Sinossi:
Yasunari Kawabata nelle sue opere ha profondamente indagato
il tema della solitudine. Anche in questo romanzo, il destino delle due sorelle
Chieko e Naeko è diviso senza rimedio. Kieko, abbandonata dai genitori, viene
adottata da un ricco mercante di Kyoto, mentre Naeko, dopo la morte del padre,
lavora nei boschi come operaia. Le due ragazze s'incontrano, si sentono
attratte l'una verso l'altra, sognano di vivere insieme, ma la diversità
d'educazione e di stato sociale, il probabile matrimonio che attende Chieko
rendono impossibile questo sogno di riunione fraterna, di solidarietà e di
affetto. L'analisi sottile e delicatissima dei sentimenti, suggeriti più che
espressi, il gusto raffinato della natura e del paesaggio intesi come opera
d'arte, lo sfondo suggestivo di Kyoto, la città dei santuari, danno a questo
libro - pur così moderno - il fascino prezioso, della tradizione artistica e letteraria
giapponese.
Commento:
Gli autori giapponesi, sembra lapalissiano, non sono tutti
uguali. Vi sono autori più occidentalizzati, cmoderni, come Muracami o Banana
Yoshimoto; poi vi sono autori più tradizionali, legati ad un modello di
letteratura caratteristico, come Mishima o Tanizaki; poi ci sono autori unici, appartenenti
ad una categoria a parte, come Kawabata. Yasunari Kawabata racchiude in sé due
caratteristiche – due anime – che lo rendono inimitabile: è elegante e radicale.
Elegante per la levità della scrittura, per la raffinatezza delle immagini e
suggestioni che crea con le parole, per la capacità di rendere sapientemente
leggere e profonde le sue storie; radicale perché non vuole catturare consensi,
non scrive per piacere agli altri, non vuole farsi capire, non svende la sua
cultura e la tipicità delle sue tradizioni in favore della comprensibilità dei
suoi scritti a chi è estraneo al suo mondo. Va preso così, se si vuole capire
di più si deve fare lo sforzo di approfondire, leggere ancora, andare oltre la
parola scritta ed addentrarsi nel suo mondo. Tutto questo rende la sua prosa
sublime. E proprio questo è l'aggettivo che attribuirei a Koto: sublime. È sublime
perché concentra in poche pagine l'essenza di una cultura e l'unicità del suo
autore. Non vale la pena di soffermarsi troppo sulla trama, giacché lo stesso
Kawabata ha voluto riservarle un posto secondario: le protagoniste della storia
infatti non sono – come si potrebbe pensare – le gemelle separate Kieko e
Naeko, la protagonista vera è la natura. Una natura lussureggiante, umorale,
personificata quasi nella sua presenza costante; una natura che influenza gli
uomini e le donne di Kyoto nella loro vita, umori, decisioni. C'è, in Koto, una
compenetrazione tra uomo e natura che raggiunge livelli probabilmente mai
letti: non c'è prevalenza dell'una sull'altro, ma equilibrio sottile, forte,
persistente. I ciliegi, i cedri, i monti, il nevischio, le stagioni, sono per i
personaggi parte rilevante della loro vita e delle loro giornate.
Koto è un breve romanzo che consiglierei a tutti coloro che
vogliano conoscere di più Kawabata e la cultura giapponese, ma soprattutto che
anelino perdersi in una dimensione parallela di calma, pace e leggerezza.
Opera recensita: "Koto" di Yasunari Kawabata
Editore: Rizzoli, prima ed. 1962
Genere: narrativa giapponese
Pagine: 155
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.
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