simposio lettori copertina

simposio lettori copertina

venerdì 31 marzo 2017

RECENSIONE: STEFANO CAPRARO - RICHIAMI D'AMORE


nossi:

Nell’intricato bosco di olivi tra il nord delle Puglie e le alture della Lucania, in un medioevo popolato da lupi famelici, sordidi briganti e magiche architetture, oscuri personaggi si aggirano bussando alle porte delle masserie per cercare riparo nei duri mesi invernali. Non tutti però sono disposti a dare loro ospitalità, a causa del loro aspetto raccapricciante. Ad una di queste creature, la madre itinerante, è indissolubilmente legato il destino dei due protagonisti, Nicola e Ofelia i quali, sebbene ignari dell’altrui esistenza, cominciano a sognarsi a vicenda nell’imminenza di un viaggio che entrambi si accingono ad intraprendere: Nicola per seguire il gregge nella prima transumanza della vita, Ofelia a seguito della spedizione del padre, mercante di stoffe, convocato dagli araldi della principessa, la quale vuole scegliere personalmente le stoffe per le sue nozze. Il viaggio di entrambi sarà carico di avventure e di pericoli ma sarà ancora una volta la madre itinerante a fornire la soluzione svelando il segreto che incombe sul passato delle famiglie dei protagonisti e permettendo all’amore di trionfare su ogni avversità.

 

Commento:

Immaginate di fare un salto indietro nel tempo di… diciamo… cinque o seicento anni. Immaginate di trovarvi in una terra che oggi corrisponde al confine tra Puglia e Basilicata, una terra che tanto dà e tanto toglie ai suoi abitanti, fra altipiani, montagne, stupendi castelli e là, sullo sfondo, il mare. Ecco, è qui che è ambientato “Richiami d’amore”, il secondo romanzo di Stefano Capraro.

Ovviamente ad un’ambientazione così particolare corrisponde un romanzo altrettanto singolare, una novella, una storia d’altri tempi, eppure con quel qualcosa che fa pensare all’oggi e che rende tutto più completo e godibile.

I protagonisti sono Nicola, figlio del mezzadro Don Vittorio ed accompagnato dal fedele cane Argo e da Trifone, suo fedele servo ed amico, ed Ofelia, la giovane e bella figlia di Manfredi, stimato mercante di stoffe. Nicola ed Ofelia non si conoscono fisicamente, ma da qualche tempo fanno strani sogni che li turbano, visioni premonitrici che li attirano l’uno verso l’altra, in una promessa di eterno, vero amore. Così quando Nicola, in viaggio per la transumanza, avvista il castello che intravede nei suoi sogni, capisce che la sua amata è lì e deve assolutamente raggiungerla. Ofelia nel frattempo è in viaggio con il padre, diretta proprio a quel castello, in risposta al richiamo della principessa che vuole acquistare le stoffe per le sue nozze. Lei non lo sa ancora, ma il richiamo a cui risponde è ben più profondo ed antico, è quello di una profezia fatta tanti anni prima da una vecchia, la madre errante: è una profezia dettata dalla riconoscenza, destinata a generare legami forti, duraturi e preziosi come un monile dalla forma ottagonale.

Un romanzo che si fa leggere, con una trama affascinante e per nulla banale. Stefano Capraro conferma, anche in questo romanzo, la sua proprietà di linguaggio, adattando benissimo il registro linguistico ai personaggi: ora aulico, adatto a conversazioni estremamente formali, ora colloquiale e con espressioni dialettali per le conversazioni tra Nicola e Trifone e con il loro cane. Quest’abilità non è affatto scontata, visto che la storia è ambientata nel Medioevo e che è quindi necessario adattare anche il linguaggio a quell’epoca.

Lo stile, poi,  è a suo modo semplice e ricco, con descrizioni particolareggiate ed evocative, ma mai prolisse. Importanti sono anche i riferimenti al territorio, alla transumanza, alla proverbiale ospitalità della gente del Sud, al “pane caldo e alle messe domenicali”, alle credenze popolari che sanno mescolare credulità e magia.

Una lettura piacevole, dunque, per lasciarsi affascinare ed anche un po’ per sognare. Lo consiglio caldamente.

 

Opera recensita: “richiami d’amore” di Stefano Capraro

Editore: Giulio Perrone editore, 2017

Genere: novella

Ambientazione: Puglia-Lucania

Pagine: 126

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì.

 

RECENSIONE: DONATO CARRISI - LA DONNA DEI FIORI DI CARTA


Sinossi:

Il monte Fumo è una cattedrale di ghiaccio, teatro di una battaglia decisiva. Ma l'eco dei combattimenti non varca l'entrata della caverna in cui avviene

un confronto fra due uomini. Uno è un prigioniero che all'alba sarà fucilato, a meno che non riveli nome e grado. L'altro è un medico che ha solo una notte

per convincerlo a parlare, ma che ancora non sa che ciò che sta per sentire è molto più di quanto ha chiesto e cambierà per sempre anche la sua esistenza.

Perché le vite di questi due uomini che dovrebbero essere nemici, in realtà, sono legate. Sono appese a un filo sottile come il fumo che si leva dalle

loro sigarette e dipendono dalle risposte a tre domande. Chi è il prigioniero? Chi è Guzman? Chi era l'uomo che fumava sul Titanic? Questa è la storia

della verità nascosta nell'abisso di una leggenda. Questa è la storia di un eroe insolito e della sua ossessione. Questa storia ha attraversato il tempo

e ingannato la morte, perché è destinata al cuore di una donna misteriosa.

 

Commento:

 

Monte Fumo, fronte dolomitico, aprile 1916. La guerra fra italiani ed austriaci miete ogni giorno morti su entrambi i fronti. Ma la sera del suo compleanno, un uomo, un medico di campagna austriaco viene distolto dal consueto compito di strappare vite alla morte per salvare una vita in un modo diverso: deve far parlare un prigioniero italiano, deve fargli rivelare nome e grado. Ma la storia che l’uomo sta per raccontargli è molto diversa da ciò che ci si aspetterebbe: è una di quelle storie che cambiano la vita di chi le vive e di chi le ascolta.

Quella che Donato Carrisi ci racconta in questo romanzo breve è una storia fantasiosa e fantastica, originale e delicata; è una storia fatta di tante storie, di donne ribelli e bellissime, di sigari fumati con eleganza e ritualità, di fiori di carta con sopra versi bellissimi. E’ la storia di chi racconta e di chi sa ascoltare, è l’eterna lotta contro la morte e l’oblio.

