Si fonda su un archetipo formale del tutto diverso da quello degli altri miei romanzi. È assolutamente omogeneo, senza digressioni, composto di una sola materia, raccontato con lo stesso tempo, è molto teatrale, stilizzato, basato sulla forma del vaudeville. In Amori ridicoli, si può leggere il racconto Il simposio, il cui titolo è un’allusione parodistica al Simposio di Platone. Lunghe discussioni sull’amore. Ebbene, questo Simposio è composto in tutto e per tutto come Il valzer degli addii: vaudeville in cinque atti» (Milan Kundera, L’arte del romanzo).

Commento:
Libro scritto in modo volutamente semplice e quasi scarno, esteriormente privo della profondità e della complessità che caratterizzava "L'insostenibile leggerezza dell'essere", "Il valzer degli addii" è un libro singolare. Racchiude in sé molti rimandi ad altri autori ed opere, vi troviamo infatti qualcosa di Shakespeare, un chiaro riferimento a "Delitto e castigo" ed io ci ho intravisto anche qualcosa del "Processo" di kafchiana memoria. Tutto questo rende questo libro un'occasione preziosa di riflessione su vari temi, paternità e maternità, la loro accettazione e le implicazioni dei ragionamenti dei protagonisti; le considerazioni sfuggenti sull'amore e sulla sua potenza letale; l'apparente leggerezza con cui vengono prese certe decisioni; la potenza di un fraintendimento, l'omicidio e il suicidio… riflessioni nascoste tra le pieghe di un ragionamento apparentemente folle, nella cornice di una località termale che vede intrecciarsi storie e legami degni di un "Sogno d'una notte di mezza estate".
Un libro che mi è piaciuto, ma al quale darò volutamente un voto intermedio che mi darà la spinta per rileggerlo e rifletterci ancora. Kundera è sempre bravissimo ad instillare neanche tanto sottilmente spunti degni di nota su problemi e situazioni che quotidianamente potremmo ritrovare nella nostra vita, come se volesse incitarci a riflettere per essere pronti a prendere posizione, nell'eventualità che ce ne sia bisogno.


Opera recensita: "Il valzer degli addii" di Milan Kundera
Editore: Adelphi, prima ed. 1973
Genere: narrativa internazionale
Ambientazione: Repubblica Ceca
Pagine: 246
Prezzo: 11,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7,5.


RECENSIONE: HARPER LEE - IL BUIO OLTRE LA SIEPE


Sinossi:
In una cittadina del "profondo" Sud degli Stati Uniti l'onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un "negro" accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l'innocenza, ma l'uomo sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell'infanzia che è un po' di tutti noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte.

Commento:
Avevo cominciato a leggere questo libro tante volte, ma non ero mai riuscita ad andare al di là delle primissime pagine. Ora che sono riuscita a concludere la lettura, mi accorgo che l'unico, piccolo gap di "Il buio oltre la siepe" è proprio un inizio poco accattivante: se si supera la fase di avvio (lento) della storia, la lettura diventa rapida, agevole ed appassionante. Harper Lee ci racconta, con gli occhi e con la voce di una bambina, il pregiudizio raziale nell'Alabama degli anni Trenta e Quaranta. Quando suo padre, il retto e rispettato avvocato Atticus Finch, assume la difesa di un nero accusato di aver violentato una giovane donna bianca, la cittadina in cui i Finch vivono si rivolta – più o meno tacitamente – contro Atticus e la sua famiglia. La situazione non cambia, anzi precipita, quando in un processo pieno di spettacolarizzazione Atticus riesce a dimostrare l'innocenza dell'uomo: il padre dell'accusatrice, un bianco violento che vive del sussidio, minaccia di vendicarsi e per poco non ci sarebbe riuscito, se…
Ho sempre sentito lodi sperticate su questo libro, ne ho sempre sentito parlare come di un capolavoro; tuttavia, quando mi sono fermata a pensare ad un giudizio globale, in un primo momento non mi è parso che fosse così… "bello, per carità, ma i capolavori sono altri", ho pensato. Poi, riflettendo meglio, ho capito il mio errore: non si può guardare a questo libro nell'ottica oggi, A.D. 2018, con tante letture fatte sul tema; bisogna pensarlo nel periodo in cui è stato pubblicato, gli anni Sessanta, e allora gli si darà tutt'altra connotazione.
"Il buio oltre la siepe" è stato un libro innovatore perché ha raccontato l'ingiustizia nel modo più semplice, che anche un bambino può capire. In questo senso, sì, è decisamente un capolavoro!

Opera recensita: "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee
Editore: Feltrinelli, prima ed. 1960
Genere: narrativa americana
Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 304
Prezzo: 9,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.