Sinossi:
Con "La rabbia e
l'orgoglio" (2001), Oriana Fallaci rompe un silenzio durato dieci anni,
dalla pubblicazione di "Insciallah", epico romanzo sulla missione
occidentale di pace nella Beirut dilaniata dallo scontro tra cristiani e
musulmani e dalle faide con Israele. Dieci anni in cui la Fallaci sceglie di
vivere ritirata nella sua casa newyorchese, come in esilio, a combattere il
cancro. Ma non smette mai di lavorare al testo narrativo dedicato alla sua
famiglia, quello che lei chiama "il-mio-bambino", pubblicato postumo
nel 2008, "Un cappello pieno di ciliege". L'undici settembre le
impone di tornare con furia alla macchina da scrivere per dar voce a quelle
idee che ha sempre coltivato nelle interviste, nei reportage, nei romanzi, ma
che ha poi "imprigionato dentro il cuore e dentro il cervello"
dicendosi "tanto-la-gente-non-vuole-ascoltare". Il risultato è un
articolo sul "Corriere della Sera" del 29 settembre 2001, un sermone
lo definisce lei stessa, accolto con enorme clamore in Italia e all'estero.
Esce in forma di libro nella versione originaria e integrale, preceduto da una
prefazione in cui la Fallaci affronta alle radici la questione del terrorismo
islamico e parla di sé, del suo isolamento, delle sue scelte rigorose e
spietate. La risposta è esplosiva, le polemiche feroci. Mentre i critici si
dividono, l'adesione dei lettori, in tutto il mondo, è unanime di fronte alla passione
che anima queste pagine. Prefazione di Ferruccio De Bortoli.
Commento:
Una predica, un sermone
che serva a sturare le orecchie ai sordi e aprire gli occhi ai ciechi riguardo
alla vera natura dell'Islam: così Oriana Fallaci definisce il suo "La
rabbia e l'orgoglio", libro pubblicato subito dopo la tragedia dell'11
settembre. Ci sarebbero tante cose da dire su questo libricino di poco più di
150 pagine… si potrebbe restare ore a parlare della giustezza di quanto afferma
la Fallaci, di come lo dice ed a cosa potrebbero portare oggi le sue
considerazioni sull'Islam. Ma c'è, prima di tutto, da fare una distinzione tra
la forma del libro ed il suo contenuto, una distinzione che, per quanto mi
riguarda, ha a che fare con la visione obiettiva del libro ed il mio pensiero
personale. Non è mai facile separare, quando si parla di un libro, le proprie
impressioni soggettive ed opinabili, dal peso oggettivo dell'opera… in questo
caso direi che è pressocché impossibile, perciò dirò quello che penso io senza
alcuna pretesa di obiettività. La rabbia e l'orgoglio sono i sentimenti
dominanti di queste pagine, ma non sono gli unici. Questo saggio mi ha colpito,
intristito, alla fine anche stancato e disgustato per tante ragioni, eppure non
posso dire di non averlo apprezzato per altri motivi. Ciò che mi è piaciuto di
questo libro è l'ardore con cui è stato scritto, la metodicità con cui Oriana
Fallaci ha esposto una tesi ed ha tirato dritta come un treno finché non l'ha
dimostrata: ha esposto le sue idee con forza, convinzione, coerenza, lucidità
rare fra gli scrittori moderni e l'ha fatto consapevole che sarebbero risultate
indigeste. E, a proposito, sbaglia chi dice che queste idee le sono venute solo
negli ultimi anni di vita, non è una deriva, sono cose che pensava già prima,
convinzioni che ha maturato nel tempo e con studio e approfondimento. E qui le
ha esposte con la sua solita forza dirompente, condensandole in un fiume di
livore. Ma il suo j'accuse è sin troppo rigoroso e lucido ed ho la sensazione
che tralasci, interpreti, ricordi fatti e circostanze in modo confacente con la
propria tesi: per natura ho sempre diffidato delle verità assolute come quelle
che la signora Fallaci vuole propinarci qui, mi fanno pensare che si cerchi di
nascondere col rigore la presenza di zone grigie e margini di interpretazione.
E qui sconfiniamo nel contenuto che, lo dirò una volta per tutte, a me non è
piaciuto per niente. Sebbene alcuni concetti espressi dalla Fallaci siano
condivisibili ed altri a dirittura innegabili, non mi piace il suo modo
irruento di attaccare un'altra cultura senza concederle attenuanti, non mi
piacciono le generalizzazioni e soprattutto non mi piace la vena d'odio e di
vendetta che trasuda forte da queste pagine. Sono andata a cercare la risposta
che Tiziano Terzani scrisse alla Fallaci dopo l'articolo del Corriere che
precedeva questo libro e sono d'accordissimo con lui: non può essere la guerra
l'unica strada per combattere la guerra: non può essere l'intolleranza la
soluzione. E da qui, per tornare a quello che mi interessa ossia il libro,
l'incertezza sul consigliarlo o meno: intendiamoci, in altri tempi l'avrei
consigliato senza remore perché penso che bisogna conoscere per giudicare,
sentire sempre tutte le campane. Ma oggi, davvero abbiamo bisogno
dell'intolleranza di un libro? Non ci bastano le derive pericolose che ha preso
la già tanta intolleranza che viviamo nella quotidianità? Lo dice la stessa
Fallaci: scrivendo si condizionano e si influenzano le menti umane più che con
le bombe e le armi… e noi abbiamo davvero bisogno di leggerla oggi? Personalmente,
non appena avrò smaltito le sensazioni che mi ha lasciato questo sermone
indigesto, andrò a rifugiarmi nelle a me più congegnali Lettere contro la
guerra.
Opera recensita: "La
rabbia e l'orgoglio" di Oriana Fallaci
Editore: Bur, prima ed.
2001
Genere: saggio
Ambientazione: New York
Pagine: 161
Prezzo: 10,50 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7,5.
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