Sinossi:
Nel 1992 Angela, giovane ricercatrice
italiana, sbarca sull'isola di Leros. È pronta a prendersi cura, come i suoi
colleghi di ogni parte d'Europa, e come i medici e gli infermieri dell'isola,
del perdurante orrore, da pochi anni rivelato al mondo dalla stampa britannica,
del «colpevole segreto d'Europa»: un'isolamanicomio dove a suo tempo un regime
dittatoriale aveva deportato gli oppositori politici di tutta la Grecia,
facendoli convivere con i malati di mente. Quelli di loro che non sono nel
frattempo morti sono ancora tutti lí, trasformati in relitti umani.
Inquietanti, incomprensibili sono i segni che accolgono la ragazza. Chi è
Basil, il Monaco, e perché è convinto di avere sepolto molto in alto «ciò che
rimane di dio?» E tra i compagni di lavoro, chi è davvero la misteriosa, tenace
Lina, che sembra avere un rapporto innato con l'isola?
Sabato 10 settembre. Leggo che dopo diverse
edizioni al maschile, quest’anno il premio Campiello è stato assegnato a una
donna, Simona Vinci, di cui non ho mai letto nulla. Leggo la trama del libro,
“la prima verità”, e scopro che mi incuriosisce, mi interessa… in fondo
quest’estate ho letto vari libri che parlano di follia, quindi perché non
aggiungerne uno alla lista?
Mercoledì 14 settembre, ho terminato la
lettura de “la prima verità” e niente è più come prima. Intendiamoci, non sono
sconvolta da ciò che ho letto, la mia vita non cambierà radicalmente dopo
queste pagine, ma questo libro mi ha lasciato dentro qualcosa che non ho ancora
elaborato, forse dei brividi nuovi, delle consapevolezze nuove, dei nuovi segni
sulla coscienza.
La prima parola che mi viene in mente per
descriverlo è “strano”… in che senso? Nel senso di inusuale, diverso dal
solito, forse inquietante. Ma non basta, la descrizione non è calzante, quindi
cerco un nuovo aggettivo: “crudo”… ecco, va già meglio. Sì, perché la storia
che nasce dalla fantasia e dalla penna di Simona Vinci è proprio così: cruda,
come la realtà, dura come la vita vera.
Tutto nasce da una fotografia di una
bambina nuda e legata da cinghie di contenzione, sul letto di un ospedale
psichiatrico dove probabilmente le era stato praticato l’elettrochoc. La
diagnosi a margine è sconvolgente: ineducabile, pericolosa per sé e per gli
altri. E l’autrice, che a sua volta è stata una bambina ineducabile, immagina
la sua vita se solo fosse nata cinque anni prima del 1970. Da qui prende le
mosse un racconto inventato, ma solo a metà: il racconto di Leros, dell’isola
lager, l’isola maledetta, l’isola dei matti.
E’ una storia poco conosciuta questa, ma
reale come le pietre, le montagne, le case, il mare di quell’isola dell’Egeo
che per decenni è stata ricovero disumano per quelli che venivano considerati
matti e luogo di confino per intellettuali e dissidenti politici durante la
dittatura dei Colonnelli, alla fine degli anni 60. E sono tanti i fantasmi che
ancora affollano quella terra, sono le anime dei dimenticati, di quelli che
sono morti eppure sono ancora lì e perseguitano chi in quell’isola ci è stato,
ritornano nei sogni. E’ questo che accade ad Angela, la protagonista di questo
racconto, giovane laureanda in giurisprudenza che dopo essere venuta a
conoscenza dello scandalo di Leros da un articolo sull’Observer, si unisce ad
un gruppo di volontari per visitare quei luoghi nell’estate del 1992. Sono
tante le storie che il suo animo indagatore e curioso scopre in quell’isola,
nel silenzio delle notti passate in una stanza segreta dell’istituto
psichiatrico, tra documenti dimenticati, pezzi di poesie, sacchetti pieni di
misteri e vite spezzate di cui nessuno ha mai voluto sapere. Ed è lì, a Leros,
che Angela torna 17 anni dopo per cercare l’occhio azzurro dell’uomo che la
segue nei sogni, e per restituirgli ciò che gli appartiene e che la crudeltà
dell’uomo gli ha sottratto per tanti anni. Ma “la prima verità” non è solo la
storia di Angela, anzi, lei è il mezzo grazie a cui scaviamo una breccia nel
muro del silenzio e dell’indifferenza e guardiamo al di là, dove ci sono i
matti, dove c’è la verità, quella che tutti vedono, ma nessuno vuole davvero
guardare.
Il libro è diviso in tre parti: nella
prima, ambientata a Leros nel 92, conosciamo Angela, Lina, Basil, la dottoressa
Dellis e l’isola di Leros dove si trova l’istituto psichiatrico e dove inizia
il viaggio a ritroso di Angela. Nella seconda parte, a mio avviso la più bella
del romanzo, conosciamo la storia di chi, a fine anni 60, in quell’isola era recluso
per motivi diversi, tutti legati all’ignoranza ed alla crudeltà più nera. Così
incontriamo Stefanos, intellettuale, poeta che ad Atene ha lasciato la moglie e
la figlia appena nata; Teresa, vittima degli abusi del fratello maggiore a causa
dei quali ha vissuto un aborto, esperienza che la sconvolgerà nel profondo; e
Nicolaos, il bambino di soli sette anni che tutti chiamano Temistocles e
credono muto. Sono le tracce delle loro vite quelle che Angela trova in quel
seminterrato dei segreti e che la portano di nuovo a Leros nel 2009.
Nella terza parte, invece, il romanzo ha un
improvviso cambio di registro e di direzione: il racconto è ora alla prima
persona singolare e si fa un po’ fatica a capire se a parlare sia Angela o la
stessa autrice. La risposta l’avremo solo alla fine, nelle ultime pagine, nelle
quali Simona Vinci, dopo averci raccontato la sua esperienza personale con la
follia ed i viaggi che ha fatto per saperne di più sul prima e dopo la legge
Basaglia, ci racconta di Leros, di Angela e di se stessa. Ci lascia, poi, con
una distaccata e lucida riflessione sulla follia dei nostri giorni, quella che
lambisce le nostre vite, le nostre case, i nostri amici, noi stessi. “La prima
verità” è un pugno nello stomaco necessario a squoterci dall’indifferenza ed a
farci finalmente voltare gli occhi sul mondo reale, su quella verità che ci
circonda e che ha un prezzo sempre più alto di quello che avremmo pensato.
Consigliato? Sì, ovviamente!
Opera recensita: “la prima verità” di
Simona Vinci
Editore: Einaudi, Stile libero big, 2016
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Leros (Grecia), Italia
Pagine: 408
Prezzo: 20 €
Consigliato: sì.
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