Sinossi:
Quando arriva la guerra o
l'inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come il paese di
confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare
la maestra. Non ha paura di fuggire sulle montagne col marito disertore. E
quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende
con ciò che nessuno le potrà mai togliere: le parole.
«Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare».
L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E cosí, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina. Il nuovo grande romanzo del vincitore del Premio Campiello 2015, già venduto in diversi Paesi prima della pubblicazione.
«Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare».
L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E cosí, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina. Il nuovo grande romanzo del vincitore del Premio Campiello 2015, già venduto in diversi Paesi prima della pubblicazione.
Commento:
Questa storia comincia poco dopo la fine della Prima Guerra
Mondiale, in una terra, il Sud-Tirolo, in cui l'arroganza del potere si
appropria di tutto, vorrebbe colonizzare tutto, anche la lingua, il modo di
parlare e di pensare. Così uomini e donne che fino all'altro ieri erano
austriaci ora si ritrovano italiani senza volerlo, con un futuro incerto e alla
mercè dei potenti di Roma. E come se non bastasse, gli italiani vogliono anche
cambiare il loro paesaggio, la loro terra: si sono messi in testa di costruire
una diga e non sembrano pensare al fatto che due paesi – Resia e Curon –
verrebbero isolati o peggio, sommersi dall'acqua. Il progetto della diga
prosegue lento e inesorabile, ma ben presto passa in secondo piano, spazzato
via dall'avvento dei fascisti, che mettono gli abitanti di fronte a una scelta,
la prima di molte scelte: restare a Curon o andare in Germania a unirsi al
Reich? E tra chi va e chi resta si creano spaccature insanabili che a volte
coinvolgono e spaccano famiglie intere, come quella di Trina ed Erich che
pagheranno la scelta di restare con un dolore lungo una vita. Ma loro non lasciano
Curon, non lasciano la loro terra neanche quando tutto sembra sgretolarsi; se
ne allontanano solo quando non possono farne a meno, durante la guerra, la
seconda, per scappare dai tedeschi, ma poi tornano. Ed ora, quando la guerra
non sembra più un problema, la pace così duramente conquistata di nuovo è messa
in pericolo da quel fantasma antico: la diga che minaccia di sommergere Curon.
Questa è una storia di forza d'animo, di sopravvivenza ad
ogni costo, ma è anche una storia intima, di famiglia, di dolore ed unione al
di là di tutto. Marco Balzano tesse la trama di un racconto sobrio, ma intenso
che avvince ed emoziona e dal quale non vorremmo staccarci. Così, mentre non
riusciamo a lasciar andare le pagine e le vicende ci sembra di conoscerli Trina,
Erich, Padre Alfred, ci sembra di vederlo il paesino di Curon abbarbicato ai
piedi dell'Ortles, ci sembra di camminare insieme a Trina al freddo di un
inverno del cuore…
"Resto qui" è una storia struggente e bellissima
di coraggio ed amore per la propria terra e le proprie radici. Un libro che non
posso che consigliare caldamente.
Opera recensita: "Resto qui" di Marco Balzano
Editore: Einaudi, 2018
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Val Venosta, Sud-Tirolo
Pagine: 192
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.
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