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martedì 27 febbraio 2018

RECENSIONE: KAZUO ISHIGURO - QUEL CHE RESTA DEL GIORNO


Sinossi:

Oxforshire, Inghilterra. Estate 1956. Figlio di maggiordomo, e maggiordomo egli stesso, l'anziano Stevens ha trascorso gran parte della sua vita in una

antica dimora inglese di proprietà di Lord Darlington, gentiluomo che egli ha servito con devozione per trent'anni. Con altrettanta fedeltà egli si accinge

ora a entrare al servizio del nuovo proprietario di quella dimora, l'americano Mr. Farraday, desideroso di acquisire, assieme ed attraverso la casa, anche

quanto di antico, per storie e tradizione, a essa si accompagni. Ed è su invito del nuovo padrone che Stevens intraprende, per la prima volta nella sua

vita, un viaggio in automobile nella circostante campagna inglese. Questo viaggio si risolverà in un inquietante viaggio dentro se stessi.

 

Commento:

Kazuo Ishiguro ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura proprio nel 2017 e quest’importante riconoscimento gli è stato conferito soprattutto grazie ai suoi romanzi. Questo, in particolare, è forse il suo libro più famoso ed è da molti etichettato come “capolavoro”. Personalmente, tuttavia, non l’ho trovato così eccelso, sebbene riconosca che sia un buon libro.

Il protagonista, incaricato anche di narrare la storia in prima persona, è Stevens, anziano maggiordomo di un’eminente dimora inglese che, per la prima volta nella sua vita, intraprende un viaggio di piacere e, in parte, anche di lavoro. Stevens ha dedicato la sua vita al lavoro, non è esistito altro per lui che la fedeltà al padrone, il rispetto del protocollo e di un alto concetto di dignità imposta dalla sua professione; Stevens ha affidato le sue scelte e anche le sue non scelte al giudizio e alle necessità del suo padrone, impedendosi quasi di provare alcuna emozione o curiosità, anche quando sarebbe stato più che umano provarne. Questo, e Stevens se ne renderà conto a fine libro, gli ha impedito di vivere una vita sua, gli ha impedito di manifestare affetto, collera, commozione, reale amicizia nei confronti di chiunque, anche di una donna che lo amava. Ora, a distanza di tempo, Stevens coglie l’occasione di questo viaggio per rivederla e, dice lui, per sentire se sta bene ed ha voglia di tornare a lavorare a Darlington Hall che difetta di personale: giammai l’irreprensibile Stevens si sarebbe, infatti, concesso il piacere di una vacanza o avrebbe ammesso con se stesso di andarla a trovare per il puro desiderio di vederla. Ed è proprio questa donna, in fin dei conti, la persona più ragionevole e viva del romanzo.

Ciò che colpisce inevitabilmente in queste pagine è il registro linguistico: il linguaggio è volutamente alto, ampolloso, con costrutti mai banali o volgari. Giacché è Stevens a parlare per tutto il tempo, il linguaggio trasmette perfettamente il tipo di immagine che l’autore vuole darci di lui e diventa parte del personaggio. Il viaggio, poi, è l’altra costante di questo libro: non è solo viaggio fisico attraverso la campagna inglese, ma è soprattutto viaggio interiore nei ricordi di Stevens, negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, nelle implicazioni storiche delle macchinazioni poste in essere da Lord Darlington, padrone di Stevens, per il bene e la pace dell’Europa.

Un libro senza dubbio scritto ottimamente, con personaggi che rimangono impressi, ma che tuttavia non mi ha coinvolto emotivamente e del quale so già che conserverò ricordi vaghi. Ecco perché lo consiglio, ma con qualche remora.

 

 

Opera recensita: “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro

Editore: Einaudi, prima ed. 1989

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 296

Prezzo: 11,00 €

Consigliato: sì/no

Voto personale: 7.

 

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