simposio lettori copertina

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venerdì 30 novembre 2018

RECENSIONE: BANANA YOSHIMOTO - N. P.


Sinossi:
Sarao Takase, scrittore giapponese che ha vissuto a lungo in America, muore suicida lasciando due figli gemelli, il maschio Otohiko e la femmina Saki, e il manoscritto di un libro incompiuto dal titolo N.P. (che sta per 'North Point', il titolo di una vecchia canzone). Pubblicato con solo 97 dei 100 racconti previsti, il libro diventa un bestseller negli Stati Uniti. Una giovane giapponese, Kazami, viene in possesso del novantottesimo racconto, inedito, alla cui traduzione stava lavorando il suo amante, Shooji, anche lui morto suicida, e che narra la storia di una passione erotica tra padre e figlia. Kazami incontra i due gemelli e trova Otohiko coinvolto in una tormentata storia d'amore con Sui, che scoprirà essere non solo figlia illegittima dello scrittore suicida ma anche sua amante. Kazami viene risucchiata completamente nel loro mondo, il mondo di 'N.P.', per tutta un'estate, che è il tempo reale in cui si svolge la storia. Dopo alterne vicende, Kazami scopre anche l'esistenza del racconto n°99 in cui Takase rappresenta l'altra faccia della sua realtà, l'aspirazione verso la normalità e l'eterodossia. Ormai manca solo il racconto n°100. Ed è soltanto quando tutti i destini si sono compiuti e il cerchio si chiude che il libro apparirà scritto fino in fondo: N.P. di Banana Yoshimoto è il racconto n°100 che Takase non aveva fatto in tempo a scrivere...

Commento:
Man mano che mi addentro – a piccolissimi passi – nella conoscenza della letteratura e della narrativa giapponese, mi convinco sempre più che dietro la caratteristica levità e le atmosfere surreali e rarefatte che usano per scrivere, i giapponesi abbiano la capacità di accettare situazioni che a noi sembrerebbero quantomeno strane con molta più naturalezza e apertura mentale di noi. E probabilmente è questo che li porta ad aprirsi anche a dimensioni ulteriori, a trattare argomenti come la morte, l'occulto, il suicidio con tanta leggerezza, che non è superficialità, ma probabilmente ampiezza di vedute. "N. P." di Banana Yoshimoto, oltre ad essere uno dei libri di autori giapponesi che ho apprezzato di più, è proprio l'espressione di ciò che ho appena affermato. In questa vicenda di relazioni intricate eppure sorprendentemente chiare, temi come l'incesto, i rapporti tra consanguinei, la morte, la telepatia, l'omosessualità femminile, vengono affrontati con estrema naturalezza, come se l'autrice fosse giustamente convinta che le cose vanno chiamate col loro nome e affrontate per ciò che sono, ossia fatti che fanno parte dell'essere umano. E una volta accettato ciò che riguarda l'umano è chiaro che si può passare allo step successivo, l'ultraterreno, l'interconnessione tra persone, vite, tempi e scelte. E' difficile spiegare in modo sintetico ciò che accade fra i personaggi, fatto sta che Otohiko e Saki – i due figli legittimi di Takaze – Sui, la figlia illegittima e amante, Schoogi e Kazami, la voce narrante, si ritrovano invischiati in una storia torbida e in equilibrio pericolosamente instabile. E tutto grazie alla magistrale regia di Takaze, il padre scrittore morto, e del suo libro incompleto, "N.P." nel quale i ragazzi si trovano ad essere risucchiati e ad agire da protagonisti.
E' un libro particolare, ma sicuramente da leggere, è una storia onesta, senza sotterfugi narrativi o concessioni al lettore. Un buon libro, davvero.

Opera recensita: "N. P." di Banana Yoshimoto
Editore: Feltrinelli, 1999
Genere: narrativa giapponese
Ambientazione: Giappone
Pagine: 168
Prezzo: 7,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


