E’ difficile recensire i classici, ma lo è ancor di più quando
si tratta di un romanzo così controverso com’è “Lolita” e sul quale è stato
detto di tutto e di più. La mia, perciò, non è una recensione, ma un’esortazione
a leggere questo (a parer mio e di molti altri) capolavoro.
La storia narrata da Nabokov in questo libro sarà certamente
nota ai più, tuttavia, per completezza, dirò che si tratta dell’amore perverso
del professor Humbert Humbert per Lolita, ossia Dolores Haigts, una “ninfetta”
di dodici anni, di molti anni più giovane di lui. Qualcuno, in modo sin troppo
sbrigativo ed avventato, liquida questa storia come un “semplice” affair di
pedofilia: non sono d’accordo, sebbene sia innegabile che Humbert è un
pedofilo. “Lolita” narra del controverso, ma altrettanto innegabile fascino
suscitato da un giovane e (per la maggior parte dei casi) indifeso corpo
femminile esercita sull’uomo adulto e, altresì, l’arte tutta femminile della seduzione
che, in forma di gioco, talvolta può diventare sfida e malizioso, astuto opportunismo.
Tralasciamo qui qualunque giudizio morale che meriterebbe
una riflessione approfondita ed una discussione ampia ed articolata che tenga conto
del periodo storico, delle implicazioni psicologiche e patologiche dei
personaggi. Parliamo invece del romanzo, della finzione letteraria ordita da
Nabokov: che dire? Trama, in fin dei conti, semplice, arricchita da minuziose
descrizioni di luoghi e sensazioni; stile impeccabile, prosa coinvolgente e
fluida, nonostante il linguaggio spesso desueto (parliamo comunque di un
romanzo scritto più di cinquant’anni fa); l’introspezione tipica degli scrittori
russi è presente, ma invece che appesantire il romanzo, gli conferisce quell’aura
scintillante di non detto, che sta giusto dietro alle apparenze ed è, forse,
ciò che ha permesso a questo romanzo di far parlare di sé anche dopo tanto tempo.
Pregevole, poi, la capacità di Nabokov di farci parteggiare, senza alcun
dubbio, per il “colpevole”, per quel Humbert, povero e dannato Humbert, sedotto
e provocato dalla demoniaca ninfetta. Questo risultato è raggiunto non solo
attraverso una spiccata antipatia della bella e tutt’altro che spaurita fanciulla,
ma anche attraverso il tono confidenziale ed accorato con cui lo stesso Humbert
si rivolge direttamente al lettore: non dimentichiamo che queste memorie sono
state scritte dal professor Humbert nei due mesi di prigionia in attesa del
giudizio per un delitto da lui commesso. E’ lo stesso protagonista, come
afferma nelle ultime righe, a consegnare la sua storia al lettore perché Lolita,
la sua Lolita, viva nella coscienza delle generazioni future.
Non so se sono riuscita a convincere gli ultimi indecisi, ma
penso che questo libro debba essere letto ed analizzato, discusso ed anche criticato
per molti anni ancora. Stupendo!
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