Sinossi:
Kevin Pace è un artista e lavora da tempo a un dipinto che
non lascia vedere a nessuno: non ai figli, non al migliore amico Richard e
neppure a sua moglie Linda. Questa enorme tela di quattro metri per sette,
interamente ricoperta da strati di vernice blu di diverse sfumature, potrebbe
essere infine il suo capolavoro. Kevin non sa ancora dirlo o, meglio, non gli
interessa, perso com'è nel suo passato di cui questo quadro sembra essere una
sintesi, un'enigmatica e incomprensibile rappresentazione. Perché Kevin
custodisce un segreto: dieci anni fa, a Parigi, ha avuto una relazione con una
giovane pittrice e, seppur oggi non riesca a spiegarsi cosa lo mosse allora, il
fantasma della ragazza e le bugie raccontate per anni non smettono di
assediarlo. Mentre combatte con i demoni della sua memoria, Kevin deve
difendere i sacrifici fatti in nome dell'arte e proteggere la sua famiglia da
ciò che non hai mai avuto il coraggio di rivelare: il suo quadro, che racchiude
un'indicibile verità, potrebbe essere la sua salvezza, o la sua condanna
definitiva.
Commento:
Ci ho messo un po' prima di scrivere il commento a questo
libro. E comunque ci ho messo meno di quanto ho impiegato a terminare di
leggerlo, questo libro: diversamente dalla prima volta che l'ho incontrato
(leggendo Telefono, il suo ultimo romanzo), questa mia seconda esperienza di
lettura con Everett è stata alquanto travagliata e, tocca ammetterlo, non per
colpa di Everett. Memore del precedente romanzo letto, che era stato per me una
piacevolissima scoperta, mi sono approcciata a Quanto blu con aspettative alte
e qui ho commesso il primo errore: che Percival Everett fosse un autore
poliedrico e capace di scrivere romanzi diversissimi tra loro l'avevo letto, lo
sapevo. Beh, per farla breve, mi sono ritrovata di fronte a qualcosa di molto
diverso da quel che mi aspettavo, laddove diverso non vuol dire necessariamente
brutto, ma ho dovuto abituarmi all'idea. Sono passata, durante la lettura,
attraverso fasi diverse: curiosità, delusione, rifiuto, accettazione, di nuovo
curiosità, interesse, riflessione (a lettura ormai ultimata), e sono giunta
alla banale conclusione che Quanto blu è un'opera mutevole, che cambia a seconda
di ciò che noi speriamo di trovarci dentro: sa sorprendere, sa tenere avvinti,
ma volendo sa anche annoiare. Parla di arte? Sì, ma meno di quanto si potrebbe
supporre leggendo la sinossi; parla d'amore? Sì, molto più di quanto si
potrebbe supporre leggendo la sinossi, sebbene in modo diverso da quel che si
potrebbe pensare. E nel frattempo parla diffusamente di famiglia, di amicizia,
di segreti, di scelte sbagliate e scelte che poi si sono rivelate giuste, di
passato. Di tutto questo ci parla Everett senza averci avvisati prima: lo fa in
un flusso di coscienza apparentemente disordinato e casuale, ma in realtà
metodico, in una sorta di operazione catartica ed interiore di recupero dei
ricordi, di accettazione di qualcosa di lontano ma mai superato, alla luce di
una vita passata a cercare di relegarlo nei recessi della mente.
Mi è piaciuto, in definitiva, Quanto blu? Sì, non quanto
speravo, ma mi è piaciuto, quindi – pur con un giudizio personale non
altissimo, lo consiglio.
Opera recensita: "Quanto blu" di Percival Everett
Editore: La nave di Teseo, 2020
Traduttore: Massimo Bocchiola
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: Stati Uniti, Parigi, El Salvador
Pagine: 325
Prezzo: 20,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 6,5.
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