“La donna dei fiori di carta” è un libro assolutamente sorprendente: confesso che, leggendo la quarta di copertina prima di cominciare la lettura, non sapevo proprio cosa aspettarmi. Ora, a lettura ultimata, sono piacevolmente sorpresa da questo Carrisi insolito. Questo libro, infatti, mi ha fatto capire che Carrisi ha due anime e due diversi stili di scrittura: c’è il Carrisi dei thriller, oscuro, artificioso, prolisso, direi anche pretenzioso; poi c’è questo Carrisi, sognatore, visionario, delicato ed essenziale nella prosa, in grado di raccontare la morte quasi accarezzandola con serenità e dignità. Il primo Carrisi non mi entusiasma… questo, invece, mi è piaciuto molto.

 

Opera recensita: “la donna dei fiori di carta” di Donato Carrisi
Editore: Longanesi, 2012
Genere: romanzo breve, narrativa italiana
Ambientazione: Monte Fumo, Dolomiti-varie parti del mondo
Pagine: 170
Prezzo: 11,60 €
Consigliato: sì.

giovedì 30 marzo 2017

RECENSIONE: RICHARD BACMAN (STEPHEN KING) - OSSESSIONE


Sinossi:

Charlie è un ragazzo come tanti. Sua madre è un’intellettuale, suo padre un militare, un tipo duro. Vive tutte le piccole grandi tragedie dei bambini iper sensibili, sballottati da una mamma iper protettiva a un genitore troppo severo. Ma nel cervello di Charlie qualcosa reagisce in maniera abnorme alle sfide e alle ingiustizie della  quotidianità di provincia, fatta di bravate tra ragazzi e di vagheggiate avventure con adolescenti civette. La sua rabbia esplode improvvisa una mattina nella sua classe al liceo cittadino: se hai una pistola in pugno molti sono disposti a starti a sentire. Puoi dire e far confessare cose che altrimenti resterebbero sepolte nel segreto delle anime meschine terrorizzate da quel che penserebbero i vicini.

Segreti di sesso, di sangue, di odio vengono alla luce. Tutti si tolgono la maschera e l’ossessione privata di Charlie, il suo dibattersi alla ricerca di un senso, una giustizia, diventa l’ossessione che coinvolge una classe intera. Qualcuno ci rimetterà la vita, qualcun altro la reputazione, qualcun altro ancora la sanità mentale. Ma l’avventura vissuta con Charlie agirà su tutti come un potente catalizzatore per scatenare la follia, per guardare in faccia il male.

 

Commento:

“Ossessione” è il primo dei “romanzi minori” scritti da King con lo pseudonimo di Richard Bacman. E’ un libro complesso, molto diverso dai “soliti” libri di King pieni di colpi di scena, figure sovrannaturali ed ambientazioni surreali. Se c’è una caratteristica di King che qui è esasperata, portata all’ennesima potenza, è la sua maestria nello scandagliare la vita della gente comune mettendone a nudo le fragilità ed i pregi: in questo libro King (o Bacman) indaga la complessità dell’animo umano, con le sue debolezze, il pudore, le paure più recondite. Lo fa dal punto di vista di un ragazzo, Charlie, un adolescente disturbato che una mattina, dopo un richiamo in presidenza, prende in ostaggio la sua classe uccidendo due persone ed impedendo a chiunque di penetrare nel suo “bunker”. Ciò che Charlie mette in atto con i suoi compagni è un esercizio di sincerità: li mette di fronte alle loro paure, li costringe a tirar fuori ciò che di più inconfessabile, becero, spaventoso hanno dentro e ad affrontarlo. E poco importa cosa accadrà dopo.

Quanto allo stile… beh, è un libro molto lento, a tratti piatto e i passi in cui Charlie ricorda avvenimenti passati risultano alquanto confuse (cosa certamente voluta e comunque comprensibile, trattandosi di un “folle”), ma man mano che si procede con la storia ne troverete sempre meno. Lentezza a parte, è davvero un buon libro proprio per l’analisi che compie sulla società, ingabbiata dalle convenzioni sociali, che preferisce etichettare un ragazzo come folle piuttosto che indagare sui motivi della sua instabilità. Non è certamente fra i migliori libri di King, ma è un’opera di tutto rispetto.

 

 

Opera recensita: “ossessione” di Richard Bacman (Stephen King)

Editore: Sonzogno-Bompiani, prima ed. originale 1977, prima ed. it. 1988

Genere: noir

Ambientazione: Stati Uniti
Pagine: 232
Consigliato: sì.

RECENSIONE: JEFFERY DEAVER - LA SEDIA VUOTA (LINCOLN RHYME #3)


Sinossi:

Quadriplegico da anni, Rhyme vuole recuperare almeno in parte la sua mobilità. Con Amelia si reca perciò nel North Carolina per sottoporsi all'operazione.

Ma appena arrivati le autorità chiedono il loro aiuto in un'indagine: nell'arco di ventiquattr'ore nella cittadina di Tanner's Corner ci sono stati un

omicidio e il rapimento di due giovani donne. Il principale sospetto è uno strano adolescente di nome Insetto. Rhyme e Amelia riusciranno ad inchiodare

il giovane, ma nemmeno Rhyme potrebbe mai sospettare che Amelia non sarà d'accordo con lui e fuggirà nella palude insieme al ragazzo che lui considera

uno spietato assassino. E così Rhyme si trova ad affrontare la sfida più difficile: quella con la donna cui ha insegnato tutto ciò che sa.

 

Complice l'insonnia, ho divorato questo libro praticamente in una notte. Avevo proprio voglia di tuffarmi in un concentrato di suspense e brivido e sapevo che con Deaver e Rhyme sarei andata sul sicuro.

“La sedia vuota” è il terzo libro della serie con protagonisti Lincoln Rhyme, il criminologo quadriplegico più in gamba di tutti gli States, e Amelia Sacks, la sua fedele assistente e compagna di vita. In questo episodio Rhyme si reca in North Carolina per sottoporsi ad un’operazione molto rischiosa che potrebbe permettergli di recuperare qualche piccola funzione vitale, ma mentre attende l’intervento lui ed Amelia vengono coinvolti nelle ricerche di un ragazzino appassionato di insetti e sospettato di aver ucciso un suo coetaneo e rapito due ragazze. Quest’indagine, però, non sarà come le altre perché Amelia si lascerà coinvolgere ed irretire nella trappola del ragazzo… e come se non bastasse, gli interessi in gioco sono insospettabilmente alti: non tutti i buoni sono veramente buoni e non tutti i cattivi sono davvero così cattivi… toccherà al genio di Rhyme e all’arguzia di Amelia ritrovare il bandolo della matassa, stanare tutte le vespe facendo attenzione a non essere punti.

