Sinossi:
Una favola ambientata in tempi recenti, la storia di un
amore paterno che diventa la parabola di un popolo. Un ex soldato
rivoluzionario che ha lottato
per l’indipendenza dei curdi in Iraq torna libero dopo
ventun anni trascorsi in una prigione nel deserto. Muzafari Subhdam è ormai
estraneo alle cose del
mondo, ma c’è ancora uno scopo che lo sprona ad affrontare
il presente e un Paese divenuto irriconoscibile: ritrovare il figlio che ha
dovuto abbandonare
ancora in fasce. Su una barca che lo porta in Europa insieme
ad altri profughi, Muzafari racconta la sua incredibile vicenda personale, che
rispecchia
quelle di un’intera generazione perduta tra gli orrori della
guerra.
Commento:
Beh, questa è una delle rare volte in cui proprio non ho
voglia di dilungarmi nel descrivere un libro. E pensare che, a giudicare dalla
trama, questo libro prometteva davvero bene! A fine lettura mi dispiace dire
che mi ha veramente deluso ed ho fatto fatica a finirlo; non voglio neanche
dire che non mi sia piaciuto, perché proprio non l’ho capito!
E’ certamente una storia che parla di guerra, di segreti, di
rivoluzione – all’origine dei guai di tutti i personaggi e del loro Paese -, ma
si fa fatica a distinguere quando si sta leggendo di fatti reali e quando
invece la realtà lascia il posto alla fiaba, alla spiritualità, ai ricordi di
un uomo provato dalla prigionia e dalle disgrazie della sua sorte. Tutto è
troppo mischiato, confuso, surreale… peccato, perché la scrittura di Bachtyar
Ali sarebbe anche in grado di evocare immagini e sensazioni, se le stesse non
venissero affogate dalla trama farraginosa.
Peccato, davvero, perché quest’autore avrebbe potuto
emozionarci, coinvolgerci, arricchirci e invece ha perso, a mio parere, un’ottima
occasione per raccontarci il suo Paese e la storia della sua gente. No, non lo
consiglio.
Opera recensita: “L’ultimo melograno” di Bachtyar Ali
Editore: Chiarelettere, 2018
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Curdistan
Pagine: 272
Prezzo: 16,90 €
Consigliato: no
Voto personale: 5.
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