Nell'estate del 1992 due esplosioni di enorme potenza
annientarono la vita di tre magistrati - Giovanni Falcone, sua moglie Francesca
Morvillo, Paolo Borsellino - e di otto giovani che li scortavano. Fu un colpo
terribile per l'Italia e per chi considerava i giudici del pool antimafia gli
eroi di una stagione di straordinario successo nella lotta a Cosa nostra. A
Giuseppe Ayala quelle esplosioni strapparono tre amici carissimi, lasciando lo
struggente ricordo di dieci anni di vita insieme e un rabbioso, mai sopito
rimpianto. Ora, a distanza da quei tragici eventi, Ayala ha deciso di
raccontare la sua verità su Falcone e Borsellino, ricordandone il fondamentale
contributo alla lotta alla mafia e le attualissime riflessioni sulla Sicilia,
Cosa nostra, la giustizia e la politica, ma anche la loro travolgente ironia,
la gioia di vivere, le passioni civili e private. La storia di quegli anni,
delle vittorie e dei fallimenti, dell'impegno di pochi e delle speranze deluse
di molti, riporta al centro dell'attenzione la tremenda capacità di
sopravvivenza della Piovra, che si nutre dei silenzi, delle complicità, delle
disattenzioni e delle colpe di una Sicilia e di un'Italia che non sono, forse,
abbastanza cambiate da allora.
Alla vigilia del ventiquattresimo anniversario della
strage di Capaci in cui persero la vita il Giudice Falcone, sua moglie
Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, vi presento questo
libro-testimonianza scritto dal giudice Ayala, loro amico e collaboratore nel
pool antimafia di Palermo. Non si tratta di una pubblicazione recentissima, il
libro è uscito nel 2007 per Mondadori, ma penso che si tratti di una lettura
imprescindibile per ciascuno di noi.
Nell’analizzare questo libro non mi sono chiesta se mi
piacesse o meno, non potevo farlo. Perché? Perché si tratta di una testimonianza
di vita vera e della vita vera non si può dire “mi piace” o “non mi piace”. Ma
c’è di più: qui siamo di fronte alla storia d’Italia, alla storia della nostra
società, del nostro tempo, narrata da chi l’ha vissuta sulla propria pelle.
Quella raccontata dal giudice Giuseppe Ayala è una
vicenda che ha riguardato lui in prima persona, ma che tocca tutti noi da
vicino; è la storia di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, dello stesso Ayala e
di tanti altri cittadini onesti che hanno servito lo Stato italiano in prima
linea, donando anni di duro lavoro perché noi tutti, non solo Palermo e la Sicilia,
potessimo vivere in una società più pulita, non inquinata dal puzzo del
marciume e della disonestà. A distanza di quasi vent’anni il giudice Ayala
scrive queste memorie e le consegna a noi perché possiamo riflettere su ciò che
è stato, imparare dai comportamenti errati e far sì che il sacrificio di tante
vite non sia stato vano. Lo so, sembrano frasi fatte, retoriche, già sentite,
ma non mi vengono in mente altre parole per descrivere ciò che mi hanno
trasmesso queste pagine. Siamo abituati a sentir parlare di Falcone e
Borsellino come di personaggi quasi mitologici, inarrivabili, lontani da noi. Ayala,
invece, ci presenta degli esseri umani in grado di ridere, di apprezzare un
buon Wisky e una bella nuotata e soprattutto di sdrammatizzare sempre, con una
battuta, anche nei momenti più duri. Falcone, Borsellino e tutte le altre
vittime della mafia non erano creature aliene, extraterrestri, ma cittadini
come noi e il loro operato deve essere esempio e guida nelle nostre scelte
quotidiane: l’abnegazione per il lavoro, il senso del dovere, la tenacia nel
perseguire un obiettivo, la coerenza nelle scelte, la capacità di ingoiare i
bocconi più amari… sono tutti valori che, con un po’ di buona volontà, tutti
possiamo fare nostri ed applicare nella vita quotidiana.
In 210 pagine il giudice Ayala ci racconta uno
spaccato significativo della Sicilia e dell’Italia del ventennio 1970-1990 e lo
fa con la passione e la competenza di chi quegli anni li ha vissuti davvero a
pieno; Ayala non si risparmia nel descrivere la situazione interna alla
magistratura siciliana e nazionale, le invidie, i giochi di potere, le mille
scorrettezze; si scaglia contro il CSM, lo Stato, la politica corrotta ed è
appassionante leggere le sue analisi puntuali e precise.
Leggendo questo libro non può non tornarmi in mente un
altro volume uscito un anno fa, “Noi, gli uomini di Falcone”, scritto dal
capitano Angiolo Pellegrini, a capo della sezione anticrimine della polizia di
Palermo proprio in quegli anni e mi viene voglia di rileggerlo per confrontare
le analisi degli stessi avvenimenti alla luce di quanto ho appena letto di Ayala.
Penso che entrambi i volumi, quello più tecnico di Pellegrini e questo più
appassionato di Ayala, gettino una luce più chiara e terrena dei fatti accaduti
a Palermo ed in Italia in quel lungo e triste periodo della nostra storia.
Opera recensita: “chi ha paura muore ogni giorno” di
Giuseppe Ayala
Editore: Mondadori 2007
Genere: saggistica/biografia
Ambientazione: Sicilia
Pagine: 210
Consigliato: sì
Consigli correlati:
Libri: A. Pellegrini, “Noi, gli uomini di Falcone”.
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