Questo libro è leggermente più lento dei primi due della serie e, sebbene i metodi di Rhyme siano collaudati, l’ambientazione è differente: qui non siamo a New York e Rhyme si sente “un pesce fuor d’acqua”. Quest’incertezza si avverte anche nella scrittura di Deaver che ci regala un ottimo thriller, ma con una struttura un po’ più debole dei precedenti, il che lo fa apparire di un livello leggermente inferiore. Tuttavia si tratta sempre di un libro avvincente e non ne sono rimasta per niente delusa. La storia di Rhyme ed Amelia acquista un altro piccolo tassello, consolidandosi di più ad ogni libro. E’ una serie, questa, che vale davvero la pena di essere letta se vi piacciono i thriller veloci, tecnici e ricchi di suspense. Lettura consigliata, dunque!

 

Opera recensita: “La sedia vuota” di Jeffery Deaver

Editore: Sonzogno-Bur, 2000

Genere: thriller

Ambientazione: North Carolina, Stati Uniti

Pagine: 466

Prezzo: 9,90 €
Consigliato: sì.

martedì 28 marzo 2017

RECENSIONE: SIMONETTA AGNELLO HORNBY - CAFFè AMARO


Sinossi:

Gli occhi grandi e profondi a forma di mandorla, il volto dai tratti regolari, i folti capelli castani: la bellezza di Maria è di quelle che gettano una

malìa su chi vi posi lo sguardo, proprio come accade a Pietro Sala – che se ne innamora a prima vista e chiede la sua mano senza curarsi della dote – e,

in maniera meno evidente, all’amico Giosuè, che è stato cresciuto dal padre di lei e che Maria considera una sorta di fratello maggiore. Maria ha solo

quindici anni, Pietro trentaquattro; lui è un facoltoso bonvivant che ama i viaggi, il gioco d’azzardo e le donne; lei proviene da una famiglia socialista

di grandi ideali ma di mezzi limitati. Eppure, il matrimonio con Pietro si rivela una scelta felice: fuori dalle mura familiari, Maria scopre un senso

più ampio dell’esistenza, una libertà di vivere che coincide con una profonda percezione del diritto al piacere e a piacere. Attraverso l’eros, a cui Pietro

la inizia  con sapida naturalezza, arriva per lei la conoscenza di sé e dei propri desideri, nonché l’apertura al bello e a un personalissimo sentimento

della giustizia. Durante una vacanza a Tripoli, complice il deserto, Maria scopre anche di cosa è fatto il rapporto che, fino ad allora oscuramente, l’ha

legata a Giosuè. Comincia una rovente storia d’amore che copre più di vent’anni di incontri, di separazioni, di convegni clandestini in attesa di una nuova

pace.

Dai Fasci siciliani all’ascesa del fascismo, dalle leggi razziali alla Seconda guerra mondiale e agli spaventosi bombardamenti che sventrano Palermo, Simonetta

Agnello Hornby insegue la sua protagonista, facendo della sua storia e delle sue scelte non convenzionali la storia di un segmento decisivo della Sicilia

e dell’Italia.

 

Commento:

 

Un romanzo storico di quelli che piacciono a me, che coniugano le accurate e circostanziate descrizioni storiche alla vita dei protagonisti ed alle loro vicissitudini.

Quella che Simonetta Agnello Hornby sapientemente racconta in queste pagine è la storia di Maria, una giovane donna bella, intelligente, coraggiosa; è la storia della sua famiglia, un padre avvocato socialista osteggiato per le sue idee, una madre giovane, bella e criticata ma orgogliosa della sua famiglia; è la storia dei Sala, una famiglia nobile, ricca e controversa; è la storia di una terra, la Sicilia, bellissima e piena di contraddizioni; è la storia dell’Italia fra Ottocento e Novecento, fra progresso e ritrosia, fra arte e corruzione.

I fatti narrati in questo libro coprono cinquant’anni di storia d’Italia, da Crispi al secondo dopoguerra, raccontando ciò che accadde dal punto di vista della gente comune, dei contadini, dei nobili, dei militari, dei socialisti e dei fascisti.

E questo è solo ciò che gli italiani ed i siciliani dovettero affrontare dall’esterno: poi ci sono i problemi di ogni famiglia, quelli antichi e moderni che non tramontano. C’è l’ombra del gioco d’azzardo, ci sono parenti invidiosi, ci sono malattie, storie familiari complesse ed equilibri difficili da mantenere… Ma il sentimento che più di ogni altro pervade queste pagine è il coraggio: il coraggio di una donna di affrontare sempre le sue scelte e le loro conseguenze; il coraggio di vivere un amore, il vero amore, in clandestinità, con la guerra come nemico principale; il coraggio di farsi scivolare addosso le maldicenze, le accuse, e di affrontare tutto a testa alta. Maria è tutto questo, è donna sensuale, madre attenta, moglie ferma e decisa, padrona di casa accorta, mente in grado di discostarsi dalle idee altrui e di esprimere fermamente il proprio pensiero. Simonetta Agnello Hornby ha tracciato con maestria ed eleganza il ritratto luminoso di una donna e di una terra meravigliose, strazianti e memorabili e ne ha fatto un romanzo imbevuto di dirompente sensualità, bello, prezioso ed estremamente gradevole. Lettura assolutamente consigliata!

 

Opera recensita: “caffè amaro” di Simonetta Agnello Hornby

Editore: Feltrinelli, 2016

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Sicilia-Libia-Italia

Pagine: 352

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 23 marzo 2017

RECENSIONE: PAULINE REAGE - HISTOIRE D'O


Sinossi:

Condotta al castello di Roissy dal suo amante, O è sottoposta a un duro addestramento come schiava sessuale. Posseduta e seviziata, obbligata a soddisfare

più uomini, viene istruita a colpi di frusta fino a quando, trasformata in una schiava perfetta, viene consegnata a Sir Stephen. Con lui conoscerà nuove

vette di dolore, brutalità e amore. Un insuperato, scandaloso classico della letteratura erotica di tutti i tempi.

 

Commento:

Cominciamo subito col dire che questo non è assolutamente un libro per tutti. Non è adatto ai moralisti, né ai ben pensanti, né alle femministe convinte. E’ un libro da prendere così com’è, anche se spesso non si sarà d’accordo con le “scelte” della protagonista.