giovedì 29 novembre 2018

RECENSIONE: FRANCINE RIVERS - RISCATTO D'AMORE


Sinossi:
RISCATTO D'AMORE È UNA STORIA APPASSIONANTE E COINVOLGENTE, ENTUSIASMANTE E COMMOVENTE. LA VITA DI PERDIZIONE DI ANGEL, IL RITRATTO DI UN'UMANITÀ SPIETATA E PRIVA DI SENTIMENTI, ED IL CONTRASTO CON LA FIGURA DI MICHAEL, FANNO DI QUESTO LIBRO UN RACCONTO PARTICOLARMENTE AVVINCENTE, CHE MANTERRÀ ACCESO L'INTERESSE DEL LETTORE FINO ALL'ULTIMA PAGINA. LA TRAMA: LA CORSA ALL'ORO IN CALIFORNIA. 1850. UN TEMPO IN CUI GLI UOMINI SI VENDEVANO L'ANIMA PER UN SACCHETTO DI POLVERE D'ORO E LE DONNE VENDEVANO I PROPRI CORPI PER AVERE UN POSTO DOVE DORMIRE. ANGEL, VENDUTA COME PROSTITUTA ALL'ETÀ DI OTTO ANNI, RIESCE A SOPRAVVIVERE MANTENENDO VIVO L'ODIO DENTRO DI SÈ. SONO GLI UOMINI CHE LA USANO QUELLI CHE ODIA DI PIÙ. IL SUO FASCINO E LA SUA BELLEZZA SONO TALI DA RENDERLA L'OGGETTO DEL DESIDERIO PIÙ AMBITO, E GLI UOMINI DEVONO SBORSARE DIVERSE ONCE D'ORO PER ASPIRARE AI SUOI FAVORI. EPPURE NESSUNO CONOSCE IL SUO PASSATO E NEMMENO IL SUO VERO NOME: PER ANGEL È SUOLO SACRO CHE NESSUNO POTRÀ MAI CALPESTARE. POI INCONTRA MICHAEL HOSEA. UN UOMO MOLTO PARTICOLARE. DIVERSO. CHE NON CORRISPONDE A NESSUNO DEGLI SCHEMI CHE ANGEL CONOSCE ORMAI A MEMORIA. MICHAEL L'HA AMATA FIN DAL PRIMO MOMENTO CHE HA POSATO GLI OCCHI SU DI LEI, E SA CHE QUESTA È LA DONNA CHE DIO VUOLE DARGLI COME COMPAGNA - NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE - FINCHÈ LA MORTE NON LI SEPARI. LENTAMENTE, GIORNO DOPO GIORNO, NONOSTANTE LA RESISTENZA CHE LEI OPPONE STRENUAMENTE, IL SUO CUORE DI GRANITO GELIDO COMINCIA A SCIOGLIERSI. UN TRAVOLGENTE SENTIMENTO DI INDEGNITÀ E DI TIMORE ACCOMPAGNA PERÒ QUESTO SUO INASPETTATO INTENERIMENTO. E COSÌ ANGEL FUGGE. RITORNA NELLE TENEBRE. LONTANA DALL'AMORE INCALZANTE DI MICHAEL, ATTERRITA DALLA VERITÀ CHE NON PUÒ PIÙ NEGARE: LA SUA GUARIGIONE COMPLETA DEV'ESSERE OPERA DI COLUI CHE L'AMA PERSINO PIÙ DI MICHAEL... DI COLUI CHE NON LA ABBANDONERÀ MAI.

Commento:
"Riscatto d'amore" è un libro importante. Non lo è perché è scritto particolarmente bene o perché è un libro di successo, non è nessuna delle due cose. E' importante perché, al netto dei – a mio parere tanti – difetti di scrittura, è una storia che pone degli interrogativi importanti che riguardano la sfera più personale di ciascuno di noi. Non si può, leggendo questo libro, non farsi delle domande circa l'amore, la fede, la propria capacità di sopportare e perdonare, come comanda Dio, settanta volte sette. C'è, in questo libro, un qualcosa che disturba e che mi fa tentennare sul consigliarne o meno la lettura: probabilmente è l'eccessiva lentezza della trama, o probabilmente è che alla lunga la sua inverosimilianza si manifesta. Ci sono, in questa storia, sentimenti troppo estremizzati, personaggi troppo stereotipati che fanno perdere alla vicenda tutti i connotati che potrebbero darle una parvenza di credibilità. Nondimeno, però, questo romanzo è bello, perché bello e profondo è il messaggio che lascia. Però un consiglio: leggetelo solo se avete molta pazienza, molto tempo e molta voglia di mettere in discussione la vostra fede: è strapieno, fino all'inverosimile, di richiami biblici più che espliciti.

Opera recensita: "Riscatto d'amore" di Francine Rivers
Editore: Anastasis, 2007
Genere: narrativa straniera
Ambientazione: America-metà Ottocento
Pagine: 480
Prezzo: 23,00 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 7,5.


domenica 25 novembre 2018

RECENSIONE: MARCO BALZANO - RESTO QUI


Sinossi:
Quando arriva la guerra o l'inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come il paese di confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare la maestra. Non ha paura di fuggire sulle montagne col marito disertore. E quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende con ciò che nessuno le potrà mai togliere: le parole.
«Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare».

L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E cosí, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina. Il nuovo grande romanzo del vincitore del Premio Campiello 2015, già venduto in diversi Paesi prima della pubblicazione.

Commento:
Questa storia comincia poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, in una terra, il Sud-Tirolo, in cui l'arroganza del potere si appropria di tutto, vorrebbe colonizzare tutto, anche la lingua, il modo di parlare e di pensare. Così uomini e donne che fino all'altro ieri erano austriaci ora si ritrovano italiani senza volerlo, con un futuro incerto e alla mercè dei potenti di Roma. E come se non bastasse, gli italiani vogliono anche cambiare il loro paesaggio, la loro terra: si sono messi in testa di costruire una diga e non sembrano pensare al fatto che due paesi – Resia e Curon – verrebbero isolati o peggio, sommersi dall'acqua. Il progetto della diga prosegue lento e inesorabile, ma ben presto passa in secondo piano, spazzato via dall'avvento dei fascisti, che mettono gli abitanti di fronte a una scelta, la prima di molte scelte: restare a Curon o andare in Germania a unirsi al Reich? E tra chi va e chi resta si creano spaccature insanabili che a volte coinvolgono e spaccano famiglie intere, come quella di Trina ed Erich che pagheranno la scelta di restare con un dolore lungo una vita. Ma loro non lasciano Curon, non lasciano la loro terra neanche quando tutto sembra sgretolarsi; se ne allontanano solo quando non possono farne a meno, durante la guerra, la seconda, per scappare dai tedeschi, ma poi tornano. Ed ora, quando la guerra non sembra più un problema, la pace così duramente conquistata di nuovo è messa in pericolo da quel fantasma antico: la diga che minaccia di sommergere Curon.
Questa è una storia di forza d'animo, di sopravvivenza ad ogni costo, ma è anche una storia intima, di famiglia, di dolore ed unione al di là di tutto. Marco Balzano tesse la trama di un racconto sobrio, ma intenso che avvince ed emoziona e dal quale non vorremmo staccarci. Così, mentre non riusciamo a lasciar andare le pagine e le vicende ci sembra di conoscerli Trina, Erich, Padre Alfred, ci sembra di vederlo il paesino di Curon abbarbicato ai piedi dell'Ortles, ci sembra di camminare insieme a Trina al freddo di un inverno del cuore…
"Resto qui" è una storia struggente e bellissima di coraggio ed amore per la propria terra e le proprie radici. Un libro che non posso che consigliare caldamente.


