Sinossi:
L'amore
non chiede il permesso. Arriva all'improvviso. Travolge ogni cosa al suo
passaggio e trascina in un sogno. Così è stato per Emma, quando per la prima
volta ha incontrato Marco che da subito ha capito come prendersi cura di lei.
Tutto con lui è perfetto. Ma arriva sempre il momento del risveglio. Perché
Marco la ricopre di attenzioni sempre più insistenti. Marco ha continui sbalzi
d'umore. Troppi. Marco non riesce a trattenere la sua gelosia. Che diventa
ossessione. Emma all'inizio asseconda le sue richieste credendo siano solo
gesti amorevoli. Eppure non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per
allontanare da lei i suoi amici, i suoi genitori, tutto il suo mondo. Emma
scopre che quello che si chiama amore a volte non lo è. Può vestire maschere diverse.
Può far male, ferire, umiliare. Può far sentire l'altra persona debole e
indifesa. Emma non riconosce più l'uomo accanto a lei. Non sa più chi sia. E
non sa come riprendere in mano la propria vita. Come nascondere a sé stessa e
agli altri quei segni blu sulla sua pelle che nessuna carezza può più risanare.
Fino a quando nasce sua figlia, e il sorriso della piccola Martina che cresce
le dà il coraggio di cambiare il suo destino. Di dire basta. Di affrontare la
verità. Una verità difficile da accettare, da cui si può solo fuggire. Ma il
cuore, anche se è spezzato, ferito, tormentato, sa sempre come tornare a
volare. Come tornare a risplendere. Più forte che può.
Da
qualche mese è uscito, per Garzanti, l’ultimo libro della scrittrice genovese
Sara Rattaro, intitolato “splendi più che puoi”.
Il
titolo farebbe pensare ad un romanzo leggero, da ombrellone, magari una storia
sentimentale da “e tutti vissero felici e contenti”, di quelle che piacciono
tanto alle donne perché le fanno piangere e sognare. Beh, non è proprio così,
ma qualcosa di vero in questa descrizione c’è: questo libro fa piangere le
donne, ma di rabbia e di dolore. Sara Rattaro, infatti, racconta la storia di
Emma, una ragazza come tante che sposa l’uomo sbagliato e che questo errore lo
paga caro, fino in fondo.
Marco,
suo marito, quello che la ricopriva di attenzioni e sembrava sempre sapere ciò
di cui lei avesse bisogno, proprio lui la picchia, la tiene segregata in una
casa di montagna per sei anni, la chiude al freddo di una cantina buia, le impedisce
di parlare con i genitori e con l’ufficio. Ma Emma, dopo sofferenze indicibili
riesce a liberarsi da questa prigione privata. Lo fa per Martina, la figlia nata
da questo matrimonio infelice, perché lei non debba subire ciò che sta passando
lei, perché Martina si salvi ed abbia una vita vera, come le altre bambine.
Il
dramma di Emma è privato, interiore, lei lo nasconde a se stessa ed agli altri,
dapprima perché si illude che sia passeggero, poi per paura. Ma la follia di un
uomo malato è più forte di una donna sola, impaurita e debilitata. Così la vita
di Emma non sarà facile neppure quando, finalmente, riuscirà a venirne fuori:
sarà sempre spaventata, perseguitata dall’ombra di Marco, della famiglia di lui
che sa e non vuole vedere, del passato e anche del futuro. Non sarà facile per
Emma e per Martina superare quegli anni durissimi e ricominciare a splendere.
Il
libro è ben scritto, si legge d’un fiato sia per la prosa scorrevole ed intensa
dell’autrice, sia per l’importanza e l’attualità del tema trattato. Tuttavia,
ho letto altri due romanzi di Sara Rattaro e quest’ultimo è quello che mi ha
coinvolto meno: è come se l’autrice, che pure ci ha abituati a storie forti
raccontate con grande intensità e sensibilità, non fosse qui riuscita a tirar
fuori tutte le emozioni della storia. E’ come se ci fosse qualcosa che non è
ancora uscito dalla mente di Emma e che quindi non è arrivato sulle pagine. Mi
ha emozionato meno, nonostante fossi molto toccata dal tema. Ad ogni modo
questa è una valutazione soggettiva, quindi comunque ve lo consiglio.
Opera
recensita: “splendi più che puoi” di Sara Rattaro
Editore:
Garzanti, narratori moderni, 2016
Genere:
narrativa italiana
Ambientazione
una città italiana e il paesino di San Biagio
Pagine:
250
Consigliato:
sì.
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