La storia è quella di O, una giovane e bella ragazza francese che viene introdotta dal suo amante, Réné, in un percorso sadomasochista che la porterà a diventare una schiava sessuale. O passa attraverso vari stadi di degradazione che la portano ad annientarsi totalmente, a non appartenere più a se stessa, ma ad altri. All’umiliazione, all’annientamento, al dolore corrisponde, però, una crescita pari del piacere: all’inizio O accetta tutto quello che le viene proposto (o imposto) per compiacere il suo amante, perché lo ama ed ha bisogno del suo amore. Riconosce, tuttavia, che al di là del dolore fisico, lei prova piacere nel sottomettersi alla volontà altrui. Il problema si pone quando qualcuno (Sir Stephen) le chiederà il consenso volontario per oltrepassare il limite della degradazione. Era quasi comodo che fossero altri ad imporre, a decidere… ma O supererà questo limite e, oltre alla soglia del dolore varcherà anche quella dell’estasi, del piacere.

Leggere questo libro non è facile… sulle note di copertina si afferma che l’erotismo è trattato senza la minima oscenità… io più volte mi sono chiesta, durante la lettura, cosa significa, allora, il termine “oscenità” perché la crudeltà, la forza di certe scene descritte in queste pagine può essere difficile da sopportare. Il trucco, se di trucco si può parlare, è (a mio parere) di astrarsi dalla lettura, di smettere i panni ed i pensieri di una donna moderna, indipendente, che vuole disporre di sé e che lotta per la propria femminilità, e di provare a pensare come O, provare a capire O… è difficile, ma è l’unico modo per apprezzare questo romanzo. A me, per inciso, è piaciuto nonostante la sua crudezza. Per leggerlo, però, è necessario non usare i parametri di giudizio comuni: lasciate perdere la morale e provate a lasciarvi rapire dalle pagine. Ultima raccomandazione: se non siete lettori abituali di letteratura erotica, questo non è il romanzo giusto per cominciare. Se non vi attrae il genere, non è questo il romanzo che vi farà cambiare idea. Ed alle femministe convinte ricordo che questo libro è stato scritto da una donna nel 1954 per dimostrare al suo editore che anche una donna è in grado di scrivere un romanzo erotico di successo… a giudicare dal fatto che oggi siamo ancora qui a leggerlo e che è un classico insuperato della letteratura del genere, direi che aveva ragione. Detto questo… buona lettura a chi lo leggerà!

 

Opera recensita: “Histoire d’O” di Pauline Réage

Editore: Bompiani, prima ed. originale 1954; prima ed. italiana 1971

Genere: letteratura erotica

Ambientazione: Francia

Pagine: 236

Prezzo: 12,00 €

Consigliato: sì (se appassionati del genere).

 

mercoledì 22 marzo 2017

RECENSIONE: ALESSANDRO D'AVENIA - L'ARTE DI ESSERE FRAGILI. COME LEOPARDI PUò SALVARTI LA VITA.


Sinossi:

In un dialogo intimo e travolgente con il nostro più grande poeta moderno, Alessandro D'Avenia porta a magnifico compimento l'esperienza di professore,

la passione di lettore e la sensibilità di scrittore per accompagnarci in un viaggio esistenziale sorprendente.

"Esiste un metodo per la felicità duratura? Si può imparare il faticoso mestiere di vivere giorno per giorno in modo da farne addirittura un'arte della

gioia quotidiana?" Sono domande comuni, ognuno se le sarà poste decine di volte, senza trovare risposte. Eppure la soluzione può raggiungerci, improvvisa,

grazie a qualcosa che ci accade, grazie a qualcuno. In queste pagine Alessandro D'Avenia racconta il suo metodo per la felicità e l'incontro decisivo che

glielo ha rivelato: quello con Giacomo Leopardi. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato

di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l'indifferenza e perfino la derisione

dei contemporanei. Nella sua vita e nei suoi versi, D'Avenia trova folgorazioni e provocazioni, nostalgia ed energia vitale. E ne trae lo spunto per rispondere

ai tanti e cruciali interrogativi che da molti anni si sente rivolgere da ragazzi di ogni parte d'Italia, tutti alla ricerca di se stessi e di un senso

profondo del vivere. Domande che sono poi le stesse dei personaggi leopardiani: Saffo e il pastore errante, Nerina e Silvia, Cristoforo Colombo e l'Islandese...

Domande che non hanno risposte semplici, ma che, come una bussola, se non le tacitiamo possono orientare la nostra esistenza.

 

Commento:

Alessandro D’Avenia è un professore di lettere al liceo, è uno scrittore seguito da lettori di tutte le età, ma soprattutto è un uomo di trentanove anni con un amore per la letteratura, la poesia, la bellezza. Nei suoi precedenti libri D’Avenia ha affrontato temi importanti come la malattia, la morte, la figura importantissima di Padre Pino Puglisi (suo insegnante di religione al liceo), ma la costante di tutte le sue opere è l’attenzione che dedica all’adolescenza. Anche in questo suo ultimo libro ne parla diffusamente, cercando di dare ai ragazzi (e non solo) un insegnamento: è possibile trovare la felicità, è possibile vivere la propria vita con gioia, è possibile usare gli ostacoli che troviamo sul nostro cammino come opportunità di crescita. Basta lasciarsi rapire… tutto sta in un incontro con qualcosa, con qualcuno.

Di cosa parla, in fin dei conti, questo libro? Di felicità, di bellezza, di gratitudine, di vita. Ma D’Avenia non ne parla dall’alto di una cattedra, con superiorità, in modo freddo ed aulico! Lo fa attraverso la sua esperienza personale di docente e scrittore che ogni giorno riceve le testimonianze di vita di tanti ragazzi; ma soprattutto attraverso la sua esperienza di ragazzo di diciassette anni che un giorno fu rapito dalle parole di un poeta, Leopardi, che sentiva sue. Questo rapimento gli ha salvato la vita e dura ancora oggi. Nelle lettere contenute in questo libro D’Avenia ringrazia Leopardi per tutto ciò che ha scritto, per i personaggi che ha creato e nei quali non è difficile riconoscersi. Molti considerano questo poeta come lo “sfigato”, il pessimista cosmico, ma D’Avenia ci mostra come, invece, egli fosse un “predatore di felicità”, un’anima sensibile, profonda, in grado di vedere oltre le apparenze, di descrivere con i suoi versi la bellezza, sia essa naturale o spirituale.

Ripercorrendo le opere di Leopardi noteremo come egli non sia poi così lontano da noi, da ciò che anche noi viviamo ogni giorno, dalle fasi della nostra vita… e non sarà difficile immergerci nella natura da lui così magistralmente descritta; e d’improvviso questo giovane sfigato con la gobba lo sentiremo vicino, un compagno di vita, di gioie e di sofferenze.