Opera recensita: "Resto qui" di Marco Balzano
Editore: Einaudi, 2018
Genere: romanzo storico
Ambientazione: Val Venosta, Sud-Tirolo
Pagine: 192
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


martedì 20 novembre 2018

RECENSIONE: LUCA MERCADANTE, LUCA TRAPANESE - NATA PER TE


Sinossi:
Alba ha la sindrome di Down e appena nata è stata lasciata in ospedale. Trenta famiglie l'hanno rifiutata prima che il tribunale decidesse di affidarla a Luca Trapanese. Gay, cattolico praticante, impegnato nel sociale: con lui è stato inaugurato il registro degli affidi previsti dalla legge per i single. Ma Luca non è spaventato. Di battaglie ne ha combattute tante, conosce il dolore e ha imparato a trasformarlo, abbattendo muri e costruendo spazi di solidarietà. Il suo non è un gesto caritatevole: vuole semplicemente una famiglia. E per difenderla consegna la sua storia a un altro padre, che ha la sua età e il suo stesso nome, ma non potrebbe essere piú diverso. Luca Mercadante è ateo e favorevole all'interruzione di gravidanza. Ed è convinto che la paternità passi per il sangue prima che per l'accudimento. Cosa resta del padre quando è privato anche di qualcuno che possa raccogliere la sua eredità intellettuale? Dal racconto della vicenda di Alba, tra difficoltà pratiche, momenti di sconforto e molta gioia, affiorano inattese le ragioni di una scelta importante e fortissima. «Qualche minuto prima che il sole sorga, Luca prende Alba e la porta alla finestra per farle vedere l'inizio della vita. Spalanca le persiane, l'aria nuova ripulisce la stanza dalle paure della notte. Il primo raggio di luce si arrampica sulla vetta della montagna e a Luca viene in mente la storia di un gigante scalatore che vuole arrivare al cielo. Pensa che dovrebbe scriverla per raccontarla al suo nuovo amore; per il momento si accontenta di bisbigliarle una canzone all'orecchio mentre la culla».

Commento:
Questo libro, scritto da Luca Mercadante, racconta la storia di Luca Trapanese e di Alba, la bambina che ha adottato. Quali sono le particolarità? Cosa rende questa storia speciale? Il fatto che Alba è una neonata affetta da trisomia 21, fa parte dei cosìddetti "casi difficili", che prima di arrivare a Luca era stata rifiutata da trenta famiglie; e poi il fatto che Luca Trapanese è single ed è gay. Se vivessimo in una società ideale la cosa non dovrebbe stupirci, ma nella nostra società, in quella in cui viviamo ed operiamo ogni giorno, queste storie stupiscono, sconvolgono e fanno notizia. Non voglio addentrarmi oltre nel merito della questione, mi limiterò a commentare il libro. Libro scritto da Luca Mercadante, conoscente di Trapanese e con idee totalmente diverse dalle sue. Il fatto che questa storia sia stata raccontata da una persona con idee quasi opposte a chi l'ha vissuta è, teoricamente, un bene perché dovrebbe rendere il racconto più obiettivo e meno sentimentale. Il problema, a mio avviso, è stato che le idee di Mercadante hanno trovato decisamente troppo posto in queste pagine e il suo racconto ne è stato penalizzato, pur con tutto l'impegno profuso per rendere i fatti in modo il più neutro possibile. La storia di Trapanese e di Alba è stata raccontata, è una storia bellissima, ma io ho trovato i commenti personali di Mercadante disturbanti al punto di rendere meno godibile la lettura. Tuttavia va detto che le sue sono idee condivise da molti, quindi forse, alla fine, è stato un bene che sia stato lui a raccontare.
Per quanto mi riguarda non mi sento né di consigliare né di sconsigliare il libro: sì per la trama e per la storia, no per la scrittura… certo è che non si potrà accusare il libro di finzione narrativa o strumentalizzazione: tutto qui è estremamente e totalmente reale, anche i commenti negativi.


