Sinossi:
Figura faro
della letteratura egiziana, nata nel 1931 in un piccolo villaggio sul delta del
Nilo, Nawal al-Sa‘dawi ha la mente affilata come una spada. E con quest’arma,
l’arma dell’intelligenza e della scrittura, ha combattuto fin dall’infanzia una
battaglia contro l’emarginazione sociale, contro il sistema politico, contro il
pensiero retrogrado e contro le indicibili violenze perpetrate contro le donne.
Nel suo Memorie di una donna medico,
pubblicato nel 1958 e tradotto in America alla fine degli anni Ottanta, si
chiede: “Perché da piccola ero triste all’idea di non poter volare come le
colombe e non sopportavo quelle perdite di sangue che sporcavano le donne ogni
trenta giorni?”. Così cominciò prestissimo la sua lotta contro gli ingranaggi
che le stavano divorando i primi anni di vita: dal non poter fare i giochi dei
maschi al dover indossare un abito bianco per un forzato fidanzamento… che
Nawal al-Sa‘dawi rifiuta con forza. Fugge via! Fugge dall’autorità paterna e
materna, dai vincoli famigliari, dagli affetti che possono rivelarsi una
prigione, si taglia i capelli cortissimi, si chiude nel suo mondo di libri e di
solitudine, si laurea brillantemente in medicina e diventa un medico di
successo. Bellissime le pagine che descrivono il suo contatto con la malattia e
con la morte, che tocca con mano eseguendo autopsie, che tocca con l’anima
compartecipando alla sofferenza altrui. Con sguardo costantemente critico Nawal
al-Sa‘dawi ci conduce nella sua straordinaria biografia, che è quella di una
donna dolce e forte, compatta e lacerata a un tempo, fino al momento in cui
anche per lei, così apparentemente cinica e distante, arriverà l’amore. Tuttora
considerata una delle opere fondamentali del pensiero femminista arabo, Memorie
di una donna medico affronta temi e questioni che sono ancora pericolosamente
attuali.
Commento:
Ho aperto questo libro
senza sapere assolutamente cosa aspettarmi: non conoscevo la trama, non sapevo
nulla dell'autrice (mea maxima culpa), avevo letto qualche frammento qua e là
quando uscì la traduzione italiana ormai quasi un anno fa. Poi oggi avevo voglia
di un libro breve che parlasse di donne, così l'ho ripescato dal mio iPad delle
meraviglie ed aprendolo mi sono imbattuta in questo incipit:
" Sono entrata
in conflitto con la mia femminilità molto presto, prima ancora di diventare una
donna, prima ancora di scoprire qualcosa su di me, sul mio sesso e sulle mie
origini; quando ancora non conoscevo il nome della cavità che mi aveva
contenuta prima che fossi espulsa in questo immenso mondo. Allora sapevo
soltanto che ero una bambina, come mia madre ripeteva tutto il santo giorno. E
la parola “bambina” per me significava una sola cosa: che non ero un bambino,
non ero come mio fratello". Inutile dire che non mi sono più staccata
dalle pagine: la storia di Nawal – sì, perché questa è un'autobiografia – mi ha
conquistata, avvinta, stregata. Ma più della sua forza, della sicurezza, della
capacità di mettersi in discussione e di continuare a cercare la propria personalissima
dimensione senza arrendersi, ciò che mi ha letteralmente soggiogata è il suo
modo di scrivere. Lo so, questa è – sebbene ottima – pur sempre una traduzione,
ma l'energia che sgorga da queste pagine, di più, da queste parole è qualcosa
che trascende la lingua, è una scossa elettrica in grado di smuovere qualunque
animo dormiente o intorpidito. Viene voglia, leggendo la vita e le battaglie personali,
familiari, sociali, sentimentali di Nawal, di intraprendere le proprie. Viene
voglia di muoversi, di fare, di riappropriarsi della propria vita, di
esercitare la potenza della propria volontà, esattamente come fa lei. Sin da
bambina, Nawal ha lottato contro la repressione della personalità, contro la
considerazione della donna come essere diverso dall'uomo, succube, remissiva,
una pupa da venerare e poi usare per il matrimonio e la procreazione. Ha
lottato, Nawal, con l'intelligenza, la caparbietà, la bravura, la
professionalità ed è diventata un medico di successo. Non le è bastato, ha
voluto continuare a cercare, a cercarsi dentro e laffuori, nel mondo; ha
continuato instancabilmente a voler saziare la fame di desiderio, femminilità
sopita, amore, equilibrio, serenità che le ardeva dentro, finché non ci è
riuscita. Anche lei ha trovato l'oasi e nel farlo ha fatto venire voglia a
tutte noi di cercarla. Un libro scritto nel 1958 che non smette, per molti
versi, di essere attuale, e non importa che l'autrice sia egiziana: molti dei
soprusi da lei raccontati - sebbene in modo diverso – vengono ancora subiti da
molte donne di oggi. Consigliare questo libro per me è un obbligo, per voi
leggerlo sarà un regalo a voi stessi.
Opera recensita:
"Memorie di una donna medico" di Nawal Saadawi
Editore: Fandango, ed.
originale 1958, ed. italiana 2019
Genere: autobiografia
Ambientazione: Egitto
Pagine: 106
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10.
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