Con la sua collaudata maestria nell’uso delle parole, D’Avenia ci dona non solo un’immagine nuova e più vera di Leopardi, ma un’ancora per i giorni bui e per quelli luminosi, una riserva inesauribile di emozioni: la letteratura. Ma l’insegnamento più grande che si può trarre da queste pagine affascinanti è questo: per affrontare al meglio la vita bisogna lasciarsi rapire da qualcosa o da qualcuno, che sia Leopardi, il Rap, i film, lo sport, bisogna vivere le proprie passioni e condividerle con gli altri. Solo così potremo intraprendere la strada verso la felicità e fare della nostra fragilità un’arte.

A conclusione, un piccolo consiglio personale: questo libro, a mio parere, ha bisogno di almeno due letture. Come tutte le cose belle, infatti, la prima lettura si fa d’un fiato: le parole, le pagine, i concetti hanno un fascino che stordisce e dal quale non ci si può staccare. E’ necessario, però, assorbirne il senso profondo con una seconda lettura, magari più attenta, calma e ragionata. Solo così, infatti, ci si potrà soffermare con attenzione sulle citazioni leopardiane e sulla loro estrema attualità ed aderenza al testo. Detto questo, ovviamente mi sento di consigliare questo libro e di fare i miei complimenti al professor Alessandro D’Avenia che, ancora una volta, mi ha emozionata.

 

Opera recensita: “l’arte di essere fragili” di Alessandro D’Avenia

Editore: Mondadori, 2016

Genere: epistolario

Ambientazione: non definita

Pagine: 216

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì.

 

martedì 21 marzo 2017

RECENSIONE: ORHAN PAMUK - IL MUSEO DELL'INNOCENZA


Sinossi:

Entrato in un negozio per comprare una borsa alla fidanzata, Kemal Basmaci, trentenne rampollo di una famiglia altolocata di Istanbul, si imbatte in una

commessa di straordinaria bellezza: la diciottenne Füsun, sua lontana cugina. Fra i due ha ben presto inizio un rapporto anche eroticamente molto intenso.

Kemal tuttavia non si decide a lasciare Sibel, la fidanzata: per quanto di mentalità aperta e moderna, in lui sono comunque radicati i valori tradizionali

(e anche un certo opportunismo). Così si fidanza e perde tutto: sconvolta dal suo comportamento, Füsun scompare, mentre Kemal, preda di una passione che

non gli dà tregua, trascura gli affari e alla fine scioglie il fidanzamento. Quando, dopo atroci patimenti, i due amanti si ritrovano, nella vita di Füsun

tutto è cambiato. Kemal però non si dà per vinto. In assoluta castità, continua a frequentarla per otto lunghi anni, durante i quali via via raccoglie

un'infinità di oggetti che la riguardano: cagnolini di porcellana, apriscatole, righelli, orecchini... Poterli guardare, assaggiare, toccare è spesso la

sua unica fonte di conforto. E quando la sua esistenza subisce una nuova dolorosa svolta, quegli stessi oggetti confluiranno nel Museo dell'innocenza,

destinato a rendere testimonianza del suo amore per Füsun nei secoli futuri. La storia di un'incontenibile passione, ma allo stesso tempo uno sguardo ora

severo, ora ironico, ma certamente non privo di profondo affetto sulla Istanbul di quegli anni e sulla sua contraddittoria borghesia.

 

Commento:

 

Quando entra nella boutique Champs élisés per comprare una borsa per la fidanzata Sibel, nella primavera del 1975, il trentenne Kemal Basmaci capisce subito che nulla sarà più come prima: è stato letteralmente folgorato dalla visione di Füsun, la commessa diciottenne del negozio che, oltre ad essere una sua lontana parente quasi dimenticata, ben presto diventerà la sua amante.

Nella primavera di quegli anni Füsun e Kemal vivono momenti felici nella clandestinità di ore rubate in un appartamento pieno di vecchi ricordi d’infanzia. I due amanti sono coscenti del sentimento fortissimo ed inevitabile che stanno vivendo, ma quando Kemal si fidanza ufficialmente con Sibel, Füsun scompare dalla sua vita. Il sentimento che invade il corpo, il cuore e l’anima del giovane, però, non accenna a scomparire e ben presto si trasforma in una vera e propria ossessione, in una malattia difficile da ignorare. Quando appare chiaro che Kemal non guarirà da questo amore, la sua fidanzata Sibel rompe il fidanzamento e l’uomo, sempre più preda di atroci sofferenze che allevia solo a contatto con gli oggetti precedentemente toccati da Füsun, si chiude in un inesorabile e degradante isolamento. Quando finalmente ritrova la sua amata e si propone di chiedere la sua mano, però, scopre che la ragazza nel frattempo ha dovuto sposarsi. Invece di allontanarsi da lei, Kemal, al quale basta anche solo vederla per stare meglio, instaura un’assidua frequentazione con la sua famiglia e la sua casa, che durerà ben otto anni. Quando, dopo tanta paziente e costante attesa, le cose sembrano finalmente andare per il verso desiderato, la vita di Kemal e Füsun subisce un’ultima, definitiva scossa ed i due non riusciranno a conservare la felicità tanto agognata che stavano cercando di costruirsi. Kemal, però, non si rassegna e, se non potrà più avere la sua Füsun, vuole che tutti possano conoscere la loro storia, che tutti vivano il suo amore per Füsun, gli oggetti della quotidianità, le locandine dei film, le foto delle strade in cui sono stati. Così crea il museo dell’innocenza e commissiona ad Orhan Pamuk la scrittura di un romanzo, di questo romanzo.

Pamuk scrive la storia di Kemal in prima persona, come se fosse proprio il protagonista a parlare, e lo fa in modo assolutamente realistico e partecipato. La terza protagonista di questa storia, oltre ai due innamorati, è poi la meravigliosa città di Istanbul che ha un ruolo fondamentale nella vita di Kemal, Füsun e gli altri personaggi, una città in bilico fra tradizione e modernità, in cui le contraddizioni fra oriente ed occidente sono vive e pregnanti nella vita di ognuno. Istanbul, con il suo fascino e la sua storia, è lo sfondo perfetto per un amore profondo, travagliato, struggente ed appassionato come quello vissuto da Kemal.

Le sensazioni che emergono da questo libro sono diverse ed anch’esse contraddittorie: troviamo fascino per le descrizioni di Istanbul e della vita in questa città; troviamo apatia, noia ed a tratti strazio per i tanti (troppi) momenti di attesa ed imbarazzo vissuti da Kemal negli otto anni di frequentazione della casa di Füsun; troviamo la sofferenza autentica vissuta da quest’uomo innamorato e combattuto fra la felicità e la colpa. Tutto questo in un racconto dettagliatissimo di trentaquattro anni di vita, attraverso i quali Kemal ci guida raccontandoci i momenti salienti ma anche quelli più comuni, ordinari o apparentemente insignificanti, con estrema venerazione di Füsun, del suo amore per lei e persino della sua sofferenza, talvolta sfiorando anche il ridicolo, l’umiliazione, la pedanteria.