Opera recensita: "Nata per te" di Luca Mercadante e Luca Trapanese
Editore: einaudi, 2018
Genere: narrativa italiana
Ambientazione: Napoli
Pagine: 168
Prezzo: 16,50 €
Consigliato: sì/no
Voto personale: 6,5.


venerdì 16 novembre 2018

RECENSIONE: YASUNARI KAWABATA - MILLE GRU


Sinossi:
"I personaggi di Kawabata, evanescenti e inquieti ma mai tragici, lontani da una vitalità eroica (al contrario di quelli di Mishima, ad esempio) o drammatica, sono piuttosto "dilettanti del vivere" calati nella dicotomia fra il perseguimento di un ideale estetico di purezza e torbide pulsioni: ne deriva un erotismo vissuto come impossibilità di unione fra sé e l'oggetto del desiderio, che è tale proprio perché irraggiungibile. In questo dissidio fra l'individuo e la proiezione del suo desiderio sta l'eleganza: perché l'amore non è un sentimento, è un ideale estetico. I "dilettanti del vivere" di Kawabata si muovono in una dimensione temporale sospesa, segnata dai ricordi, in un alternarsi continuo di passato e presente (da qui la frequente scelta di personaggi colti negli anni di una maturità carica di memoria), di vita e di morte. Inseguono nel presente le tracce del passato e dei morti, nel tentativo di rivivere il tempo perduto, e dare così nuovo spessore alla realtà." ((dallo scritto di Cristiana Ceci).

Commento:
Non è facile riassumere in poche righe la frastagliata trama di questo pur breve libro, così come non è facile scandagliarne in profondità tutti gli aspetti. La difficoltà, probabilmente, mi viene proprio dalla peculiarità della scrittura di Kawabata, così profondamente orientale e così intrisa di quella cultura così lontana dalla nostra che io, mio malgrado, conosco poco e so interpretare ancora meno. In sintesi, Kikuji, un giovane celibe e rimasto orfano, viene invitato da Chikako – donna al servizio del padre nonché sua amante per breve tempo – ad una cerimonia del thè. In realtà la donna ha in mente di combinare il matrimonio tra Kikuji e la giovane e quantomai eterea signorina Inamura dalla quale, peraltro, Kikuji rimane piacevolmente colpito. Alla cerimonia, però, partecipano inattese anche la signora Ota – anche lei stata amante del padre di Kikuji – e sua figlia Fumiko. La signora Ota aspetta Kikuji all'uscita dal padiglione del thè per parlargli del padre. Tra i due sboccia una passione improvvisa e impetuosa. Da qui si origina il resto della storia in un susseguirsi di vicende che coinvolgono in vario modo tutti questi personaggi. Ciò che più colpisce in questo libro è la dicotomia degli opposti: vi è, infatti, un continuo alternarsi ed intrecciarsi di vita e morte, passione e dolore, purezza e sensualità, sincerità ed inganno, verità pura e semplice e sottinteso torbido. Il libro è, inoltre, pervaso di una sensualità conturbante tipica di quell'erotismo artefatto e mascherato, probabilmente retaggio della cultura giapponese che porta le persone a non mostrare mai i propri sentimenti, che nell'impossibilità di concretizzarsi rimane nell'aria e si tramuta in elegante seduzione. Seduzione che qui passa dalle persone agli oggetti, in particolare al vasellame usato per la cerimonia del thè, rito che si carica qui di una sacralità piena di promesse. Gli oggetti, i vasi, le coppe, i luoghi, i fiori diventano metafora dell'espressione dei sentimenti e perfino dell'anima e del carattere di chi li ha posseduti e utilizzati. Così, una coppa viene adoperata e regalata per commemorare un defunto e può, a sua volta, divenire foriera di vita o di morte.
Consiglio questo libro così particolare eppure affascinante a chi apprezza la letteratura giapponese ed è pronto ad immergersi in una cultura così misteriosa, accattivante, ma lontana dalla nostra.


Opera recensita: "Mille gru" di Yasunari Kawabata
Editore: SE, prima ed. 1952
Genere: letteratura giapponese
Ambientazione: Giappone
Pagine: 136
Prezzo: 18,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 7


RECENSIONE: GABRIEL GARCIA MARQUEZ - MEMORIA DELLE MIE PUTTANE TRISTI


Sinossi:
"L'anno dei miei novant'anni decisi di regalarmi una notte di amore folle con un'adolescente vergine." Comincia così il nuovo romanzo di Gabriel Garcia Márquez, il libro con cui il premio Nobel colombiano torna dopo dieci anni alla narrativa. A raccontare è la voce dell'anziano protagonista, un giornalista eccentrico e solitario, che accanto a un'adolescente scopre il piacere inverosimile di contemplare il corpo nudo di una donna che dorme "senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore". Scopre forse per la prima volta l'amore, quello che non ha mai cercato in tutte le donne che ha incontrato e conosciuto, trovando "l'inizio di una nuova vita a un'età in cui la maggior parte dei mortali è già morta".

Commento:
"Il professore", un vecchio giornalista metodico e solitario, decide di festeggiare l'arrivo dei propri novant'anni concedendosi una notte con una giovane vergine presso la ben nota e discreta casa di Rosa Cabarcas. Al suo arrivo, però, la ragazza è stata addormentata perché molto tesa. Il nostro uomo scopre che questo, invece di dispiacergli, gli provoca una sensazione positiva, quasi di piacere. E' nella contemplazione di quel corpo dormiente che il giornalista trascorre la notte, pensando, ricordando, anche dormendo. E' questo che vuole, è questa ragazza che desidera accanto, è di lei che – per la prima volta nella sua lunga vita – si innamora. Grazie a questo corpo addormentato di ragazza, che lui chiama Delgadina, un uomo arcinoto per la sua intensa attività sessuale, scopre l'amore vero, non "inquinato" dal sesso. E proprio la sua frase "Il sesso è la consolazione che si ha quando l'amore non basta" sintetizza il pensiero e l'anima di questa storia.
Questo libro, l'ultimo di Marquez, è stato scritto in omaggio a "La casa delle belle addormentate" di Kawabata, ma sebbene l'antefatto sia lo stesso, i due libri risultano infine, tra loro molto diversi. In Kawabata troviamo un'eleganza ed una levità tutta orientale che, unita all'aura di freddezza, isolamento e mistero dell'ambientazione, dà al romanzo un tono più rarefatto e conturbante; qui, invece, traspare un calore, una sensualità trattenuta eppure dirompente, una vicinanza del protagonista e dei personaggi che rendono il romanzo molto più "colorato" ed umano. E la malinconia quasi compassionevole provata per Eguchi del romanzo di Kawabata viene sostituita qui da una tenerezza che è quasi beato sollievo.
"Memoria delle mie puttane tristi" è un libro breve, leggiadro, non volgare, che affronta temi come la vecchiaia, l'amore, la sessualità con ironia quasi giocosa, senza però tralasciare il lato più profondo dei sentimenti umani. Mi è piaciuto molto, e sebbene avessi apprezzato molto anche Kawabata, questo lo preferisco.

Opera recensita: "Memoria delle mie puttane tristi" di Gabriel Garcia Marquez
Editore: Mondadori, 2004
Genere: narrativa Sudamericana
Ambientazione: Colombia
Pagine: 141
Prezzo: 14,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8,5.


giovedì 15 novembre 2018

RECENSIONE: ELISA SPRINGER - IL SILENZIO DEI VIVI


Sinossi:
Elisa Springer aveva ventisei anni quando venne arrestata a Milano, dove era stata mandata dalla famiglia per cercare rifugio contro la persecuzione nazista, quindi fu deportata a Auschwitz il 2 agosto 1944. Salvata dalla camera a gas dal gesto generoso di un Kapò, Elisa sperimenta l'orrore del più grande campo di sterminio. Eppure conserva il desiderio di vivere e una serie di fortunate coincidenze le consentiranno di tornare prima nella sua Vienna natale e poi in Italia. Da questo momento la sua storia cade nel silenzio assoluto, la sua vita si normalizza nasce un figlio e proprio la maternità è il segno della riscossa. È per lui che Elisa ritrova le parole che sembravano perdute per raccontare il suo dramma.

Commento:
A24020. E' questo il numero che per molti anni Elisa Springer ha cercato di nascondere all'indifferenza, alla derisione, al negazionismo degli altri. E' il numero, marchiato a fuoco sulla sua pelle, che testimonia la sua appartenenza ad un popolo, gli ebrei, ad un credo religioso, che l'ha portata – tra il 1944 e il 1945 – a vivere l'esperienza devastante dei lager dai quali, un anno dopo, denutrita, ammalata, ma viva, è riuscita ad uscire… e vivere è stato, per tutto il tempo e davanti ad ogni genere di soprusi, crudeltà, disumanità, il suo unico obiettivo, la cosa più importante.
A squarciare il velo di silenzio sul dramma di una vita sarà, cinquant'anni dopo i fatti, proprio la curiosità dell'uomo che Elisa mai avrebbe sperato di conoscere: suo figlio. E proprio ai figli, ai ragazzi, Elisa Springer dedica questo libro: con loro si apre e si chiude il suo racconto in una speranza che è quasi certezza, quella che ciò che è accaduto, grazie a loro che ne portano l'eredità, non sarà dimenticato, nonostante ancora oggi vi sia chi nega la sofferenza, la morte, la devastazione dell'Olocausto.
Elisa Springer ci racconta la sua storia con i toni sobri, ma decisi di chi ha visto la morte in faccia, di chi ha visto morire cari e sconosciuti e non vuole la pietà di nessuno, ma non ammette l'oblio. Con scrittura elegante, ordinata, sobria e implacabile questa donna – al tempo della scrittura quasi ottuagenaria – ci mette davanti alla realtà con lucidità, senza orpelli o sentimentalismi: non ne ha bisogno, ciò che racconta fa il resto.
Per me questo libro, indirettamente, ha un valore personale inestimabile perché, quando frequentavo la scuola elementare, ebbi modo di incontrare, ascoltare, parlare personalmente con Elisa Springer. Conservo ancora vivido in mente il ricordo di quell'incontro che mi cambiò letteralmente la vita: fu proprio in occasione della presentazione di questo libro che ebbi il mio primo contatto – che ricevetti la mia prima lezione di vita – su ciò che fu l'Olocausto. Ricordo ancora la voce, la forza, la carica di questa donna; da lì è nato l'impegno e il coinvolgimento personale su questa particolare vicenda storica che da allora è sempre vivo in me. Non avevo ancora mai avuto la possibilità – o la forza – di leggere il libro: ora l'ho fatto ed ho rivissuto sulla pelle l'emozione di quell'incontro; ho rifatto i conti con una parte di me che, inspiegabilmente, si sente chiamata in causa ogni volta che si parla di quest'argomento. Inutile dire che consiglio questa lettura breve, ma intensissima, che rimarrà una delle più importanti della mia vita.