Leggere questo libro per me è stata un’esperienza lunga ed estenuante. Non posso assolutamente dire che non mi sia piaciuto, non direi la verità… ma ho vissuto ogni pagina di questo romanzo sin troppo intensamente, interiorizzando e talvolta portando all’estremo le sensazioni che ne sgorgavano: ho provato dentro di me gran parte delle sensazioni descritte dal protagonista, la sofferenza, l’apatia, la pena per le umiliazioni… perciò lo consiglio, anche se credo che non lo rileggerò più, anche perché arrivare alla fine è stato oltremodo sfiancante, vista la quantità di emozioni scatenate. Però un pregio che devo riconoscere a questo romanzo è quello di avermi fatto amare ancora di più una città che mi affascina da sempre e che vorrei tanto visitare: Istanbul, la città che nel suo nome racchiude un’esperienza di vita totalizzante.

Non avevo mai letto nulla di Pamuk, ma ora anch’io riconosco l’amore che quest’autore nutre per la sua città, del quale avevo letto e che gli è valso un premio Nobel. Credo che, nonostante l’esperienza traumatica di questo bel libro, io e quest’autore ci rincontreremo… a voi non posso che augurare buona lettura.

 

Opera recensita: “Il museo dell’innocenza” di Orhan Pamuk

Editore: Einaudi, 2009

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Istanbul-Turchia

Pagine: 585

Prezzo: 24,00 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 17 marzo 2017

RECENSIONE: ANNA ERELLE - NELLA TESTA DI UNA JIHADISTA


Sinossi:

Giovane reporter francese, Anna Erelle, ha indagato a fondo la «propaganda digitale» dello Stato Islamico e i metodi di reclutamento utilizzati dai jihadisti

su Internet, la cosiddetta «Jihad 2.0». Nel corso delle sue ricerche è venuta in contatto con decine di giovani europee «reclutate» sui social network

e dichiaratesi pronte a partire per la Siria. Per comprendere meglio il fenomeno e realizzare un reportage ha creato l'identità fittizia di «Mélodie».

Dalla pubblicazione del suo testo Anna Erelle ha ricevuto diverse minacce. Vive sotto scorta e sotto falsa identità.

 

Il testo della fatwa lanciata contro «Mélodie»

Fratelli del mondo intero, lancio la fatwa contro questo essere impuro che si è preso gioco dell’Onnipotente. Se la vedete, ovunque siate, rispettate le

leggi islamiche e uccidetela. A condizione che la sua morte sia lenta e dolorosa. Chi si fa beffe dell’Islam ne pagherà le conseguenze col sangue. Essa

è più impura di un cane, violentatela, lapidatela, finitela. Inshallah.

 

Commento:

Questo libro mi attirava già da tempo; oggi ho cominciato a leggerlo e ne sono rimasta a dir poco sconvolta. Non è un capolavoro della letteratura, ma è una storia vera, sorprendentemente, assurdamente, completamente vera e raccontata in prima persona da chi l’ha vissuta.

Anna Erelle è (o forse dovrei dire “era”) una reporter che da anni si occupa di Isis, terrorismo islamico e che per via del suo lavoro ha molti contatti con simpatizzanti ed estremisti. Ma In particolare Anna si trova spesso a contatto con le famiglie di ragazze europee che all’improvviso mollano tutto e partono per la Siria per combattere gli infedeli, spesso facendo perdere totalmente le loro tracce. Il fenomeno è in crescita e la giornalista vorrebbe andare al di là della normale inchiesta che, sebbene ricca, documentata e ben scritta, non smuove nulla, non aiuta a capire. Anna vorrebbe sapere come queste ragazze vengono convinte, cosa le spinge, come funziona il reclutamento, come si arriva al viaggio… l’occasione le si offre quando, dal falso profilo face book a nome di Mélodie creato tempo prima per lavoro, guarda e condivide il video di uno jihadista armato fino ai denti in una macchina di lusso piena di armi e gadget vari. Il combattente, vedendo la sua condivisione, la contatta, la tempesta di domande e, così, dal nulla Anna si ritrova fra le mani un’inchiesta che potrebbe diventare una bomba e che, comunque, la interessa molto. Così inventa un “travestimento”, una nuova identità che corrisponda al nome di Mélodie e comincia a sentirsi assiduamente con Abu Bilel, un pericoloso jihadista al vertice dell’organizzazione Isis. L’uomo (o l’assassino, come lo definisce Anna) dopo nemmeno una settimana dal primo contatto chiede a Mélodie di sposarlo, di lasciare tutto e di raggiungerlo in Siria, le prospetta una vita da paradiso terrestre, le assicura che potrà disporre di tutte le comodità e che potrà combattere o dedicarsi a compiti nobili come la visita ai feriti e così via. Bilel arriva persino ad innamorarsi sul serio di Mélodie, a premere perché parta e intanto rivela informazioni importanti sull’organizzazione, sui piani, sulle attività. Perciò, quando alla fine si scoprirà che Mélodie non esiste la vita di Anna Erelle cambierà definitivamente: ora vive sotto falsa identità, non può scrivere di terrorismo ed una Fatwa pende come una spada di Damocle sulla sua testa. La Fatwa, una sorta di sentenza di morte, è stata lanciata su di lei da Bilel, che contrariamente a quanto dicano le fonti ufficiali, sarebbe ancora vivo. Il testo della Fatwa, riportato nella quarta di copertina, è quanto di più aberrante, agghiacciante e lontano dalla civiltà possa essere pensato da un uomo, tanto più che è proferito in nome di Dio, in osservanza di una legge religiosa.

Il libro, in cui Anna Erelle ci racconta questa storia incredibile ma vera con dovizia di particolari è una testimonianza fortissima di quanto accade in Siria ad opera dell’Isis, dell’opera di reclutamento compiuta dall’organizzazione sui giovani europei e della mentalità che sta dietro a tanta barbarie. Personalmente l’ho trovato sconvolgente e bellissimo nella sua assurdità, perciò ne consiglio la lettura perché, soprattutto in certe situazioni,  conoscere è un dovere di tutti, prima che un diritto.

 

Opera recensita: “nella testa di una jihadista” di Anna Erelle

Editore: tre 60

Genere: attualità

Ambientazione: Francia, Siria, Paesi Bassi

Pagine: 255

Prezzo: 14,00 €

Consigliato: assolutamente sì.

 

giovedì 16 marzo 2017

RECENSIONE: FRANZ KAFKA - IL PROCESSO


Sinossi:

Josef K. condannato a morte per una colpa inesistente è vittima del suo tempo. Sostiene interrogatori, cerca avvocati e testimoni soltanto per riuscire

a giustificare il suo delitto di "esistere". Ma come sempre avviene nella prosa di Kafka, la concretezza incisiva delle situazioni produce, su personaggi

assolutamente astratti, il dispiegarsi di una tragedia di portata cosmica. E allora tribunale è il mondo stesso, tutto quello che esiste al di fuori di

Josef K. è processo: non resta che attendere l'esecuzione di una condanna da altri pronunciata.

 

Commento:

Il procuratore bancario Joseph K, uomo stimato ed integerrimo, una mattina, al suo risveglio, si ritrova arrestato da due guardie che lo conducono da un ispettore. Ha così inizio uno dei più noti capolavori della letteratura mondiale: “Il processo” di Franz Kafka, libro incompiuto e pubblicato postumo da un amico dell’autore.

“Il processo” racconta la storia di Joseph K, un uomo processato per motivi ignoti da un sistema giudiziario onnipresente, che funziona secondo regole proprie interne ed inesorabili che passano per la corruzione, i sotterfugi, le amicizie influenti. Tutto nel sistema giudiziario è oscuro, grigio, quasi incomprensibile alla mente lucida e razionale di K, che tuttavia non si arrende e cerca in ogni modo di perorare la sua causa, anche chiedendo aiuto ai personaggi più strampalati ed equivoci che abbiano contatti con il tribunale. Siamo così al cospetto di pittori giudiziari, bastonatori, cappellani delle carceri, usceri, avvocati Azzecca Garbugli e chi più ne ha più ne metta, in un bailamme che accresce il senso di angoscia e confusione di cui è pervaso il romanzo. Questa confusione crescente rappresenta, poi, la progressiva perdita di lucidità del protagonista, che per la verità già dall’inizio manifesta segni di contraddittorietà fra pensiero ed azione: K emerge come una figura instabile, mutevole, non in grado di mantenere uno solo dei suoi proponimenti. Il tutto è emblematicamente rappresentato dal suo controverso rapporto con le donne che ora venera, ora scaccia con ira e distacco.

La storia, poi, presenta un evidente paradosso: ad ogni pagina si parla del “processo”, tutti ne sono a conoscenza, ma nessuno, neppure l’imputato, ne conoscerà mai i motivi. Eppure ad un certo punto dell’opera appare chiaro che K sarà irrimediabilmente condannato, nonostante i mille aiuti o stratagemmi che cerca di porre in essere per salvarsi. Il finale, poi, assume una dimensione quasi onirica: data la presenza di numerosi capitoli incompiuti, esso risulta quasi staccato dalla storia e si ha come l’impressione che K stia sognando la fine della sua storia… ma purtroppo non si tratta di un sogno.

“Il processo” non è un libro facile: all’inizio sembra scorrere tranquillamente, ma con il procedere della storia lo stile, di paripasso con la trama confusa, si fa sempre più ingarbugliato. Seguire il filo della trama è complesso, inoltre, per la presenza di numerosissimi personaggi-comparse, non sufficientemente caratterizzati per essere ritenuti importanti nella storia, ma comunque presenti ed, in un certo senso, “disturbanti”. Tuttavia, leggendo con attenzione, non sarà difficile trovare messaggi importanti sulla giustizia, sulla corruzione, sul paradosso della ineluttabilità di certi destini assurdi… e non sarà poi così difficile adattare queste considerazioni alla nostra società.

Questo libro, nonostante la sua difficoltà, mi è piaciuto molto e sarei stata davvero curiosa di leggerlo compiuto: mi oltre alla curiosità di conoscere altri dettagli sulla storia di K, mi sarebbe piaciuto capire quanto dell’estrema confusione presente nella storia è dovuto alla stesura non definitiva del manoscritto e quanto, invece, è voluto dall’autore. Ma, se penso che Kafka avrebbe voluto che questo manoscritto fosse distrutto, beh… meglio leggere questo romanzo incompiuto che non leggere nulla!

 

Opera recensita: “Il processo” di Franz Kafka

Editore: vari, prima ed. originale 1925

Genere: classico, narrativa straniera

Ambientazione: indefinita

Prezzo: 8,50 €

Consigliato: sì.

 

martedì 7 marzo 2017

RECENSIONE: J. K. ROWLING - IL SEGGIO VACANTE


Sinossi:

A chi la visitasse per la prima volta, Pagford apparirebbe come un'idilliaca cittadina inglese. Un gioiello incastonato tra verdi colline, con un'antica

abbazia, una piazza lastricata di ciottoli, case eleganti e prati ordinatamente falciati. Ma sotto lo smalto perfetto di questo villaggio di provincia

si nascondono ipocrisia, rancori e tradimenti. Tutti a Pagford, dietro le tende ben tirate delle loro case, sembrano aver intrapreso una guerra personale

e universale: figli contro genitori, mogli contro mariti, benestanti contro emarginati. La morte di Barry Fairbrother, il consigliere più amato e odiato

della città, porta alla luce il vero cuore di Pagford e dei suoi abitanti: la lotta per il suo posto all'interno dell'amministrazione locale è un terremoto

che sbriciola le fondamenta, che rimescola divisioni e alleanze. Eppure, dalla crisi totale, dalla distruzione di certezze e valori, ecco emergere una

verità spiazzante, ironica, purificatrice: che la vita è imprevedibile e spietata, e affrontarla con coraggio è l'unico modo per non farsi travolgere,

oltre che dalle sue tragedie, anche dal ridicolo. J.K. Rowling firma un romanzo sulla società contemporanea, una commedia sulla nozione di impegno e responsabilità.

In questo libro di conflitti generazionali e riscatti le trame si intrecciano e i personaggi rimangono impressi come un marchio a fuoco. Pagford, con tutte

le sue contraddizioni e le sue bassezze, è una realtà così vicina da non lasciare indifferenti.

 

Commento:

Adoro J. K. Rowling, sia come madrina della stupenda saga di Harry Potter, sia come giallista nella serie dell’investigatore Cormoran Strike. Ma, come si suol dire, non tutte le ciambelle riescono col buco! E’ il caso di questo “Il seggio vacante”, il suo primo libro non legato ad Harry Potter, che personalmente ho trovato di una noia mortale.