Opera recensita: "Il silenzio dei vivi" di Elisa Springer
Editore: Marsilio, 1997
Genere: narrativa italiana/autobiografia
Ambientazione: Austria-Germania-Italia-Polonia-Cecoslovacchia
Pagine: 124
Prezzo: 12,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 10


mercoledì 14 novembre 2018

RECENSIONE: CARLO FRUTTERO, FRANCO LUCENTINI - LA DONNA DELLA DOMENICA


Sinossi:
Ambientato in una Torino malefica e metafisica, "La donna della domenica" è da molti considerato il capostipite del "giallo italiano". La trama si snoda tra i vizi, l'ipocrisia, le comiche velleità e gli esilaranti chiacchericci che animano la vita della borghesia piemontese.

Commento:
In un giugno dal tempo incerto, una Torino degli anni Settanta immersa in se stessa, fra le luci e i belletti dell'ambiente "bene" e le ombre dei sottostrati e di chi vive di espedienti è scossa da un delitto. A morire, ucciso con un fallo di pietra, è l'architetto Lamberto Garrone, un tipo al margine: al margine dell'ambiente bene che lambisce con frequentazioni dubbie e sotterfugi, al margine di quel sottobosco proletario da cui tenta ogni giorno di uscire a fatica. Da questo delitto si originano tanti piccoli sommovimenti, tanti incroci fugaci di questi due mondi che convivono in una città apparentemente sobria, diffidente e sostenuta nella sua aura di rispettabilità, ma in realtà avanguardista, sordida e voyeuse. E' grazie a questo delitto che si incontrano il commissario Santa Maria, il vicequestore De Palma, il signor Campi, la signora Dosio, le sorelle Tabusso, i fratelli Zavattaro e il giovane Lello Riviera. Tanti microcosmi che si incontrano e si scontrano in declinazioni inaspettate.
"La donna della domenica" è un giallo lento, dall'andamento molleggiato, solo apparentemente piatto, scritto coi toni sobri e morbidi che meglio lo identificano e lo assimilano alla città che tanto bene ci descrive. Più che la trama, dai risvolti imprevisti ma comunque abbastanza ordinaria com'è giusto che sia, ciò che colpisce e piace in questo libro è proprio la capacità di descrivere una città, un ambiente, un mondo con studiata ironia, chirurgica precisione e minuziosa esaustività. Nulla, in questo libro, è lasciato al caso: gli autori ci raccontano verità a mezza bocca e sembrano ammiccarci… poi, chi ha orecchie per intendere, intenderà.

Opera recensita: "La donna della domenica" di Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Editore: Mondadori, prima ed. 1972
Genere: giallo
Ambientazione: Torino, primi anni 70
Pagine: 510
Prezzo: 14,50 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


lunedì 12 novembre 2018

RECENSIONE: ANTONIO TABUCCHI - REQUIEM


Sinossi:
In uno stato a metà tra la coscienza e l'incoscienza, l'esperienza del reale e la percezione del sogno, un uomo si trova a mezzogiorno, senza sapersi spiegare come, nella Lisbona deserta e torrida dell'ultima domenica di luglio. Sa di avere delle azioni da compiere, soprattutto l'incontro con un personaggio illustre e scomparso, ma non ha idea di come compierle. Si affida così al flusso del caso e seguendo le libere associazioni dell'inconscio si trova a seguire un percorso che lo porta a ricordare (a vivere il ricordo nell'attualità di quella giornata) alcune tappe fondamentali della sua vita, spingendolo a cercare di sciogliere i nodi irrisolti all'origine del suo stato allucinatorio. Il romanzo è stato scritto in portoghese.

Commento:
Arriva un momento, che sia presto o tardi, in gioventù o in punto di morte, che ciascuno di noi avverte il bisogno – fisico e morale – di fare i conti con la propria coscienza e con le persone che, per qualsiasi ragione, ha lasciato indietro col passare della vita. Per Tabucchi questo momento arriva in una torrida domenica di luglio, mentre suda copiosamente per le vie di una Lisbona che sembra star lì in attesa, solo per lui. E la mente attraversa molte fasi, passa per molti incontri, reali o immaginari, in un viaggio pluritemporale fra ciò che è stato e ciò che accade ora, confondendo le dimensioni del ricordo e del vivere presente.
Un libro che si legge in un paio d'ore e che si lascia leggere senza affanni, pervaso di quella sobria malinconia che è il retrogusto dei sogni e sempre si nasconde dietro un'allucinazione.

Opera recensita: "Requiem" di Antonio Tabucchi
Editore: Feltrinelli, prima ed. 1991
Genere: autobiografia, narrativa europea
Ambientazione: Portogallo
Pagine: 142
Prezzo: 8,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.


RECENSIONE: JORGE AMADO - SANTA BARBARA DEI FULMINI


Sinossi:
Questo apologo allegro e scanzonato ha per protagonista la stravagante figura di una santa munita, secondo la tradizione, di un mazzetto di fulmini: santa Barbara. Un bel giorno la sua statua viene fatta trasportare dal Reconcavo a Bahia per una esposizione d'arte sacra. Ma già durante il breve viaggio, su un peschereccio, la statua comincia a dar segni di irrequietezza: per rimettere a posto alcune situazioni che non le vanno a genio, al momento dell'attracco prende vita e, assunto l'aspetto di Yansà, signora dell'uragano e della guerra, se ne va in giro per le strade, seminando panico e raccogliendo reverenti omaggi. Siamo negli anni della dittatura militare, e la sparizione della statua getta nello scompiglio la polizia e la stampa.

Commento:
La statua di Santa Barbara, quella dei fulmini, è in viaggio verso Bahia. La attende con trepidazione don Massimiliano Von Bruden, direttore del museo di arte sacra, per inserirla come pezzo forte della sua mostra. Ma prima dell'apertura della stessa, e poco importa lo scompiglio che creerà, la Santa ha ben altri progetti, ha un lavoro da fare: ha un paio di situazioni da sistemare fra i bahiani, deve aggiustare cose storte, portare il bene e insegnare la gioia di vivere. E' per far questo che, appena sbarcata, prende vita e se ne va in giro indisturbata nelle vesti non della Santa, ma della sua corrispondente Orixa, regina del Candomblé, signora delle guerre e dei temporali. Va a trovare le sue figlie, nipote e zia, Manela e Adalgisa, entrambe infelici e intrappolate da convinzioni retrograde e fanatiche dalle quali l'Orixa deve liberarle. E qui la incontriamo noi, fra i bahiani, in un carnevale di situazioni familiari, lavorative, diatribe ecclesiastiche, gelosie e complotti… toccherà a lei, in forma di Santa o di Orixa, sistemare tutto e far finire ogni pena in una grande, fantasmagorica festa collettiva di liberazione, come accade nella più tipica tradizione bahiana e brasiliana.
E, come in tutte le storie di Amado, i culti, le classi sociali, le appartenenze si mescolano in una festa di tutti e per tutti, in una fratellanza universale per le strade di questa Bahia capitale del sogno che, ad ogni libro in più che leggo di quest'autore, sogno sempre più di visitare.
Chissà perché, quando si parla di Amado, si pensa sempre ai "soliti" tre titoli – Gabriela, Dona Flor, Teresa Batista – e nessuno nomina mai questa Santa Barbara dei fulmini, così potente nell'evocare una cultura sfaccettata ed affascinante come quella brasiliana. Non si tratta di un libro facile, perché, proprio come una danza indiavolata del Candomblé, si passa da una storia all'altra in un carosello di esagerazione ed eccessi; tuttavia pazienza se all'inizio il libro risulterà un po' confusionario, pazienza se si farà fatica a districarsi tra i nomi di persone e quelli delle divinità… sarà pur sempre emozionante tuffarsi in questo caleidoscopio di vitalità.

Opera recensita: "Santa Barbara dei fulmini" di Jorge Amado
Editore: Garzanti, prima ed. originale 1988
Genere: letteratura Sudamericana
Ambientazione: Brasile
Pagine: 381
Prezzo: 12,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 8.

sabato 10 novembre 2018

RECENSIONE: PAOLO RUMIZ - APPIA


Sinossi:
Paolo Rumiz ha percorso a piedi, con un manipolo di amici, il tracciato di una grande via romana: l'Appia. Lo ha fatto spesso cavando dal silenzio della Storia segmenti cancellati, lo ha fatto ascoltando le voci del passato, lo ha fatto destando la fantasia degli increduli incontrati lungo il viaggio.
E ora ci chiama come un pifferaio magico a seguirlo con le nostre gambe e la nostra immaginazione lungo la via Appia - il nostro giubileo, la nostra Santiago di Compostela. Da Orazio ad Antonio Cederna (appassionato difensore dell'Appia dalle speculazioni edilizie), da Spartaco a Federico II, prende corpo una galleria di personaggi memorabili, mentre si costeggiano agrumeti e mandorleti, si incontrano le tracce di arabi e normanni e ci si interroga sui misteri della viabilità italiana, sull'incomprensibile abbandono dei luoghi della memoria. E intanto le donne vestite di nero, i muretti a secco, la musicalità della lingua anticipano l'ingresso nell'Oriente.
Al racconto di Rumiz fanno da contrappunto le mappe disegnate da Riccardo Carnovalini, che rielabora e mette a punto le tracce del percorso: un contributo prezioso e uno strumento utilissimo - considerata l'assenza di segnaletica - per chi volesse seguire le orme di Rumiz e dei suoi compagni di viaggio.
Il libro contiene le meravigliose mappe di Riccardo Carnovalini per seguire sulle pagine il viaggio di Paolo Rumiz o per avventurarsi sul suo stesso cammino.