Si racconta, con estrema prolissità e dovizia di particolari, la vita di una piccola cittadina inglese sconvolta dalla morte improvvisa di un popolare e ben voluto consigliere locale, dovuta ad un ictus. Fra chi piange il defunto e chi si contende il suo posto al consiglio, la cittadina elabora a suo modo il lutto e torna pian piano a dedicarsi ai suoi problemi quotidiani, quartieri in degrado, famiglie disagiate, famiglie altolocate con interessi da salvaguardare, amori giovanili, violenza, droga… il tutto accuratamente nascosto sotto il velo dell’ipocrisia e del perbenismo. Ma la morte del consigliere appassionato di canottaggio e sinceramente interessato alla povera gente, sconvolge gli schemi e solleva il coperchio del vaso di Pandora. Il fantasma di Barry Fairbrother non smette di togliere il sonno ai più illustri notabili della cittadina. Dopo tutta quest’ipocrisia accumulata e sedimentata, però, la deflagrazione è assordante e, purtroppo, mieterà delle vittime fra i più deboli e disagiati.

Ora, l’idea della Rowling di raccontare le beghe, gli altarini, i sotterfugi di una cittadina come tante, secondo me era ottima. Il problema è che l’intero libro, di ben 553 pagine, è decisamente troppo lungo, piatto e di una lentezza esasperante. Le descrizioni sono minuziose, i  personaggi sono molto ben caratterizzati e realistici, la Rowling non ha mai peccato in questo, ma si fa fatica a provare empatia ed ad immedesimarsi a pieno nelle loro storie, sebbene spesso somiglino a quelle che ogni giorno riguardano la sostra cittadina, il paesello, la società in genere.

In definitiva, una buona idea realizzata male, un’occasione sprecata. Ho avuto l’impressione, confermata nel finale, che la Rowling abbia voluto strafare ed il risultato non è né carne né pesce: cos’è questo libro? Un saggio? Un noir? Un romanzo? Io non sono riuscita ad inquadrarlo; ad ogni modo, anche se a malincuore, non mi sento di consigliarlo.

Opera recensita: “Il seggio vacante” di J. K. Rowling

Editore: Salani, 2012

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 553

Prezzo: 22,00 €

Consigliato: no.

 

sabato 4 marzo 2017

RECENSIONE: WARIS DIRIE - FIORE DEL DESERTO


Sinossi:

Quella di Waris Dirie è una testimonianza straordinaria. La sua vita, ricca di momenti dolorosi ma anche di grandi felicità e successi, insieme avventurosa

ed esemplare, l’ha portata dai deserti africani all’esclusivo mondo delle top model.

È nata in un villaggio della Somalia, ma nessuno, nella sua famiglia di nomadi con dodici figli, annotò la data della sua nascita. Quando aveva più o meno

cinque anni, suo padre decise che era giunto il tempo di infibularla: le pagine in cui Waris ricorda oggi quella mutilazione atroce sono assolutamente

strazianti. Appena tredicenne suo padre la vendette per cinque cammelli a un uomo di sessant’anni. Waris non accettò quel destino, fuggì da una zia a Mogadiscio,

e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, come cameriera, a lavorare 18 ore al giorno 7 giorni su 7. Sempre meglio di quello che l’aspettava

in patria, pensava. Così, quando lo zio, concluso il suo mandato, fu richiamato in Somalia, decise di restare in Inghilterra. Sola, iniziò a guadagnarsi

da vivere lavando i pavimenti da McDonald’s. Analfabeta, si iscrisse a una scuola serale.

Finché un giorno un fotografo la convinse a posare. All’improvviso, come nelle favole, il suo destino cambiò. Iniziò una fortunatissima carriera di fotomodella

che la portò sul Calendario Pirelli e nelle campagne pubblicitarie della Revlon. Ma nonostante il successo ottenuto Waris Dirie non ha mai dimenticato

le sofferenze che ha patito, e quelle che hanno patito e patiscono milioni di donne in tutto il mondo. Con grande coraggio ha raccontato la propria storia,

il suo segreto più intimo, in un’intervista da cui è iniziata la battaglia che sta combattendo ancora oggi con fortissimo impegno in difesa di tutte le

donne che hanno vissuto e vivranno la sua esperienza. Oggi Waris Dirie è il portavoce ufficiale di Face to Face, la campagna dell’ONU contro le mutilazioni

genitali femminili. Nel 2002 ha creato la fondazione che oggi si chiama Desert Flower Foundation.

 

Commento:

Una storia di un’umanità straordinaria, quella raccontata in queste pagine, direttamente dalla protagonista: è la storia di Waris Dirie, la nomade somala che diventò modella e poi ambasciatrice ONU.

Waris nacque in una tribù nomade, nel bel mezzo del deserto somalo; a 5 anni subì l’infibulazione; a 13 si oppose ad un matrimonio combinato con un sessantenne e fuggì nel deserto in direzione Mogadisho. Da qui fu a Londra, dove dapprima lavorò per uno zio ambasciatore e poi, dopo una lunga gavetta, divenne una fotomodella molto richiesta ed apprezzata. Fra alti e bassi la sua vita proseguì finchè non incontrò Dana, l’uomo della sua vita e, poco dopo, divenne madre. Ma Waris non ha mai potuto scordare il marchio che le fu impresso da bambina: i problemi anche fisici causati dalla sua femminilità mutilata irreparabilmente erano sempre lì a ricordarglielo, se mai ce ne fosse stato bisogno. Con la tenacia ed il coraggio che hanno segnato tutta la sua vita, Waris si è messa a nudo raccontando il suo segreto più intimo al mondo, perché tutti sapessero cosa devono subire milioni di donne africane private di una parte fondamentale del loro corpo. E’ diventata ambasciatrice Onu e da anni combatte a viso aperto contro le mutilazioni genitali femminili, una pratica ancora troppo diffusa in molti Stati africani, dovuta all’ignoranza di uomini senza scrupoli, ad una cultura della tradizione molto radicata e ad una sottomissione delle donne africane che non possono ribellarsi a tanto dolore.

Con estrema schiettezza, sincerità e semplicità, Waris ci racconta i dettagli della sua vita travagliata, dall’infanzia a contatto con la natura e con gli elementi, all’adolescenza a Londra, al legame con la famiglia, alla carriera da modella. Waris non si risparmia nel racconto, perché vuole che tutti sappiano cos’ha subito, lei come tante donne africane. Così ci lascia una testimonianza fortissima ed intensissima, di quelle che non lasciano indifferenti. Un libro che si fa leggere velocemente, perché racconta la storia di una donna, una come tante, ma anche un po’ speciale.

 

Opera recensita: “fiore del deserto” di Waris Dirie

Editore: Garzanti

Genere: autobiografia

Ambientazione: Somalia, Londra, Stati Uniti

Pagine: 320

Prezzo: 9,90 €

Consigliato: sì.