Commento:
Non sono un'esperta di viaggi, tantomeno di letteratura di viaggio, questa è la prima volta che leggo un libro di Paolo Rumiz e non nascondo di esserne rimasta conquistata. Conquistata, sì, dal viaggio in sé, dalla possibilità che si possa intraprendere un viaggio a piedi, in comitiva, con un obiettivo così affascinante ed utile per il prossimo: recuperare le tracce della regina delle vie, l'Appia antica, la via voluta da Appio Claudio che congiungeva Roma a Brindisi passando per il Lazio, La Campania, l'Irpinia, la Basilicata, la Puglia fino al mare che affaccia ad Oriente.
Mi ha conquistata, poi, la scrittura ricca eppure essenziale di Rumiz, la sua capacità di portarci in viaggio con lui, Alex, Riccardo e Irene, con Marco, Vinicio, Sandra e tutti gli altri, dagli archeologi ai contadini, dagli osti ai pastori, descrivendo magistralmente sensazioni, paesaggi, sapori, colori, profumi, pensieri, modi di ragionare. Mi hanno conquistata la forza e l'impegno di questi viandanti moderni, la volontà di affidarsi ai piedi, alla strada, alla storia e al passato piuttosto che al Gps e alla tecnologia; la volontà di andare oltre l'incuria, il degrado, risvegliando popoli dall'oblio per raggiungere la meta.
"Appia" è un libro che si divora, 360 pagine che si leggono avidamente, lasciando spazio all'immaginazione e alla fascinazione delle parole e delle immagini. E già i piedi scalpitano per la voglia di andare.


Opera recensita: "Appia" di Paolo Rumiz
Editore: Feltrinelli, 2016
Genere: libro di viaggio
Ambientazione: Italia, da Roma a Brindisi
Pagine: 360
Prezzo: 19,00 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9.


giovedì 8 novembre 2018

RECENSIONE: WILKIE COLLINS - SENZA NOME


Sinossi:
Senza nome è uno degli esempi più belli di "melodramma contenuto", secondo la definizione di Thomas S. Eliot, dell'opera di Wilkie Collins. Capolavoro di minuziosa osservazione psicologica e allo stesso tempo critica decisa alle storture della società vittoriana, ha un posto di primo piano nella letteratura inglese del secolo scorso. Protagoniste ne sono due sorelle, Magdalen e Norah Vanstone che, per una sfortunata serie di circostanze, alla morte improvvisa dei genitori si trovano private di una cospicua eredità e sono costrette a guadagnarsi da vivere. Sullo sfondo di questa contrastata vicenda, scandita da perizie legali e tradimenti, emergono i personaggi, mirabilmente caratterizzati, di una storia intensamente drammatica, ma anche venata di umorismo. Una strepitosa narrazione, ricca di innumerevoli colpi di scena, in cui ogni elemento si ricollega all'altro in una dinamica continua e incessante. Un romanzo che per tutto il 1862 ha tenuto in sospeso migliaia di lettori che ne seguivano gli sviluppi sulla rivista "Ali The Year Round".

Commento:
Il libro che mi ha tenuto piacevolissima compagnia in questo inizio novembre è stato "Senza nome" di Wilkie Collins. Non è il primo che leggo di quest'autore, quindi sapevo cosa aspettarmi e non ne sono rimasta delusa, anzi, come accade con gli ottimi libri, faccio fatica a staccarmene.
E come potrebbe essere facile staccarsi da un libro di oltre 700 pagine, ricco di colpi di scena, stravolgimenti, alti e bassi com'è questo? Siamo a metà Ottocento in Inghilterra. Norah e Magdalen Vanstone sono vittime delle circostanze che le hanno portate, alla morte prematura dei loro genitori, a scoprire segreti e situazioni tali da lasciarle prive di eredità, di casa, di sostentamento, figlie di nessuno, non tutelate dalla legge e nella condizione di doversi guadagnare da vivere. Da un giorno all'altro queste sventurate ragazze perdono il posto in società che sarebbe spettato loro di diritto e, in questa situazione tanto inconsueta e sconvolgente, i loro due diversi temperamenti emergono dirompenti: le loro strade si dividono e le due ragazze affrontano in modo diverso la loro disgrazia. Norah, con riservo, rassegnazione, umiltà, si predispone a fare da istitutrice e governante; Magdalen, invece, non si rassegna e farà di tutto – davvero di tutto – per riavere il maltolto per sé e per l'amata sorella. Cosa non affronterà questa indomita ed impetuosa ragazza? Fino a dove non si abbasserà? Sul suo cammino incontrerà ogni genere di individuo, dallo stupido e vanesio Noel, alla perfida Mrs Lecont, all'intelligente, dubbio ma infondo buono capitano Wragge con la sua povera, ingenua, spassosissima moglie, e non ultimo il capitano Kirke, proprio l'opposto del suo antico amore Frank.
Una storia assolutamente ben congegnata, ben scritta e con un'osservazione e un'analisi psicologica dei personaggi dettagliate e minuziosissime. Non ci si annoia leggendo le vicende di Magdalen, non si può mai dire di sapere come andrà a finire e le pagine scorrono in un pieno coinvolgimento. La narrazione in alcuni punti è un po' lenta, ma poi arriva sempre il colpo di scena che rimette in gioco tutto e ravviva l'attenzione. Un ottimo libro, davvero, una buonissima lettura che consiglio caldamente.

Opera recensita: "Senza nome" di Wilkie Collins
Editore: Fazzi, prima ed. originale 1863
Genere: letteratura inglese
Ambientazione: Inghilterra, età vittoriana
Pagine: 733
Prezzo: 14,90 €
Consigliato: sì
Voto personale: 9,5.